DOSSIER HAMER
Psico-oncologia
Le remissioni spontanee
Le indicazioni terapeutiche di Hamer, in caso di tumore, fanno pensare che cerchi di indurre nel paziente una remissione spontanea del tumore, grazie ad alcuni interventi psicoterapeutico. Infatti nega l'uso di alcuna terapia in senso medico, affermando che anzi "la malattia è la risposta del corpo ad un determinato shock". Allo stesso tempo Hamer afferma però che soltanto il paziente sarebbe responsabile della sua guarigione (vedi implicazioni psicologiche). Per questo gli hameriani negano che si possa parlare di una "terapia" in senso stretto: eppure parlare di risolvere presunti conflitti, facendo crescere le metastasi nel corpo del paziente (vedi testimonianze), è di per sé una terapia.
L'incidenza di una remissione spontanea in caso di cancro (considerando solo il tumore maligno) è purtroppo un fenomeno molto raro, e capita soltanto una volta ogni 60mila/100mila casi. In tutta la storia dell'oncologia, ed in tutto il mondo, se ne conoscono soltanto circa 1200 casi, e se ne scoprono circa venti all'anno (sui circa 10 milioni totali). Queste remissioni spontanee -rarissime- purtroppo non sono riconducibili ad una terapia conosciuta, anche considerandole dal punto di vista della psiconeuroimmunologia moderna. Alla rarità delle remissioni spontanee si aggiunge il problema che dopo una tale remissione si possono verificare ricadute, esattamente come nelle terapie della medicina di oggi. Di conseguenza, per poter valutare un successo definitivo di una terapia antitumorale classica, o di un procedimento secondo la Hamer (apparentemente finalizzato ad una remissione spontanea indotta) bisogna aspettare alcuni anni (tra i 5 ed i 10) per essere sicuri di un eventuale successo.
In ogni caso non si conoscono pazienti guariti dal cancro secondo la "Nuova Medicina Germanica" di Hamer. Secondo Hamer e la sua Nuova Medicina, il cancro non costituisce una situazione preoccupante per le persone affette da queste patologie. Un'affermazione di Hamer lo conferma: «Quando da me arriva un malato di tumore che ha la leucemia faccio i salti di gioia, vuol dire che il suo apparato immunitario si è attivato per la fase di guarigione» ("apparato immunitario" non significa nulla, in medicina si parla di "sistema immunitario").
Una strana mancanza di testimonianze positive
Visto che Hamer dichiara che i suoi metodi sarebbero in grado di curare il cancro nel 98% dei casi, si dovrebbero trovare moltissimi pazienti guariti. Per "casi guariti" si intendono persone con una diagnosi accertata e documentata di cancro (maligno) che dovrebbero aver superato da almeno 5 anni la diagnosi, e che avessero evitato ogni cura "tradizionale" affidandosi solo alle teorie della Nmg. Per ottenere credibilità, e per poter verifificare un tale caso, la descrizione dovrebbe essere pubblicata.
E invece si conoscono all'incirca 140 pazienti che sono deceduti dopo aver scelto la Nmg come terapia (vedi fascicoli della giurisprudenza austrica ed elenco A. Deckers).
La psiche nella genesi del cancro
Da molti secoli in medicina si sospetta che fattori psicologici, sociali e comportamentali possano giocare ruolo sia nella eventuale psico-genesi del cancro sia che per la continuazione della patologia stessa (fonte: Reynaert C, Psychogenesis" of cancer: between myths, misuses and reality. Bull Cancer, 2000 Sep;87(9):655-64; Protheroe D, Stressful life events and difficulties and onset of breast cancer: case-control study, BMJ, 1999 Oct 16;319(7216):1027-30).
Una parte della popolazione ha ben radicato il sospetto i che traumi psichici possano avere una certa importanza nella nascita dei tumori, anche se oggi è stato dimostrato che tale rapporto esiste, almeno per alcune patologie neoplastiche, ma è molto debole. Lo dimostrano gli studi di:
- Butow PN, Epidemiological evidence for a relationship between life events, coping style, and personality factors in the development of breast cancer, J Psychom res, 2000 Sep;49(3):169-81;
- Garssen B, Psychological factors and cancer development: evidence after 30 years of research, clin psychol rev, 2004 Jul;24(3):315-38;
- McKenna MC, Psychosocial factors and the development of breast cancer: a meta-analysis, health psychol, 1999 Sep;18(5):520-31; Edwards JR, The relationship between psychosocial factors and breast cancer: some unexpected results, Behav med, 1990 Spring;16(1):5-14;
- Garssen B, On the role of immunological factors as mediators between psychosocial factors and cancer progression, psychiatry res, 1999 Jan 18;85(1):51-61;
- Ross L, Mind and cancer: does psychosocial intervention improve survival and psychological well-being? Eur j cancer, 2002 Jul;38(11):1447-57).
Tali supposizioni vengono sempre argomentate in televisione o su libri e riviste non scientifiche. Qui bisogna distinguere tra l'ipotesi di un'eventuale influenza diretta ed indiretta tra cervello e un organo "bersaglio". Lo stress, così come una forte vita emotiva, possono influenzare lo stato di attivazione del sistema immunitario, con possibili conseguenze sulla genesi e la crescita tumorale. D'altra parte, per quanto riguarda le influenze indirette, possiamo considerare che è la nostra psiche a determinare le abitudini quotidiane, il consumo di tabacco (che è stato dimostrato cancerogeno), il consumo di alcool (un fattore di rischio per alcuni tipi di cancro), la dieta (anch'essa gioca un ruolo nella cancerogenesi), il numero delle visite mediche, il numero delle visite mediche di controllo e di previsione, le nostre attività fisiche, la nostra vita sociale, le nostre emozioni e cosi via (vedi studio diSpiegel D e Kato PM, Psychosocial influences on cancer incidence and progression, Harv rev psychiatry, 1996 May-Jun;4(1):10-26). La psiche influenza perciò anche le nostre esposizioni verso fattori cancerogeni o, al contrario, fattori protettivi verso il cancro. Semplificando, possiamo dire che c'è chi, quando è arrabbiato, depresso o disperato, fuma o beve di più, aumentando così il proprio fattore di rischio per certi tipi di tumore. Spesso è però difficile distinguere tra le conseguenze psichiche della malattia cancro ed il profilo psicologico individuale di base.
