Gli spararono alle gambe per non farla sembrare un’esecuzione. Per far credere che non avessero ucciso un prigioniero. E invece, nonostante Ernesto Guevara fosse un prigioniero, quella fu un’esecuzione: un colpo di mitra e la sua vita finì il 9 ottobre del 1967.
Guevara non è il simbolo che vediamo commercializzato sulle magliette. Non rappresenta quell’approccio alla cose che tanti che indossano il suo volto vorrebbero far credere. Non è un'idea capitalizzata da usarsi per ogni stagione. Le idee sono una cosa seria. E, allo stesso tempo, Guevara non rappresenta il mostro che alcuni, a destra, vorrebbero far credere.
Guevara rappresenta la lotta degli ultimi. Di chi non avendo niente, ed essendo oppresso da chi ha tutto, decide di opporsi e lottare. Di non accetta lo status quo dell’ingiustizia e si fa avanti. Che gira il mondo per dare supporto e sostegno a chiunque intenda non accettare le stesse cose. Per questo Guevara amava moltissimo la figura di Garibaldi: perché l’approccio era identico. Uomini che diedero la vita per ciò in cui credevano.
Ricordando la sua morte, ricordiamo allora i motivi per cui è morto e per i quali ha lottato: le ingiustizie su chi non ha nulla.
"Lei è comunista Signor Guevara?”
"Lei intende dire se sono iscritto al Partito Comunista Cubano o a qualunque altro Partito Comunista Latinoamericano...
ebbene non sono iscritto a nessun partito
Non sono comunista in quel senso
Ma se chi s'indigna quando in qualsiasi parte del mondo c'è un ingiustizia in atto viene considerato comunista , ebbene si allora sono comunista"
❤️
il mio eroe adorato, il mio amato guerriero indomito e indomabile, il mio Ernesto, padre, figlio, medico, rivoluzionario e uomo straordinario.
9 ottobre 1967: il CHE.
"Signor Colonnello, sono Ernesto, il “CHE” Guevara, mi spari, tanto sarò utile da morto come da vivo." 🌹💖
Ricordiamolo con 3 lettere, una ai figli, una ai genitori ed una alla sua prediletta Hilda, che andrebbero lette dai e agli studenti in ogni scuola. Forse sarebbe un mondo migliore.
- Lettera ai figli:
"Cari Hildita, Aleidita, Camilo, Celia ed Ernesto, se un giorno dovrete leggere questa lettera, è perché non sarò più tra voi. Quasi non vi ricorderete di me e i più piccolini non mi ricorderanno affatto.Vostro padre è stato un uomo che agisce come pensa ed è certamente stato fedele alle sue convinzioni. Crescete come buoni rivoluzionari. Studiate molto per poter dominare la tecnica che permette di dominare la natura. Ricordatevi che l'importante è la rivoluzione e che ognuno di noi, da solo, non vale niente. Soprattutto siate sempre capaci di sentire nel più profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo: è la qualità più bella di un rivoluzionario. Arrivederci, bambini miei, spero di rivedervi ancora. Un grande bacio e abbraccio da papà Ernesto.
- Lettera ai genitori (1 Aprile 1965):
"Miei cari, ancora una volta sento sotto i talloni le costole di ronzinante; mi rimetto in cammino col mio scudo al braccio. Sono passati quasi dieci anni da quando vi scrissi un'altra lettera di commiato. A quel che mi ricordo, mi rammaricavo allora di non essere miglior soldato e miglior medico; la seconda cosa ormai non m'interessa, come soldato non sono tanto male. Nulla è cambiato di essenziale, salvo che sono molto più cosciente, e il mio marxismo si è radicato e depurato. Credo nella lotta armata come unica soluzione per i popoli che lottano per liberarsi e sono coerente con le mie convinzioni. Molti mi diranno che sono un avventuriero, e lo sono, solo di un tipo diverso, di quelli che rischiano la pelle per dimostrare le proprie verità. Può darsi che questa sia la volta definitiva. Non lo cerco, ma rientra nel calcolo logico delle probabilità. Se è così, questo è il mio ultimo abbraccio. Vi ho amato molto, solo che non ho saputo esprimere il mio affetto; sono estremamente rigoroso nelle mie azioni e credo che a volte non mi abbiate capito. Non era facile capirmi, d'altra parte, credetemi, almeno oggi. Ora una volontà che ho perfezionato con compiacimento da artista sosterrà due gambe molli e due polmoni stanchi. Ricordatevi di tanto in tanto di questo piccolo condottiero del secolo XX. Un bacio a Celia a Roberto, Juan Martin e Pototín, a Beatriz, a tutti. A voi un grande abbraccio dal figliol prodigo e ribelle, Ernesto."
- Lettera alla figlia Hilda (15 Febbraio 1966):
"Ti scrivo oggi anche se la lettera ti arriverà parecchio tempo dopo la tua festa; però voglio che tu sappia che mi ricordo di te e spero che tu stia passando molto felicemente il tuo compleanno. Ormai sei quasi una donna e non ti si può scrivere come ad un bambino raccontandogli sciocchezze o piccole bugie. Devi sapere che sono ancora lontano e che starò molto tempo separato da te, a fare quel che potrò contro i nostri nemici. Non è che sia una gran cosa, però qualcosa faccio, e credo che potrai essere sempre orgogliosa di tuo padre così come io lo sono di te. Ricordati che ci vorranno ancora molti anni di lotta e anche tu, quando sarai una donna, dovrai fare la tua parte in questa lotta. Nel frattempo bisogna prepararsi, bisogna essere una vera rivoluzionaria, il che alla tua età vuol dire imparare molto, il più possibile, ed essere sempre pronta ad appoggiare le cause giuste. Inoltre obbedisci a tua madre e non credere di aver capito tutto prima del tempo. Verrà il momento per questo. Devi lottare per essere fra i migliori a scuola. Migliore in ogni senso, e lo sai cosa vuol dire: studio e atteggiamento rivoluzionario e cioè buona condotta, serietà, amore alla rivoluzione, cameratismo, ecc. Io non ero così quando avevo la tua età, ma vivevo in una società diversa dove l'uomo era nemico all'uomo. Ora tu hai il privilegio di vivere in un'altra epoca, un'epoca di cui bisogna esser degni. Non ti dimenticare di girare ogni tanto per casa per dare un occhio ai fratellini e consigliarli a studiare e a comportarsi bene. Bada soprattutto ad Aleidita che ti sta molto a sentire perché sei la sorella maggiore. Be', vecchia mia, ti ripeto: spero che tu faccia un bel compleanno. Dai un abbraccio a tua madre e a Gina, e ricevine tu uno grande e fortissimo che valga per tutto il tempo che non ci vedremo.
tuo papà Ernesto."


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