venerdì 2 marzo 2012

Egitto: rogo culturale


Milioni di pagine di volumi antichi sono bruciati davanti agli occhi allibiti e smarriti dei passanti. E un patrimonio librario inestimabile è andato perso per sempre. Durante gli scontri che per giorni hanno sconvolto la città del Cairo, le fiamme hanno avvolto anche il palazzo che ospitava il celebre Istituto d’Egitto voluto e fondato da Napoleone Bonaparte. Dal 1798 le sue sale hanno accolto studiosi provenienti da tutto il mondo che sapevano di poter leggere nella ricchissima biblioteca documenti introvabili altrove.
I giornali stranieri ne hanno dato notizia denunciando — come ha fatto «Liberation» — la gravità di quanto è accaduto e riportando le assicurazioni del Governo che prometteva di trovare e di dare la giusta punizione ai colpevoli. Parole rimaste senza seguito, finora.
Ma al di là degli interrogativi le cause e le responsabilità di questo scempio — nessuno si spiega come mai l’intervento dei vigili del fuoco, che hanno la loro caserma nel palazzo del Mogamma proprio di fronte all’istituto dall’altro lato della strada, sia arrivato dopo circa un’ora — quello che resta adesso è soltanto un cumulo di macerie e di libri bruciati. Un numero incalcolabile di documenti, di ricerche, di studi e di volumi che erano stati compilati e raccolti in più di duecento anni che sono ridotti in cenere e che nessuno potrà mai più ricostruire.
È una perdita comparabile a quella provocata dal grande incendio che distrusse nel 642 la celebre biblioteca di Alessandria. Quel rogo fu appiccato per ordine del califfo Omar dalle truppe arabe che avevano appena conquistato l’Egitto. Su quello del Cairo si possono avanzare soltanto dei sospetti.
Napoleone aveva deciso ancora prima d’imbarcarsi sull’Orient, la nave che lo portò ad Alessandria, prima tappa della sua spedizione, di fondare un istituto — sul modello dell’Istituto Nazionale di Francia di cui lui stesso era membro — formato dalle menti eccellenti dell’epoca. Al di là delle ragioni strategiche della campagna coloniale napoleonica (1798-1801) — un’impresa militare e scientifica simile soltanto a quella di Alessandro Magno in Asia — l’antica terra dei faraoni diede poi un lustro e una fama insperata alla terra di Francia. Roma vinse su Atene ma fu conquistata culturalmente dai greci; anche i francesi vennero conquistati dalla conoscenza e dalle antichità egizie.
Subito, una volta arrivato al Cairo dopo la famosa Battaglia delle Piramidi del 21 luglio 1798, Napoleone incaricò due dei tanti scienziati che aveva portato con sé — il chimico Claude Louis Berthollet e il fisico Gaspard Monge — di dare vita a quello che sarebbe diventato l’Istituto d’Egitto.
I due scelsero il grande palazzo di Hassan Kashif e il giardino di Qassim Bey come sede principale dell’istituto che era diviso tra vari villini in uno dei più eleganti quartieri del Cairo presso Bulaq, vicino al Nilo, circondato all’epoca da sontuosi parchi e laghi artificiali. Berthollet e Monge scelsero anche i primi membri e ne approvarono lo Statuto che Napoleone firmò il 22 agosto 1798.
È da quel momento che comincia la vita dell’istituto. La prima riunione si tiene il giorno dopo: Monge viene eletto presidente, Napoleone conserva per sé la carica di vicepresidente. L’incontro ha luogo proprio nel palazzo di Hassan Kashif, che allora si trovava ancora nel quartiere di El-Nasria (poi diventato Scuola Sanieh) e l’evento è immortalato in uno schizzo di Jean Protain. Molti dei personaggi sono riconoscibili, anche perché un altro artista che prese parte alla spedizione, André Dutertre, fece in seguito il ritratto di quasi tutti i membri dell’istituto.
