Troppi gattini sul web, gli esperti: «Così li stressiamo e soffrono»
IL DIBATTITO
I felini domestici «star» dei social. L’avvertimento degli esperti: «Ci aspettiamo troppo da loro e mettiamo a rischio la loro salute». Ma sarà davvero così?
di Costanza Rizzacasa d’Orsogna
Una foto di Milo
La photogallery del mio smartphone contiene 2.126 foto di mio figlio Milo, 16 mesi. Erano più di 2.500: ho dovuto eliminarne un po’ perché la memoria era esaurita. C’è Milo che sbuccia l’uva perché gli piace solo l’interno, Milo che mi succhia il pollice, Milo disperato che cerca di afferrare un moscerino ma ricade all’indietro. E ancora: Milo che piange perché il merluzzo che gli ho comprato non gli va e vorrebbe invece la mia banana, Milo che vuol esser preso in braccio. Milo che alle undici di sera, se sto ancora lavorando, mi guarda spazientito come a dire, «Ma come, non andiamo a letto?».
Star di Twitter
Ovviamente, Milo è una star di Twitter (gli hanno anche fatto un fake), e chiunque io incontri per strada mi chiede di lui. Al che, cuore di mamma, sfodero il cellulare per esibire con orgoglio, anche davanti a sconosciuti, l’ultima sua foto. «E’ belliiiizimo», mi dico nel gergo di noi trenta-quarantenni mai cresciute. Milo è il mio gatto. Tutto nero, con un baffo bianco che a volte gli cresce e altre no. Li faccio, evidentemente, un po’ pelosi. Milo beve solo acqua minerale, va da sé, e quando capita di rimanere senza i suoi bocconcini, piuttosto che la marca piena di additivi del supermercato, gli compro l’omogeneizzato di manzo o di vitello, mescolato alla pasta vitaminica per la dose ottimale di taurina. Quando non ci sono Milo si mette a dormire davanti alla porta di casa; al mattino mi fa i succhiotti al collo. Dicono che riversiamo sugli animali domestici i nostri desideri di maternità, le nostre solitudini. Che Milo, insomma, sarebbe solo un surrogato per il bimbo che, da donna single e lavoratrice precaria, non posso permettermi. Confesso di non aver mai provato per il figlio di un’amica lo stesso trasporto, la stessa commozione, che provo per un qualsiasi cucciolo (o animale adulto): sarà forse, come dicono, un meccanismo di autodifesa inconscio, ma questa è un’altra storia.
Tutto sbagliato?
Il punto è che ora gli esperti dicono che tutto ciò è sbagliato, che i nostri gatti sono iperstressati dalle aspettative irrealistiche che nutriamo per loro. Presentando la docu-fiction Cats, in onda a ottobre sulla «BBC», John Bradshaw direttore dell’Istituto di Antrozoologia della Università di Bristol, osserva che oggi i proprietari di gatti chiedono troppo, in termini emotivi, ai loro compagni felini, finendo per metterne a rischio l’equilibrio psicofisico. E punta il dito contro patologie in forte aumento fra i gatti, come cistiti e dermatiti: disturbi con una forte componente psicologica, causati appunto dallo stress. «Trattiamo i nostri gatti come fossero cani, senza capire che la loro natura è diversissima. Crediamo che, come il cane, il gatto sia totalmente addomesticato, ma non è così. Evolutivamente, è ancora a metà strada da un animale selvatico».
«Non trattateli come se fossero cani»
Se guardo Milo, che mentre cerco di scrivere questo pezzo mi dorme sul pc, crederlo mi riesce assai difficile. E però Robertson Davies diceva che forse Dio ha creato il gatto per dare all’uomo la gioia di poter coccolare la tigre, e un po’ penso sia vero. Concorda la psicologa di uomini e gatti Vicky Halls, autrice del libro «Cat Confidential: The Book Your Cat Would Want You To Read». «Fino ad alcuni decenni fa questi animali erano snobbati», dice al «Guardian». «La gente li prendeva in casa solo per tener lontani i topi. Improvvisamente, li abbiamo travolti con pretese esagerate. Non ricordo di aver mai visto persone subissare i propri felini di bisogni emotivi complessi come oggi. Ma scopo della vita del gatto non è quello di aiutare l’uomo a staccare la spina. I gatti hanno la loro vita». Per Halls, pur amando i propri pet, tanti proprietari fingono a livello inconscio di non accorgersi del loro stress, perché ammetterlo li costringerebbe a riconoscere che una relazione è fatta di due anime, e anche la metà felina della coppia ha i suoi bisogni. Ancora Bradshaw: «Facciamo l’errore di pensare che i gatti debbano rispondere alle nostre manifestazioni d’affetto ogni volta che vogliamo. Alcuni lo fanno, tanti no».
Se fosse un fidanzato saremmo altrettanto tiranni? Probabilmente no. «I gatti hanno altre cose per la testa. Pensano all’odioso gatto del vicino, guardano svolazzare gli uccellini sognandoli allo spiedo». Il proprietario ci resta male e dice, «Il mio gatto non mi ama». Ma non è così. Ci amano, ma hanno le loro necessità. «E’ uno dei motivi per cui ci intrigano tanto». Vero. Forse perché creduto più facile da gestire, in uno stile di vita sempre più frenetico, il gatto negli ultimi anni ha rimpiazzato il cane come animale domestico più diffuso. Soprattutto, accusano gli esperti, oggi i gatti non sono più solo compagni di vita, ma la nostra ossessione social li ha trasformati in star dell’Internet.
