Gianni Biz, 69 anni,
patron del giro ciclistico del Friuli, è morto sabato mattina
all'ospedale di Pordenone, dove era ricoverato da tempo per una grave
malattia. "Con la scomparsa di Gianni Biz - ha detto l'assessore
regionale allo Sport, Elio DeAnna - perdiamo uno
straordinario personaggio noto ai più per il suo operato nel ciclismo.
Pertanto quella di sabato è una giornata di grande lutto per tutto il
mondo dello sport".
Le esequie verranno celebrate lunedì 25 alle 16,30 nella Chiesa Arcipretale di Caneva.
Fondatore del Gruppo Sportivo Caneva nel lontano 1963 ha condiviso con l’amico Tino Chiaradia
cinquant’anni di ciclismo agonistico e organizzativo, di vittorie e di
sconfitte andando orgoglioso di aver potuto mettere in bicicletta
migliaia di ragazzi. Considerava lo sport scuola di vita dove
l’abnegazione e le rinunce sono i cardini per l’ottenimento di risultati
positivi. Nel weekend i ragazzi in maglia giallonera gareggeranno con
il lutto al braccio. Guarda il ricordo del Gs Caneva su www.gscaneva.it
Biz, anche organizzatore del Gran Galà
del Ciclismo, nel febbraio scorso era stato coinvolto in una vicenda
giudiziaria legata a un presunto giro di escort connesso anche al mondo
delle sponsorizzazioni nelle competizioni ciclistiche. Per questa
ragione venne arrestato dai carabinieri e recluso in carcere con
l'accusa di induzione e sfruttamento della prostituzione.
Il ricordo di Antonio Liberti, Press office Giro del Friuli Venezia Giulia per Professionisti
“Mi sento pieno di forza e di
entusiasmo perché ho voglia che il 'Giro' continui a vivere”. Ce lo ha
detto sette giorni fa, cercando di convincere tutti quanti noi, ancor
prima che se stesso. Lo ha fatto appoggiandosi ad un bastone in legno
forgiato a mano. Voleva che il suo Giro riprendesse dopo lo stop
forzato, con in mente già partenza e arrivo, corridori da chiamare e
squadre da contattare, sponsor da interessare e macchina organizzativa
da rimettere in moto. È passata esattamente una settimana da quando, a
Villa Manin, davanti ad un bicchiere, seduto al tavolo con il figlio
Michele, l’assessore regionale allo Sport Elio De Anna, il project
manager Enzo Cainero e me, stava progettando la possibile edizione 2013
della manifestazione.
Un corpo provato dalla malattia, ma non altrettanto nello spirito, combattivo come quello di un ciclista che deve scalare la sua montagna più alta, alzandosi sui pedali sapendo che è necessario ancora un ultimo sforzo per tagliare il traguardo. Il suo arrivo lo ha raggiunto, oggi, con lo stesso stile di un gregario che non si da’ mai per vinto e che è invece sempre a disposizione della squadra. Perché è sempre stato un uomo che ha mangiato pane e ciclismo. Tenace e caparbio sulle scelte, quasi un uomo solo al comando, ma che prima di arrivare alla meta che si era prefissato si confrontava con la sua squadra per capire se la meta era raggiungibile.
E una volta fissato obiettivo e percorso, non c’erano santi che lo facevano desistere. Così come sabato, quando fisicamente “segnato” aveva voluto comunque rimettersi in gioco. Snocciolava nomi, strade, percorsi, contatti, con una lucidità disarmante: e lo ha fatto sempre condividendo ogni singolo passo con chi riteneva amici ancor prima che personalità ed autorità. Ho incrociato più di una volta il suo sguardo; mentre parlava, lo ho ascoltato convinto che, a marzo del 2013, la bandiera a scacchi del via la potesse sventolare lui, dandogli così quel ruolo da protagonista che al “Giro” non ha mai voluto avere e che ha invece sempre consegnato nelle mani di altri. Se mai una 34. edizione della manifestazione per professionisti ci sarà, non potrà che essere corsa nel nome di Gianni. Di un uomo che, come pochi, ha amato questo sport. In modo sincero.
Un corpo provato dalla malattia, ma non altrettanto nello spirito, combattivo come quello di un ciclista che deve scalare la sua montagna più alta, alzandosi sui pedali sapendo che è necessario ancora un ultimo sforzo per tagliare il traguardo. Il suo arrivo lo ha raggiunto, oggi, con lo stesso stile di un gregario che non si da’ mai per vinto e che è invece sempre a disposizione della squadra. Perché è sempre stato un uomo che ha mangiato pane e ciclismo. Tenace e caparbio sulle scelte, quasi un uomo solo al comando, ma che prima di arrivare alla meta che si era prefissato si confrontava con la sua squadra per capire se la meta era raggiungibile.
E una volta fissato obiettivo e percorso, non c’erano santi che lo facevano desistere. Così come sabato, quando fisicamente “segnato” aveva voluto comunque rimettersi in gioco. Snocciolava nomi, strade, percorsi, contatti, con una lucidità disarmante: e lo ha fatto sempre condividendo ogni singolo passo con chi riteneva amici ancor prima che personalità ed autorità. Ho incrociato più di una volta il suo sguardo; mentre parlava, lo ho ascoltato convinto che, a marzo del 2013, la bandiera a scacchi del via la potesse sventolare lui, dandogli così quel ruolo da protagonista che al “Giro” non ha mai voluto avere e che ha invece sempre consegnato nelle mani di altri. Se mai una 34. edizione della manifestazione per professionisti ci sarà, non potrà che essere corsa nel nome di Gianni. Di un uomo che, come pochi, ha amato questo sport. In modo sincero.
Ciao Gianni
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