Oltre a Napoleone, si possono riconoscere Nicolas Conté con la benda sull’occhio, il generale Caffarelli con la gamba di legno, come pure Fourier, Dolomieu il più alto, Monge, Berthollet, Louis Costaz con gli occhiali e Protain stesso seduto in fondo alla stanza che disegna per immortalare la scena.
I campi di ricerca fissati dall’istituto furono organizzati in quattro sezioni: matematica, fisica (storia naturale e medicina), economia politica e letteratura e arti. Oltre a intellettuali e a studiosi egiziani, i membri provenivano per la maggior parte dalla Commissione delle Scienze e delle Arti, formata da ben 167 studiosi, che tutti, tranne sedici, parteciparono alla spedizione e che diedero poi vita alla celebre Description de l’Égypte, anch’essa bruciata dalle fiamme che hanno avvolto il palazzo.
Una volta arrivati al Cairo questi matematici, ingegneri, astronomi, naturalisti, geografi, architetti, pittori, artigiani, scultori, uomini di lettere, stampatori in caratteri latini, greci e arabi, si misero al lavoro producendo una quantità incredibile di documenti, animati da un entusiasmo e da una competenza che colpì profondamente gli uomini di cultura locali. Nicolas Conté, un inventore geniale, costruì ex-novo tutti gli strumenti persi nel naufragio del vascello Patriote che faceva parte della spedizione e costruì anche fabbriche per la produzione di polvere da sparo e di palle da cannone.
Il chimico Berthollet (inventore della candeggina) studiò la formazione della soda; lo zoologo Etienne Geoffroy Saint-Hilaire realizzò un piccolo zoo privato nel giardino di casa e iniziò uno studio sistematico dei pesci del Mar Rosso e del Nilo (scoprì il raro Polypterus bichir), ma ad appassionarlo furono le mummie degli animali e il culto a essi riservato nel periodo faraonico.
L’ornitologo Savigny partì in missione al lago Menzaleh dove studiò fenicotteri, avocette e aironi e descrisse per la prima volta la ninfea blu, mentre i geologi Guy-Sylvain, Dolomieu e Cordier studiarono il delta del Nilo.
Tanti furono gli studi in cui si lanciarono quel manipolo di sapienti e i loro successori e che erano conservati nelle sale dell’istituto: dai miraggi nel deserto ai laghi di sale, dall’anatomia dell’ibis sacro ai lavori sull’evoluzione del pensiero scientifico, dalle iscrizioni latine ritrovate ad Alessandria alle diverse tombe arabe del cimitero di Assuan, dalla composizione della popolazione in Egitto in epoca Saita all’iscrizione di Arsinoe Filadelfo sulla colonna pompea, dai papiri aramei scoperti a Hermopolis-Ovest a un trattato di agricoltura composto per un sultano yemenita del XIV secolo, dalla traduzione di iscrizioni funerarie cufiche ritrovate ad Alessandria al culto di san Giovanni Battista.
Raccogliere reperti, catalogare specie sconosciute ed esplorare rovine in parte sommerse dalla sabbia fu un’esperienza entusiasmante per gli studiosi dell’epoca. Costaz, alla guida di una delle due commissioni incaricate di studiare l’Alto Egitto che era ancora sconosciuto, analizzò le raffigurazioni delle tombe private che mostrano gli antichi attrezzi agricoli. Altri si concentrarono sulle abitudini, sul lavoro e sui costumi degli Egizi. Fourier, a capo dell’altra commissione in Alto Egitto, studiò i dipinti astronomici di alcuni monumenti. Il più celebre di tutti è quello del tempio di Dendera.
Libri, collezioni di manufatti di piccole dimensioni, papiri, minerali, reperti di flora e di fauna disegni e note, tutto era conservato nelle stanze dell’istituto. Questi lavori vennero in un primo momento pubblicati su vari giornali, ma presto fu creato un organo ufficiale dell’istituto: le «Mémoires sur l’Égypte». E molti suoi articoli finirono poi nella celebre Description de l’Égypte.
