domenica 4 luglio 2021

Goodbye Bagram, goodbye Afghanistan

  

editorialista di simone sabattini


Buongiorno,
gli Stati Uniti accelerano l’addio all’Afghanistan: è un momento chiave. Il conflitto americano più lungo del dopoguerra volge al termine tra le mille incognite che spesso vi abbiamo elencato in tempi recenti. Marta Serafini da Kabul racconta cosa (e chi) si prepara a mettere le mani sul Paese, che sia Erdogan o i narcotrafficanti.

Oggi resteremo in Medio Oriente anche per aggiornarvi con Lorenzo Cremonesi sul Libano in ginocchio, ma poi torneremo nel continente americano, tra corsa a tassare le multinazionali (buone notizie per la ministra Yellen, spiega Giuseppe Sarcina); corsa a scaricare le responsabilità di un insuccesso (quello, almeno d’immagine, della vicepresidente Kamala Harris, ci aggiorna Massimo Gaggi); corsa ad abbattere altre statue (questa volta in Canada).

E mentre i piani d’invasione cinese a Taiwan approdano anche sulle riviste specializzate (Guido Santevecchi), si riapre e si richiude, almeno per ora, un antico giallo sulla morte di Yasser Arafat.

Infine, valutate voi cosa può essere più redditizio in futuro: se un viaggio nello spazio con qualche miliardario senza limiti, o un vecchio giro in taxi, magari in Asia.

Buona lettura!

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1. Gli americani lasciano la base simbolo (e Kabul): ma nelle mani di chi?
editorialista
di marta serafini, inviata a kabul

imageSembra una partenza, ma in realtà fu l’arrivo: era il 2002 e le truppe americane sbarcavano alla base di Bagram (Afp)

È stata la base aerea epicentro della lotta contro i talebani e Al Qaeda. E ora passa nelle mani dell’esercito afghano. I soldati americani lasciano Bagram, in quello che appare uno dei ritiri militari più complicati che la storia ricordi. Certo, il disimpegno delle ultime truppe statunitensi rimaste (2.000-3500 uomini) non è ancora del tutto ultimato in vista della data simbolo dell’11 settembre indicata da Joe Biden come fine ufficiale delle operazioni militari. E se qui a Kabul l’attesa di un annuncio ufficiale è per il 4 luglio, altra data simbolo giorno dell’Indipendenza Usa, la base di Bagram, 50 chilometri a nord di Kabul, rappresenta sicuramente uno dei luoghi chiave della presenza statunitense in Afghanistan.

imageUno degli ultimi aerei americani atterrati a Bagram, ieri (Afp)

  • Qui sono atterrati decine di migliaia di soldati che hanno preso parte alla Guerra al Terrore, da qui sono partiti i feretri dei quasi duemila militari statunitensi uccisi in azione. Non a caso, la Cnn descrive il ritiro dei soldati americani da Bagram, effettuato senza alcuna cerimonia, come «una vittoria simbolica per i talebani, che hanno condotto un’incessante battaglia contro l’esercito afghano, respingendo le forze governative e invadendo un numero crescente di distretti».
  • E se il futuro del Paese appare incerto, con i talebani intenzionati a conquistare ulteriori posizioni e a porsi come attore politico, al momento l’incognita più grande nel breve periodo appare il controllo dell’aeroporto di Kabul. Nell’ultima settimana è diventata sempre più concreta la possibilità che la Turchia si faccia carico della sicurezza dell’Hamid Karzai Airport, punto strategico da sempre nel mirino dei talebani, snodo fondamentale per missioni umanitarie, convogli diplomatici e visite ufficiali da parte del traballante governo afgano.
  • La perdita dell’aeroporto segnerebbe la fine del governo di Kabul. Un accordo verbale è stato raggiunto dai presidenti Joe Biden e Recep Tayyip Erdogan durante l’ultimo vertice Nato; pochi giorni più tardi, in una visita ad Ankara una delegazione americana preme perché la Turchia si faccia carico della sicurezza dell’infrastruttura da sola, continuando un lavoro iniziato nel 2013, ma al fianco degli eserciti di Usa, Francia e Ungheria.
  • Ma si tratta anche in questo caso di uno scenario tutto da definire data anche la frattura di questi ultimi anni tra Ankara e Washington, causata dall’acquisto da parte della Turchia del sistema di difesa missilistico russo s-400 e le ripetute minacce di sanzioni da parte degli Usa, che però non hanno mai spinto Erdogan a compiere passi indietro.
  • Ankara esige che gli Stati Uniti e altri alleati partecipino alle scorte dei convogli e delle missioni diplomatiche, così come di poter scegliere con quali altri eserciti lavorare per il controllo dell’aeroporto. In testa tra possibili contingenti, quello pakistano e quello ungherese. Budapest ha una lunga storia di rapporti con gli afghani e un maggior accesso a informazioni riguardanti le operazioni da parte dei talebani. Inoltre la partecipazione ungherese consentirebbe a Viktor Orbán di ottenere una maggior visibilità e peso all’interno della Nato, obiettivo che il premier ungherese ha confessato di voler raggiungere.







2. Mentre si allargano i campi di oppio

imageColtivatori di oppio bella provincia di Kandahar (Ap)

(M. Ser.) Mentre i soldati statunitensi e il contingente Nato lasciano l’Afghanistan, appare sempre più chiaro come il futuro politico del Paese sia strettamente collegato alla produzione di oppio, di cui l’Afghanistan resta il maggiore esportatore al mondo, nonostante gli 8 miliardi di dollari spesi in questi anni dagli Stati Uniti per combattere il traffico di droga.

Proprio ieri le autorità afghane hanno diffuso i nuovi dati secondo i quali la coltivazione è aumentata nell’ultimo anno del 45 per cento, con 200 mila ettari di terra coltivati. E se i rapporti indicano che la coltivazione del papavero e il traffico di droga forniscono una grande fonte di reddito per i talebani, principalmente nelle parti meridionali e settentrionali del Paese, evidente appare come il futuro assetto politico dell’Afghanistan dipenda anche dalle lotte tra diversi signori della guerra impegnati nel traffico di droga.

Il problema non riguarda solo la sicurezza e la stabilità del Paese ma anche la salute dei suoi cittadini, come abbiamo raccontato qui in un reportage da Kabul tre anni fa in questo viaggio tra i tossicodipendenti di Kabul. Di recente il ministero afghano della sanità pubblica ha affermato che attualmente ci sono circa 3,5 milioni di tossicodipendenti in Afghanistan. Il tutto mentre i centri di riabilitazione ospitano oggi ben 40.000 pazienti, con un notevole incremento rispetto ai 2.000 di cinque anni fa. 

https://www.corriere.it/america-cina/2021/07/02/goodbye-bagram-goodbye-afghanistan-66386daa-db0d-11eb-a708-517ad1a2ece3.shtml

Bush71

 

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