Matilde la pazza
di
Nunzio Cocivera
Dai nonno !
A quel tempo avevo messo gli occhi su Matilde. Era molto
fine, aveva la pelle bianca che
restava
tale anche sotto il sole cocente d’agosto; avevo proprio deciso, l’avrei
sposata.
Era balbuziente, albina, ma io ormai l’amavo, n’ero sicuro.
Dissi a papà che volevo
sposarla
sempre che lei lo volesse, poiché solo io sapevo d’amarla.
Papà si alzò, posò il secchio con il latte appena munto e
disse:‹‹ Hai trent’anni e da un
anno a
questa parte io e tua madre aspettavamo che ti decidessi a scegliere qualche
nuora
per noi. Ma non lei! ››
‹‹
Perché? ›› dissi.
‹‹ Non
è normale poverina! Innanzitutto è albina e come se non bastasse non riesce a
parlare
in modo chiaro; poi non è balbuziente come tanti altri che conosco che magari
impuntano
su qualche vocale, lei non sa proprio parlare.››
‹‹
Secondo te cosa dovrebbe fare una come lei, buttarsi nel fiume? ››
‹‹ No,
ma perché la devi sposare proprio tu, non può farlo qualcun altro? ››
Mamma fu ancora più cruda:‹‹ Quella non è normale, ma non
perché non parla bene
o
perché è albina, non si interessa di niente del paese, lavora come un uomo, non
si
comporta
come una donna, insomma non fa per te! ››
In effetti alcune cose in lei erano insolite. Innanzitutto
non usciva che per lavorare, non
veniva
mai alle feste del paese, né ai matrimoni; era lì da tre lunghi anni e tanti
amici miei
che
lavoravano nei campi, notavano alcune sue stramberie. Non guardava nessuno,
parlava
male e poco, ma a me non importava. Certo all’epoca non sapevo a chi e a che
cosa
andassi incontro, a quei tempi certe cose non esistevano nella mente di
nessuno,
neanche
nella più fervida immaginazione! Ma io avevo deciso e come si usava allora, era
il
1924, andai a parlare con gli zii della ragazza.
Il signor Scaglione era un uomo cordiale, mi fece accomodare
subito dentro e mi mise
davanti
del pane, del salame e una bottiglia di vino. ‹‹ Prendi un boccone e bevi un
bicchiere
di vino. ››
Non accettare sarebbe stata un’offesa, così tagliai
lentamente il salame e un pezzo di
pane.
Mi guardai intorno. Matilde era davanti alla finestra, mentre la zia trafficava
col
fuoco
e le pentole di terracotta, un odore di fagioli si spandeva per la stanza.
‹‹ A
cosa dobbiamo la tua visita? ›› disse il signor Scaglione.
Ad un tratto la moglie prese dalla quartara dietro la porta
un boccale di acqua e
attraversando
la stanza, l’aggiunse ai fagioli, forse asciugatasi in fretta.
Osservai Matilde che intanto guardava il fuoco come fosse assente
e senza distogliere lo
sguardo
da lei, come per vedere che effetto le avrebbe fatto, dissi tutto d’un fiato:
‹‹ Voglio
chiedervi
la mano di Matilde. ››
Lei non si mosse, anche udendo le mie parole restò sempre
assente. Alla signora invece
cadde
la brocca dalle mani e urlò che più non si poteva. Matilde allora senza
guardarmi,
si
chinò e raccolse i cocci da terra.
Il signor Scaglione intanto era diventato pallido. Io al
contrario continuai a parlare: ‹‹ Voi
tre
anni fa’ portaste qui Matilde dicendo che era figlia di un vostro fratello
morto, visto che
non ha
più i genitori e che voi siete i parenti più prossimi, vi chiedo di potermi
fidanzare
con
lei e di permettermi di frequentarla. ››
Il signor Scaglione rispose: ‹‹ Non se ne parla proprio, non
può essere. ›› Mi disse anche
di
uscire fuori e di non tornare più.