Un’avventura straordinaria perché la messe di scoperte, di studi e di rilevamenti compiuti da quegli uomini di scienza nel corso dei 38 mesi passati nella terra dei faraoni fu ricchissima e portò anche a nuove scoperte, compresa quella della Stele di Rosetta e dello Zodiaco di Dendera. Temerario, per l’epoca, fu il lavoro di due giovani ingegneri, Prosper Jollois e Edouard Villiers du Terrage, che avevano 22 e 19 anni e che si recarono in Alto Egitto sotto scorta militare. Avevano solide basi di disegno e misurarono tutti i principali templi. Quando nel 1801, l’Istituto d’Egitto cessò di esistere, gli studiosi che lo componevano continuarono i loro studi e le loro ricerche fino a che — siamo ormai nel 1836 — venne fondata l’Egyptian Society grazie al console britannico Walne. Indipendentemente dall’Egyptian Society, il Paese vide nascere nel 1842, l’Association Littéraire d’Egypte. Due uomini, l’inglese Henri Abbot e il francese Prisse d’Avennes si sono impegnati da soli a crearne le basi. Nel 1859, esattamente il 6 maggio, sotto la spinta del viceré d’Egitto, Mohammed Said Pascià, e per iniziativa di un gruppo di uomini di cultura tra i quali Jomard, sopravvissuto della Commissione delle Scienze delle Arti di Bonaparte, Mariette, Koenig, Schnepp, Pereira e altri, si costituì ad Alessandria l’Institut Egyptienne per continuare le tradizioni del suo predecessore, l’Istituto d’Egitto, e per continuarne l’opera. Lavorando in tutti i campi della scienza, delle arti e delle lettere, l’Istituto egiziano ebbe tra i suoi membri molti altri personaggi illustri.
Trasferito al Cairo, nel 1880, l’Istituto egiziano nel 1918 per decreto di sua altezza il sultano Ahmed Fouad, diventato più tardi sua maestà Fouad i, il re mecenate, riprese il suo titolo originario e divenne di nuovo l’Istituto d’Egitto.
Risistemato all’inizio degli anni Cinquanta, l’istituto teneva delle riunioni mensili regolari da novembre a maggio. Gli intellettuali egiziani e stranieri vi tenevano le loro conferenze che in tutti i campi dovevano costituire un apporto alla scienza e favorire la conoscenza. Negli anni Cinquanta, la biblioteca dell’istituto era già una delle più ricche d’Egitto: aveva 40 mila volumi, oltre alle pubblicazioni dei periodici. Era frequentata ogni giorno da un pubblico di studiosi e di ricercatori, sicuri di trovarvi una preziosa documentazione. L’istituto pubblicava un Bullettin Annuel e delle Mémoires. Il Bollettino comprendeva i testi delle conferenze e i resoconti delle riunioni.
Sia il Bollettino che le Memorie costituivano una base di scambio con le pubblicazioni di circa trecento altre società culturali di tutto il mondo. Per avere un’idea dell’importanza dei lavori realizzati quasi duecento anni fa, basti dire che quell’imponente materiale scientifico era ancora oggi oggetto di studio prima che le fiamme lo distruggessero. Aline Raynal, del Museo di Storia Naturale di Parigi, studia la biologia riproduttiva della Striga buchnera, una pianta parassita delle colture di cereali del Sahel, scoperta e descritta da Raffeneau-Delile, il ventiduenne botanico della spedizione. Leonard Ginsburg, del laboratorio di Paleontologia del Museo, studia le mummie dei gatti portate a Parigi per valutare le modificazioni dell’encefalo nel corso dell’evoluzione. Andrè Raymond, docente all’università di Provenza, ha potuto compiere studi sui quartieri di epoca fatimide del Cairo (969 - 1171) soltanto grazie a una mappa realizzata da Edme-Frannois Jomard, ingegnere-geografo della spedizione. Ma oggi di tutto questo tesoro d’informazioni rimane solo una montagna di cenere. (Oss. Rom)

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