Terra dei fuochi, 10 cose da sapere
La prima indagine nel 1991. I silenzi di industriali e politica. Il business dell’ecomafia. La chiesa, i pm e i pentiti. I morti di cancro. Per capirne di più sui veleni tra Napoli e Caserta.
(cadoinpiedi.it) – La Terra dei Fuochi, dopo 25 anni, è diventata un argomento di attualità. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 3 gennaio ha scritto una lettera a don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano che guida la lotta contro i rifiuti tossici, promettendo attenzione e impegno per la bonifica delle aree avvelenate. Il cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe ha parlato una lettera di dramma umanitario, di fronte a cui non è possibile restare immobili. Ma la questione è complessa.
LA PRIMA INDAGINE NEL 1991. La notte del 4 febbraio 1991 quando un camionista italo-argentino, Mario Tamburrino arrivò all’ospedale di Pozzuoli dicendo di non vederci più dopo che “qualcosa” gli era entrato negli occhi. Si trattava alcune gocce della sostanza corrosiva fuoriuscita dai 571 fusti pieni di rifiuti tossici, caricati sul camion a Cuneo e diretti a sant’Anastasia, a nord di Napoli che Tamburrino avrebbe dovuto abbandonare sul terreno affinché fossero sepolti. In seguito all’indagine giudiziaria che ne scaturì, i magistrati e l’opinione pubblica vennero per la prima volta a conoscenza del vocabolo Ecomafia e del colossale business che già dalla metà degli Anni 80 era in atto tra la camorra, l’imprenditoria del Nord e la classe politica napoletana e campana.
LA TERRA DEI ROGHI. Il primo a definire Terra dei fuochi l’area interessata al fenomeno dei rifiuti tossici sepolti illegalmente fu Giuseppe Ruggiero, dirigente campano di Legambiente, che nel 2003 usò tale etichetta in riferimento ai roghi di pneumatici e di materiali tossici che ogni pomeriggio tra le ore 18 e le 23 ignoti appiccavano – succede ancora – lungo l’Asse mediano, che collega Napoli ai paesi del Casertano.
LA MAPPA DEI VELENI. I siti inquinati sono duemila. I territori colpiti dai veleni di camorra sono quelli tra le province di Napoli e Caserta. L’area è compresa tra i comuni di Qualiano, Giugliano in Campania, Orta di Atella, Caivano, Acerra, Nola, Marcianise, Succivo, Frattaminore, Frattamaggiore, Aversa, Mondragone, Castevolturno, Villa Literno, Pozzuoli, Bacoli, Marano, Cicciano, Palma Campania, Melito di Napoli. A Napoli, il quartiere Pianura. A firmare il Patto per la Terra dei fuochi, l’11 luglio 2013, sono stati ben 57 comuni tra Napoli e Caserta: ma nessuno sa quanti e dove siano i rifiuti tossici sepolti nel corso degli anni nell’area.
GLI INDUSTRIALI E LA LORENZIN. Nel 2013 presidente degli industriali di Napoli, Paolo Graziano ha definito “inutili allarmismi” le denunce. Nello stesso periodo il ministro per la Sanità, Beatrice Lorenzin, ha sostenuto che la causa dei tumori andrebbe cercata “negli stili di vita sbagliati, nel fumo delle sigarette, nella poca frutta e verdura consumata a tavola” dalle famiglie meridionali.
IL BUSINESS DEI RIFIUTI. Per capire perché la camorra si buttò fin dagli Anni 80 a capofitto sul traffico dei rifiuti, bisogna sapere che smaltire in maniera lecita rifiuti urbani costava, in quegli anni, 300 lire al chilo. Se si trattava di fanghi di conceria o peggio, il prezzo saliva fino a 1.200 lire. Le ditte dei clan si facevano pagare tre le 120 e le 130 lire al chilo.
