IL LIBRO – L'edizione italiana dei "Taccuini" di Aleksandr Blok ha carattere antologico e dunque presenta omissioni giustificate da due ordini di criteri: anzitutto la leggibilità da parte di un pubblico di non specialisti, poi l'interesse del materiale da un punto di vista biografico e letterario. L'ordine con cui il materiale è presentato è cronologico: talora però Blok non metteva date alle note o non rispettava la successione delle pagine. In questo senso ci si è attenuti alla disposizione del materiale dell'edizione sovietica.
I "Taccuini" sono uno strumento essenziale di conoscenza del personaggio Blok: egli vi seppe esprimere con assoluta lucidità il suo anticonformismo nei confronti delle mode e dei miti del suo tempo e anche suoi personali. Solo qui troviamo certe sue perplessità sul proprio «misticismo», su opere sue e di altri, su fatti, su avvenimenti letterari unanimemente «consacrati». Solo qui, e con quale fredda perspicacia, troviamo una secca condanna dei bolscevichi, allora solo all'inizio della loro ascesa: avvelenano la vita, dice, è un fatto. Una frase brevissima buttata là fra tante altre, futili, occasionali. E in questo senso sono altrettanto illuminanti le note prese durante gli interrogatori dei ministri zaristi (Blok era segretario della Commissione straordinaria d'inchiesta nel 1917): dove, prima delle responsabilità politiche, vengono viste le fragilità, le meschinità umane, la tronfia cecità di fronte alla storia che stava tutto (almeno quel tutto che riguardava lo zarismo) schiacciando.
I "Taccuini" sono soprattutto la traccia più chiara di un processo irreversibile: l'avanzare della "toska", della fatica di vivere, con i vagabondaggi di bettola in bettola, tra un'ubriacatura e un'interminabile camminata senza meta, tra un fermo proposito di ricominciare da capo e una ricaduta ancora più disperata. Qualche critico assicura che si trattava solo di incostanza di umore: ed è invece il lento cammino, registrato con sconcertante lucidità, di un uomo, tragicamente solo e tragicamente indifeso, verso la morte.
I "Taccuini" sono uno strumento essenziale di conoscenza del personaggio Blok: egli vi seppe esprimere con assoluta lucidità il suo anticonformismo nei confronti delle mode e dei miti del suo tempo e anche suoi personali. Solo qui troviamo certe sue perplessità sul proprio «misticismo», su opere sue e di altri, su fatti, su avvenimenti letterari unanimemente «consacrati». Solo qui, e con quale fredda perspicacia, troviamo una secca condanna dei bolscevichi, allora solo all'inizio della loro ascesa: avvelenano la vita, dice, è un fatto. Una frase brevissima buttata là fra tante altre, futili, occasionali. E in questo senso sono altrettanto illuminanti le note prese durante gli interrogatori dei ministri zaristi (Blok era segretario della Commissione straordinaria d'inchiesta nel 1917): dove, prima delle responsabilità politiche, vengono viste le fragilità, le meschinità umane, la tronfia cecità di fronte alla storia che stava tutto (almeno quel tutto che riguardava lo zarismo) schiacciando.
I "Taccuini" sono soprattutto la traccia più chiara di un processo irreversibile: l'avanzare della "toska", della fatica di vivere, con i vagabondaggi di bettola in bettola, tra un'ubriacatura e un'interminabile camminata senza meta, tra un fermo proposito di ricominciare da capo e una ricaduta ancora più disperata. Qualche critico assicura che si trattava solo di incostanza di umore: ed è invece il lento cammino, registrato con sconcertante lucidità, di un uomo, tragicamente solo e tragicamente indifeso, verso la morte.
DAL TESTO – "Ho fatto un sogno profetico, come un presagio. Qualcosa si lacerava nel tempo e lei mi appariva distintamente, rivolta a me in modo diverso, e il mistero si rivelava. Vedevo la famiglia allontanarsi e io, passando, mi fermavo all'improvviso sulla porta di fronte a lei. Era sola e mi si levava incontro e a un tratto tendeva le braccia e diceva confusamente una strana parola sull'amore che le porto. E io le porgevo i versi di Solov'ëv che tenevo in mano, e all'improvviso non erano più versi, ma un piccolo libro tedesco, e mi ero sbagliato. Ma lei continuava a tendere le braccia, e ho sentito che mi mancava il cuore. E in quell'attimo, alle soglie della chiaroveggenza, naturalmente mi sono destato. E certo così doveva essere, perché altrimenti avrei conosciuto il soprannaturale, e ormai quasi da sveglio: il sogno stesso si sarebbe tramutato in stato profetico.
"Quando elementi affini si incontrano nei secoli, si determina sempre una situazione mistica. Così Puskin incontrò Pietro il Grande. Quando comincia a parlare di Pietro, immediatamente si sente il mistero. Così avviene a quelli che sono autenticamente cristiani, quando s'incontrano col Cristo: Dostoevskij quando fa parlare lo starec Zosima (e tutti i Karamazov!). «Qui c'è un mistero», poiché ciò che è veramente affine si è incontrato nei secoli e si è prodotto un fulmine, come dall'incontro di due nubi. Ci sono altri mondi."
"Quando elementi affini si incontrano nei secoli, si determina sempre una situazione mistica. Così Puskin incontrò Pietro il Grande. Quando comincia a parlare di Pietro, immediatamente si sente il mistero. Così avviene a quelli che sono autenticamente cristiani, quando s'incontrano col Cristo: Dostoevskij quando fa parlare lo starec Zosima (e tutti i Karamazov!). «Qui c'è un mistero», poiché ciò che è veramente affine si è incontrato nei secoli e si è prodotto un fulmine, come dall'incontro di due nubi. Ci sono altri mondi."
L'AUTORE – Aleksandr Aleksandrovič Blok (Pietroburgo, 1880-1921), il maggiore dei poeti decandenti e simbolisti russi, si rivelò compiutamente già nel 1901-1902 con "Stichi o Preskasnoj Dame" [Versi sulla Bellissima Dama]. Scrisse successivamente "Rasput'ia" [Crocicchi] nel 1902-1904, "Puzyri zemli" [Bolle di terra] nel 1904 e, nel 1906, il poemetto "Nočnaja Fialka" [La Violetta Notturna] e le commedie "Balagančik" [La baracchetta dei saltimbanchi] e "Neznakomka" [La sconosciuta], oltre a numerosi altri cicli poetici e saggi. Dopo la Rivoluzione d'ottobre, scrisse nel 1918 i due poemi "Shify" [Gli Sciti] e "Dvenadcat'" [I Dodici].
INDICE DELL'OPERA – Nota al testo – Taccuini – 1901 – 1902 – 1903 – 1904 – 1905 – 1906 – 1907 – 1908 – 1909 – 1910 – 1911 – 1913 – 1914 – 1915 – 1916 – 1917 – 1918 – 1919 – 1920 – Postfazione, di Fausto Malcovati - Cronologia della vita e delle opere
http://www.archiviostorico.info/libri-e-riviste/6644-qtaccuiniq-di-aleksandr-blok
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