-Renata Fontanelle- Noi italiani siamo un popolo di viaggiatori; pensiamo ai nostri esploratori Ferdinando Magellano, Marco Polo o Cristoforo Colombo o ai nostri parenti emigrati in America, in Germania o in Svizzera o più recentemente ai viaggi di piacere, in ogni periodo dell’anno, all’estero che caratterizzano sempre di più le nostre vacanze.
In tutte le mete per le vacanze, anche le più sperdute, da Lombok al Perù, dal Kenia alla Patagonia, i turisti avranno potuto notare che tutti i bambini stranieri, anche i più piccoli, sanno comunicare in inglese; lo parlano forse anche in modo scorretto, non rispettando le regole sintattiche ed ortografiche, ma sanno farsi capire e, soprattutto, lo comprendono e quindi comunicano.
In Italia una gran parte della popolazione, giovani compresi, non conoscono l’inglese; non per noncuranza, ma se gli anziani non possono relazionarsi col mondo esterno per questa loro carenza, ci spaventa poco. Siamo invece preoccupati per i giovani che dovranno vivere e lavorare in un mondo ormai globalizzato di cui la lingua ufficiale è l’inglese.
Non sto affermando che non lo studiano, anzi! Da qualche anno l’inglese è stato inserito anche nella scuola elementare ma il risultato non cambia: dopo 5 anni di scuola elementare a cui si aggiungono tre anni di scuola media inferiore e cinque di scuola media superiore e, talvolta, anche i corsi universitari, ebbene, dopo una vita di studi gli italiani non sanno comunicare in inglese!
Vi chiederete come sia possibile, per cui vediamo di analizzare la situazione.
Il primo impatto con la lingua inglese è di tipo ludico poiché nella scuola primaria lo si affronta come un gioco, un divertimento, imparando filastrocche, canzoni, eseguendo giochi di società. L’approccio è quanto mai gradevole e studiato per l’età del bambino ma gli interventi sono sporadici e spesso gli insegnanti non hanno la capacità di trasmettere l’interesse e le conoscenze utili alle prime semplici conversazioni.
Nella scuola media inferiore in molte scuole viene affrontato prevalentemente nella forma scolastica privilegiando la grammatica, la lettura, la traduzione scritta, più che l’ascolto e la conversazione.
Così pure alle superiori in cui si studia anche la letteratura.
Già negli articoli precedenti, abbiamo riflettuto sul fatto che la scuola italiana è impostata sulla lettura e scrittura più che sull’esperienza (fatta eccezione per discipline come l’educazione fisica) e sul fatto che molti giovani sono in difficoltà perché hanno bisogno di provare, verificare, fare esperienze per apprendere; ebbene a maggior ragione questo vale per le lingue straniere, soprattutto quella inglese che è molto diversa dall’italiano. Pensiamo alla pronuncia di dittonghi che varia tra parole, pur essendo scritte nello stesso modo; nella lingua italiana invece le lettere dell’alfabeto si pronunciano con un unico suono, seguendo ovviamente regole precise (ce, ci dolce tranne se seguite dall’h). Pensiamo anche all’ordine inverso degli attributi e dei nomi, o a quegli “insopportabili ed enigmatici ” verbi che assumono ogni significato a seconda della preposizione che segue!
Ho sentito recentemente un adolescente rispondere alla domanda: “Ti piace studiare l’inglese?” con questa affermazione: “Io e l’inglese siamo divorziati, lui è lì ed io sono là” mentre spalancava le braccia indicando con la sinistra il nord e con la destra il sud, rivolgendo gli occhi al cielo.
Sicuramente ci sono vari fattori che concorrono al fallimento della conoscenza della lingua.
Il primo è sicuramente il metodo con cui la si affronta a scuola.
Un altro può essere il disamore che accompagna molti studenti (collegato anche al metodo di insegnamento) verso questa disciplina; disamore che è forse equiparabile alla mancanza di gioia e di entusiasmo nei confronti della comunicazione con uno strumento complesso come quello della lingua italiana. Ben pochi sono i giovani che affrontano le prove di scrittura (temi o prove analoghe) con interesse o entusiasmo. Sicuramente, la volontà di corrispondere con gli altri, i giovani la possiedono; la esprimono infatti e la dimostrano con l’attaccamento quotidiano ai social network, tipo facebook, che li soddisfa però proprio per la brevità, la semplicità e l’immediatezza del messaggio.
Altro deterrente all’assimilazione dell’inglese può essere il carattere del ragazzo; spesso, dover parlare in una lingua straniera di fronte ai compagni e agli insegnanti o addirittura ad estranei, produce nel giovane una sorta di pudore, timidezza che tronca le parole, il pensiero creando un blocco.
