Origini della festa Presso gli Ebrei la festa era inizialmente
denominata “festa della mietitura” e “festa dei primi frutti”; si celebrava il
50° giorno dopo la Pasqua ebraica e segnava l’inizio della mietitura del grano;
nei testi biblici è sempre una gioiosa festa agricola. È chiamata anche
“festa delle Settimane”, per la sua ricorrenza di sette settimane dopo la
Pasqua; nel greco ‘Pentecoste’ significa 50ª giornata. Il termine Pentecoste,
riferendosi alla “festa delle Settimane”, è citato in Tobia 2,1 e 2 Maccabei,
12, 31-32.. Quindi lo scopo primitivo di questa festa, era il ringraziamento
a Dio per i frutti della terra, cui si aggiunse più tardi, il ricordo del più
grande dono fatto da Dio al popolo ebraico, cioè la promulgazione della Legge
mosaica sul Monte Sinai. Secondo il rituale ebraico, la festa comportava il
pellegrinaggio di tutti gli uomini a Gerusalemme, l’astensione totale da
qualsiasi lavoro, un’adunanza sacra e particolari sacrifici; ed era una delle
tre feste di pellegrinaggio (Pasqua, Capanne, Pentecoste), che ogni devoto ebreo
era invitato a celebrare a Gerusalemme.
La discesa dello Spirito
Santo L’episodio della discesa dello Spirito Santo è narrato negli Atti
degli Apostoli, cap. 2; gli apostoli insieme a Maria, la madre di Gesù, erano
riuniti a Gerusalemme nel Cenacolo, probabilmente della casa della vedova Maria,
madre del giovane Marco, il futuro evangelista, dove presero poi a radunarsi
abitualmente quando erano in città; e come da tradizione, erano affluiti a
Gerusalemme gli ebrei in gran numero, per festeggiare la Pentecoste con il
prescritto pellegrinaggio. “Mentre stava per compiersi il giorno di
Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso
dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo e riempì tutta la
casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue di fuoco, che si dividevano e
si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e
cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi.
Si trovavano allora in Gerusalemme giudei osservanti, di ogni Nazione che è
sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita,
perché ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua. Erano stupefatti e,
fuori di sé per lo stupore, dicevano: ‘Costoro che parlano non sono forse tutti
Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua
nativa?…”. Il passo degli Atti degli Apostoli, scritti dall’evangelista Luca
in un greco accurato, prosegue con la prima predicazione dell’apostolo Pietro,
che unitamente a Paolo, narrato nei capitoli successivi, aprono il cristianesimo
all’orizzonte universale, sottolineando l’unità e la cattolicità della fede
cristiana, dono dello Spirito Santo.
Lo Spirito Santo È il
nome della terza persona della SS. Trinità, principio di santificazione dei
fedeli, di unificazione della Chiesa, di ispirazione negli autori della Sacra
Scrittura. È colui che assiste il magistero della Chiesa e tutti i fedeli nella
conoscenza della verità (è detto anche ‘Paraclito’, cioè
‘Consolatore’). L’Antico Testamento, non contiene una vera e propria
indicazione sullo Spirito Santo come persona divina. Lo “spirito di Dio”, vi
appare come forza divina che produce la vita naturale cosmica, i doni profetici
e gli altri carismi, la capacità morale di obbedire ai comandamenti. Nel
Nuovo Testamento, lo Spirito appare talora ancora come forza impersonale
carismatica. Insieme però, avviene la rivelazione della ‘personalità’ e della
‘divinità’ dello Spirito Santo, specialmente nel Vangelo di san Giovanni, dove
Gesù afferma di pregare il Padre perché mandi il Paraclito, che rimanga sempre
con i suoi discepoli e li ammaestri nella verità (Giov. 14-16) e in san Paolo,
dove la dottrina dello Spirito Santo è congiunta con quella della divina
redenzione. Il magistero della Chiesa insegna che la terza Persona procede
dalla prima e dalla seconda, come da un solo principio e come loro reciproco
amore; che lo Spirito Santo è inviato per via di ‘missione’ nel mondo, e che
esso ‘inabita’ nell’anima di chi possiede la Grazia santificante. Concesso a
tutti i battezzati (1 Corinzi, 12, 13), lo Spirito fonda l’uguale dignità di
tutti i credenti. Ma nello stesso tempo, in quanto conferisce carismi e
ministeri diversi, l’unico Spirito, costruisce la Chiesa con l’apporto di una
molteplicità di doni. L’insegnamento tradizionale, seguendo un testo di Isaia
(11, 1 sgg.) enumera sette doni particolari, sapienza, intelletto, consiglio,
fortezza, scienza, pietà e timore di Dio. Essi sono donati inizialmente con la
grazia del Battesimo e confermati dal Sacramento della
Cresima.
