«Per aver osato organizzare un coro natalizio nella chiesa di Piedimonte (Podgora), fu costretto a bere olio lubrificante e ne morì fra atroci sofferenze.»
Lojze Bratuž nacque a Gorizia il 17 febbraio 1902 da una famiglia slovena di Podgora, allora comune autonomo e oggi frazione di Gorizia, città che a sua volta apparteneva all'Austria-Ungheria. Effettuò gli studi nelle scuole slovene della città; in seguito si dedicò alla carriera musicale.
Dopo l'unione della Contea di Gorizia e Gradisca al Regno d'Italia, nel 1918, al termine della Grande guerra, Bratuž rimase fedele alla sua origine slovena sottraendosi al successivo processo di italianizzazione delle minoranze slave della Venezia Giulia intrapreso dai fascisti. In quegli anni si dedicò all'insegnamento di canto in un coro del villaggio di San Martino di Quisca nel Collio Goriziano e, più tardi, nel Seminario minore della città.
Inoltre, nel 1922, Lojze Bratuž fondò il coro Mladika, istituzione che accolse nelle proprie fila persone di umile estrazione, con cui valorizzò il repertorio di autori come Marij Kogoj e Anton Lajovic.
Nel 1929 fu incarcerato dalle autorità fasciste con l'accusa di attività anti-italiane. Nel 1930 fu nominato supervisore dei cori di chiesa del goriziano dall'arcivescovo di Gorizia. Diresse diversi cori sloveni di chiesa, che sotto il fascismo erano gli unici cori in lingua slovena consentiti dalle autorità.
Secondo la "Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena; Periodo 1918 - 1941" la politica di "bonifica etnica" avviata dal fascismo fu particolarmente pesante, in quanto l'intolleranza nazionale, talora venata di vero e proprio razzismo, fu affiancata e coadiuvata dalle misure repressive tipiche di un regime totalitario
Torniamo a Lojze Bratuž.
Il 27 dicembre 1936 nel sobborgo di Podgora un gruppo di fascisti rapì Bratuž, che da poco aveva terminato la direzione di un coro durante la messa. Fu portato in un vicino edificio dove subì un pestaggio brutale ed orribile poiché fu costretto a bere olio di ricino miscelato con olio di motore. In seguito a tale aggressione morì, dopo un mese, nell'ospedale centrale di Gorizia.
Era sposato con la maestra e poetessa Ljubka Šorli. La loro figlia Lojzka Bratuž divenne una nota docente universitaria, presso l'ateneo di Udine, e attivista nelle organizzazioni della minoranza slovena in Italia.
Fabio Casalini
Bibliografia
Lojze Bratuž. 1902-1937. Zbrano skladateljsko delo, a cura di I. FLORJANC, Gorizia, Grafica Goriziana, 2005
Raoul Pupo, Il lungo esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, l'esilio, Milano, Rizzoli, 2005 [da cui è tratta la frase con cui inizia questo breve ricordo]
Fabio Casalini
Nessun commento:
Posta un commento