"Alla vigilia di un Avellino-Milan la moglie di Gullit ci chiese notizie perché il marito non aveva dormito a casa.
In aeroporto non Ruud si presentò all’imbarco, lo trovammo addormentato in sala d’aspetto.
Quando lo vidi mi chiusi in camera con lui e gli feci uno shampoo: “Ti sei visto allo specchio? Non ti vergogni? Sembri un fantasma, è la prima volta che vedo uno di colore diventare bianco", gli dissi.
In campo era come se non ci fosse, poi due settimane dopo, nel derby, fu a dir poco esaltante.
E chiese di parlarmi: "Ad Avellino ho sbagliato e le chiedo scusa - mi disse - ma in futuro non metta più in mezzo il colore della mia pelle".
Gullit era un personaggio particolare, era un fuoriclasse assoluto, ma gli piacevano anche molto le donne, e lui piaceva alle donne.
Quando in piena lotta scudetto Berlusconi chiese alla squadra, per vincere il campionato, il sacrificio di un mese di astinenza, lui replicò: “Presidente, io con le palle piene non riesco a correre”.
Io non ho mai fatto il poliziotto dei miei calciatori, se li facevo giocare, è perché mi fidavo. E se mi fidavo, non andavo certo a controllare cosa facevano prima del match, o con chi.
Quando, allenando una squadra, e non mi riferisco al Milan, mi fu sussurrato che di uno dei ragazzi si diceva fosse gay, osservai che, visto come rendeva in campo, avrei voluto lo fossero anche gli altri".
ARRIGO SACCHI

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