Oggi la ricerca si orienta anche ai legami tra psiche e sistema immunitario (così come le secrezioni ormonale), assegnando una probabile importanza nella cancerogenesi e nella crescita tumorale da parte del sistema immunitario. Le diffese immunitarie giocano anzi un ruolo determinante nella cancerogenesi (per esempio il rapporto tra AIDS e sarcoma di Kaposi o virus HPV). Si sa che uno sforzo psico-sociale influenza i parametri del sistema immunitario: un tipico esempio è l'herpes delle labbra da HSV-1, che molti conoscono nella fase di preparazione di un esame difficile o in occasioni simili. La psiconeuroimmunologia (PNEI) allo stato attuale non è in grado di spiegare in modo incontestabile lo sviluppo del cancro a partire da processi psichici. Non esiste una valida ed accettata teoria psicosomatica della cancerogenesi. E non esiste alcuna prova scientifica di una realazione diretta (causa-effetto) tra sistema immunitario e sviluppo del cancro (vedi National Cancer Institute: Psychological Stress and Cancer). Le teorie attuali sul cancro si basano su un concetto multifattoriale, ma tenendo conto anche dei fattori psico-sociali di ordine secondario (vediSonnenmos, Marion: Psychosoziale Aspekte onkologischer Erkrankungen: "Der Einfluss der Psyche ist sekundär")
Un po' di storia della psico-oncologia
Uno dei primi a formulare un'ipotesi per una psicogenesi del cancro è stato il medico grecoIppocrate di Kos (nato 460 a.C. - morto 377 a.C.) che ha introdotto una classificazione del cancro in maligno (denominazione di Ippocrate: karkinoma) e benigno (rif 127). Il medicoClaudio Galeno di Pergamo (129 - 219 d.C.. Fu il medico dell'imperatore Marco Aurelio) ipotizzò piu tardi -nel 200- che le donne malinconiche fossero più vulnerabili e riscontrassero più facilmente il cancro rispetto alle donne "sanguigne" (fonte: il suo libro "De tumoribus praeter naturam").
All'inizio del Settecento appaiono i primi testi scientifici che tematizzano il legame tra cancro e lo stress (e distress - vedi il lavoro di LeShan L, psychological states in the development of malignous disease: a critical review. J nat cancer inst 1959:22 1-18). Nel Novecento si è pensato che lo stress (nel senso di distress) o "l'esaurimento nervoso" potessero essere eventualmente all'origine del cancro. Circa 50 anni fa sono nate quindi diverse ipotesi circa una particolare "personalità cancrosa" (ovvero una personalità a rischio neoplastico), anche denominata del tipo C (typus carcinomatosus o cancer prone), che faciliterebbe l'insorgenza del cancro. Uno studio che va in questa direzione è il lavoro di Wirsching M (Prebioptic psychological characteristics of breast cancer patients, Psychother Psychosom, 1985 43(2) 69-76) datato 1985. La "persona di tipo C" sarebbe caratterizzata da grande gentilezza, un elevato grado di adattamento sociale, sarebbe spesso depresso, altruista con tendenza a sacrificarsi, e mostrerebbe un'inibizione dell'aggressività ed una mancante espressività emozionale. Un contributo viene dato nel 1962 Kissen DM ed Eysenck HJ(Personality in male lung cancer patients, J Psychosom Res, 1962 apr-june 6 123) per gliuomini affetti dal cancro ai polmoni. Una tipologia particolare composta da 6 sub-tipi è stata sviluppata da Ronald Grossarth-Maticek, filosofo di origine ungherese: il "personaggio carcinomatoso", ovvero il "tipo 1", sarebbe una persona che si espone spesso a sostanze cancerogene, fa spesso uso di farmaci, si riposa poco, evita i conflitti ed è invece particolarmente vulnerabile alle offese e agli eventi traumatici. Le idee di una ''personalità cancrosa'' o tipizzazione psichica del paziente ammalato di cancro erano contraddittorie tra di loro, e gli studi scientifici non hanno potuto dimostrare l'esistenza di un tale personaggio. Di conseguenza le corrispondenti ipotesi sono state abbandonate, e hanno solo un ruolo storico nella medicina di oggi (vedi Schwarz R, Die Krebspersönlichkeit, libro: 1994 Schattauer Stuttgard New York; Sampson W, Controversies in cancer and the mind: effects of psychosocial support, Semin Oncol, 2002 Dec;29(6):595-600).