Fremevo di rabbia così tornai a casa e informai i miei
genitori dell’accaduto.
Il loro atteggiamento mi stupì molto .‹‹ Come?! Ti hanno
detto no?›› Papà si alzò e
disse:
‹‹ Vieni andiamo li’. ››
Tornai indietro seguendo papà che mi precedeva con passo
spedito. Giunti sul luogo,
bussò
alla porta con vigore e quando Scaglione gli aprì, mio padre gli disse: ‹‹
Cos’hai
contro
mio figlio? Perché gli hai detto di no?››
‹‹
Salvatore entra, entra che ti spiego ›› disse lui. Matilde non c’era. Mio padre
allora
riprese:
‹‹ Cos’è che non va in mio figlio?››
‹‹
Salvatore non ho nulla contro tuo figlio, forse l’ho trattato un po’
bruscamente ma in lui
non
c’è niente che non va. Al contrario è mia nipote che non fa per lui! ››
‹‹ Ma
perché? ›› intervenni io ‹‹ forse non parla bene, ma per me non è importante.
››
Scaglione disse: ‹‹ Lei non è… non è normale, è pazza ecco,
è malata di mente. ››
‹‹
Tommaso andiamo a casa ›› disse mio padre.
Non ero certo deciso ad arrendermi, avrei avuto modo di
vederla, di parlarle e così feci
tre
giorni dopo. Matilde spaccava legna ininterrottamente da almeno due ore,
prendeva i
ceppi
pesanti come fossero fuscelli e non sudava, i suoi gesti erano diventati
meccanici.
Aspettai che i signori Scaglione andassero a mungere le
capre e non appena il campo fu
libero,
con un balzo fui dietro Matilde e la chiamai. Lei si voltò lentamente e mi
fissò, il suo
sguardo
era piuttosto strano.
‹‹
Ascolta ›› le dissi ‹‹ hai capito che voglio sposarti? ››
Sul suo volto non traspariva alcuna emozione: ‹‹ Spo…sa…rmi
›› disse, dopodiché si voltò
e
continuò a tagliare legna. D’un tratto mi misi tra lei e il ceppo da tagliare e
le dissi:
‹‹
Esigo una risposta! ››
Lei alzò lentamente l’ascia e vibrò un colpo micidiale, metà
di quel ceppo avrei potuto
essere
io se non mi fossi scansato: ‹‹ Questa è veramente pazza ›› pensai, Matilde
rialzò
l’ascia
e spaccò un altro ceppo, alcuni pezzi mi colpirono ad una gamba.
‹‹ Ora
basta ›› dissi, sempre più deciso mi rimisi di fronte a lei e cercai di
fermarla. Le presi
le
braccia che erano come d’acciaio, involontariamente le allungai una mano sul
seno,
sembrava
una pietra, era simile a quello di una statua di marmo. Non avevo toccato molti
seni
in vita mia, ma quei pochi che avevo sfiorato erano caldi, morbidi. Nella
colluttazione
che
durò pochi attimi, mi ritrovai sbattuto a terra con la testa fra le sue gambe,
d’istinto
alzai
gli occhi e quello che vidi mi inorridì. Guardai nuovamente, non era
un’allucinazione e
così
scappai a gambe levate. Passai dei giorni e delle notti terribili, rischiai di
impazzire,
dovevo
dirlo a qualcuno ma non certo ai miei genitori.
Oggi non sarei così sconvolto e impaurito, ma all’ora
eravamo all’oscuro di tante cose e
Matilde rappresentava la stranezza in persona. A quei tempi
non sapevo cos’era o forse
ero io
a non essere normale, ad avere le visioni, dovevo trovare qualcuno che mi
aiutasse
a
capire, a cui dire di quella cosa. Non avevo dei veri amici nella mia cerchia
di
conoscenze,
comunque decisi che lo avrei chiesto all’unico istruito che conoscevo.
