La Sardegna l’aveva momentaneamente lasciata per portare qualche soldo a casa, proprio perché Giulia potesse vivere meglio, non certo per divertirsi “Qui nessuno assume, per questo ho deciso di cercare qualcosa fuori”.
E’ una storia di coraggio, quella di Giulia e della sua mamma, che uno Stato inopportunamente interventista ha trasformato in una storia di dolore e disperazione; davanti alla porta della loro casa è rimasto un astuccio e un sacco nero, dentro, uncagnolino che abbaia in continuazione, convinto che la sua padroncina arrivi come sempre a tenergli compagnia.
Ma per adesso Giulia non tornerà dal suo piccolo amico peloso, gli assistenti sociali l’hanno portata via perché “La bambina viveva da sola ed era un’abitudine molto pericolosa”.
Detta così potrebbe sembrare la solita vicenda di minori abbandonati a se stessi, ma la realtà è diversa.
La mamma di Giulia è una ragazza che arriva in questo paesone dormitorio alle porte di Cagliari dall’Ucraina, si innamora di un uomo sbagliato, finito nei guai per questioni di droga e che si è sempre disinteressato della bambina.
La relazione finisce e bisogna pensare a mettere assieme il pranzo con la cena e qui si mette a nudo l’altra faccia della crisi, quella che provoca tragedie cui lo Stato assiste impotente.
Di lavoro non ce n’è e le proposte che la mamma di Giulia sono inaccettabili, l’alternativa all’elemosina è la prostituzione o guadagnare spacciando droga nei locali notturni, ma questo lei non lo farà mai.
Allora il lavoro se lo inventa: organizzare matrimoni per stranieri, ma questo non può farlo in Sardegna. Un’occupazione onesta che la costringe, di tanto in tanto, ad allontanarsi dalla Sardegna, se non si sposta non mangia, cosa dovrebbe fare?
Avrebbe potuto ritornare in Ucraina, strappare la bambina da un paese in cui si è sempre trovata bene, nel quale sta crescendo, tra amici e solidarietà. “I miei genitori mi hanno proposto di mandare Giulia da loro, ma poi come avrei fatto a raggiungerla? E non dimentichiamo la guerra”.
I compaesani hanno già assolto la donna, se ha sbagliato l’ha fatto esclusivamente per il bene della piccola.
Giulia era perfettamente consapevole che la mamma stava lontana per lavoro, si sentiva responsabilizzata, sentiva di dover contribuire a far sì che la mamma potesse lavorare.
E poi Giulia non era sola, le inquiline della sua palazzina confermano “La bambina è sempre venuta a pranzo e cena da noi, a turno”. Poi chiedeva di poter andare a dormire nel suo letto, perché non voleva stare lontana dal suo cagnolino.
A scuola è sempre arrivata pulitissima, ben vestita, puntuale e sorridente, una sola cosa la differenziava dalle compagne, non era accompagnata da mamma e papà e questo ha insospettito gli insegnanti che hanno provveduto a segnalarlo ai servizi sociali.
La mamma si dispera “Ho cresciuto la mia bambina completamente da sola, abbandonata da tutti e tra mille difficoltà economiche. Ora mi chiedo dove fossero gli zelanti assistenti sociali quando chiedevo aiuto?”.
Assistenti sociali che adesso si trincerano dietro il rigore della prassi burocratica “Ci sembra che la signora non si renda conto della gravità della situazione. Adesso aspettiamo la decisione del tribunale per i minorenni”.
Ma loro, i servizi sociali del comune, si rendevano conto della gravità della situazione di fronte alle disperate richieste di aiuto da parte della madre di Giulia
http://www.articolotre.com/2014/09/la-storia-giulia-la-bimba-vittima-dello-stato-e-della-societa/
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