-Fabio Pante- Durante le ultime settimane abbiamo assistito, su tutte le principali testate nazionali, ad un curioso dibattito intorno alla fiction trasmessa da Sky Tv, Gomorra.
Non credo sia necessario fornire una genesi dettagliata dell’argomento, sappiamo benissimo, o possiamo intuire, che la serie è tratta dal best seller di Roberto Saviano, e che parla di Camorra e di Napoli.
Ciò che però a me interessa mostrare del sopracitato dibattito, è un particolare aspetto emerso dalle dichiarazioni di alcuni big della nostra televisione nazionale, e riportato da quasi tutte le più importanti testate del Belpaese.
La Rai infatti, per non so quali motivi, intrecci o perplessità, non è stata la madrinadella serie, quindi non ha potuto trasmetterla, e nemmeno venderne i diritti a mezzo mondo. “Occasione mancata”, tuonano i più. “Paese cattolico e bigotto”, tuona Freccero, ex dirigente Rai.
Esternazioni con cui si può essere certamente d’accordo.
E’ legittimo infatti chiedersi per quale motivo una serie che dovrebbe essere totalmente Made in Italy, sia infine stata acquistata e trasmessa da un colosso straniero (Sky Television, proprietà di R. Murdoch), il quale giustamente ora ne festeggia il successo planetario (in circa 40 paesi all around the world).
A questo scopo, ci danno una mano l’attuale presidente Rai Anna Maria Tarantola, che in un intervista al Corriere della Sera-Sette così si esprime:“La trovo eccessiva. Non dà speranze. È giusto invece che il servizio pubblico ti faccia vedere come attraverso un percorso o un rapporto umano si possa arrivare alla soluzione dei problemi. A me non piace l’abitudine italiana ad alimentare la fame di sangue e dolore”, e a ruota, il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, “A volte ci accusano di buonismo, ma io trovo terribile una fiction in cui il criminale diventa un esempio, 'figo' come direbbero i giovani. Il ruolo della Rai è quello di aiutare a combattere la criminalità cercando di creare consenso attorno al lavoro della polizia e delle altre forze dell'ordine”.
Ora io, da buon figlio del popolo quale sono, non ho la più pallida idea se queste siano affermazioni-cerotto, dette in extremis per “pararsi il culo” a guisa di giustificazione dopo l’enorme occasione persa, l’ennesima a detta di molti, da parte della nostra tv nazionale.
Se così non fosse, se effettivamente il giudizio espresso da questi dovesse riflettere una linea di pensiero alla quale segue un rigido modus operandi, credo ci si possa porre alcune legittime domande.
Prima fra tutte (e forse unica), perché diavolo una televisione nazionale dovrebbe assumersi il sacro ruolo di “educatore” etico e morale di un popolo all’alba del terzo millennio.
Per certi aspetti, la cosa potrebbe sembrare ovvia: ci viene infatti in mente il filosofo francese Guy Debord, il quale nel 1968 scrisse quel capolavoro che fu,“La società dello spettacolo”.
Debord delineò le caratteristiche di una società totalmente dominata dallo Spettacolo, che diventava l’esempio, il modello unico, al pari delle grandi religioni del passato, al quale si sarebbero sottomessi (moralmente, eticamente e politicamente) gli individui nelle moderne democrazie liberali.
Questo nuovo Leviatano, che Debord definiva come “La falsificazione assoluta della realtà”, e che fu anche la benzina dei movimenti totalitari che hanno contraddistinto il 900’ (allora si chiamava propaganda), può quindi giustamente, e a rigor di logica, assumersi quel ruolo pedagogico verso la società civile (eternamente bambina ?).
Ecco che Ciro, il protagonista della fiction oggetto della discordia, se avvallato dalla Tv nazionale (cioè semplicemente trasmesso), diventa la prova inoppugnabile della legittimazione nella realtà di tutti gli atteggiamenti criminali, criminosi e mafiosi. Come dire che in Inghilterra un buon 90% della generazione che nel decennio scorso si sorbiva quotidianamente su tutti i Tabloid britannici le deliranti peripezie del Rocker nazionale Pete Doherty e della sua consorte e supermodella Kate Moss, siano diventati tutti dei cocainomani incalliti.
Effettivamente dopo aver visto al completo la serie Tv americana Breaking Bad (già diventata un cult), che narra le imprese di un professore del liceo alle prese con il traffico di metamfetamina, ho pensato per un attimo di aprire un laboratorio clandestino per la produzione di droga qui a Torino, ma poi ci ho ripensato e non l’ho fatto.
Scherzi a parte, viene da chiedersi se in realtà ai piani alti della Rai non avessero invece in mente Jean Jaques Rousseau e quel concetto di volontà generale da lui teorizzato.
In effetti, se la volontà generale, ovvero la cosiddetta maggioranza non può che avere sempre ragione, ovvero assumere quel ruolo strettamente messianico che la eleva al di sopra di qualsiasi altra autorità, è anche vero che, come diceva sempre lo stesso Jean Jaques, questa necessita anche di un “educatore”, o meglio, di un “legislatore” che la conduca (come mamma Rai), giacché altrimenti la volontà generale sarebbe compatibile con la democrazia solamente se si avesse a che fare con un “popolo di Dei”, i quali saprebbero esattamente qual è il Bene e il Male, appunto, proprio in quanto divinità (Rousseau dixit).
Ma in un mondo di potenziali criminali, cocainomani e killer dal grilletto facile, questo non può essere.
Se il famoso giurista francese Alexis de Tocqueville, il quale a metà 800’ se ne andò in America per capire come si organizzava una Democrazia senza Storia (proprio quell’America nella quale serie televisive come Gomorra sono la norma), metteva in guardia da come la democrazia potrebbe facilmente degenerare nella Tirannia della maggioranza, madre di tutti i Totalitarismi che vennero poi, allora si, forse è probabile che le masse vadano prima educate, guidate e inquadrate da qualcuno più o meno illuminato, piuttosto che lasciare ai molti, tendenzialmente ignoranti e condizionabili, piena autonomia decisionale.(certo che non è compito mio stabilirlo).
Ciò che mi sfugge comunque è perché mamma Rai si senta così profondamente investita da questo compito in odor di missione.
Che in realtà, per dirla alla Wittgenstein, sappia qualcosa che noi non possiamo minimamente immaginare, ovvero indicibile ?
Certo, quando leggevo “La società dello spettacolo” era il 2007 e stavo a Londra: forse mi è sfuggito qualche passaggio …
http://www.articolotre.com/2014/08/pedagogia-e-spettacolo-quando-la-tv-nazionale-si-fa-coscienza/
Nessun commento:
Posta un commento