Mi
controllò i battiti cardiaci, i riflessi, gli occhi. ‹‹ Sei normale ›› disse,
‹‹ e non potevi
inventarne
una di questa portata, deve essere vero ma non mi spiego che cosa può
essere.
Non dirlo a nessuno, faremo degli altri controlli, indagheremo ››.
Otto
giorni dopo controllammo gli appunti presi: non mangia in pubblico, non beve,
non si
allontana
mai dai campi per andare a fare i bisogni come fanno tutti. Ha una forza fuori
dal
comune
e una resistenza da mulo, non dice mai di essere stanca; nessuno in quegli anni
si
ricorda che si sia mai fatta un graffio, anzi zio Carmelo una volta mentre potava
un
albero, le buttò addosso un grosso ramo e lei non si fece niente, quel ramo
avrebbe
potuto
uccidere chiunque. Non ha nè amici,né
amiche, mai un fidanzato. Anche perché
ero
l’unico che la trovasse attraente.
Dovevamo
trovare qualcosa di valido prima di passare all’attacco, oltretutto il mio
amico
quasi dottore Beniamino Eriberto, pace all’anima sua, voleva e doveva vedere
con i
suoi occhi.
Attendemmo
il momento propizio. Matilde era al fiume a lavare i panni, naturalmente
era
sola poiché non essendo normale, le altre donne lavavano la biancheria negli
altri
giorni
sparlando di tutti e anche di lei.
Il
piano era che io le avrei dato discorso e lui avrebbe guardato, si era munito
anche di
un
pezzetto di vetro, doveva farle un piccolo taglio per vedere se le usciva
sangue.
Indossava un vestitino rosso a pois neri che le arrivava fino al ginocchio,
dovendosi
abbassare per lavare, si alzava parecchio.
Mi
misi accanto a lei e iniziai a parlare: ‹‹ Senti è ora di finirla, voglio una
risposta ››.
Lei
lavava i panni e non si distrasse affatto, allora presi un sasso e lo gettai
con forza
davanti
a lei, l’acqua le schizzò tutta addosso. ‹‹ Mi hai sentito? Voglio una
risposta! ››.
Lei si
fermò, alzò il capo e si girò verso di me dicendo: ‹‹
spo…sar…mi››.
In quell’attimo il dottore fece tutto,
questione di secondi e si ritrovò scaraventato nel fiume
seguito quasi subito da me, ci lanciò come si
lancia un sasso enorme, aveva una forza
sovrumana e non era ancora tutto. Il futuro
medico scappò via terrorizzato e anch’io
cercai di farlo ma non potei poiché il piede
mi faceva molto male, a quel punto Matilde
issò una pesante lastra di pietra che non
avrebbero potuto sollevare neanche 50
uomini messi insieme. Mi irrigidii e il
sangue mi gelò nelle vene, quella lastra mi
avrebbe schiacciato come una formica. Il
pensiero andò veloce a Dio sperando che mi
accogliesse in paradiso.
‹‹ No Matilde no! ››
‹‹ No ›› disse lei.
‹‹ No Matilde ›› ripeté il signor Scaglione
con un tono più pacato, allora lei lanciò
quell’enorme masso nel fiume, l’onda d’urto
provocata dal masso mi colpì in pieno
viso scaraventandomi tre metri più in là. Il
corso del fiume si fermò e l’acqua crebbe a
vista d’occhio.
‹‹ Riesci ad uscire da lì o hai bisogno
d’aiuto?! ›› chiese il signor Scaglione.
‹‹ Non c’è bisogno grazie ›› risposi.
Sparirono oltre la collina, io mi trascinai
fuori dal fiume il cui livello aveva ormai
superato quel masso creando una fossa e
subito dopo una piccola cascata. Negli anni
che seguirono tornai varie volte al fiume a
fare il bagno dentro quella fossa, perfino con
tua nonna quando eravamo ancora fidanzati.