Oltre questi ultimi, gli studi che contraddicono l'ipotesi dell'esistenza di una ''personalità cancrosa" sono: (riff 2, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 23, 127)
- Nakaya N, Personality and the risk of cancer, j natl cancer inst, 2003 Jun 4;95(11):799-805
- Hansen PE, Personality traits, health behavior, and risk for cancer: a prospective study of Swedish twin court, Cancer, 2005 Mar 1;103(5):1082-91
- Bleiker EM, Personality factors and breast cancer development: a prospective longitudinal study, J natl cancer inst, 1996 Oct 16;88(20):1478-82
- Sampson W, Controversies in cancer and the mind: effects of psychosocial support, Semin Oncol, 2002 Dec;29(6):595-600
- Schwarz R, Social and psychological differences between cancer and noncancer patients: cause or consequence of the disease? Psychother Psychosom, 1984;41(4):195-9
- Garssen B, Psychological factors and cancer development: evidence after 30 years of research, clin psychol rev, 2004 Jul;24(3):315-38
- Zander E, Cancer-a psychosomatic disease?, Z Psychosom Med Psychoanal, 1983;29(4):363-79
- Lillberg K, Personality characteristics and the risk of breast cancer: a prospective cohort study. int j cancer, 2002 Jul 20;100(3):361-6
Nel secolo scorso, nella psicologia (soprattutto in psicologia dinamica) sono stati eleborati anche modelli nevrotici della cancerogenesi (intasamento della libido, cancro come una forma del suicidio voluto, paragoni col parto e così via). Esistono anche legami tra alessitimia (incapacità di poter esprimere i propri sentimenti) e le ipotesi di un presunto personaggio cancroso. Un rapporto tra nevroticismo e cancro appare invece nel lavoro di Nakaya N(Personality traits and cancer survival: a Danish cohort study, Br j cancer, 2006 Jul 17;95(2):146-52. Epub 2006 Jul 4), che viene però contraddetto dallo studio più recente diHansen PE (Personality traits, health behavior, and risk for cancer: a prospective study of Swedish twin court, Cancer, 2005 Mar 1;103(5):1082-91). Faragher EB (Type A stress prone behaviour and breast cancer, Psychol Med, 1990 Aug;20(3):663-70 ) vede nel 1990 un possibile legame tra distress (personaggio tipo A) e cancro al seno. Jasmin C (con Le MG, Marty P, Herzberg R: Psycho-Oncologic between certain psychol Group. Evidence for a linogical factors and the risk of breast cancer in a case control study. Ann Oncol 1990;1:22-9) vede nei suoi 77 soggetti una relazione tra prognosi psicosomatica ed il rischio di sviluppare un tumore. La depressione non sembra facilitare la cancerogenesi, mentre potrebbe influenzare in negativo la mortalità (Wulsin LR, A systematic review of the mortality of depression, Psychosom Med, 1999 Jan 61 (1) 18; Chorot P, Life events and stress reactivity as predictors of cancer, coronary heart disease and anxiety disorders, int j psychosom, 1994;41(1-4):34-40). Lo stress prolungato sembra avere un effetto sulla cangerogenesi (rif 38) nel caso del cancro della cute (Saul AN, Chronic stress and susceptibility to skin cancer, J natl cancer inst, 2005 Dec 7;97(23):1760-7) e invece può avere un effetto prottetivo nel cancro al seno, a causa della sua influenza sugli ormoni (Nielsen NR, Self reported stress and risk of breast cancer: prospective cohort study, BMJ 2005 sept 10 331(7516); Kroenke CH, Caregiving stress, endogenous sex steroid hormone levels, and breast cancer incidence, Am J Epidemiol 2004 june 1 159(11) 1019).
La psico-oncologia in Italia
La prospettiva psicosociale in oncologia nasce fondamentalmente negli ultimi venti anni, quando definisce i limiti del proprio ambito e diventa così una disciplina a sé stante. In realtà i primi moti di questa disciplina nascono già negli anni Cinquanta, quando negli Stati Uniti nascono le prime associazioni di pazienti laringectomizzati, colostomizzati e di donne operate al seno. Il primo servizio in tal senso, che si proponeva di assistere psicologicamente i malati di cancro, nasce proprio in questo periodo al "Memorial Sloan-Kettering Center" di New York. La psicooncologia vera e propria è nata negli anni 70 e 80. In Italia, le prime tracce risalgono agli anni 70. Nel 1980 viene istituito presso l'Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova il primo servizio di psicooncologia. Tra i ricercatori più famosi in questa disciplina ricordiamo Jimmi Holland di New York.
Il 25-30% delle persone colpite da cancro presenta problemi di ordine emozionale, che nella maggior parte dei casi non vengono colti e presi in giusta considerazione. Circa il 20% dei pazienti di cancro mostrano i sintomi di una depressione, che spesso non viene diagnosticata (Secondo Faller). Il psico-oncologo tedesco Volker Tschuschke lo conferma nel suo libro "Pschoonkologie - Psychologische Aspekte der Entstehung und Bewältigung von Krebs" (Stuttgard Schattauer 2002). Questi problemi influenzano in maniera negativa la qualità della vita dei pazienti, la buona riuscita delle terapie ed i rapporti interpersonali. Si possono aggiungere anche sentimenti di colpa verso la famiglia o altri.
I traumi possono far scattare il cancro? La risposta della ricerca internazionale
Il possibile impatto di cosiddetti "life events" traumatici (per esempio la morte di un familiare, o di un caro amico) e specialmente eventi traumatizzanti -del tutto imprevisti- come l'attacco allo Torri gemelle dell'11 settembre 2001 sono state oggetto di ricerca per molti anni (Pereira DB, Life stress and cervical squamous intraepithelial lesions in women with human papillomavirus and human immunodeficiency virus, Psychosom Med, 2003 May-Jun;65(3):427-34; Antoni MH, Host moderator variables in the promotion of cervical neoplasia-II. Dimensions of life stress, J Psychosom Res, 1989;33(4):457-67; Yehuda R, Transgenerational effects of posttraumatic stress disorder in babies of mothers exposed to the World Trade Center attacks during pregnancy, J Clin Endocrin Metab 2005 Jul;90(7):4115-8. Epub 2005 May 3). Sappiamo che circa un caso di cancro su sei è causato da un virus (ad esempio HPV, HSV, HIV), e per questo l'ipotesi immunitaria che life events traumatici possano incidere sull'insorgenza del cancro appare possibile (attraverso la modulazione del sistema immunitario, e non come unica causa scatenante).
