IDEE Si fa chiamare sceicco Abdalqadir e auspica lavvento di un califfato europeo
Un tempo era Maurice il maghetto telepata, protagonista
dellindimenticabile finale di 8½ di Fellini. Oggi si fa chiamare Shaykh
Abdalqadir asSufi Al Murabit ed è uno dei profeti nel nuovo
integralismo islamico. Uno dei tanti che tra un sito internet e un
sermone televisivo auspicano il ritorno allera del profeta Maometto e
il taglio della carotide per tutti gli infedeli.
In 47 anni il vecchio attore Ian Dallas, alias Sceicco Abdalqadir asSufi Al Murabit, di strada ne ha fatta. E non soltanto in senso spirituale. Dopo una vita da vagabondo sulle strade dellislam questo ex protagonista della «swinging London» - capace a suo tempo di farsi notare da Federico Fellini e dispirare stelle del rock come Eric Clapton - è approdato in Sudafrica da dove guida una congregazione di fanatici dellislam integralista forte di oltre diecimila cultori. Diecimila fedeli, sparsi tra la Danimarca e lIndonesia sempre pronti a darsi appuntamento su internet per ascoltare i suoi sermoni e le sue prediche. Diecimila zeloti convinti che il mondo abbia irrimediabilmente perso la strada della purezza e dellintegrità e possa tornare alla retta via soltanto sconfiggendo gli ebrei, ripristinando il Califfato e ritornando a usi e costumi dei tempi di Maometto. Più del verbo stupisce però la voce. Dietro lennesima corrente dellintegralismo fondamentalista cè un 89enne di origini scozzesi famoso in gioventù per tirar tardi al fianco di cantanti come George Harrison ed Edith Piaf. Erano i tempi della «swinging London» e il futuro sceicco, appena sceso da una sperduta contea delle Highlander scozzesi, non sembrava disposto a rinunciare a una vita tutta droga, sesso e Rock n roll. Alloggiato nel cuore di Chelsea, il quartiere londinese considerato allepoca il cuore della nuova rivoluzione bohemiénne, il signore Ian Dallas amava intrattenersi con gli amici parlando di cinema, amore e musica. Con il primo campava, strappando alla Bbc la regia di numerose versioni televisive di classici della commedia. Con amore e musica riempiva le serate in compagnia di tanti amici ricchi e famosi. Erano gli anni in cui 8½ e Federico Fellini erano allapice del successo internazionale. Anni in cui una parte anche piccola nel capolavoro del Maestro equivaleva a un passaporto per il mondo della celebrità.
Erano gli anni della coppia aperta e dellamore libero, anni in cui la splendida modella Patty Boyd cercava di resuscitare le perdute attenzioni del marito George Harrison scivolando nel letto di amici e colleghi. Così quando dopo John Lennon e Mick Jagger venne il turno di Clapton lintraprendente Ian Dallas decise di dare una mano. Di ritorno da un viaggio alla ricerca della nuova fede portò in regalo ad un Eric Clapton sempre più innamorato il libro della svolta. Si chiamava Leyla ed era lantica parabola persiana di una principessa sposata con luomo sbagliato. Il musicista se lo bevve in un fiato, lo trasformò in canzone e in poche settimane conquistò sia la vetta delle hit parade sia il cuore di Patty.
Mezzo secolo dopo pochi riconoscerebbero nel signor Ian Dallas la stessa vena ispiratrice. Trincerato nel suo eremo sudafricano il vecchio «highlander» rinato nelle vesti dello sceicco Abdalqadir spara a zero contro il calcio e il cinema colpevoli di «degradare il proletariato» e auspica lavvento di una nuova età delloro. Convinto, come tanti suoi fedeli, che il mondo sia nelle mani dei giudei auspica e profetizza limminente svolta. Allo scoccare della nuova era Inghilterra ed Europa piegheranno la testa alla volontà dei cittadini ormai in maggioranza fedeli a Maometto e accetteranno listituzione di regni islamici guidati da un consiglio musulmano.
Lex maghetto del film di Fellini ha una spiegazione anche per chi in Occidente continua a guardare con timore e paura al terrorismo islamico. A dar retta a lui quelle paure sono figlie dei complotti della Cia sempre pronta ad inventarsi nuovi 11 settembre e a mandare allo sbaraglio disgraziati con lesplosivo nascosto nelle scarpe e nelle mutande per far credere che lislam minaccia il mondo. Invece spiega lanziano predicatore «lislam è buono e generoso» e presto «miliardi di schiavi del capitalismo prigionieri del nostro mondo la smetteranno di temere le bombe o le mutande esplosive di alcuni idioti agenti del capitalismo e cercheranno di apprenderne lessenza».
