Il Parlamento comunica il suo sostegno alle forze armate e di polizia. Il sindaco di Guayaquil invita all’unità nazionale. Gli Usa: «Pronti a fornire assistenza al governo». L’ambasciata italiana comunica il numero da chiamare per chi è nel Paese
L’Ecuador piomba nel caos. L'ondata di violenze che ha scosso il Paese negli ultimi giorni, dopo che il presidente Daniel Noboa ha imposto lo stato di emergenza a seguito della fuga dal carcere di Adolfo “Fito” Macías, leader dei Los Choneros, la più grande banda di narcotrafficanti del Paese, ha toccato il suo apice ieri quando un gruppo di uomini armati a volto coperto ha fatto irruzione in diretta Tv negli studi della rete pubblica TC Television nella città portuale di Guayaquil. Nelle immagini, che hanno fatto il giro del mondo, si è vista l'irruzione con alcuni dipendenti dell'emittente che si sono sdraiati sul pavimento chiedendo di non sparare. La televisione ha continuato a trasmettere per circa 15 minuti prima dell'intervento delle forze dell'ordine. Tredici morti e svariati feriti, il bilancio degli scontri, con 70 arresti effettuati dalla polizia.
Quello avvenuto a Guayaquil, la città dove si sono verificati il maggior numero di disordini, è solo uno della serie di attacchi che sono stati messi in atto in tutto il Paese. La polizia ha fatto sapere che quattro agenti sono stati rapiti lunedì notte e risultano dispersi, uno nella capitale, Quito, e tre nella città di Quevedo. In totale le vittime sarebbero dieci. A Guayaquil, dove sarebbero stati attaccati anche degli ospedali, il sindaco Aquiles Alvarez ha confermato che nel nord della città, diversi individui hanno sparato contro i veicoli che transitavano per la strada provocando la morte di cinque persone e ferendo uno studente. Inoltre nelle vicinanze un gruppo armato ha fatto irruzione in un negozio di pezzi di ricambio e ha ucciso tre persone.
Le forze dell'ordine hanno confermato la morte di due agenti «assassinati in modo vile da criminali armati" nella località di Nobol, nella regione di Guayas. Il presidente Daniel Noboa ha emesso un decreto in cui si dichiara che il Paese è entrato in un «conflitto armato interno». In un secondo decreto presidenziale 20 bande di narcotrafficanti sono state designate come gruppi terroristici. Una decisione che autorizza l'esercito alla loro «neutralizzazione». L'allerta è alta in tutto il Sudamerica. Il Perù ha decretato l'invio immediato di un contingente delle forze speciali alla frontiera con l'Ecuador e gli Stati Uniti hanno espresso «profonda preoccupazione» per quanto sta accadendo dicendosi «pronti a fornire assistenza al governo ecuadoriano». Anche Argentina, Bolivia e Colombia hanno condannato le violenze esprimendo il loro sostegno alle autorità di Quito. L'ambasciata italiana in Ecuador, e anche il ministero degli Esteri Antonio Tajani in prima persona, stanno seguendo l'evolversi della situazione.
Il governo argentino è disposto a inviare aiuti armati e truppe, lo ha annunciato oggi la ministro della Sicurezza, Patricia Bullrich, sottolineando che il traffico di droga è un «problema continentale»: «Siamo disposti a inviare forze di sicurezza, se necessario, per aiutare l'Ecuador. Ciò che accade in Ecuador, Colombia, Perù, Bolivia influenza l’Argentina. Dobbiamo proteggerci come Paese e come continente». L'esponente del governo del presidente ultraliberista, Javier Milei, ha ricordato che, nel 2015, l'Ecuador aveva registrato un tasso di mortalità inferiore a quello dell'Argentina, ma la situazione è cambiata e attualmente le autorità ecuadoriane «hanno perso il controllo del territorio».
Il numero da chiamare per gli italiani
L'Ambasciata
d'Italia in Ecuador informa i cittadini italiani presenti nel Paese che
sta seguendo con la massima attenzione gli sviluppi della situazione in
corso. Raccomanda inoltre, per qualsiasi situazione di emergenza, ad
utilizzare il numero telefonico messo a disposizione +593(0) 999780861.
La Farnesina e l’ambasciata d’Italia in Ecaudor stanno monitorando
l’evoluzione degli eventi nel Paese. Il ministro degli Esteri, Antnio
Tajani, sta seguendo gli sviluppi. È quanto si legge sul profilo X della
Farnesina dove si invita per qualsiasi esigenza o segnalazione a
contattare l'Unità di Crisi e visitare il sito Viaggiare Sicuri.
