
Gustavo Piga insegna economia politica all’università di Roma Tor Vergata. Come tanti suoi colleghi ha pensato bene di dire la sua sulla crisi: “Adesso è uscita la Legge Finanziaria del governo di Stoccolma. Focalizzata sul futuro dei giovani, annuncia per i prossimi quattro anni quattro manovre fiscali espansive (in deficit) di circa lo 0.6% del Pil ogni anno… Dall’adozione di questa manovra il governo prevede un aumento del Pil dello 0.4% nel 2013 e 17mila lavoratori in più nel 2014. E questo alla faccia di chi dice che quando un governo, come è il caso di quello svedese, spende una cifra superiore al 50% del Pil, un aumento della spesa pubblica non può anche accrescere il prodotto lordo. Il moltiplicatore esiste, la spesa pubblica è espansiva. Anche in Svezia. Si rassegnino coloro che credono altrimenti senza mai aver fornito uno straccio di dimostrazione”.
Dal suo punto di vista, chiaramente keynesiano (sai che novità per uno che insegna economia in Italia!), rinunciare alla spesa pubblica in funzione espansiva è errato, e i governi europei, a cominciare da quello italiano, dovrebbero rivedere la loro posizione sulla necessità di ridurre il deficit anche mediante il contenimento della spesa. Premesso che né l’Italia, né altri Paesi europei corrono alcun rischio di anoressia per carenza di spesa pubblica, in poche righe Piga riesce a concentrare un discreto numero affermazioni del tutto prive di fondamento.
L’esempio della Svezia (e degli atri Paesi scandinavi) è probabilmente l’unico a cui possono ricorrere i fautori dello Stato interventista senza coprirsi di ridicolo dopo una sola riga. Stiamo, peraltro, parlando di un Paese con meno di 9 milioni e mezzo di abitanti, con una struttura socioeconomica che ha dimostrato di poter funzionare anche quando lo Stato ha fatto qualche passo indietro. Sta di fatto che, come lo stesso Piga ricorda, il debito pubblico è appena il 38% del Pil. Dato che la spesa pubblica è indubbiamente elevata (essendo sempre più o meno la metà del Pil), ciò rappresenterebbe la prova che un sistema economico può funzionare bene anche quando lo Stato non è leggero.
Solitamente seguono poi due argomenti tipici: non bisogna sprecare i soldi pubblici ed evadere le tasse. La mia contrarietà all’interventismo statale a suon di tasse e spesa pubblica è per lo più riconducibile a due idee: la prima è che la redistribuzione a suon di imposizione fiscale rappresenta una violazione della proprietà di chi subisce il prelievo; la seconda è che non esistono uomini onniscienti. Ciò vale per un Paese relativamente piccolo e senza troppe disomogeneità territoriali come la Svezia, e a maggior ragione per Paesi più grandi e disomogenei.
Ciò detto, esistono in realtà numerosi casi empirici a dimostrazione che il moltiplicatore keynesiano è spesso inferiore all’unità, ossia per un euro speso dallo Stato il Pil aumenta meno di un euro. Questo avviene generalmente quando il debito pubblico in rapporto al Pil arriva attorno al 90% (dato che si tratta di uno studio piuttosto noto e scritto da due autori non certo sospettabili si simpatie economiche “austriache”, Piga potrebbe, per esempio, dare un’occhiata a “This Time is Different” di Rogoff e Reinhart). Negli ultimi vent’anni i due casi più evidenti sono stati rappresentati da Giappone e Italia, ma negli anni a venire la cosa riguarderà diversi Paesi europei e gli stessi Stati Uniti.
E’ vero che per accumulare debito è necessario che i deficit non siano tenuti sotto controllo, e che teoricamente ciò è solo in parte dovuto all’elevata spesa pubblica. E’ però innegabile che un aumento di spesa pubblica rende politicamente molto difficile una sua successiva riduzione, il che spesso genera una rincorsa tra tassazione e spesa crescenti, togliendo via via sempre più risorse all’economia privata. D’altra parte, se la spesa pubblica avesse gli effetti taumaturgici di cui Piga pare essere certo, non si capisce come mai in Italia le cose vadano così male. E l’obiezione che in Italia si è speso male, facendo spesa corrente e non investimenti, non è convincente. Parrebbe, infatti, che i casi “virtuosi” siano l’eccezione, non la regola. Eccezione dovuta, come accennato, a particolari circostanze e dimensioni territoriali. In sostanza, è molto probabile che i Paesi scandinavi funzionerebbero bene (forse addirittura meglio) anche se lo Stato dimagrisse e di molto.
Infine, Piga afferma che il moltiplicatore esiste, invitando a rassegnarsi a “coloro che credono altrimenti senza mai aver fornito uno straccio di dimostrazione”. Ma su cosa basa la sua affermazione sull’esistenza del moltiplicatore? Semplicemente sulle previsioni del governo svedese contenute nell’ultima legge finanziaria. Qualcuno ha mai visto previsioni di effetti negativi di una manovra in deficit da parte del governo che la presentava?
http://www.tzetze.it/2012/10/il-mito-del-moltiplicatore-keynesiano-e-le-verit-della-crisi-economica-lindipendenza.html
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