venerdì 29 agosto 2014

MASADA 1563 CAPITOLO 12


MASADA n° 1563 25-8-2014 ROMANZO. UNA SECONDA POSSIBILITA’ – CAP. 12

Viviana Vivarelli

Un ignoto chiamato l’angelo – La potenza energetica di un gruppo – Messaggi da lontano – L’animale totemico – La voce diretta - La scrittura automatica - Storia di Lori

Certe volte penso che ho avuto una vita davvero curiosa. Molta solitudine, niente sesso. Un tempo infinito passato a scrivere e a studiare. Migliaia di persone che sono venute a cercarmi nel mio eremo per ritrovare se stesse. 7 anni di depressione. E 29 anni di esperienze paranormali, proprio dopo una diagnosi di morte.
Certo alcune cose mi mancano: gli UFO, la pranoterapia (anche se le due persone che curo a distanza sembra che abbiano avuto uno straordinario miglioramento), la levitazione (forse sono troppo cicciotta per questo), il contatto coi defunti e poco altro.
In quella specie di antologia del paranormale che mi è capitata in sorte per 29 anni non potevano mancare gli angeli, e sono arrivati anche quelli, anche se proprio non ci  ho mai pensato e se anche oggi restano per me un mistero totale.
In verità non mi sono mai curata molto di loro, ho sempre creduto che fossero un prodotto dell’immaginazione, come le fate, gli gnomi o altre creature fantasiose di cui potevo aver visto le immagini su qualche libro per bambini. Del resto non mi pare che la religione cristiana se ne occupi molto o ci abitui a parlare con loro. Così fu per me un vero colpo scoprire che esistevano. Ma entrare nella percezione dell’invisibile mi portò anche a loro.
Oggi non si parla molto di angeli, ma ci fu un periodo in cui erano di moda e si pubblicavano molti libri sull’argomento. C’erano persino dei corsi per mettersi in comunicazione col proprio angelo, ma per me fu tutto molto semplice: l’angelo, o qualunque cosa avesse questo nome, si rivelò e parlò. E io semplicemente lo sentii, un fenomeno uditivo che certi medici chiamerebbero schizoide, ma, comunque fosse,  molto semplicemente qualcuno parlò nella stanza, fuori di me, e io lo sentii come avrei udito qualunque persona che parlasse a qualche metro di distanza.
Non espresse cose assurde, lesive o terrificanti,  come avviene nella schizofrenia, diceva piccole frasi, brevi, con la voce forte di un uomo giovane di forse 30 anni, una voce che rimbombava un po’ e che era, per così dire, atonale, senza dimensioni emotive, leggermente disumana.
La voce durò sei mesi e non disse molte cose, salvo il fatto che era strana in sé.
Dopo sei mesi, all’improvviso, come era apparsa, la voce sparì e, se all’inizio mi aveva spaventata, dopo restai come orfana e la cercai con la scrittura automatica che venne con grande copiosità e lunghezza.
Secondo la descrizione dell’angelo, il mondo non è corpuscolare o ondulatorio, ma è un cono di intelligenza che può allargarsi sempre più; parte dalla natura più materiale  ed elementare e arriva fino a Dio, e tu puoi percorrerlo con una coscienza progressiva, secondo cerchi crescenti in una scala di strutture più complesse fino al cerchio supremo dove l’essere si identifica col creare.
Su questa scala, dove la tua conoscenza è tutt’uno con la realtà conosciuta, dove il conoscere si identifica con l’essere, a un certo punto appare l’angelo, che dunque è nostro e ci appartiene, in quanto sta sulla linea della nostra conoscenza, ma allo stesso tempo non è la nostra coscienza attuale ma la supera in quanto sa tutto di noi, anche il nostro passato in altre vite che non sono più o il nostro futuro in altre vite che non sono ancora, e in una certa misura ci accompagna come un tutore per un certo tratto di questa vita, per lasciare il posto a un altro tutore quando questa tappa sarà compiuta.
In questo senso gli angeli sono molti, ognuno con la sua missione.
Non ha molto senso chiedersi se l’angelo è fuori o dentro di noi, egli non è definibile o misurabile, sta oltre la nostra intelligenza e conoscenza contingenti ma fa parte della nostra energia come UN OSSERVATORE MOTIVATO”, che ha il compito di seguirci per un certo cammino.
Noi e l’angelo siamo due intelligenze di consapevolezza diversa, collegate lungo una stessa irradiazione potenziale e queste due intelligenze possono, in molti modi, comunicare tra loro.