Chi è Fito, il trafficante che tiene in scacco l'Ecuador
Barbuto,
labbra contratte, sguardo fisso e la scritta "wanted" in
sovrimpressione: il volto di Adolfo Macias, alias Fito, è oggi il più
conosciuto in Ecuador. Le forze di polizia danno la caccia al ricercato
più pericoloso del Paese che, dopo essere evaso dal carcere da dove
comandava la principale banda criminale della nazione, ha fatto
sprofondare l'Ecuador nel caos e nella violenza. Del leader di Los
Choneros si sa poco altro oltre al suo umile passato di tassista e
all'alto potenziale di delinquenza che lo ha portato a essere
classificato dal governo come un «criminale con caratteristiche
estremamente pericolose».
Dietro di sè ha lasciato una cella adorna di immagini che esaltano la sua stessa figura, armi, dollari e leoni. La polizia, che ha attivato un piano per catturarlo, si è trovata in capo a poche ore in guerra con gli esponenti di una banda narco-criminale emersa negli anni '90 nella provincia costiera di Manabì (sud-ovest), strategica per il traffico di droga verso gli Stati Uniti e l'Europa. Il governo ritiene che possa essere fuggito "ore prima" dell'intervento della polizia nella prigione regionale di Guayaquil, dove la fa da padrone e dove non a caso si sono concentrate le violenze delle ultime ore, incluso l'assalto a una tv con la presa di ostaggi di 13 dipendenti.
La detenzione di Fito era piuttosto sui generis, paragonabile a quella di Pablo Escobar in Colombia negli anni '90: circolano video che mostrano festeggiamenti all'interno del carcere con musicisti e spettacoli pirotecnici, ma anche un 'narcocorrido' in suo onore in un patio, interpretato da un mariachi e da sua figlia, che si presenta come la regina Michelle. Nella registrazione appare mentre saluta, ride e accarezza un gallo da combattimento. Fito ha esercitato «un controllo interno significativo del centro penitenziario», ha affermato la Commissione interamericana per i diritti umani (IACHR) in un rapporto del 2022. L'ascesa di Fito al vertice della banda, composta da circa 8.000 persone, è stata resa possibile dalle morti, in rapida successione, dei suoi predecessori. Ha assunto il comando dell'organizzazione nel 2020, dopo l'uccisione dei suoi sodali Jorge Luis Zambrano e Junior Roldan.
Fito si è addirittura laureato in giurisprudenza in carcere, dove stava scontando una pena di 34 anni per i reati di possesso di armi, traffico di droga, criminalità organizzata e omicidio. La sua ascesa alla guida della gang è stata accompagnata dalla frammentazione del gruppo, che fino alla morte di Zambrano aveva riunito buona parte delle organizzazioni minori. Secondo Insight Crime, gli ultimi cambiamenti nella leadership di Los Choneros «hanno innescato lotte intestine all'interno del gruppo e dei suoi sottogruppi». Bande come Tiguerones e Chone Killers si sono staccate e sono entrate in conflitto tra loro. Il centro studi sottolinea che i Choneros «hanno progressivamente perso il potere a favore di un'alleanza guidata da Los Lobos», il cui leader è evaso anche lui da una prigione a Riobamba.
I choneros, un tempo dediti alla criminalità tradizionale con atti di pirateria in alto mare, hanno poi creato legami con i narcotrafficanti colombiani e poi messicani. Secondo l'Osservatorio ecuadoriano sulla criminalità organizzata, attualmente hanno legami con i cartelli di Sinaloa, con il Gulf Clan (il più grande esportatore di cocaina al mondo) e con organizzazioni balcaniche. Sui social network, i Los Choneros si presentano come benefattori in stile Robin Hood e producono video che inneggiano al traffico di droga, minacciano i giornalisti e lanciano avvertimenti ad altre gang.
Da parte sua Fito è accusato di essere il mandante dell'assassinio del candidato alla presidenza Fernando Villavicencio, ucciso a colpi a colpi di arma da fuoco in agosto da un sicario colombiano. Non è stato condannato Fito per quel crimine, ma il governo dell'allora presidente Guillermo Lasso (2021-2023) ha ordinato il suo trasferimento in un carcere di massima sicurezza, in una spettacolare operazione delle forze dell'ordine che ha scatenato le proteste dei detenuti. Ma dopo poco, grazie a una serie di cavilli legali, Fito è tornato nel suo feudo, la prigione regionale di Guayaquil. Adesso la sua fotografia con la scritta “ricercato” circola di nuovo in tutto l'Ecuador, insieme a una lunga scia di sangue.
https://www.lastampa.it/esteri/2024/01/09/news/ecuador_lincredibile_evasione_re_narcos_allarme_stato_emergenza_paese-13984287/
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