Vita da social
Se vivi con un gatto, vivi accanto a una celebrità. Il web ribolle di gattini. Sulle photogallery feline il sito «BuzzFeed» ha costruito una fortuna. C’è «Snapcat», l’Instagram dei gatti, che intrigando il nostro micio con un cursore rosso saltellante da inseguire gli permette di scattarsi divertentissimi cat selfie; c’è il social «MeowChat»; al sabato su Twitter impazza l’hashtag #Caturday. E’ la celebrità per interposto gatto. Costringiamo, più o meno inconsciamente, i nostri pelosi a mille foto sperando che un po’ della loro fama di riflesso si riversi su di noi. Ma ci siamo mai chiesti se di questa fama a lui freghi qualcosa? Se invece che piacergli lo disturbi? Quante volte, pur non avendo mai messo Milo in pose innaturali, gli ho detto, «Ti prego, amore, dai, l’ultima foto», nonostante fosse evidente che il poveretto ne aveva abbastanza? E per cosa? Un retweet, due preferiti? Dice Halls: «La maggior parte della gente guarda le foto di gattini e fa ohhhh e ahhhh. Io le guardo e vedo dei mici infelici. E un proprietario che ha tempo da perdere. Chiedetevi se il gatto in tutto questo ci guadagna qualcosa».
Sintomi del disagio
Ce n’è abbastanza per sentirsi un verme, ma non è finita. Sempre più spesso, avverte Halls, pensando di trattarli come star, cosa che invece appaga solo noi, dimentichiamo i loro bisogni primari. Come di cambiargli frequentemente la lettiera (giuro, non mi sono mai scordata). «I gatti soffrono in silenzio, mantenendo una faccia da poker», spiega la comportamentalista animale Pippa Hutchison. «Un gatto stressato si aliena. Il primo sintomo di disagio è la pipì fuori dalla lettiera. Altri campanelli d’allarme sono se si nasconde sotto il divano, se gli sudano le zampine, se improvvisamente diventa aggressivo. Se, contemporaneamente all’arrivo di un nuovo gatto in casa (il peggiore regalo da fare al vostro micio), il felino inizia a leccarsi esageratamente sulla zona addominale, non fategli una foto, portatelo dal veterinario» E se Milo dorme sotto le lenzuola, tra le mie braccia in posizione di cucchiaio, se spendo per la sua alimentazione più di quanto per me e da quand’è arrivato, 15 mesi fa, mi sono allontanata da lui solo una notte, se gli permetto di scegliermi perfino i fidanzati (e non a caso sono ancora zitella), non posso non chiedermi se non stia sbagliando tutto.
Sarà vero che proiettiamo su di loro i nostri bisogni, e così facendo gli facciamo del male? Stiamo soffocando i nostri gatti di attenzioni che la loro natura non desidera? Stiamo creando generazioni di felini infelicissimi? Mentre trovo ignoranti e miopi dichiarazioni come «I proprietari di un gatto non devono aspettarsi da lui la stessa quantità di amore che riceverebbero da un cane», o «I gatti non trovano gratificanti le manifestazioni d’affetto, quindi per addestrarli occorre ricorrere al cibo», mi chiedo se sul resto Bradshaw & C. non abbiano ragione.
Sarà vero che proiettiamo su di loro i nostri bisogni, e così facendo gli facciamo del male? Stiamo soffocando i nostri gatti di attenzioni che la loro natura non desidera? Stiamo creando generazioni di felini infelicissimi? Mentre trovo ignoranti e miopi dichiarazioni come «I proprietari di un gatto non devono aspettarsi da lui la stessa quantità di amore che riceverebbero da un cane», o «I gatti non trovano gratificanti le manifestazioni d’affetto, quindi per addestrarli occorre ricorrere al cibo», mi chiedo se sul resto Bradshaw & C. non abbiano ragione.
Vittime o protagonisti?
E poi c’è l’alimentazione. Da alcuni mesi, per coerenza con la fede animalista, sono diventata vegana. A differenza dei cani, che possono mangiare quasi tutto, i gatti sono carnivori, ed è sbagliato e pericoloso avviarli a una dieta vegetariana. Non ho mai dato a Milo la frutta di mia sponte, e però, da quando sono vegana, mi accorgo che ha sviluppato una passione per l’uva e le banane, e qualsiasi altro frutto io stia mangiando. Esattamente quello che accadeva, da bambina, con il nostro micro-cane (un tipo coi capelli lunghissimi che se in braccio faceva la voce grossa con le mucche, ma appena messo a terra temeva la sua stessa ombra). Quando mia (sua) madre, per identici motivi, diventò vegetariana, lui iniziò a rifiutare carne e pesce, sviluppando un’insana passione per le fave, nonostante lei continuasse ad andare dal macellaio e in pescheria solo per lui. R. sbucciava le fave come oggi Milo l’uva.
Davvero li stiamo condizionando? O non è forse uno dei mille modi in cui, cani e gatti uguale, ci manifestano l’amore? Intanto Milo si è svegliato, e la sua faccia, tutt’altro che da Poker, dice «pappa». E so già che dopo mangiato dirà «coccole». Così, se d’ora in poi prima di fargli un’altra foto da postare ci penserò due volte, per il resto ho già la soluzione. Non trattate i vostri gatti come cani, trattateli come bambini.
Davvero li stiamo condizionando? O non è forse uno dei mille modi in cui, cani e gatti uguale, ci manifestano l’amore? Intanto Milo si è svegliato, e la sua faccia, tutt’altro che da Poker, dice «pappa». E so già che dopo mangiato dirà «coccole». Così, se d’ora in poi prima di fargli un’altra foto da postare ci penserò due volte, per il resto ho già la soluzione. Non trattate i vostri gatti come cani, trattateli come bambini.
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