Forsen A (Psychosocial stress as a risk for breast cancer, Psychother Psychosom, 1991;55(2-4):176-85) ha analizzato 87 persone, divise in donne malate di cancro al seno e altre perfettamente sane (il "gruppo di controllo") per verificare un eventuale rapporto tra eventi traumatici e cancro. Il suo lavoro retrospettivo mostra un numero maggiore di eventi traumatici nel gruppo delle donne ammalate di cancro rispetto al gruppo di controllo, nei 12 mesi precedenti la diagnosi. Ramirez AJ (con Craig TKJ, Watson JP, Fentiman IS, North WRS, Rubens RD - Stress and relapse of breast cancer. BMJ 1989;298:291-3) vede nel 1989 un rapporto tra "life events" e ricadute nel caso del cancro al seno: viene però smentito daBarraclough J (con Pinder P, Cruddas M, Osmond C, Taylor I, Perry M - Life events and breast cancer prognosis. BMJ 1992;304:1078-81) nel 1992 e da Graham J (Stressful life experiences and risk of relapse of breast cancer: observational cohort study, BMJ, 2002 Jun 15;324(7351):1420) nel 2002. Quest'ultimo aggiunge che le donne non dovrebbero avere paura che gli eventi traumatici possano essere la causa di una eventuale ricaduta. Chen CC(in Adverse life events and breast cancer: case-control study, BMJ, 1995 Dec 9;311(7019):1527-30) ha trovato una relazione tra gli eventi traumatici ed il cancro al seno in Cina, in contrasto con Protheroe D (in Stressful life events and difficulties and onset of breast cancer: case-control study, BMJ, 1999 Oct 16;319(7216):1027-30). Roberts FD (in Self-reported stress and risk of breast cancer, Cancer, 1996 Mar 15;77(6):1089-93) ha analizzato un'eventuale relazione tra "life events" ed il cancro al seno: nel suo studio del 1996 con 872 persone non ha trovato una tale relazione, mentre invece nel gruppo delle donne senza cancro ha riscontrato un numero maggiore di persone che avevano perso una persona cara. Nel 1999, McKenna MC (in Psychosocial factors and the development of breast cancer: a meta-analysis, health psychol, 1999 Sep;18(5):520-31) ha trovato un debole rapporto debole tra eventi stressanti e cancro al seno. AncheChorot P (in Life events and stress reactivity as predictors of cancer, coronary heart disease and anxiety disorders, int j psychosom, 1994;41(1-4):34-40) pensa ad una relazione tra psiche e cancro. In una revisione del 2000, Butow PN (Epidemiological evidence for a relationship between life events, coping style, and personality factors in the development of breast cancer, J Psychom res, 2000 Sep;49(3):169-81) vede solo un debole rapporto tra alessitimia, eventi stressanti ed il cancro, con correlazioni positive solo in studi con un numero ristretto di soggetti.
L'australiano Price MA (The role of psychosocial factors in the development of breast carcinoma: Part II. Life event stressors, social support, defense style, and emotional control and their interactions, Cancer, 2001 Feb 15;91(4):686-97) nel 2001 ha paragonato donne con tumori benigni e donne con tumori maligni al seno. E dal suo studio su 514 donne risulta che esiste un rapporto tra eventi stressanti e tumori maligni in assenza di un aiuto sociale. Questo lavoro contraddice invece quello di Maunsell E (in Stressful life events and survival after breast cancer, Psychosom Med, 2001 Mar-Apr;63(2):306-15)che non trova nessuna prova per una tale asserzione nel caso del cancro al seno, e ciò viene confermato anche dai lavori di Protheroe D del 1999, di Lillberg K (Stress of daily activities and risk of breast cancer: a prospective cohort study in Finland, int j cancer, 2001 Mar 15;91(6):888-93) in Finlandia, e di Duijts SF (The association between stressful life events and breast cancer risk: a meta-analysis, int j cancer, 2003 Dec 20;107(6):1023-9) in Olanda.
Dalla revisione di Dalton SO (Mind and cancer. Do psychological factors cause cancer? in: Eur J Cancer. 2002 Jul;38(10):1313-23) del 2002 appare che non si conoscono studi scientifici che mostrano una relazione causale tra "major life events" (eventi traumatici), la depressione, un particolare "tipo individuale" ed il rischio di avere un tumore. Dalton afferma che gli studi scientifici in questo campo contengono spesso un design metodologico debole.Kvikstad A (in Widowhood and divorce in relation to overall survival among middle-aged Norwegian women with cancer, Br J Cancer 1995 june 71(6) 1343) nel 1995 ha condotto un'indagine su 14231 donne, nella quale ha notato che la morte del proprio marito o il divorzio non modifica il rischio di sviluppare un cancro, con alcune eccezioni. Lo stesso autore l'anno successivo ha condotto uno studio (Risk and prognosis of cancer in middle-aged women who have experienced the death of a child. Int J Cancer, 1996 july 17 67(2) 165) che evidenzia come non esista alcuna differenza nel rischio di sviluppare un cancro nelle donne che precedentemente hanno perso un bambino. Lillberg K (in Stressful life events and risk of breast cancer in 10,808 women: a cohort study, Am j epidemiol, 2003 Mar 1;157(5):415-23) nel 2003 afferma l'esistenza di una relazione positiva tra eventi traumatici ed il cancro in Finlandia, mentre Pereira DB (in Life stress and cervical squamous intraepithelial lesions in women with human papillomavirus and human immunodeficiency virus, Psychosom Med, 2003 May-Jun;65(3):427-34) afferma che tali eventi sono da considerare piuttosto come fattori di rischio, sulla base dell'influenza del sistema immunitario sulle difese del corpo contro virus ongogeni, nello suo studio su pazienti affetti dall'HIV.
L'attacco alle torri gemelle
Il crollo delle torri gemelle del World Trade Center, a New York, l'11 settembre 2001 fu un disastro improvviso e molto traumatizzante per circa 400mila persone (all'interno delle torri si trovavano almeno 188 donne incinte). Di queste, 71mila sono elencate nel "World Trade Center Health Registry" (WTCHR) che ha consentito di osservare il loro stato di salute. Secondo le "leggi" della Nuova Medicina Germanica, questo evento avrebbe dovuto far scattare immediatamente molti nuovi casi di cancro, e visto che non si sa nulla circa una terapia di tipo Nmg per queste persone, non si può ipotizzare che avrebbero potuto evitare in questo modo lo svilupparsi del proprio cancro.
