mercoledì 15 ottobre 2025

Diane Keaton, l’eleganza di un talento eccentrico

 


Icone I ruoli indimenticabili dell'attrice statunitense, morta a 79 anni. Da «Il padrino» a «Io e Annie», una carriera tra drammi e commedie
 
Diane Keaton, l’eleganza di un talento eccentricoDiane Keaton – GettyImages
 
 

Il suo sogno da bambina, e un sogno rimasto fino all’ultimo, era quello di cantare. A ventidue anni si conquistò infatti una parte su Broadway, nel musical Hair. Ma gli inizi, raccontava spesso, erano stati funestati da un rifiuto dopo l’altro: tutti la trovavano troppo «kooky», strampalata. Eppure, Diane Keaton, mancata sabato scorso a settantanove anni, ha avuto una carriera ricca e molto lunga che – a dispetto di quella kookiness che poi ha fatto di lei un emblema del cinema americano anni Settanta- si è sviluppata in modo più simile a quella di un’attrice dello studio system che a una della sua generazione.

KEATON – così si riferiva a lei Woody Allen, usandone solo il cognome, come si fa con i veri grandi – si muoveva infatti con versatilità tra i generi, ma senza adottare il trasformismo e le tecniche immersive di una collega come Meryl Streep. Californiana della conservatrice Orange County, trapiantata giovane a New York, non si è mai fatta sedurre della sirena dell’Actors Studio.

L’assenza di pretenziosità era quasi uno dei suoi tratti caratteristici. Quel suo essere sempre lei. Durante un tributo conferitole qualche anno fa dall’American Film Institute, Al Pacino (che la chiamava Di) ha ricordato che, durante uno dei loro primi incontri, gli aveva consigliato «per piacere Al, non farti sentire in giro a dire che sei un artista».

SI ERANO CONOSCIUTI per Il padrino, in cui Keaton avrebbe interpretato Kay Adams, la moglie di Michael Corleone (Pacino), il pesce fuor d’acqua nella tentacolare famiglia italoamericana. Ancora in interviste recenti, l’attrice ribadiva di non aver capito come mai Francis Coppola l’avesse scritturata per quel ruolo, sostenendo che non era adatto lei. Ma sceglierla, invece di un’alternativa più convenzionalmente wasp, era stato un colpo di genio. Come filtrata da Keaton, l’alterità di Kay è ancora più angolare e dolorosa. La svolta nella commedia (il genere che forse le apparteneva di più – il suo era un tempo da screwball, alla Rosalind Russell) sarebbe arrivata con il film successivo, Provaci ancora, Sam. In un bel pezzo di ricordo pubblicato su The Free Press, Woody Allen scrive di aver pensato, quando lei apparve all’audizione, che «se Huckleberry Finn fosse stato una bellissima donna sarebbe stato lei». Fu scritturata all’istante, ma solo dopo aver accertato che non fosse più alta dell’attore/regista. «Era così magica, affascinante e bella che ho cominciato a mettere in dubbio la mia sanità mentale: potevo essermi innamorato così in fretta?» scrive Allen, che con lei avrebbe realizzato otto film, tra cui Io e Annie (per cui Keaton vinse un Oscar), Il dormiglione, Interiors, Manhatthan, Radio Days e Misterioso omicidio a Manhattan. «Solo Dio e Freud sanno perché ci siamo lasciati», dice della loro relazione sentimentale, una lunga storia newyorkese che sembrava un proseguimento del loro rapporto su celluloide.

Scherzavamo che saremmo finiti lei come Norma Desmond e io come Eric Von Stroheim un tempo il suo regista, poi il suo autista Woody Allen

«NON SONO mai stata capace a pronunciare con successo una battuta comica. E Woody lo sapeva. Però ero bravissima a servirgliele», ha detto lei, parlando della loro collaborazione, in un’intervista di qualche anno fa sulla CBS. «Con il passare del tempo, facevo film per una persona sola, Diane Keaton. Non ho mai letto una recensione dei miei film. Mi importava solo quello che diceva Keaton» scrive ancora Allen ricordando del suo grande senso estetico e paragonando il suo stile d’abbigliamento (l’immancabile cappello, gli strati multipli, i calzettoni con le scarpe a tacco alto) ai macchinari iperbolici disegnati dell’umorista Rube Goldberg: «Metteva insieme abiti che sfidavano la logica. Ma funzionava sempre. Con gli anni è diventata più elegante».

TRA I RUOLI drammatici di Diane Keaton vanno ricordati quelli in In cerca di Mr. Goodbar di Richard Brooks (1977), Reds di Warren Beatty (1981) e Fuga d’inverno di Bruce Beresford. Tra le commedie non alleniane, Baby Boom, con Sam Shepard, Il club delle prime mogli di Hugh Wilson, e Tutto può succedere (magnifica al fianco di Jack Nicholson), diretto da Nancy Meyers. Nel 1987 aveva firmato la regia del documentario Heaven, ma quella è rimasta l’unica sua esperienza dietro alla macchina da presa, se si eccettua il credit di produttore in Elephant, di Gus Van Sant. Le sue altre grandi passioni erano l’architettura (acquistò e restaurò una celebre casa losangelina di Frank LLoyd Wright) e la fotografia – sia le immagini catturate da lei che quelle che collezionava sono raccolte in libri. Allen, che al tributo dell’AFI disse che lei faceva benissimo tutto, chiude così il suo pezzo su The Free Press: «Scherzavamo che saremmo finiti lei come Norma Desmond e io come Eric Von Stroheim un tempo il suo regista, poi il suo autista. Ma il mondo è costantemente ridefinito e, con la scomparsa di Keaton, è stato ridefinito ulteriormente. Fino a qualche giorno fa, il mondo includeva Diane Keaton. Adesso non più. È un mondo più orribile. Però ci sono i suoi film, e quella sua magnifica risata echeggia ancora nella mia testa».

 
https://ilmanifesto.it/diane-keaton-leleganza-di-un-talento-eccentrico 
  

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