"L'Italia è sempre più una repubblica fondata sul lavoro. In due anni abbiamo creato più di un milione di posti di lavoro".
Gentile Presidente, ascolto queste sue parole nel video da poco pubblicato sul 1° maggio e le faccio un invito: si legga l'intervista
di Giovanni, sul Corriere. Ha 48 anni, è uno di quelli che si è guadagnato uno dei "nuovi posti di lavoro" creati dal suo Governo: 1.200 euro al mese. Con cui fronteggiare tre anni di inflazione che ci hanno mangiato, caro bollette e welfare sempre più scadente che spinge tra le braccia del privato.
È uno dei lavoratori poveri del Paese: sono il 12% del totale, quindi milioni. Milioni che percepiscono stipendi da fame e che sono costretti a rinunciare a tutto o, a cinquant'anni, tornati da lavoro la sera costretti a salire su un motorino a consegnare pizze per arrotondare.
I posti di lavoro che lei ha creato sono per lo più questi.
E li ha creati, Presidente, scegliendo di farlo in questa maniera. Una scelta. Perché l'aumento dell'occupazione è stato dato da fondi che altri hanno sbloccato, quelli del Pnrr. Ma è stata lei a voler reintrodurre i voucher ed è sempre lei a bloccare il salario minimo. Quelle risorse poteva usarle per rilanciare davvero il lavoro, quando invece ha scelto, deliberatamente, di renderlo fragile.
Questo perché la sua politica economica è inequivocabile: competitività delle imprese tramite il sistematico abbassamento del costo del lavoro. Tutto più fluido, fragile. Così da avvantaggiare imprenditori senza scrupoli.
L'Italia, con lei, non è allora sempre più una repubblica fondata sul lavoro: è sempre più una repubblica fondata sulle disuguaglianze sociali. Una dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
E, vivaddio, tutto questo lo confermano anche i dati, che spazzano via tante chiacchiere.
Leonardo Cecchi

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