Friuliani ostaggi del mais-mostro
In Friuli il 10 per cento dei terreni vicini a quello dove è stato seminato Mais Ogm risulta contaminato. L’annuncio choc è venuto dal comandante del Corpo Forestale dello Stato, Cesare Patrone, nel corso di una audizione in Commissione Agricoltura della Camera. Seminare Ogm, però, sarebbe proibito in tutta Italia. E ora che si fa?
di Monica Di Sisto
Una storia complicata, quella del mais mostro in Friuli, riconducibile alle scelte di un unico coltivatore, ultras degli Ogm, l’imprenditore friulano Giorgio Fidenato, che nei suoi terreni di Fanna e Vivaro ha seminato senza chiedere autorizzazione a nessuno le varietà del mais Mon 810 della Monsanto e per questo era stato denunciato nel 2010 per semine abusive. I risultati dell’attività di campionamento eseguita dalla Forestale su terreni limitrofi ai campi seminati illegalmente con mais Mon810, allo scopo di verificare eventuali contaminazioni ambientali a carico dei terreni coltivati con mais tradizionale, hanno dimostrato un inquinamento genetico che arriva anche fino al 10 per cento .Il suo caso era passato per le mani di ben 16 giudici, che gli avevano tutti dato torto, ed era stato invece assolto dalla Corte di giustizia europea, cui il giudice del Tribunale di Pordenone, Rodolfo Piccin, aveva trasmesso gli atti del processo. “Il diritto dell’Unione Europea – sentenziò l’Europa nell’ordinanza a sorpresa – dev’essere interpretato nel senso che la messa in coltura di organismi geneticamente modificati non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell’articolo 20 del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, e dette varietà sono state iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole previsto dalla direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, come modificata dal regolamento n. 1829/2003”. Insomma, in parole povere, se l’Europa dà semaforo verde al Mais mostro, come pure è successo, uno stato membro non può opporsi. Nonostante la contrarietà dei coltivatori vicini, che temevano la contaminazione dei propri raccolti, e quella di quasi otto italiani su dieci (76 per cento, secondo dati Coldiretti), con un aumento del 14 per cento rispetto allo scorso anno, che sono contrari all’utilizzo di Organismi geneticamente modificati in agricoltura per difendere il territorio.
Il 12 luglio scorso è arrivato un Decreto interministeriale che, per rimediare al ceffone europeo, ha sancito il divieto di coltivazione di mais con sementi geneticamente modificate utilizzando un piccolo cavillo: fino all’adozione delle misure di emergenza di cui all’articolo 54 del Reg. (CE) N. 178/2002, ancora inattuabili sul territorio nazionale, ammette la possibilità che uno Stato membro adotti misure cautelari provvisorie. Eppure nessuna tra le istituzioni ha proceduto a distruggere sistematicamente le piante nate nel settembre scorso dalla semina illegale. Lo avevano provato a fare solamente i movimenti del Nordest, con azioni dimostrative avvenute nei mesi scorsi. “Stiamo andando incontro ad un vero disastro ambientale per la mancata assunzione di responsabilità nei confronti di una provocazione – ha denunciato la Coldiretti dopo l’ammissione del Corpo Forestale -. La situazione è gravissima con reale pregiudizio del valore e dell’identità del patrimonio agroalimentare non solo regionale. In ragione di ciò è necessario che l’amministrazione regionale del Friuli condivida al più presto un percorso comune e coordinato con i Ministeri della Salute, dell’Ambiente e dell’Agricoltura che hanno adottato il decreto anti contaminazione da Ogm, con gli enti di ricerca che ne hanno motivato la valutazione di rischio e con il Corpo forestale dello Stato che ha accertato l’avvenuta contaminazione in campo”.
In Europa, secondo il Rapporto del Servizio Internazionale per l’acquisizione delle applicazioni nelle biotecnologie per l’agricoltura (ISAAA) sullo Status globale della commercializzazione di coltura biotech/Ogm, sono rimasti solo cinque paesi (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) a coltivare Ogm, con 129 ettari di mais transgenico piantati nel 2012, una percentuale irrisoria della superficie agricola comunitaria. Gli Stati Uniti continuano ad essere leader nella produzione di coltivazioni geneticamente modificate, con 69,5 milioni di ettari. Tra i Paesi in via di sviluppo, i 5 leader nel biotech sono la Cina, l’India, il Brasile, l’Argentina ed il Sud Africa, che coltivano il 46% delle colture biotech globali (78,2 milioni di ettari). Due nuovi paesi hanno piantato colture biotech per la prima volta nel 2012, si tratta del Sudan (cotone Bt) e di Cuba (mais Bt). L’Italia, come al solito negli ultimi tempi, retrocede da avanguardia dell’agricoltura di qualità a periferia colonizzata del pianeta. Nella distrazione generale.
Nessun commento:
Posta un commento