Frutta brutta, l’arma del Portogallo per sconfiggere crisi economica e burocrazia Ue
Aiutare le persone a mangiare in tempi di crisi economica, impedire lo spreco, sconfiggere le assurdità bizantine della burocrazia europea. In Portogallo una signora ci è riuscita. Si chiamaIsabel Soares e ha fondato la cooperativa “Fruta feia”, qualcosa come “Frutta brutta”. Acquista a poco prezzo dai contadini la frutta e la verdura che, sebbene ottima, non può entrare nei canali commerciali perchè non risponde ai requisiti (soprattutto estetici) dell’Ue e che è quindi destinata alla discarica, poi la distribuisce ai soci. Essi ogni settimana ricevono 3,5 chili frutta e verdura al prezzo complessivo di 3,5 euro. Un affare per tutti, ambiente compreso. Infatti lo spreco alimentare è anche uno schiaffo all’ecologia, e non solo alla miseria di tanti esseri umani.
Di “Fruta feia” ha scritto pochi giorni fa il New York Times. La cooperativa è stata fondata sei mesi fa; ha già salvato dalla discarica 21 tonnellate di cibo; ci lavorano tre persone compresa Isabel Soares; i soci sono 42 e non possono aumentare (mille persone sono in lista d’attesa) perchè altrimenti sarebbe impossibile mantenere il rapporto diretto con i contadini, i quali sono contentissimi: vendono all’ingrosso a “Fruta feia” la frutta e la verdura brutta a metà prezzo, e la cifra non sarà granchè ma altrimenti non incasserebbero neanche quello. Inoltre hanno lasoddisfazione di sapere che il loro lavoro non va sprecato.
A quanto riferisce il New York Times, l’Europa manda in discarica ogni anni 89 milioni di tonnellatedi cibo, e la fondatrice di “Fruta feia” stima che un terzo della produzione agricola portoghese venga buttata perchè non conforme agli standard Ue.
In effetti siamo abituati a trovare al mercato e al supermercato mele e pomodori che sembrano usciti dal reparto tornitura di una fabbrica, non dai campi. I commercianti normalmente si giustificano dicendo che la gente li vuole così. Ma non è vero: la gente non può scegliere. Per rendersene conto, basta dare un’occhiata alla minuziosa normativa dell’Unione Europea su calibro, colore e caratteristiche assortite della frutta e della verdura. I prodotti che non raggiungono queglistandard possono solo prendere la strada della trasformazione (diventare marmellata, ad esempio) o essere usati come cibo per gli animali.
Alcuni anni fa l’Ue ha effettivamente snellito la normativa. Essa però continua ad essere ferrea per le 10 varietà di frutta e verdura che, insieme, rappresentano il 75% del mercato ortofrutticolo: mele, agrumi, kiwi, lattughe con indivie ricce e scarole, pesche e pesche nettarine, pere, fragole, peperoni dolci, uve da tavola, pomodori.
Non basta che questi prodotti siano interi e sani. Anche i più scadenti devono comunque esserebelli. Ad esempio, non raggiungono il mercato le mele con difetti di buccia (buccia!) superiori a 4centimetri di lunghezza e i kiwi di peso inferiore ai 65 grammi; le pesche e le pesche nettarine con un calibro inferiore ai 5,6 centimetri o con un peso inferiore agli 85 grammi non possono essere vendute fra il primo luglio e il 31 ottobre; nei pomodori a grappolo i frutti staccati non devono superare il 10%. Eccetera.
Isabel Soares ha detto al New York Times di essere riuscita a dribblare tutto questo cumulo di norme perchè esse si applicano alla frutta e alla verdura etichettata e confezionata: non dunque a quella che vende lei in casse.
http://blogeko.iljournal.it/frutta-brutta-larma-del-portogallo-per-sconfiggere-crisi-economica-e-burocrazia-ue/79880
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