Uno dei feriti nella strage di Denver mostra la maglia bucata da un proiettile
Sarebbe di Chris Rapoza, la foto della maglietta pubblicata sui
social network poche ore dopo il ferimento nella strage di Denver. Chris
sul suo profilo Facebook racconta gli attimi di terrore che ha vissuto:
"Perry ed io eravamo alla proiezione di mezzanotte di Batman, in
Colorado, quando un pazzo maledetto ha deciso di aprire il fuoco sulla
folla. Io sono stato colpito da un proiettile alla schiena ma sto bene.
Perry è illesa, ma sfortunatamente ha perso le scarpe. Molte persone non
sono state così fortunate... Io sono stato visitato da alcuni
paramedici e mi hanno dato l'ok per raggiungere l'ospedale da solo.
Volevo solo far sapere a tutti che sto bene".
IL RACCONTO DEI SOPRAVVISSUTI: PROIETTILI INTORNO A NOI dall'inviato Marcello Campo
- "Sembrava di vivere un film dentro un film. Spari sullo schermo, e
spari accanto a noi. Ma i morti e il sangue, stavolta erano veri.".
Vagano ancora in stato di choc i superstiti terrorizzati dell'ennesima
strage senza senso che torna a insanguinare l'America. Dopo una notte
insonne, rivivono con gli occhi sbarrati quei pochi istanti della loro
via in cui finzione e realtà non sono mai stati cosi drammaticamente
vicini. James Holmes, questo il nome del killer, è entrato da una uscita
di sicurezza, poco dopo mezzanotte. Ha lanciato i gas lacrimogeni, poi
le raffiche omicide. E tutta la città attorno a loro ripiomba muta e
sconvolta nell'incubo di Columbine, quando a soli 33 chilometri da qua,
13 anni fa, due ragazzi uccisero 12 compagni e un professore, prima di
togliersi la vita. "Non so perché possano succedere queste cose, è
pazzesco", dicono increduli e smarriti. Ma nelle loro parole non c'é
rabbia, piuttosto rassegnazione. Ieri notte erano andati a vedere la
prima di Batman, un film d'evasione, in un megacinema multisala, il
Century 16, ad Aurora, nei pressi di Denver, poco distante dai tanti
centri commerciali anonimi e tutti uguali, tirati su in ogni angolo
d'America. Tutta la zona intorno al Century 16 è totalmente isolata,
limitata dai nastri gialli che indicano oltre è stato commesso un
crimine e ci sono indagini in corso. All'interno si vedono solo le
macchine lasciate dai morti e dai feriti. A poche ore di distanza, sotto
una cappa insopportabile di afoso dolore, con le loro magliette e
bermuda alcuni di quelli che erano all'interno del cinema rispondono
composti all'esercito di giornalisti che da tutti gli States si sono
fiondati in questo angolo del Far West. Da coprire c'é un'altra 'big
story' di un altro giovane squilibrato, un killer della porta accanto,
che vestito da 'Bane', il cattivo di Batman, ha sparso morte, così, in
modo random. Dodici morti e 38 feriti, di cui alcuni in modo grave.
Vittime di questa guerra senza ragione, percepita come una malattia, un
incidente, una disgrazia, che può capitare a tutti, prima o poi. Ora,
come ha suggerito Barack Obama dalla lontana Florida, è il momento di
ricordarsi di far parte dell'unica famiglia chiamata America. La gente
agli angoli delle strade si abbraccia, prega e piange i propri cari. Ma
come è capitato altre volte, solo in pochi si chiedono come sia
possibile che in America un folle può comprare su Internet o al
supermercato tutto l'occorrente per compiere un'azione di guerra. "Se
avessi avuto una pistola con me forse sarei riuscito a fermarlo. Lo so
che molti di voi europei non lo capiscono, ma qui funziona così",
racconta un padre di famiglia, con pancetta, cappellino da baseball e
ciuffo biondo. Sembra di parlare con un 'berretto verde', un marine,
alla John Wayne. Del resto da queste parti nell'800 s'era scatenata la
caccia all'oro e s'é forgiato lo spirito dei pionieri. E ancora oggi
circa 70 milioni di americani posseggono un'arma. Una lobby importante,
guidata dalla potentissima National Rifle Association, che si batte
strenuamente contro ogni limitazione del secondo emendamento. Un centro
di potere che nemmeno Obama ha provato a scalfire. Vicino a lui, una
signora di colore, che stava in una sala accanto della strage, parla
ancora a scatti: "Dovremmo mettere i metal detector anche davanti ai
cinema, così come accade nelle scuole e negli aeroporti". Ma anche lei
si rende conto che la soluzione non può essere militarizzare le città
americane. Da un capo all'altro della città le famiglie delle vittime e
dei feriti sono già da ore circondate dalle efficientissime squadre di
psicologi, esperti del trattamento di choc devastanti. Poi verrà il
momento delle candele accese, dei peluche, dei bigliettini, dei ricordi
pieni di emozione e di rimorso. Scene già viste, nei campus
universitari, nelle scuole, e ora anche nei cinema di un Paese che
ancora non riesce a tenere a bada la follia che cova dentro. (ANSA)
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