Eos, la dolce figlia dei Titani Iperione e Tia, aveva l’incarico di annunciare agli dei la nascita del nuovo giorno. A tale scopo, in coincidenza con gli ultimi respiri della notte, la dea si alzava dal suo giaciglio a oriente e, indossato il suo manto color zafferano, saliva sul cocchio tirato dai cavalli Lampo e Fetonte e correva verso l’Olimpo a comunicare l’imminente arrivo del carro del sole. La giovane divinità dell’Aurora aveva la fresca bellezza della giovinezza ed era perciò per tutti una continua fonte di seduzione. Un giorno Afrodite la sorprese nel letto insieme ad Ares, il dio della guerra al quale era notoriamente legata da una solida relazione. La dea dell’amore e della bellezza non la prese bene e, come al solito, anziché rivalersi sul fedifrago concentrò la sua vendetta sulla povera Eos che aveva il solo torno di essersi fatta trascinare dalla passione.
Afrodite, forte del suo potere, condannò la giovane ad ardere continuamente d’amore e di desiderio, ma esclusivamente per giovani mortali, precludendole così la possibilità di godere delle attenzioni di qualunque altra divinità. Eos da quel momento venne costantemente attratta da esseri umani che, per quanto giovani e possenti, erano soggetti a invecchiare e morire. Molte sono le relazioni che le si attribuiscono: da Orione a Cefalo, da Clito ad Astreo. Un giorno la dea, sempre alla ricerca di nuovi amanti, rapì i fratelli Ganimede e Titone, due giovani principi di Troia. I due bellissimi giovani destarono però anche l’attenzione di Zeus che pretese di portare sull’Olimpo Ganimede, il più giovane, dove sarebbe divenuto il coppiere degli dei.
Non potendo rifiutare la richiesta del padre degli dei, Eos lo supplicò di volere almeno rendere immortale Titone, l’altro fratello, in modo che non potesse più giungere la morte a separarlo da lei. Zeus, di buon umore per avere ottenuto Ganimede, volle accontentare la dea dell’Aurora e, imposte le sue mani sul giovane troiano, gli donò la vita eterna. Eos era raggiante perché in qualche modo la maledizione di Afrodite era stata aggirata e Titone, pur se nato mortale, avrebbe vissuto con lei per l’eternità. Vissero insieme anni felici nutrendosi d’amore e di sentimento e l’unione fu allietata anche dalla nascita di due figli Emazione e Memnone. Tutto sembrava andare per il meglio quando Eos si accorse di un grave problema che minava pericolosamente la solidità di quel legame.
Nel domandare a Zeus l’immortalità per Titone infatti la dea non aveva pensato di richiedere anche il dono dell’eterna giovinezza, per cui col passare degli anni il suo compagno stava invecchiando. Così quello che era stato un giovane bellissimo, pieno di ardore e di energia, presto si trasformò in un vecchio canuto e stanco dalla pelle grinzosa e dalla voce stridula. Eos che invece, in quanto di origine divina, era sempre giovane e bella, per un po’ si prese cura di lui, ma col tempo l’affetto e il sentimento scemarono completamente e la dea dell’Aurora stanca di quella vita, quando ormai Titone era divenuto quasi una larva umana, depose quello che era stato il suo amante in un cestino di vimini e per evitargli ogni altra sofferenza lo trasformò in una cicala.
Fonti:
- “I miti greci” di Robert Graves;
- “Mitologia” Le Garzantine Garzanti;
- “Titone” voce su Wikipedia.
© Massimo Sindaco
Nessun commento:
Posta un commento