Uno degli embrioni chimera uomo scimmia all'inizio dello sviluppo
(fonte: Weizhi Ji, Kunming University of Science and Technology)
Ottenuti i primi embrioni chimera uomo-scimmia. Sono il risultato della
ricerca pubblicata sulla rivista Cell, guidata dall'istituto americano
Salk e condotta in collaborazione con la Cina, e nella quale cellule
staminali umane sono state trasferite in embrioni di scimmia. Gli
embrioni chimera hanno continuato a svilupparsi per 20 giorni. Per i
ricercatori questo risultato è l'occasione per comprendere malattie
legate allo sviluppo attualmente impossibili da studiare considerando il
limite di 14 giorni alla ricerca sugli embrioni umani. Un passo
decisivo verso la futura medicina rigenerativa.
Nell'esperimento 25 cellule staminali umane sono state trasferite in
embrioni di scimmia giunti al sesto giorno dello sviluppo. Erano cellule
umane pluripotenti indotte, ossia cellule adulte fatte regredire nello
sviluppo e in grado di integrarsi sia con i tessuti embrionali veri e
propri, sia con i tessuti che aiutano l'embrione a svilupparsi. A
distanza di un giorno le cellule umane si erano integrate in 132
embrioni e dopo dieci giorni erano 103 gli embrioni che continuavano a
svilupparsi. Tuttavia dopo questo periodo gli embrioni hanno cominciato
ad avere problemi e il loro numero si è ridotto, al punto che dopo 19
giorni solo tre chimere erano ancora vive. Per tutto questo periodo la
percentuale di cellule umane negli embrioni è rimasta alta ed è
cresciuta costantemente.
"Poiché non siamo in grado di fare
alcuni tipi di esperimenti nell'uomo, è essenziale avere modelli
migliori per poter condurre studi più appropriati per comprendere la
biologia umana e le malattie", osserva il coordinatore della ricerca
Juan Carlos Izpisua Belmonte, del Laboratorio di Scienze biologiche
dell'Istituto Salk. Allo studio hanno collaborato Università Cattolica
San Antonio de Murcia, University of Texas Southwestern Medical Center e
Kunming University of Science and Technology.
Quelle
uomo-scimmia non sono le prime chimere ottenute finora: la storia di
esperimenti di questo tipo è cominciata fin dagli anni '70, ma
"storicamente la generazione di chimere animali-uomo ha portato a
risultati poco efficienti per quanto riguarda l'integrazione delle
cellule umane nella specie ospite", aggiunge Izpisua Belmonte.
Sono invece incoraggianti le analisi condotte finora sugli embrioni
chimera sopravvissuti e l'obiettivo a lungo termine è utilizzare le
chimere non solo per studiare lo sviluppo embrionale umano e l'origine
di molte malattie, ma avere nuovi strumenti per sperimentare farmaci e
generare cellule e organi per i trapianti.
Quanto alle
preoccupazioni etiche, Izpisua Belmonte osserva che "la nostra
responsabilità come scienziati condurre la nostra ricerca in modo
ponderato, seguendo tutte le linee guida etiche, legali e sociali
esistenti".
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