All'epoca Kinski aveva appena interrotto il suo famigerato "Jesus Tour". Alcune scene della tournée si possono vedere all'inizio di "Kinski - Il mio nemico più caro". Kinski è arrivato in Perù per cominciare le riprese ancora nei panni di quella figura di Gesù derisa e fraintesa nella quale si era immedesimato così profondamente da sentire la necessità di continuare a viverci dentro. Le riprese erano molto dure e Kinski poteva vedere tutti i giorni i problemi che dovevo affrontare. Eppure ha continuato a fare i capricci, a creare scandali o anche solo a urlare se compariva una zanzara.
Avevo sentito della sua reputazione. Kinski era probabilmente l'attore più difficile da gestire al mondo. Lavorare con Marlon Brando deve essere stata una passeggiata in confronto alla collaborazione con Kinski. Durante una recita ha dato a un attore una botta così violenta con la spada da mandarlo in ospedale per tre mesi; un'altra volta, dopo aver rivolto vari insulti agli spettatori, ha scagliato contro di loro un candelabro. Durante le riprese di "Aguirre", nel mezzo di una scena, ha quasi ucciso un altro attore colpendolo in testa con la sua spada. Per fortuna l'uomo portava un elmo, ma a tutt'oggi gli è rimasta ancora la cicatrice. Una volta le comparse stavano bevendo e facendo troppo chiasso per i gusti di Kinski. Ha urlato e inveito contro di loro, ha afferrato il suo fucile Winchester e ha sparato tre colpi attraverso il muro, in direzione della loro capanna. In quella capanna c'erano quarantacinque comparse stipate insieme e una pallottola ha portato via la punta di un dito a una di loro. E' stato un miracolo che nessuno sia rimasto ucciso. Gli ho immediatamente confiscato il fucile, che ancora possiedo. E' uno dei miei più preziosi ricordi di Kinski.
Durante le riprese lui mi insultava ogni singolo giorno per almeno due ore. Kinski aveva visto "Anche i nani hanno cominciato da piccoli" e quindi per lui io ero il "regista nano". Urlava con voce acuta che il solo fatto che io pensassi di dirigere lui, il grande attore, costituiva un insulto tremendo. Io me ne stavo lì in silenzio.
Come ha reagito al fatto di trovarsi nella giungla?
Kinski è arrivato durante la preproduzione con mezza tonnellata di equipaggiamento alpino - tende, sacchi a pelo, piccozze da ghiaccio - perché desiderava ardentemente esporsi alla natura selvaggia. In effetti le sue idee sulla natura erano abbastanza insulse. Nella sua giungla non erano ammesse le zanzare e neppure la pioggia. La prima notte, dopo che la sua tenda era stata montata, ha cominciato a piovere e naturalmente lui si è bagnato; così ha immediatamente avuto uno dei suoi scatti farneticanti. Il giorno successivo abbiamo costruito un tetto di palme sopra la sua tenda. Sentendosi ancora scomodo, Kinski si è trasferito nell'unico hotel di Machu Picchu. Tutti bevevamo acqua di fiume, ma Kinski aveva il privilegio dell'acqua minerale.
Non riuscivamo mai a metterci d'accordo su qualcosa senza litigare. A livello caratteriale era incline all'isteria, ma sono riuscito a controllare questa tendenza e a piegarla in una direzione produttiva. A volte erano necessari altri metodi. Quando non ricordava bene le battute, Kinski cercava una vittima contro cui scagliarsi. In un caso, sul Rio Nanay verso la fine delle riprese, ha improvvisamente cominciato a urlare come un matto contro l'assistente al suono: "Maiale, stavi sogghignando!". Mi ha detto che dovevo licenziarlo senza indugio, ma io ho risposto: "No, è ovvio che non lo licenzierò, l'intera troupe smetterebbe di lavorare per solidarietà". Allora Kinski ha lasciato il set e ha cominciato a fare le valigie, dicendo che sarebbe salito su un motoscafo e se ne sarebbe andato. L'ho raggiunto con calma e gli ho detto: "Non puoi fare questo. Non puoi abbandonare il film prima che sia finito. Il film è più importante dei nostri sentimenti personali. E' persino più importante delle nostre vite private. Non è accettabile che tu faccia questo". Gli ho detto che avevo un fucile e che prima di arrivare alla successiva ansa del fiume si sarebbe trovato otto proiettili in testa. Il nono sarebbe stato per me. Kinski ha istintivamente capito che non si trattava di uno scherzo e si è messo a invocare la polizia come un pazzo. Solo che la stazione di polizia più vicina era ad almeno cinquecento chilometri di distanza. Non gli avrei permesso di abbandonare il film. Sapeva che facevo sul serio. Perciò i restanti dieci giorni di riprese è stato molto docile e disciplinato.
(Werner Herzog, "Incontri alla fine del mondo - Conversazioni tra cinema e vita")
Nessun commento:
Posta un commento