In uno dei quartieri popolari di Roma sarà possibile infornare la pasta di pane preparata in casa in un forno costruito collettivamente e autogestito. Quel luogo non è solo una resistenza all’impoverimento e al cibo industriale, ma uno spazio che invece di merci produce relazioni
Sarà il desiderio di resistere, sarà la voglia di stare assieme, oppure il gusto di mangiare del buon pane, di certo l’idea di proporre un forno comunitario urbano a Garbatella, quartiere della Roma popolare, interessa molti. E tutto sommato sembra un bel modo con il quale smontare qualche pezzo dell’ingranaggio capitalistico.
Un’idea di questo tipo qualche anno fa l’avremmo creduta possibile soltanto nei settori informali latinoamericani o africani, ma magari qualcuno ha sentito parlare di forni autogestiti dai propri nonni. Già, perché l’esperienza dei forni comunitari ha radici ben salde nel nostro paese, soprattutto nei piccoli centri rurali: per anni migliaia di persone preparavano da sé la pasta del pane, lasciandola lievitare nelle madie, grandi bauli spartani adatti a far gonfiare quell’ammasso bianco e morbido. La pasta poi veniva cotta nel forno pubblico, gestito in alcuni casi da una famiglia o da un fornaio e si tornava a casa con la scorta di pane che durava giorni. Il forno nei paesi era un vero luogo di aggregazione: veniva acceso in precisi momenti con l’aiuto di tutti e poi si restava lì a parlare mentre a turno le persone infornavano il pane, le focacce e altri cibi da scaldare. E oggi che senso ha una proposta come questa?
Racconta Nicola, del collettivo Pane, tra i promotori assieme a Casetta Rossadell’iniziativa: «L’idea di autoprodurre il pane nasce dalla volontà di riscoprire e preservare i concetti di sostenibilità alimentare e filiera corta del cibo a chilometro zero, che da sempre supportiamo anche con altre attività, come l’acquisto di cibi direttamente da produttori locali, il Gruppo d’acquisto solidale e gli orti urbani con i relativi laboratori». Ma l’autoproduzione del pane è ricca anche di altri valori. «Il pane è da sempre un bene simbolico – aggiunge Nicola – che tesse fili di culture, tradizioni e legami indissolubili con la terra. Attraverso la sua storia fonda una “democrazia reale” che, attraversando i tempi, unisce i popoli del mondo nella più che legittima lotta per la sovranità alimentare».
Il forno popolare ormai è più di un’idea e più di un progetto, potrebbe essere pronto entro la fine di aprile. «Lo stiamo autocostruendo con il contributo volontario di esperti e cittadini – dice Nicola – Per noi oltre ad essere un mezzo con il quale produrre un bene primario, costituisce un modo per difenderci del caro vita, nonché un luogo di aggregazione sociale e di condivisione dei saperi, uno strumento con cui riscoprire il valore etico e sociale dell’autoproduzione e l’utilizzo comunitario di un bene collettivo».
Ma come funziona un forno popolare? Il forno sarà autogestito e utilizzato da tutti i cittadini durante giorni prestabiliti con un contributo minimo per il funzionamento e il mantenimento. L’idea nella fase inziale è di metterlo a disposizione di coloro che vorranno infornare gli impasti almeno due volte alla settimana. Sarà attivo un servizio di prenotazione. L’iniziativa, inoltre, avrà subito anche uno scopo didattico.
Il progetto, che prevede la nascita di un forno di tipo «professionale», è stato sostenuto da numerose iniziative di autofinanziamento con i pranzi autogestiti a Casetta Rossa e sta diventando realtà anche grazie al lavoro di molti volontari. «I laboratori che abbiamo organizzato e che sono in programma per autofinanziarci sono svolti dal
collettivo Pane che partecipa attivamente all’autocostruzione mettendo a disposizione di Casetta Rossa e dei cittadini le proprie conoscenze, il proprio tempo e il lavoro manuale necessario. Stiamo parlando di laboratori concreti di formazione teorico-pratica sulla panificazione e sull’autoproduzione di pane, pizze, taralli, focacce, frise, nei quali approfondiamo aspetti di etica, storia, tecnica della lievitazione e degli impasti, uso dei forni…».
La sfida di Casetta Rossa e dal collettivo Pane è partita: serviranno sicuramente persone e nuclei familiari capaci di raccoglierla e di impastare questa piccola ribellione solidale.
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