venerdì 1 giugno 2012

Sisma, se lo Stato non paga

CATASTROFI

Salta l'obbligo di risarcire i danni.

di Ulisse Spinnato Vega


Dalle prime stime, il doppio sisma che ha colpito l’Emilia Romagna avrebbe provocato danni per oltre 5 miliardi di euro. Per far fronte all'emergenza, il Consiglio dei ministri ne ha già stanziati 2,5: 1 miliardo all'anno per i prossimi due dalla spending review e 500 milioni di euro dalle accise. Ma di qui a qualche mese, in caso di ulteriori scosse, potrebbe decidere di non sborsare più un euro.
Secondo il decreto legge di riordino della Protezione civile, approvato in Consiglio dei ministri il 30 aprile e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 16 maggio, infatti, lo Stato non sarà più obbligato a risarcire i danni ai cittadini in caso di terremoto, alluvione o catastrofe naturale.
ASSICURAZIONI CONTRO I DANNI. Il provvedimento attende ancora la conversione parlamentare e soprattutto un regolamento attuativo che dovrà essere emanato entro 90 giorni a partire dal 17 maggio.
Ma riaccende i riflettori su un problema di cui si dibatte da anni: quello dell'assicurazione privata in caso di calamità, necessaria nel caso in cui lo Stato non fosse più in grado di fare fronte alle spese.
Se venisse introdotto il principio della deresponsabilizzazione statale di fronte alla ricostruzione dei beni privati a seguito di un cataclisma, si creerebbe un vuoto di protezione su cui si fionderebbero le assicurazioni private con un sistema di polizze «volontarie» sulle calamità naturali che però, alla fine, potrebbe diventare obbligatorio per tutti i cittadini italiani in nome dell’uguaglianza di condizioni tra chi vive in zone più o meno a rischio (sismico, idrogeologico o entrambi).
DISPARITÀ PER I CITTADINI. Le compagnie assicurative, infatti, non potrebbero certo praticare le stesse tariffe agli abitanti dell’Aquila e di Roma. E potrebbero addirittura non stipulare affatto polizze nelle aree considerate difficili (come già accade già, fuori dalla legge, per l’Rc Auto).
Dunque, paradossalemente, a pagare per proteggersi sarebbero (facoltativamente) solo i cittadini che non ne hanno bisogno, mentre chi abita nelle zone più fragili resterebbe senza copertura. La conseguenza per ovviare alle sperequazioni? Un’assicurazione obbligatoria per tutti con un costo che, secondo gli esperti, potrebbe aggirarsi intorno ai 100 euro ad abitazione. Ed ecco servita la nuova tassa sulle calamità.

Solo i terremoti, in 40 anni, sono costati oltre 130 miliardi di euro di danni


I numeri in ballo sono da far girare la testa visto che oltre il 70% del patrimonio abitativo italiano è a rischio cataclismi e solo i terremoti, in 40 anni, sono costati allo Stato oltre 130 miliardi di euro di danni.
Il decreto di riforma della Protezione civile viene però stroncato senza mezzi termini da Nicola Casagli, geologo dell’Università di Firenze e presidente del Comitato scientifico della Protezione civile che ha studiato i movimenti della Costa Concordia dopo il naufragio al Giglio, uno dei massimi esperti in Italia in tema di grandi rischi.
INUTILI 100 GIORNI D'EMERGENZA. «Nel testo si limita lo stato di emergenza a 60 giorni più 40, dopodiché lo Stato va via e lascia il cerino in mano alle Regioni, che spesso non hanno funzioni e competenze per affrontare da sole certe emergenze, per giunta senza poteri e risorse speciali», spiega Casagli a Lettera43.it.
Ma, secondo l’esperto, «100 giorni di presenza statale sono inutili se si tratta di piccoli eventi, mentre non bastano nemmeno a rendersi conto della situazione in caso di gravi fatti come il sisma in Emilia Romagna».
Casagli chiarisce che «proprio l’Emilia, per fortuna, ha una Protezione civile efficiente e organizzata. Ma nel caso in cui un terremoto del genere dovesse capitare altrove, con questo decreto non so che cosa potrà accadere».
TROPPA BUROCRAZIA. Per il geologo, 'l’era Bertolaso' delle discrezionalità e dei poteri eccessivi è stata superata eccedendo in senso contrario, visto che ora «mancano le risorse e c’è troppa burocrazia».
Fortunatamente, nel decreto «è caduto l’obbligo di autorizzazione da parte del Tesoro per i primi interventi di emergenza. Tuttavia, la Protezione civile resta sotto il commissariamento del ministero dell’Economia e così non si va lontano: all’estero ce la invidiano, vengono pesino a studiarla, ma noi intanto facciamo un passo indietro di 30 anni».

Casagli: «Le polizze per alluvioni e terremoti hanno franchigie svantaggiose»


L’idea di un coordinamento centrale per i soccorsi nacque proprio nei primi Anni ’80, ai tempi del terremoto in Irpinia e della tragedia di Vermicino.
Ma il dipartimento che fa capo direttamente alla presidenza del Consiglio dei ministri ormai emette poche ordinanze e rischia una grave battuta d’arresto, mentre lo Stato sembra voler indietreggiare sul terreno della difesa dei cittadini, lasciando spazio agli operatori assicurativi.
Il sottosegretario Antonio Catricalà lo aveva già detto alla Camera e lo ha ripetuto in tivù: «È sbagliato sostenere che il decreto legge preveda come unico strumento per il risarcimento dei privati il sistema delle assicurazioni obbligatorie contro le calamità. Non è vero che la Protezione civile è affidata alle assicurazioni obbligatorie o volontarie. Sarebbe un sistema iniquo».
Ma Casagli ribatte: «Le polizze? Credo personalmente che in futuro sarà inevitabile un concorso pubblico-privato per l’indennizzo dei danni naturali. Però nella bozza del decreto mi sembrava una cosa buttata lì, non ben organizzata. Mentre ci vogliono studi lunghi e approfonditi per introdurre un sistema del genere».
VERSO UNO SCHEMA FRANCESE. Poi il geologo mette un paletto: «Ci vuole la presenza equilibratrice dello Stato. Non si può lasciare tutto al mercato, perché i livelli di rischio sono troppo diversi all’interno del Paese».
Sarebbe un po’ lo schema francese, in cui l’assicurazione da calamità naturali è un’estensione obbligatoria di qualsiasi polizza danni e il settore pubblico agisce da riassicuratore delle compagnie.
Infine, pure Casagli arriva alla stessa conclusione: «Una sorta di tassa per tutti? Le polizze facoltative già ci sono, ma e nessuno, per esempio, le propone per le frane, che rappresentano la calamità più dannosa in Italia. Ci sono per le alluvioni e per i terremoti. Queste ultime, però, hanno franchigie e condizioni molto svantaggiose per i cittadini, ecco perché nessuno le sottoscrive».

Venerdì, 01 Giugno 2012

www.lettera43.it

 

 

Nessun commento:

Posta un commento