LE INCHIESTE E I PENTITI. Dal 2000 a oggi, le inchieste giudiziarie sui rifiuti tossici sono state 33 a Napoli ad opera di 4 procure (Napoli, Nola, Torre Annunziata, santa Maria Capua Vetere) e 73 in Campania. Adelphi, Cassiopea, Madre terra, Carosello, Nerone, Cernobyl sono solo alcuni nomi. Ben 311 sono le ordinanze di custodia cautelare; 448 le persone denunciate; 116 le aziende coinvolte. Il primo boss di Ecomafia pentito risale al 1988. Si chiamava Nunzio Perrella, all’attuale procuratore nazionale antimafia Franco Roberti raccontò: “Altro che droga, per noi il vero affare è l’immondizia: dotto’, ‘a munnezza è oro”. Finora i pentiti sono stati 22.
IL GIALLO DEI SITI DI STOCCAGGIO. Sono trenta i siti che avrebbero dovuto temporaneamente ospitare balle di rifiuti trattati e resi innocui in attesa di essere distrutti. Sei milioni di tonnellate, cioè 4 milioni e 274.616 pacchi di maleodorante immondizia mai trattata giacciono ammassati nelle campagne del Giuglianese. Per bruciare le balle, a patto di capire come e dove, ci vorrebbero almeno 50 anni.
LA STRAGE DEL CANCRO. Su 500 pazienti operati per neoplasia al polmone nel 2013 all’istituto per i tumori Pascale di Napoli, il 35% proviene dalla Terra dei fuochi. L’incremento dei casi di cancro in Campania negli ultimi 10 anni è del 13%, eppure resta inattuato il Registro regionale dei tumori. Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute for Cancer Resarch in Usa ha predetto che il 60% dei residenti in Terra dei fuochi svilupperà tumori o altre gravi patologie.
LA BATTAGLIA DI DON PATRICIELLO E DEI PM. Don Maurizio Patriciello, parroco di san Paolo Apostolo a Caivano, fino al 18 ottobre 2012 era un anonimo sacerdote alle prese con una terra difficile che gli chiedeva aiuto. Poi, partecipò a una riunione in prefettura sul tema rifiuti e definì il prefetto di Caserta signora invece che eccellenza, scatenando le ire del prefetto di Napoli che lo rimproverò davanti a tutti. Da quel giorno don Patriciello diventò famoso e del dramma Terra dei fuochi si iniziò miracolosamente a discutere. I protagonisti veri, però, sono forse altri: si chiamavano Dalia, 12 anni, Luca, 19 anni, Luciano, 16 anni, Tina, 28, Marta, 4. Piccoli morti della Terra dei Fuochi. Tra i protagonisti, vanno citati almeno due magistrati: Maria Cristina Ribera, della direzione antimafia di Napoli, la prima a coniare il termine di “imprenditore camorrista”, e Donato Ceglie, della procura di santa Maria Capua Vetere, che ha dedicato la propria vita a combattere Ecomafia in tribunale.
IL MIRAGGIO DELLE BONIFICHE. Se ne parla da decenni, ma finora sono stati sperperati milioni di euro con risultati pari a zero. Già nel 2001, cioè prima della grande crisi, la Commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti ammise sconsolata di essere a conoscenza degli sversamenti illegali in Campania ma di non poter intervenire perché la montagna di soldi necessaria per le costosissime bonifiche non ci sono e non ci saranno mai. In alcune aree, del resto, è già troppo tardi. Inoltre poco o nulla si sta facendo per individuare e punire il traffico illecito dei camion che ogni giorno scaricano i veleni fra Napoli e Caserta. Anzi, il cosiddetto progetto Stir, che avrebbe dovuto consentire il monitoraggio satellitare dei camion, è svanito nel nulla dopo il mezzo scandalo dei fondi volatilizzati.
http://infosannio.wordpress.com/2014/01/11/terra-dei-fuochi-10-cose-da-sapere/
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