Quella di Simone Mazzocchin è una storia di dolore straziante, ma anche di straordinaria generosità e bellezza.
Il 10 maggio scorso Simone stava guidando la moto sulla strada provinciale 69, nel vicentino, quando, lungo una discesa, ha perso il controllo della sua Honda e, nello schianto col guardrail, è stato sbalzato parecchi metri più in là.
Subito trasportato in elisoccorso in condizioni gravissime all’ospedale San Bortolo di Vicenza, è morto dopo tre giorni di agonia.
Aveva 27 anni.
Ma Simone, tempo prima, aveva fatto una scelta precisa e convinta. Aveva deciso di diventare donatore di organi.
C’è voluto un trapianto multiplo da record che ha coinvolto cuore, reni, polmoni, fegato, occhi e pancreas e ha visto l’intervento di medici specialisti da Roma, Milano, Padova e Pisa.
E, alla fine, quell’atto di generosità ha permesso di salvare addirittura 12 persone, tra cui anche diversi bambini.
È una storia che parla di agape e tanatos. Amore, quello disinteressato, universale, e morte, in una catena che invece di spezzarsi unisce e genera vita, la ricrea, la nutre e la moltiplica dove e quando sembrava ormai impossibile.
Un pensiero va a Simone, alla sua famiglia, al suo gesto enorme, a chi grazie a quel gesto ha una nuova vita davanti, ai medici e agli operatori sanitari senza i quali tutto questo non sarebbe stato possibile. Ed è così ogni giorno.
Quello che ha fatto Simone è qualcosa che ci riguarda e ci richiama tutti.
Perché questa storia non commuova e basta. Insegni.
Lorenzo Tosa

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