‹‹ Vai avanti con la storia che si fa
interessante! ››.
Beh tornai a casa zoppicando e raccontai
tutto ai miei genitori senza però scendere
nei dettagli. Naturalmente mia madre restò a
bocca aperta. Le dissi
solo che rifeci la proposta a Matilde e che
lei in risposta mi buttò nel fiume e che poi
cercò di schiacciarmi. Ma appena uscii fuori
con papà gli raccontai tutto, comprese le
manovre mie e di Beniamino Eriberto. Papà
all’inizio dovette sedersi per un po’, poi
aggiunse:‹‹ Andiamo da Beniamino ››.
Lo trovammo accanto al pozzo che si lavava
continuamente il viso, sembrava sbalordito!
Appena mi vide disse: ‹‹ Che cosa può essere
mai? ››
‹‹ Non lo so proprio! ›› risposi io.
‹‹ Lei che cosa pensa? ›› chiese a mio padre.
‹‹ Non so che dire! Forse è un diavolo, io ho
paura per voi ››.
‹‹ Non è una donna e neanche un uomo! Cosa
può essere mai? Maledizione io sto per
diventare un dottore e so benissimo come è
fatto un corpo umano. Ha bisogno di cibo, di
acqua, deve espellere i liquidi in eccesso,
sono tutte cose indispensabili per la
sopravvivenza! A quella specie sotto forma
umana mancano perfino gli organi sessuali,
non è un essere umano capite? Non lo può
essere! ››
‹‹ Cosa nonno? Non aveva gli organi
sessuali?!››
‹‹ Esatto non li aveva, oggi diremmo che era
piuttosto un robot o un alieno!››
‹‹ Sai nonno al giorno d’oggi siamo più
moderni e molti credono agli extraterrestri, ma
sappiamo anche che non esistono altre forme
di vita. ››
‹‹ Comunque all’epoca non si avevano certo i mezzi per costruire un
robot così
perfetto! Non me lo spiegavo allora e neanche
adesso. ››
‹‹ Ma come andò a finire? ››
Passato lo sgomento non restava altro che
andare da Scaglione e chiedere spiegazioni.
Mio padre disse che era meglio ignorare la
faccenda, che sicuramente c’era un diavolo in
quella casa che si era impossessato di loro.
Papà conosceva marito e moglie da quando
erano bambini, erano cresciuti insieme. Erano
molto buoni, religiosi, dei veri amici ma da
tre anni a questa parte erano diventati
schivi, proprio da quando era arrivato quel essere.
Eriberto era d’accordo con papà, sarebbe
stato meglio evitarli.
Io invece ero deciso: ‹‹ O venite o ci vado
da solo! ››
Papà disse ad Eriberto:‹‹ Tu fai come vuoi
non posso mandarlo solo, vado con lui.››
‹‹Allora vengo anch’ io e che Dio ce la mandi
buona!››
Arrivammo
alla loro masseria in pochi minuti, sulle piante e sul terreno c’era una
polvere
come di tegole sbriciolate. Giunti nelle
vicinanze della loro casa non si sentiva alcun
rumore, c’era un silenzio spettrale. Papà
chiamò a gran voce ma nessuno rispose. Allora
ci facemmo coraggio ed entrammo nella casa,
tutto era in ordine ma loro non c’erano più.
Demmo l’allarme della loro scomparsa, tutto
il paese li cercò per giorni ma non furono mai
trovati. Nessuno riuscì mai a spiegare la
loro scomparsa, nemmeno l’enorme masso nel
fiume!
‹‹ Non diceste mai a nessuno quello che era
accaduto? ››
‹‹Chi ci avrebbe mai creduto? Meglio non
farsi prendere per dei pazzi visionari!››
‹‹E poi come finì?››
‹‹ Sai gli anni passano e la gente dimentica.
Rimase un mistero….. ››
commedie anche per la scuola
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