Sono stati compiute alcune centinaia di studi dopo l'11 settembre, e alcuni di questi analizzano un eventuale rapporto tra quell'evento ed il cancro. La ricerca di Rayne S (Using exterior building surface films to assess human exposure and health risks from PCDD/Fs in New York City, USA, after the World Trade Center attacks, J Hazard Mater 2005 Dec 9;127(1-3):33-9) mostra che, dopo 4 anni dalla catastrofe, nella zona l'incidenza dei tumori era solo leggermente superiore dopo l'attacco rispetto al valore normale, e ciò lo si può anche spiegare con l'effetto delle sostanze cancerogene che furono rilasciate nelle polveri dissipatesi durante la catastrofe e nei giorni successivi, come gli idrocarburi policiclici e l'amianto.
Va però ricordato che i periodi di latenza tra l'inizio e la promozione di un tumore e l'apparizione dei sintomi può essere molto lungo. Normalmente si tratta di periodi di latenza che vanno da 2 a 30 anni (fonte National Cancer Institute: Psychological Stress and Cancer), in media è un processo che dura 8 anni. Nel caso di un adulto colpito da mesotelioma può estendersi fino a 70 anni. I periodi di latenza più brevi che si conoscono sono periodi di circa due anni nel caso di bambini con una leucemia. Chen CC (in Adverse life events and breast cancer: case-control study, BMJ, 1995 Dec 9;311(7019):1527-30) riferisce un periodo di cinque anni tra sintomo clinico del cancro al seno e prime modifiche osservabili al microscopio: in verità il periodo completo tra l'inizio della malattia ed il sintomo sarà stimato ancora più lungo. Ma in teoria un effetto psichico potrebbe anche influenzare in senso positivo la crescita di un tumore già esistente ed asintomatico: un contributo per una tale ipotesi viene fornito nel 2003 dalle osservazioni di Pereira DB (Life stress and cervical squamous intraepithelial lesions in women with human papillomavirus and human immunodeficiency virus, Psychosom Med, 2003 May-Jun;65(3):427-34) nel caso del carcinoma cervicale. In queste condizioni il rapporto temporale potrebbe essere più breve di 5 anni, nel caso degli adulti. In più gli eventi traumatici influenzano anche il comportamento: c'è chi si cura meno, e chi evita il contatto con i servizi sanitari in caso di elevato stress, con evidenti conseguenze sulla patologia stessa. In queste condizioni può essere d'aiuto un intervento professionale di sostegno psicologico.
Riassumendo: gli eventi traumatizzanti non sembrano avere una rilevante importanza nella genesi del cancro, come confermano gli studi di Graham J (Stressful life experiences and risk of relapse of breast cancer: observational cohort study, BMJ, 2002 Jun 15;324(7351):1420), Bleiker EM (e van der Ploeg, Psychosocial factors in the etiology of breast cancer: review of a popular link, Pat Educ Couns, 1999 Jul;37(3):201-14) ePetticrew M (Cancer-stress link: the truth, 1999 Nurs Times Mar 3-9 95).
I risultati degli studi eseguiti agli albori della psico-oncologia non potevano essere ripetuti, e sembrano in parte "contaminati"' dalle aspettative dei ricercatori. Perciò, a partire dagli anni Ottanta, la ricerca attuale si è concentrata maggiormente sulle possibilità di migliorare la qualità della vita dei malati di cancro (si veda il riassunto dello studio di Jimmie Holland eUwe Koch). Da questo punto di vista si spiega la speranza in una nuova psico-oncologia, più orientata verso quello che si può fare in pratica per migliorare la qualità della vita degli ammalati di cancro.
I fattori neuro-endocrini nella cancerogenesi (l'asse HPA, ovvero "asse dello stress")
La psiconeuroimmunologia (PNEI) è intervenuta più volte riguardo i tumori (si pensi al concetto di "controllo immunitario del cancro" sviluppato da Burnets). Tra gli ormoni coinvolti troviamo: cortisolo, prolatina, melatonina, GH, VIP e la sostanza P. Attualmente si conoscono sopratutto studi compiuti su animali, mentre per l'uomo sono note quasi soltanto pochi studi prospettici che analizzano le correlazioni tra stress e la crescita tumorale.
Le cellule NK ("natural killer cells") sono importanti nella difesa del corpo contro il cancro, sopratutto nelle fasi iniziali, ma anche nel caso delle metastasi. Lo stress influenza il numero delle cellule NK circolanti, come dimostra lo studio di Besedovsky HO(Psychoneuroimmunology and cancer: fifteenth Sapporo Cancer Seminar, Cancer res, 1996 Sep 15;56(18):4278-81). Tale effetto sembra essere sotto il controllo dell'ipotalamo. Una stimolazione simpatica determina un abbassamento della concentrazione di cellule NK, mentre i betabloccanti possono impedire questo effetto. La morfina (così come altri oppioidi) inibisce le cellule NK, ma d'altro lato si sa che la morfina ha un effetto protettivo nel caso dello stress causato da un intervento chirurugico (vedi studi di Sacerdote P, "Opioids and the immune system, Palliat Med 2006;20 Suppl 1:s9-15" e Beilin B "Effects of anesthesia based on large versus small doses of fentanyl on natural killer cell cytotoxicity in the perioperative period, Anesth Analg 1996 Mar;82(3):492-7").
