sabato 21 luglio 2012

'Spari su di noi' e posta la maglietta bucata

Uno dei feriti nella strage di Denver mostra la maglia bucata da un proiettile Uno dei feriti nella strage di Denver mostra la maglia bucata da un proiettile 


Sarebbe di Chris Rapoza, la foto della maglietta pubblicata sui social network poche ore dopo il ferimento nella strage di Denver. Chris sul suo profilo Facebook racconta gli attimi di terrore che ha vissuto: "Perry ed io eravamo alla proiezione di mezzanotte di Batman, in Colorado, quando un pazzo maledetto ha deciso di aprire il fuoco sulla folla. Io sono stato colpito da un proiettile alla schiena ma sto bene. Perry è illesa, ma sfortunatamente ha perso le scarpe. Molte persone non sono state così fortunate... Io sono stato visitato da alcuni paramedici e mi hanno dato l'ok per raggiungere l'ospedale da solo. Volevo solo far sapere a tutti che sto bene".
IL RACCONTO DEI SOPRAVVISSUTI: PROIETTILI INTORNO A NOI dall'inviato Marcello Campo - "Sembrava di vivere un film dentro un film. Spari sullo schermo, e spari accanto a noi. Ma i morti e il sangue, stavolta erano veri.". Vagano ancora in stato di choc i superstiti terrorizzati dell'ennesima strage senza senso che torna a insanguinare l'America. Dopo una notte insonne, rivivono con gli occhi sbarrati quei pochi istanti della loro via in cui finzione e realtà non sono mai stati cosi drammaticamente vicini. James Holmes, questo il nome del killer, è entrato da una uscita di sicurezza, poco dopo mezzanotte. Ha lanciato i gas lacrimogeni, poi le raffiche omicide. E tutta la città attorno a loro ripiomba muta e sconvolta nell'incubo di Columbine, quando a soli 33 chilometri da qua, 13 anni fa, due ragazzi uccisero 12 compagni e un professore, prima di togliersi la vita. "Non so perché possano succedere queste cose, è pazzesco", dicono increduli e smarriti. Ma nelle loro parole non c'é rabbia, piuttosto rassegnazione. Ieri notte erano andati a vedere la prima di Batman, un film d'evasione, in un megacinema multisala, il Century 16, ad Aurora, nei pressi di Denver, poco distante dai tanti centri commerciali anonimi e tutti uguali, tirati su in ogni angolo d'America. Tutta la zona intorno al Century 16 è totalmente isolata, limitata dai nastri gialli che indicano oltre è stato commesso un crimine e ci sono indagini in corso. All'interno si vedono solo le macchine lasciate dai morti e dai feriti. A poche ore di distanza, sotto una cappa insopportabile di afoso dolore, con le loro magliette e bermuda alcuni di quelli che erano all'interno del cinema rispondono composti all'esercito di giornalisti che da tutti gli States si sono fiondati in questo angolo del Far West. Da coprire c'é un'altra 'big story' di un altro giovane squilibrato, un killer della porta accanto, che vestito da 'Bane', il cattivo di Batman, ha sparso morte, così, in modo random. Dodici morti e 38 feriti, di cui alcuni in modo grave. Vittime di questa guerra senza ragione, percepita come una malattia, un incidente, una disgrazia, che può capitare a tutti, prima o poi. Ora, come ha suggerito Barack Obama dalla lontana Florida, è il momento di ricordarsi di far parte dell'unica famiglia chiamata America. La gente agli angoli delle strade si abbraccia, prega e piange i propri cari. Ma come è capitato altre volte, solo in pochi si chiedono come sia possibile che in America un folle può comprare su Internet o al supermercato tutto l'occorrente per compiere un'azione di guerra. "Se avessi avuto una pistola con me forse sarei riuscito a fermarlo. Lo so che molti di voi europei non lo capiscono, ma qui funziona così", racconta un padre di famiglia, con pancetta, cappellino da baseball e ciuffo biondo. Sembra di parlare con un 'berretto verde', un marine, alla John Wayne. Del resto da queste parti nell'800 s'era scatenata la caccia all'oro e s'é forgiato lo spirito dei pionieri. E ancora oggi circa 70 milioni di americani posseggono un'arma. Una lobby importante, guidata dalla potentissima National Rifle Association, che si batte strenuamente contro ogni limitazione del secondo emendamento. Un centro di potere che nemmeno Obama ha provato a scalfire. Vicino a lui, una signora di colore, che stava in una sala accanto della strage, parla ancora a scatti: "Dovremmo mettere i metal detector anche davanti ai cinema, così come accade nelle scuole e negli aeroporti". Ma anche lei si rende conto che la soluzione non può essere militarizzare le città americane. Da un capo all'altro della città le famiglie delle vittime e dei feriti sono già da ore circondate dalle efficientissime squadre di psicologi, esperti del trattamento di choc devastanti. Poi verrà il momento delle candele accese, dei peluche, dei bigliettini, dei ricordi pieni di emozione e di rimorso. Scene già viste, nei campus universitari, nelle scuole, e ora anche nei cinema di un Paese che ancora non riesce a tenere a bada la follia che cova dentro. (ANSA)

Nessun commento:

Posta un commento