Simbologia Lo Spirito Santo, rarissimamente è stato
rappresentato sotto forma umana; mentre nell’Annunciazione e nel Battesimo di
Gesù è sotto forma di colomba, e nella Trasfigurazione è come una nube
luminosa. Ma nel Nuovo Testamento, lo Spirito divino è esplicitamente
indicato, come lingue di fuoco nella Pentecoste e come soffio nel Vangelo di
Giovanni (20, 22); “Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha
mandato me, anch’io mando voi. Dopo aver detto questo, soffiò su di loro e
disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi e
a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. Lo Spirito Santo, più
volte preannunciato nei Vangeli da Gesù, è stato soprattutto assimilato al fuoco
che come l’acqua è simbolo paradossale di vita e di morte. In tutte le
religiosità, il fuoco ha un posto fondamentale nel culto ed è spesso simbolo
della divinità e come tale adorato. Il dio sumerico del fuoco, Gibil, era
considerato portatore di luce e di purificazione; a Roma c’era una fiamma sempre
accesa custodita dalle Vestali, simbolo di vita e di forza. Nell’Antico
Testamento, Dio si rivela a Mosè sotto forma di fuoco nel roveto ardente che non
si consuma; nella colonna di fuoco Dio Illumina e guida il popolo ebraico nelle
notti dell’Esodo; durante la consegna delle Tavole della Legge a Mosè, per la
presenza di Dio il Monte Sinai era tutto avvolto da fuoco. Nelle visioni
profetiche dell’Antico Testamento, il fuoco è sempre presente e Dio apparirà
alla fine dei tempi con il fuoco e farà giustizia su tutta la terra; anche nel
Nuovo Testamento, Giovanni Battista annuncia Gesù come colui che battezza in
Spirito Santo e fuoco (Matteo, 3, 11).
La Pentecoste nel
cristianesimo I cristiani inizialmente chiamarono Pentecoste, il periodo
di cinquanta giorni dopo la Pasqua. A quanto sembra, fu Tertulliano, apologista
cristiano (155-220), il primo a parlarne come di una festa particolare in onore
dello Spirito Santo. Alla fine del IV secolo, la Pentecoste era una festa
solenne, durante la quale era conferito il Battesimo a chi non aveva potuto
riceverlo durante la veglia pasquale. Le costituzioni apostoliche
testimoniano l’Ottava di Pentecoste per l’Oriente, mentre in Occidente compare
in età carolingia. L’Ottava liturgica si conservò fino al 1969; mentre i giorni
festivi di Pentecoste furono invece ridotti nel 1094, ai primi tre giorni della
settimana; ridotti a due dalle riforme del Settecento. All’inizio del XX
secolo, fu eliminato anche il lunedì di Pentecoste, che tuttavia è conservato
come festa in Francia e nei Paesi protestanti. La Chiesa, nella festa di
Pentecoste, vede il suo vero atto di nascita d’inizio missionario,
considerandola insieme alla Pasqua, la festa più solenne di tutto il calendario
cristiano.
La Pentecoste nell’arte Il tema della Pentecoste, ha
una vasta iconografia, particolarmente nell’arte medioevale, che fissò l’uso di
raffigurare lo Spirito Santo che discende sulla Vergine e sugli apostoli nel
Cenacolo, sotto la forma simbolica di lingue di fuoco e non di colomba. Lo
schema compositivo richiama spesso quello dell’Ultima Cena, trovandosi nello
stesso luogo, cioè il Cenacolo, e lo stesso gruppo di persone: Gesù è sostituito
da Maria e il posto lasciato vuoto da Giuda viene occupato da Mattia. Viene
così a comunicarsi il valore dell’unità dell’aggregazione e successione
apostolica, oltre che la sua disposizione a raggiungere i confini del
mondo.
Nella Liturgia Lo Spirito Santo viene invocato nel
conferimento dei Sacramenti e da vero protagonista nel Battesimo e nella Cresima
e con liturgia solenne nell’Ordine Sacro; e in ogni cerimonia liturgica, ove
s’implora l’aiuto divino, con il magnifico e suggestivo inno del “Veni Creator”,
il cui testo in latino è incomparabile. Nella solennità di Pentecoste si
recita la Sequenza, il cui testo della più alta innologia liturgica, si riporta
a conclusione di questa scheda come preghiera, meditazione, invocazione allo
Spirito Santo.
Veni creator
Veni, creator Spiritus, mentes tuorum
visita, imple superna gratia quae tu creasti pectora.
Qui diceris
Paraclitus, donum Dei altissimi, fons vivus, ignis, caritas et
spiritalis unctio.
Tu semptiformis munere, dextrae Dei tu
digitus, tu rite promissum Patris sermone ditans guttura.
Accende
lumen sensibus, infunde amorem cordibus, infirma nostri
corporis virtute firmans perpeti.
Hostem repellas longius pacemque
dones protinus; ductore sic te praevio vitemus omne noxium.
Per te
sciamus da Patrem, noscamus atque Filium, te utriusque
Spiritum credamus omni tempore. Amen. |
Vieni Santo Spirito (Sequenza)
Vieni, Santo Spirito, manda
a noi dal cielo un raggio della tua luce.
Vieni padre dei
poveri, vieni datore dei doni, vieni, luce dei cuori.
Consolatore
perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo.
Nella
fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto conforto.
O luce
beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli.
Senza la
tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa.
Lava ciò che è
sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.
Piega ciò
che è rigido, scalda ciò che è gelido, sana ciò ch’è sviato.
Dona
ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni.
Dona
virtù e premio, dona morte santa, dona gioia
eterna. Amen. |
Autore: Antonio Borrelli
_______________________ Aggiunto il
2005-12-12
ieri 18 maggio il papa ha ricevuto i movimenti
di fedeli neocatecomunali
pentecostali focolarini rinnovamento dello
spirito di tutta italia a piazza san pietro
che poi sono defluiti nella metropolitana DI
CIPRO OTTAVIANO e lepanto. ciao.

Francesco Ciaccia |
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