Per il rapporto tra le infiammazioni croniche ed cancro si veda lo studio di Basak S (A Fourth IkappaB Protein within the NF-kappaB Signaling Module, Cell 2007 jan 26 128(2) 369)
La comunicazione della diagnosi di cancro: le conseguenze per il paziente
Oggi, a differenza di quanto accadeva nel passato, solitamente la diagnosi viene comunicata al paziente, anche se quando è infausta può provocare uno shock profondo. Nei migliori casi, il paziente viene considerato un partner al quale si comunica la verità e non una bugia, perché viene preso sul serio (come suggeriva lo stesso Ippocrate). Ciò avviene perché spesso il paziente ha già un sospetto da tempo, e vuole sapere "la verità". In una relazione rispettosa ed onesta tra medico e paziente va assecondata tale volontà.
Ci sono medici che hanno il vizio di mandare prima un'infermiera dal paziente, che deve mentire dicendo di non conoscere la diagnosi e chiedendo al paziente stesso cosa pensa di avere. Un metodo non compatibile con una relazione onesta tra paziente e terapeuta. Eppure, spesso all'inizio di tale rapporto il medico esiterà per qualche tempo, prima di comunicare i suoi sospetti o i primi risultati di un'indagine: in gergo medico si chiamano "bugie della misericordia". Viene spesso "concesso" al malato di cancro un "periodo del non-sapere" che può
creare gravi problemi di onestà nel rapporto, rallentando la comunicazione nelle fasi seguenti. Inoltre può avere un effetto molto dannoso per il paziente (si veda lo studio diFallowfield LJ, Truth may hurt but deceit hurts more: communication in palliative care, Palliat Med, 2002 Jul;16(4):297-303).
Al contrario del passato, le speranze di vita media sono cresciute e in alcuni casi (come il tumore ai testicoli) questa, dopo una terapia causale, potrà essere uguale a quella di persone della stessa età, mentre in altri casi la situazione può essere molto diversa. In Germania, il redditto medio dei medici è in calo rispetto ad altri redditi, e di conseguenza è cambiato anche il rapporto medico-paziente. Ovviamente concorrono anche altri motivi, come la medicina basata sempre di più sulle prove e sugli strumenti, e meno su interventi suggestivi, oppure grazia ai cambiamenti politici e sociali che hanno ridisegnato il ruolo del medico (basti pensare alla figura del prete), che ora è molto meno "autoritario" rispetto al passato.
I pazienti però non sono uguali: c'e chi chiede energicamente di essere informato su tutti i dettagli e dopo una diagnosi molto infausta reagirà organizzando la fine della sua vita, scrivendo un testamento e così via. Altre persone invece chiedono (spesso con un linguagio non-verbale) di non essere informate direttamente sull'esito probabile della propria patologia, e capiscono la diagnosi dal silenzio del medico, nel quale si possono comunicare tante verità. Spesso si verificano anche diverse reazioni rispetto al rinnegamento e aò rifiuto della diagnosi. Una situazione difficile avviene quando il medico di famiglia ipotizza "qualche infezione" o "un tumore benigno" e in un centro specializzato viene diagnosticato il contrario, oppure se un esame dà come esito un falso positivo.
Sul modo di comunicare una diagnosi, è intervenuto anche Umberto Veronesi sul Corriere della sera del 25 gennaio 2007): «Caro Renato, riprendo quanto ho già scritto su questo argomento in risposta a un messaggio già pubblicato su questo forum. È diritto del malato conoscere la verità circa il suo stato, ed è dovere di chi lo cura comunicargliela. Una persona malata per guarire, oltre ad aver bisogno di cure, ha bisogno di vivere un rapporto di fiducia con chi si prende cura di lei. Proprio perché il rapporto del malato con il proprio medico è una priorità, non può fondarsi sull'imprecisione o sull'equivoco. Quindi dire la verità sulla diagnosi è fondamentale, con tatto, ma va detta.
Informare un paziente però non vuol dire togliergli la speranza o il coraggio, anzi. E questo dipende moltissimo dalla comunicazione da parte del medico: ci sono casi in cui, in un difficile equilibrio, il medico deve saper anche discernere come, cosa e quanto comunicare. A volte, percependo che questo è l'aiuto reale per il suo paziente, può anche decidere di assumere su di sé le responsabilità, di raccontare senza dire, ma sempre aiutando, confortando e incoraggiando. Inoltre, la mia esperienza di medico me l'ha insegnato, quando il malato è messo di fronte alla realtà della sua condizione – con la dovuta accortezza e attenzione alla sua sensibilità - dopo un primo momento di sconcerto reagisce per lo più in modo costruttivo e matura una determinazione a guarire molto più forte di quella che può avere un malato incerto o dubbioso sulla natura del proprio male.
Bisogna però distinguere sempre e nettamente la diagnosi dalla prognosi. Se non si può barare sulla diagnosi, nella prognosi dobbiamo essere sempre un po' ottimisti, anche perché non abbiamo mai certezze. Non dimentichiamo che la medicina, nel bene e nel male, non è una scienza certa: al di là dei dati statistici ed epidemiologici, e perfino al di là della valutazione clinica della persona malata, in realtà nessun medico potrà mai stabilire con certezza quale sarà l'evoluzione esatta della sua malattia. Inoltre oggi il varco della speranza è diventato più ampio. Per esempio, mentre anni fa dare una speranza a un malato di cancro poteva apparire una forzatura, oggi guarisce il cinquantacinque per cento dei malati, e nelle donne colpite dal cancro al seno la percentuale sale fino all'ottanta per cento»
Le remissioni spontanee
Le remissioni spontanee (RS) sono guarigioni che non hanno alcun legame con una precedente terapia causale (vedi Kaiser HE, Spontaneous neoplastic regression: the significance of apoptosis, In Vivo, 2000 Nov-Dec;14(6):773-88) e che si verificano spontaneamente. La prima RS che è diventata famosa nella storia della medicina è quella di Pellegrino Laziosi di Forli (1265-1345, detto anche Pellegrino da Forlì, in inglese Saint Peregrine) che si ammalò di un cancro alla tibia e guarì completamente senza intervento medico. Per questo Pellegrino Laziosi è diventato in seguito il Santo protettore degli ammalati di cancro, secondo la fede cattolica.
