Siamo un Paese per vecchi, con un numero di nonni in graduale aumento negli anni a venire. L'asticella dell'età media, ferma a 43,5 anni nel 2011, si alzerà fino ad un massimo di 49,8 anni nel 2059. Dopo tale anno, l'età media è destinata a stabilizzarsi sul valore di 49,7 anni. La trasformazione della struttura per età della popolazione, fotografata dal rapporto Istat sul futuro demografico del Paese, comporta un marcato effetto sui rapporti intergenerazionali.
L'indice di dipendenza degli anziani (cioè il rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione in età attiva - 15-64 anni), oggi pari al 30,9%, cresce fino a un livello del 59,7% nel 2065, senza sostanziali differenziazioni rispetto sia allo scenario alternativo basso (59,4%) sia a quello alto (59,7%).
Particolarmente accentuato entro i prossimi trenta anni è l'aumento del numero di anziani: gli ultra 65enni, oggi pari al 20,3% del totale, aumentano fino al 2043, anno in cui oltrepassano il 32%. Dopo tale anno, tuttavia, la quota di ultra 65enni si consoliderà intorno al valore del 32-33%, con un massimo del 33,2% nel 2056. A scattare la fotografia è l'Istat, con il suo report sul futuro demografico del paese.
E se da un lato aumentano le tempie grigie, dall'altro cala il numero di giovanissimi. La popolazione fino a 14 anni di età, oggi pari al 14% del totale, evidenzia un trend lievemente decrescente fino al 2037, anno nel quale raggiunge un valore minimo pari al 12,4%. Dopo tale anno la percentuale di under 15enni si assesta fino a raggiungere un massimo del 12,7% nel 2065. Il margine di incertezza associato a tale stima fa comunque ritenere che nello stesso anno, precisa l'Istat, tale quota potrebbe oscillare in un intervallo compreso tra l'11% e il 14%.
La popolazione in età lavorativa (15-64 anni) evidenzia, nel medio termine, una lieve riduzione, passando dall'attuale 65,7% al 62,8% nel 2026. Nel lungo termine, invece, ci si aspetta una riduzione più accentuata, fino a un minimo del 54,3% nel 2056, annodopo il quale l'indicatore si stabilizza, con un valore del 54,7% nel 2065, per un intervallo di stima compreso tra il 53,8% e il 55,8%.
Nel periodo 2011-2065 l'incidenza della popolazione straniera sul totale passerà dall'attuale 7,5% a valori compresi tra il 22% e il 24% nel 2065, a seconda delle ipotesi. E' quanto emerge da uno studio dell'Istat sul futuro demografico del paese.
Per l'Italia in complesso, considerando lo scenario centrale, l'incidenza di stranieri residenti verrebbe a registrare decisivi incrementi, passando dal 7,5% nel 2011 al 14,6% nel 2030, per poi raggiungere il 23% nel 2065). Su scala territoriale, pur partendo da livelli iniziali ben diversi, tutte le aree del Paese saranno comunemente interessate dal processo di crescita relativa della popolazione straniera: le regioni del Centro-nord, in primo luogo, vedrebbero più che raddoppiare l'incidenza di presenze regolari, muovendo da valori iniziali intorno al 10% a livelli superiori al 26-27%, fino a un massimo del 29% nel Nord-ovest.
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