"Nella prima stagione con Zeman rientravo dall’operazione al crociato, mi allenavo sempre a parte, mentre gli altri lavorano a pieno regime durante la preparazione. I suoi carichi di lavoro erano pesantissimi.
Osservavo, con timore, tutto da lontano. Un giorno però le cose cambiarono.
«Vučinić, tu oggi inizi a correre.»
«Cosa? Ma come?»
«Hai sentito bene. Oggi corri.»
«Mister, devo recuperare ancora dall’infortunio al ginocchio.»
«Oggi corri. Fai tre volte tre mila metri.»
«Mister...»
«Vučinić, tre volte tre mila metri».
Non avevo scelta.
Cominciai a correre e al termine dei primi 3 mila, ne mancavano ancora due, mi fermai. Ero cotto, stecchito. «Mister, io non ce la faccio più. Il ginocchio si è gonfiato».
Lui mi guardò con la coda dell’occhio e con enorme tranquillità disse: «Ce la fai, ce la fai».
Dovetti finire l'allenamento...
Durante un allenamento, in partitella, mi lasciai sfuggire una bestemmia, forse.
Già, perché ancora oggi non sono così convinto. Zeman bloccò tutto e mi riprese immediatamente.
Era arrabbiato, ma non lasciava trasparire grandi emozioni. Con i soliti toni pacati mi invitò a non pronunciare più quelle parole.
«Non bestemmiare, Dio è mio padre»
«No, mister. Giuro, ho detto zio. Davvero ho detto zio»
«Basta, non devi bestemmiare. Continuiamo l’allenamento».
Riprendemmo la partitella e dopo qualche minuto sbagliai un gol clamoroso davanti alla porta e non riuscii a trattenere la rabbia.
Partì un’altra bestemmia. O forse la prima bestemmia. Sull’altra i dubbi restano.
Il tempo di rientrare verso il centrocampo e Zeman si avvicinò, a piccoli passi, con fare sospetto:
«Anche stavolta era zio?».
[Mirko Vucinic]
Fonte: Libro Calcio Totale "Sulla giostra di Zdenek"

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