In 47 anni il vecchio attore Ian Dallas, alias Sceicco Abdalqadir asSufi Al Murabit, di strada ne ha fatta. E non soltanto in senso spirituale. Dopo una vita da vagabondo sulle strade dellislam questo ex protagonista della «swinging London» - capace a suo tempo di farsi notare da Federico Fellini e dispirare stelle del rock come Eric Clapton - è approdato in Sudafrica da dove guida una congregazione di fanatici dellislam integralista forte di oltre diecimila cultori. Diecimila fedeli, sparsi tra la Danimarca e lIndonesia sempre pronti a darsi appuntamento su internet per ascoltare i suoi sermoni e le sue prediche. Diecimila zeloti convinti che il mondo abbia irrimediabilmente perso la strada della purezza e dellintegrità e possa tornare alla retta via soltanto sconfiggendo gli ebrei, ripristinando il Califfato e ritornando a usi e costumi dei tempi di Maometto. Più del verbo stupisce però la voce. Dietro lennesima corrente dellintegralismo fondamentalista cè un 89enne di origini scozzesi famoso in gioventù per tirar tardi al fianco di cantanti come George Harrison ed Edith Piaf. Erano i tempi della «swinging London» e il futuro sceicco, appena sceso da una sperduta contea delle Highlander scozzesi, non sembrava disposto a rinunciare a una vita tutta droga, sesso e Rock n roll. Alloggiato nel cuore di Chelsea, il quartiere londinese considerato allepoca il cuore della nuova rivoluzione bohemiénne, il signore Ian Dallas amava intrattenersi con gli amici parlando di cinema, amore e musica. Con il primo campava, strappando alla Bbc la regia di numerose versioni televisive di classici della commedia. Con amore e musica riempiva le serate in compagnia di tanti amici ricchi e famosi. Erano gli anni in cui 8½ e Federico Fellini erano allapice del successo internazionale. Anni in cui una parte anche piccola nel capolavoro del Maestro equivaleva a un passaporto per il mondo della celebrità.
Erano gli anni della coppia aperta e dellamore libero, anni in cui la splendida modella Patty Boyd cercava di resuscitare le perdute attenzioni del marito George Harrison scivolando nel letto di amici e colleghi. Così quando dopo John Lennon e Mick Jagger venne il turno di Clapton lintraprendente Ian Dallas decise di dare una mano. Di ritorno da un viaggio alla ricerca della nuova fede portò in regalo ad un Eric Clapton sempre più innamorato il libro della svolta. Si chiamava Leyla ed era lantica parabola persiana di una principessa sposata con luomo sbagliato. Il musicista se lo bevve in un fiato, lo trasformò in canzone e in poche settimane conquistò sia la vetta delle hit parade sia il cuore di Patty.
Mezzo secolo dopo pochi riconoscerebbero nel signor Ian Dallas la stessa vena ispiratrice. Trincerato nel suo eremo sudafricano il vecchio «highlander» rinato nelle vesti dello sceicco Abdalqadir spara a zero contro il calcio e il cinema colpevoli di «degradare il proletariato» e auspica lavvento di una nuova età delloro. Convinto, come tanti suoi fedeli, che il mondo sia nelle mani dei giudei auspica e profetizza limminente svolta. Allo scoccare della nuova era Inghilterra ed Europa piegheranno la testa alla volontà dei cittadini ormai in maggioranza fedeli a Maometto e accetteranno listituzione di regni islamici guidati da un consiglio musulmano.
Lex maghetto del film di Fellini ha una spiegazione anche per chi in Occidente continua a guardare con timore e paura al terrorismo islamico. A dar retta a lui quelle paure sono figlie dei complotti della Cia sempre pronta ad inventarsi nuovi 11 settembre e a mandare allo sbaraglio disgraziati con lesplosivo nascosto nelle scarpe e nelle mutande per far credere che lislam minaccia il mondo. Invece spiega lanziano predicatore «lislam è buono e generoso» e presto «miliardi di schiavi del capitalismo prigionieri del nostro mondo la smetteranno di temere le bombe o le mutande esplosive di alcuni idioti agenti del capitalismo e cercheranno di apprenderne lessenza».
Gian Micalessin
Sono giornalista di guerra dal 1983, quando fondo – con Almerigo Grilz e
Fausto Biloslavo – l’Albatross Press Agency e inizio la mia carriera
seguendo i mujaheddin afghani in lotta con l’Armata Rossa sovietica.
Da allora ho raccontato più di 40 conflitti dall’Afghanistan all’Iraq,
alla Libia e alla Siria passando per le guerre della Ex Jugoslavia, del
Sud Est asiatico, dell’Africa edell’America centrale. Oltre agli
articoli per “Il Giornale” – per cui lavoro dal 1988 – ho scritto per le
più importanti testate nazionali ed internazionali (Panorama, Corriere
della Sera,Liberation, Der Spiegel, El Mundo, L’Express, Far Eastern
Economic Review). Sono anche documentarista ed autore televisivo. I
miei reportage e documentari sono stati trasmessi dai più importanti
network nazionali ed internazionali (Cbs, Nbc, Channel 4, France 2, Tf1,
Ndr, Tsi, Canale 5, Rai 1, Rai2, Mtv). Ho diretto i video giornalisti
di “SeiMilano” la tv che ha lanciato il videogiornalismo in Italia. Ho
lavorato come autore e regista alle prime puntate de “La Macchina del
Tempo” di Mediaset. Ho lavorato come autore di “Pianeta7”, un programma
di reportage esteri de “La 7”. Nel 2011 ho vinto il “Premio Ilaria Alpi”
per il miglior documentario con un film prodotto da Mtv sulla rivolta
dei giovani di Bengasi in Libia. Nel 2012 ho vinto il premio
giornalistico Enzo Baldoni della Provincia di Milano.
https://www.ilgiornale.it/news/faceva-l-hyppie-negli-anni-60-ora-predica-terrore-islamico.html
Battaglia71
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