

E' definitiva la condanna a sei anni di carcere per l'ex ad di Aspi, Giovanni Castellucci, per la strage del 28 luglio del 2013 quando un bus precipitò dal viadotto dell'Acqualonga nella zona di Monteforte Irpino, ad Avellino, in cui morirono 40 persone.
E'
quanto hanno deciso i giudici della Cassazione dopo oltre 4 ore di
camera di consiglio. Per il manager, accusato di disastro colposo e
omicidio colposo, si aprono le porte del carcere. "E' pronto a
costituirsi, attendiamo l'ordine di carcerazione", dicono i suoi
difensori Filippo Dinacci e Paola Severino che definiscono la sentenza
"incomprensibile: sulla base delle prove che abbiamo fornito siamo
convinti che l'ingegner Castellucci sia totalmente estraneo ai fatti e
che abbia sempre svolto accuratamente i propri doveri di Amministratore
Delegato".
I giudici della quarta sezione hanno sostanzialmente
respinto le richieste della Procura generale che aveva sollecitato per
l'ex ad, coinvolto a Genova anche nel processo per il crollo del ponte
Morandi, un appello bis per la rivalutazione della condanna per
l'omicidio colposo e assoluzione con la formula "perché il fatto non
sussiste" per il disastro colposo.
I giudici hanno fatto passare in giudicato anche le condanne per gli altri dirigenti della società e i dipendenti del Tronco.
Sei anni per il direttore generale dell'epoca Riccardo Mollo e per i
dipendenti di Aspi Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna. A cinque anni
per il dirigente di Aspi Nicola Spadavecchia e per il direttore di
tronco di Aspi Paolo Berti. Tre anni per Gianluca De Franceschi,
dirigente di Aspi e per i due dipendenti Gianni Marrone e Bruno Gerardi.
Pena a 9 anni per il proprietario del bus, Gennaro Lametta e la
condanna a 4 anni per l'allora dipendente della motorizzazione civile di
Napoli, Antonietta Ceriola.
Nella requisitoria il pg in merito alle
barriere del viadotto ha affermato che "c'è stata una situazione di
incuria protratta per numerosi anni, con il mancato controllo sui tira
fondi" e di "colpevole inerzia da parte di chi doveva monitorare e
controllare". Il bus, ha detto il rappresentante dell'accusa, aveva un
certificato falso di revisione, che non veniva effettuata dal 2011, e
che il mezzo "era privo dei requisiti minimi per circolare. Lametta ha
posto in circolazione mezzo in pessime condizioni mettendo a rischio le
vite dei passeggeri".
Al vaglio dei supremi giudici si è arrivati dopo che la Corte di
Appello di Napoli, nel settembre del 2023, aveva inflitto sei anni a
Castellucci che in primo grado era stato assolto.
Il terribile
incidente si verificò intorno alle 20.30 di una domenica d'estate nella
quale, dopo alcuni giorni in gita nei luoghi di Padre Pio, una comitiva
di famiglie e amici stava tornando a casa a Pozzuoli. Mentre percorreva
la discesa dell'A16 Napoli-Canosa, nel territorio di Monteforte Irpino,
il bus guidato da Ciro Lametta, fratello del proprietario dell'agenzia
Mondo Travel che aveva organizzato il viaggio, cominciò a sbandare dopo
aver perso sulla carreggiata il giunto cardanico che garantisce il
funzionamento dell'impianto frenante. Dopo aver percorso un chilometro
senza freni, ondeggiando a destra e sinistra, tamponando le auto, una
quindicina, che trovava sul percorso, l'autista del bus - un mezzo che
aveva percorso oltre un milione di chilometri - nel tentativo disperato
di frenare la corsa si affiancò alle barriere protettive del viadotto
"Acqualonga" che cedettero facendo precipitare il pullman nel vuoto da
un'altezza di 40 metri. Trentotto persone morirono sul colpo, due nei
giorni successivi. Dieci i superstiti. L'inchiesta portò al rinvio a
giudizio di 15 persone, 12 delle quali dirigenti ed ex dirigenti di
Autostrade per l'Italia, per omicidio colposo, disastro colposo ed altri
reati.
Per quanto riguarda Castellucci ed altri dirigenti di Aspi
l'accusa era in sostanza di aver violato le norme che garantiscono la
circolazione autostradale in condizioni di sicurezza e di non aver
provveduto alla riqualificazione dell'intero viadotto dell'A16 con la
necessaria sostituzione delle barriere. La tesi degli inquirenti,
infatti, è sempre stata che se quelle barriere protettive fossero state a
norma il bus non sarebbe finito di sotto.
(ANSA)
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