L'incidenza di una remissione spontanea nel caso di cancro (solo malignomi) è purtroppo un fenomeno molto raro e occorre soltanto una volta su 60mila-100mila casi (vedi studi diBashford, di Hirschberg). Nel 1992, Stoll BA (in Spontaneous regression of cancer: new insights, Biotherapy, 1992;4(1):23-30) ipotizza che in tutto il mondo si posaono verificare circa 20 nuovi casi all'anno. In tutta la storia dell'oncologia si conoscono solo all'incirca 1200 casi corrispondenti e pubblicati in tutto il mondo. Ulrich Abel (biologo ed esperto di statistica di Heidelberg) stima che sarebbe molto difficile calcolare le probabilità per una RS. Oggi si sa che queste possono verificarsi in tutti i tipi di cancro che si conoscono, ma sono più frequenti nel carcinoma renale, nel neuroblastoma, nel melanoma maligno e nel caso dei linfomi e delle leucemie (vedi Papac RJ, Spontaneous regression of cancer: possible mechanisms, In Vivo, 1998 Nov-Dec;12(6):571-8 e Cole WH, Spontaneous regression of cancer and the importance of finding its cause, Natl Cancer Inst Monogr, 1976 Nov, 44). Le RS sono anche piu frequenti nei bambini.
Tentativi terapeutici
In Germania esistono due gruppi di lavoro che si sono concentrati su di esse (per esempio la "Klinikum Nurimberga"). Queste remissioni spontanee sono rarissime e non possono essere indotte da alcuna terapia conosciuta, anche secondo il punto di vista della psiconeuroimmunologia moderna. Esse sono spesso state osservate dopo alcune infezioni con una febbre elevata (vedi Hobohm U, Fever therapy revisited, Br J Cancer 2005 feb 14, 92(3) 421). Si sono osservati tempi maggiori di sopravvivenza in caso di una malattia contemporanea. Queste osservazioni hanno portato a tentativi terapeutici immunologici o a terapie che inducono la febbre, e hanno stimolato la ricerca dell'ipertermia terapeutica del cancro. Oggi tale ricerca è stata praticamente abbandonata per mancanza di successi, ed è rimasta in discussione e in uso la sola ipertermia locale coadiuvante. Tra i tentativi terapeutici della febbre è da nominare la terapia di Coley con tossine di batteri, ora abbandonata (vediCann - Van Netten, Dr William Coley and tumour regression: a place in history or in the future, Postgrad Med J, 2003 Dec 79(938)672) oppure i tentativi terapeutici attraverso un'infezione artificiale della malaria. La vaccinazione BCG (Bacille Calmette Guerin), usata nella prevenzione della tubercolosi, viene considerata tuttora efficace come coadiuvante in certi tipi di tumori (come quelli della vescica urinaria, vedi Cole WH, Relationship of causative factors in spontaneous regression of cancer to immunologic factors possibly effective in cancer, J Surg Oncol, 1976 8(5)391).
Altri studi e meta-analisi retrospettive storiche delle remissioni spontanee:
- Rohdenburg nel 1918 (Fluctuations in the growth energy of tumors in man, with esspecial reference to spontaneous recession, 1918 J Cancer Res 1918;3:193-225) con 185 casi citati;
- Fauvet tra il 1960 ed il 1964 con 202 casi;
- Boyd W (The spontaneous regression of cancer. Charles Thomas, Publ., Springfield Ill. 1966) nel 1966 con 98 casi;
- Cole WH ed Everson TC (Spontaneous Regression of Cancer (WB Saunders, Philadelphia, PA) nel 1966 con 182 casi;
- Challis GB (The spontaneous regression of cancer. A review of cases from 1900 to 1987, Acta Oncol, 1990 29(5)545) nel 1990 con 489 casi;
- O'Reagan e Hirschberg nel 1993, con 216 casi.
Le ricadute dopo una RS sono purtroppo frequenti (vedi studio di Cann e Van Netten, e lo studio di Nauts HC "The beneficial effects of bacterial infections on host resistance to cancer, cancer res int 1980"). Perciò bisogna aspettare anni dopo tale remissione per essere sicuri del successo, esattamente come accade nel caso di una terapia convenzionale contro il cancro. Il caso del paziente Wright (dallo studio di Brono Klopfer, "Psychological Variables in Human Cancer", Journal of Prospective Techniques 31, 1957, pp. 331-40) ha suscitato molto clamore nel mondo medico: nel suo caso i farmaci placebo (causalmente inefficaci) sono stati efficaci contro i suoi linfomi per alcuni mesi, anche se il paziente è deceduto dopo la terapia.
Quali possono essere la cause della remissione spontanea? Esistono due spiegazioni: le ipotesi somatiche-fisiologiche e le ipotesi psicologiche. Le correlazioni delle RS con le malattie infettive apportano un contributo alle ipotesi somatiche, anche se non si sa con precisione quale sia l'esatta influenza. Un contributo alle ipotesi psicologiche è dato dalle osservazioni che il "fighting spirit" (lo spirito di battaglia del paziente, la "grinta"), l'ottimismo ed un ottimo sostegno sociale e familiare (con conseguenze sulla qualità della vita) hanno avuto un effetto positivo in una piccola parte degli studi scientifici sulla terapia del cancro. Tale effetto psicologico sembra essere debole, e nella maggioranza degli studi corrispondenti non è stato possibile dimostrarlo o ripeterlo (vedi le revisioni di Petticrew M nel 1999 (Cancer-stress link: the truth, 1999 Nurs Times Mar 3-9 95) e di Faller H nel 2004 (Prognostic value of depressive coping and depression in survival of lung cancer patients, Psychooncology 2004 May 13 (5) 359).
