Lo scontro con Saviano. Il ministro: svelerò le sue falsità. E tratta con altri tre conduttori
ROMA – I contatti con i componenti in quota pdl del Consiglio di amministrazione della Rai, soprattutto quelli con Giovanna Bianchi Clerici che è in quota leghista, vanno avanti per tutta la giornata. Perché Roberto Maroni è già in trattativa con tre conduttori televisivi che si sono dichiarati pronti ad ospitarlo per replicare al monologo di Roberto Saviano.
Ma il ministro dell’Interno è consapevole che nessuno potrà mai eguagliare l’audience di Vieni via con me. E dunque è lì che vuole andare «anche perché voglio proprio vedere se Saviano accetterà il contradditorio, oppure, come credo, alla fine cercherà in ogni modo di sottrarsi». Una convinzione che ribadisce in serata dopo la proposta del direttore di Rai3, Ruffini, di inviare un video o uno scritto: «ridicola e per questo irricevibile». La campagna elettorale è di fatto iniziata, Maroni sa quali conseguenze può avere in termini di consenso da parte dei cittadini l’accostamento tra la Lega e la ‘ndrangheta. Soprattutto nel Nord Italia. L’estate scorsa, quando l’indagine condotta dai magistrati di Milano e Reggio Calabria sulle infiltrazioni dei clan nelle istituzioni locali e nell’imprenditoria del Nord portò a decine di arresti, fu categorico: «Gli amministratori pubblici, se si accerterà che sapevano di trovarsi in un circuito mafioso, vanno puniti con grande severità». Poi scoppiò il caso del consigliere regionale del Carroccio Angelo Coccia fotografato mentre era insieme al boss Pino Neri e all’interno del partito si andò allo scontro alla ricerca di chi lo aveva sponsorizzato e fatto eleggere. Una ferita che brucia ancora. «Ma certamente – attacca Maroni – non si può utilizzare questa vicenda per lanciare accuse tanto infamanti, soprattutto se si tiene conto che Coccia non è stato neanche indagato». La scelta di reagire in maniera così forte e esplicita la prende di prima mattina, quando arriva la conferma del successo strepitoso della trasmissione di Fabio Fazio con oltre nove milioni di telespettatori. Il ministro sferra il primo attacco e quando l’agenzia Ansa rende nota la sua reazione forte e l’istanza di replica già comunicata al Cda alla Rai, sono in molti a farsi avanti.
Piovono richieste di intervista all’ufficio stampa. Bruno Vespa si mette a disposizione, pronto ad organizzare subito una puntata di Porta a Porta interamente dedicata alla vicenda. Anche Lucia Annunziata si dice «naturalmente disponibile a dedicare In mezz’ora al ministro Maroni e magari si potesse avere da noi il contraddittorio con Saviano». Sulla scia di quanto era già accaduto con Gianfranco Fini che aveva scelto il telegiornale de La7 per parlare della vicenda dell’appartamento di Montecarlo, offre la platea in continua ascesa di audience del suo Tg su La7 pure Enrico Mentana. Maroni prende tempo. Attende le decisioni che prenderà oggi il Consiglio di amministrazione e si dice certo che la terza rete dovrà essere obbligata a farlo intervenire lunedì prossimo a Vieni via con me. «Perché – dice ai suoi – qui non c’è il problema di smentire o querelare. Io voglio spiegare che Saviano ha detto falsità e voglio farlo davanti a lui, voglio che mi risponda direttamente, che dimostri di sapere ribattere al fatto che ha preso un clamoroso abbaglio». Si capisce che a far montare ulteriormente la sua ira è stato il rifiuto ad invitarlo del capostruttura Loris Mazzetti. Tanto che all’interno della Lega c’è già chi reagisce quasi sfidando il Cda e ricordando che «veniamo accusati di aver occupato la televisione di Stato e invece sono questi i risultati». Due anni fa, quando Saviano aveva paventato la possibilità di lasciare l’Italia, Maroni aveva ricordato che «la lotta alla camorra la fanno forze dell’ordine, magistrati e imprenditori in prima linea; lui è un simbolo, non il simbolo». Parole che avevano suscitato polemiche aspre, tanto da convincere il titolare del Viminale sulla necessità di correggere il tiro spiegando di «essere stato frainteso perché volevo dire che non spetta a lui farsi carico della battaglia contro i clan». Questa volta nessuno dei due pare intenzionato a fare marcia indietro. E in vista delle elezioni, il dibattito si arricchisce su questa nuova disputa. (di Fiorenza Sarzanini – corriere.it)
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