sabato 17 agosto 2024

Piazzale Loreto

 


Non è ancora l’alba del 10 agosto 1944 quando da un autocarro tedesco, in piazzale Loreto a Milano, vengono fatti scendere 15 uomini in tuta da lavoro. Ma non sono operai, sono membri della Resistenza. A scortarli ci sono uomini della GNR, i militi della Brigata Nera Aldo Rasega e quelli della Legione Ettore Muti. Saranno quest’ultimi, al comando del capitano Pasquale Cardella a fucilare a ridosso di una staccionata i 15 antifascisti, come ordinato dal comando tedesco, ed in particolare dall’ufficiale delle SS Theodor Saevecke. I corpi dei morti saranno poi lasciati tra le mosche a decomporsi sotto il Sole per l’intera giornata, verrà impedito ai familiari di omaggiarli mentre i fascisti, oltre a vilipendere i defunti, costringevano i passanti a guardare i cadaveri e il cartello che li bollava come “assassini”.

La scelta della piazza infatti non fu casuale. Snodo di diverse vie di comunicazione della città, in particolare di diverse tramvie, era un punto di passaggio ma anche di ritrovo, che garantiva quindi massima visibilità all’eccidio.

L’atto fu motivato dai tedeschi come rappresaglia per l’attentato compiuto da ignoti due giorni prima. L’8 agosto due ordigni esplosivi venivano innescati vicino ad un camion tedesco causando la morte di sei cittadini milanesi ma di nessun soldato germanico. A lungo si è discusso sulla paternità di tale attentato sempre disconosciuto dai Gap e avvenuto a pochi passi da obiettivi ben più sensibili, come un autorimessa e un albergo requisiti dalla Wehrmacht, che sarebbero stati ben più logici da colpire. In ogni caso il comando tedesco sfruttò il caso per realizzare una rappresaglia che aveva come autentico obiettivo quello di spezzare il rapporto sempre più stretto tra la cittadinanza e i membri della Resistenza.

Per la strage fu condannato nel 1999 il capitano Saevecke, e solo in quel periodo si scoprirono, grazie al ritrovamento dell’Armadio della vergogna, i nomi di alcuni ufficiali e sottufficiali della Muti che avevano partecipato all’eccidio. In particolare il capitano Pasquale Cardella, già condannato nel 1947 dalla Corte d’assise di Milano per altri crimini, non fu mai trovato dopo la Guerra. Di lui si persero le tracce e venne considerato disperso.


Cronache Ribelli


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