La prevenzione psicosociale ed ambientale del cancro
Esiste un stile di vita che potrebbe diminuire il rischio di ammalarsi di tumore? Al contrario dei fattori di rischio ambientali e delle sostanze con un accertato effetto cancerogeno, i fattori psichici non sembrano ricoprire una rilevante importanza come causa del cancro. E di conseguenza non esiste alcuna "ricetta psicologica" nella prevenzione del cancro. Nell'assistenza psicologica dei malati di tumore, la ricerca "life-event" corrobora l'ipotesi che una vita caratterizata da un sufficiente sostegno sociale avrebbe un effetto protettivo in caso del cancro (vedi studio di Schüssler e G Schubert C, The influence of psychosocial factors on the immune system (psychoneuroimmunology) and their role for the incidence and progression of cancer, Z psychosom Med Psychother, 2001;47(1):6-41 e lo studio diKiekolt-Glaser JK, Psychoneuroimmunology and cancer: fact or fiction? Eur j cancer, 1999 Oct;35(11):1603-7). Tale rapporto sociale stabile può avere un effetto positivo sul sistema immunitario con conseguenze sulle difese del corpo contro i virus che sono associati a patologie neoplastiche, sapendo che circa il 15% dei tumori sono in associazione con un'infezione virale. Tipici esempi sono il carcinoma cervicale, il sarcoma di Kaposi e alcuni tumori del fegato. D'altro canto, un'elevata reattività da parte del sistema immunitario può avere effetti addirittura negativi nel caso di malattie autoimmuni come la poliartrite reumatica. Rafforzare la reattività immunitaria non è sempre consigliabile. Non esistono prove che un radicale cambiamento del proprio stile di vita o il "pensare positivamente" possono curare una patologia neoplastica.
Conclusione
Le ipotesi di Ryke Geerd Hamer e della sua "Nuova Medicina Germanica ®" non sono compatibili con questa revisione della letteratura scientifica compiuta nel 2007. Hamer sostiene che il cancro (che non suddivide in maligno e benigno) sia il tentativo del cervello di "riparare" (e quindi di guarire) un trauma psicologico inaspettato subito in precedenza. E che basti individuare il trauma sotto accusa e "disfarlo" (attraverso una cosiddetta risoluzione) perché il cervello receda dalla sua azione “riparatrice”, arrestando quindi la proliferazione delle cellule neoplastiche una volta per tutte, visto che le metastasi secondo Hamer non esisterebbero. E tutto questo omettendo terapie convenzionali (escludendo una piccola parte di interventi chirurgici) ed evitando una terapia analgesica effetuata con morfina o farmaci analoghi, quindi esponendo i pazienti a soffererenze in buona parte evitabili con le moderne terapie del dolore. Secondo Hamer, questa sua strada terapeutica avrebbe un successo del 95-98%. Non è in grado però di dimostrarlo, giustificandosi con presunti interventi di logge massoniche, dell'organizzazione ebraica B'nai Brith e di un complotto da parte della "medicina ufficiale".
Dai numerosi studi scientifici elencati non si può trarre la conclusione certa di una psicogenesi per tutti i tipi di cancro. Una tale psicogenesi sarebbe inoltre non compatibile con i diversi tipi di cancro che hanno un'accertata origine virale, origine genetica o un'origine nell'ambiente (raggi UV e radioattività naturale) o da sostanze cangerogene (per esempio il fumo e l'amianto) o da radiazioni ionizzanti fatte dall'uomo. Anche l'esistenza dei tumori trasmissibili (negli animali) non è compatibile con le "leggi" della "Nuova Medicina Germanica".
Da quello che si sa oggi, i processi psichici possono avere un ruolo solo come deboli fattori facilitanti o protettivi, e in alcuni casi rari ed estremi sono forse all'origine di alcune remissioni spontanee. All'inizio degli anni Ottanta, quando è nata la Nmg, la situazione non era così chiara come appare oggi. L'argomento era poco conosciuto, ed erano in discussione modelli circa una possibile psicogenesi del cancro. Il difetto non scusabile di Hamer è la sua manifesta incapacità di adattare progressivamente le sue "ipotesi-leggi" a quello che si può osservare e misurare, di rispondere ai nuovi risultati scientifici (anche a risultati che smentiscono i propri), di non basarsi su lavori scientifici svolti e pubblicati in precedenza, e di riferirsi in modo acritico a racconti ed aneddoti che ha scelto, aggrappandosi alle sue leggi in modo volgare. Altri errori non scusabili (come la questione degli artefatti nelle Tac, le sue asserzioni errate circa la lateralità umana e l'embriologia) si aggiungono all'odore di antisemitismo e la vicinanza a movimenti di estrema destra, come la NPD tedesca, che non è compatibile con un fermo rispetto dell'essere umano (di ogni razza e confessione) che deve per forza essere alla base della professione medica. Le sue affermazioni di non essere razzista non convincono un lettore neutrale quando legge le sue lettere o le interviste, che in più hanno indotto molti a pensare ad una mania con valore patologico da parte di un uomo invelenito e arroccato nel suo modo di pensare chiuso ermeticamente al mondo esterno. La morte di numerosi pazienti con gravi patologie che hanno creduto ciecamente alle promesse dell'ex-medico, carismatico con la sua voce rassicurante e simpatica, e la contemporanea mancanza di prove per i presunti successi miracolosi in caso di cancro non lasciano dubbi che la sua strada diagnostica e terapeutica non è idonea a pazienti affetti da una grave patologia. I pazienti affetti da cancro dovrebbero cercare aiuto competente e professionale, e stare lontani dalla terapie della "Nuova Medicina Germanica"! La si può considerare invece come alternativa nel caso di blande infezioni o banali disturbi psicosomatici. Sempre per chi tollera le sue convinzioni contro gli ebrei.
© 2007-2010 Ilario D'Amato
http://www.dossierhamer.it/psicooncologia.html
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