Altra cosa che inibisce questa conoscenza è il fatto che in Italia, contrariamente a tutti gli altri paesi, i programmi televisivi, siano essi film, soap opera, telefilm o documentari, vengono sempre proposti doppiati in italiano. Negli altri paesi si trasmettono in lingua originale con le didascalie a fondo schermo. I nostri ragazzi perciò non hanno lo stimolo alla conoscenza se non per poter comprendere talvolta i testi delle canzoni straniere.
Passiamo, come sempre, alla parte propositiva; sappiamo che le critiche, le riflessioni analitiche sono molto utili ma solo se accompagnate da proposte alternative, idee, visioni utili al miglioramento.
Negli ultimi anni tutti ci siamo scontrati con, IMU o TASI che sia, la tassa, sempre più esosa, sulla casa, specie sulle doppie case. Inoltre è risaputo che, soprattutto nelle grandi città, vi sono molti alloggi sfitti.
Voi penserete che queste notizie non riguardino minimamente l’argomento di cui sopra. Invece ne sono la soluzione!
Lo Stato è indigente; se si volesse intervenire sull’insegnamento della lingua straniera occorrerebbe investire capitali che purtroppo non ci sono. Ebbene ecco la soluzione!
Premessa:
- per apprendere un linguaggio con le sfumature che lo caratterizzano è d’uopo impararlo con chi lo conosce approfonditamente. In questo caso parlo di insegnanti di madrelingua inglese;
- un bimbo, che frequenti l’asilo nido e la scuola materna regolarmente, all’età di cinque anni sa comprendere e parlare nella propria lingua correttamente (in seguito, a scuola, imparerà le regole ortografiche, grammaticali e sintattiche che saranno solo conferma di ciò che egli già sa, anche se inconsapevolmente).
Perché non fare lo stesso percorso con l’inglese? La risposta di molti lettori metterebbe in luce sicuramente il problema del costo di tale operazione; ci vorrebbe infatti un docente madrelingua che viva quotidianamente a contatto dei bambini e che parli con loro in inglese, che giochi, che li rimproveri, che canti, che li “coccoli” in inglese. Ovviamente questa esperienza dovrà continuare a scuola con almeno un’ora di conversazione al giorno in inglese e un’ora di compresenza con una docente di materie scientifiche per apprendere i termini scientifici.
Credo che adesso abbiate capito il motivo della parentesi sulla casa e sulla TASI.
Proponiamo al ministro della Pubblica Istruzione di attuare una convenzione con l’Inghilterra e gli Stati Uniti, per cui questi paesi ci invieranno giovani maggiorenni che desiderino conoscere l’Italia e l’italiano a prestarsi come insegnanti “Conversatori” presso i nostri asili nido e scuole. L’alloggio verrà offerto gratuitamente, con contratto annuale, dai cittadini che possiedono alloggi sfitti, con la clausola che gli alloggi affittati, per quell’anno, non saranno oggetto di tassazione. Sicuramente molte persone si offriranno di ospitare i “Conversatori” nella loro casa, magari solo per qualche mese a turno con altri, se il loro figlio o nipote avrà la possibilità di imparare veramente la lingua inglese. Per il vitto è possibile immaginare un compenso adeguato che sarà comunque un costo molto limitato oppure si può ipotizzare per l’insegnante un impiego serale come docente di lingua a pagamento in scuole private, enti, aziende, privati che consenta un guadagno sufficiente a coprire il costo del vitto. Oppure si può prevedere uno sgravio fiscale per coloro che, oltre all’alloggio, offriranno anche il vitto per tutta la permanenza dell’ospite.
Credo che sia encomiabile favorire lo scambio di culture tra paesi, soprattutto se rivolto ai giovani. Questo progetto potrà innanzitutto assicurarci una buona conoscenza dell’inglese di tutti i giovani, favorire la nascita di convivenze proficue, legami affettivi, relazioni vantaggiose tra persone e tra enti di paesi diversi, possibilità di impiego indotte dalle nuove conoscenze.
Che ne pensate? Sì, so che tra qualche tempo ci saranno traduttori simultanei che ci consentiranno di vivere nell’ignoranza ma …. come la mettiamo con Shakespeare?Siamo sicuri che un traduttore ci soddisferà quando ci interpreterà “The Most Excellent and Lamentable Tragedy of Romeo and Julie”? Ci trasmetterà tutta la poesia, il fascino, la passione, l’incanto di cui sono ricche le sue parole?
Quando inventarono l’automobile ci fu sicuramente qualcuno che pensò che l’essere umano non avrebbe più camminato, ma si sbagliava!
http://www.articolotre.com/2014/08/al-ministro-stefania-giannini-ovvero-a-scuola-do-you-speak-english/
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