Oggi io credo che l’angelo sempre comunichi con noi, quando ci manda intuizioni improvvise, motivazioni, premonizioni, aspirazioni, sconvolgimenti, presentimenti, bisogni, timori, impulsi… Ma noi chiamiamo ‘comunicazione’ solo quella che si esprime propriamente con le parole. E, come alcuni sanno, ci può essere offerto anche questo tipo di comunicazione.
Di angeli parla la Bibbia, ma come entità più alte, emissari di Dio, potenti e sfolgoranti, vicini al suo trono, che portano la sua volontà agli uomini, creature molto lontane da noi e indecifrabili. L’angelo che conobbi io, invece, stava a un gradino più basso, appena sopra di me e con me, ed era forse quello che normalmente chiamiamo angelo custode.
Di angeli parla soprattutto il Nuovo Testamento. E ne parlano tutti i sistemi religiosi, tanto che due umani su tre credono negli angeli, e se tu appartiene alla parte scettica o incredula dell’umanità sei in minoranza. Sei uno scettico come ce ne sono tanti e non c’è niente di male in questo, è solo un difetto della conoscenza.
L’angelo e’ il ‘messaggero’, il mediatore, il tramite che mette in relazione l’energia dell’uomo con una intelligenza superiore o gli preannuncia il suo destino, che consiste in un dover essere, un compito relativo in cui si esprime la sua etica.
C’è stato un momento nel mondo occidentale in cui la gente ha avvertito maggiormente il bisogno dell’angelo;, Andrea Piancastelli, che era un grande medium, avrebbe detto che ciò avveniva: “Perché i limiti si stanno spostando”. Ma oggi stiamo di muovo regredendo, mentre avanzano materialismo e brutalità, crescono i soprusi e gli autoritarismi, il mondo perde la spiritualità e ricade nella barbarie. Per cui oggi di angeli non si parla più. Qualunque dovesse essere lo spostamento in avanti di cui si parlava all’inizio dell’età dell’Acquario, sembra tutto perduto e la consapevolezza umana si ripiega in se stesso come stesse morendo.
Io non so davvero dire se l’angelo che percepii fosse fuori o dentro di me, del resto non mi importa molto, né mi importa se col nome di angelo indico qualcosa di invisibile e incomprensibile.
Il problema, oggi, non è definire l’angelo, crederci o non crederci, ma cambiare modo di vita e recuperare l’interiorità in un mondo che la sta perdendo, perché vivere senza spirito fa dell’uomo un alienato, senza possibilità di ascesi, in una materia che lo stritola. Se ci deve essere una evasione dal mondo in cui viviamo, questa può essere solo nello spirito, come la parte più alta e ignota di noi.
Cercare l’evoluzione al di là della materia significa entrare in una scala di radianza che va da noi verso l’assoluto. In questa linea evolutiva a un certo punto possiamo trovare l’angelo, come realtà necessaria e motivata. Non importa sapere se è una proiezione dell’io, ciò che conta è che sta più in alto di noi e sa più di quanto noi non sappiamo.
Nella Bibbia Giacobbe era in viaggio e, dopo che il sole tramontò, “prese una pietra e la mise sotto la testa e si coricò. E fece un sogno: ed ecco una scala era poggiata sulla terra e la sua cima arrivava fino al cielo, e gli angeli del Signore vi salivano e vi scendevano. Al di sopra della scala Dio gli parla e gli dice: la tua discendenza sarà numerosa e sarà benedetta.”  La scala indica che la provvidenza divina si esplica con energie che arrivano all’uomo, su e giù, in progressione o regressione, in uno scambio perpetuo.
L’angelo manifesta il sacro ma quando arriva ti sconvolge.
Gli angeli della Bibbia sono terribili, poco rassicuranti, portano un volere trascendente, sono un po’ disumani e qualche volta proprio nemici dell’uomo. L’angelo lotta con Giacobbe tentando di ucciderlo e gli sloga un’anca.
Gli angeli quotidiani sono più ridotti, vicini a noi, come guide o consiglieri, figure più sostenibili che non ci aiutano a comprendere il Grande Sacro ma solo a condurre meglio la nostra vita e a fare con più saggezza le nostre scelte. Non ci portano doni o fanno grazie, piuttosto sono maestri che ci stimolano a imparare. Ci contattano all’interno di una dimensione umana appena appena trascendente. Ognuno di loro è un aiutante, è “l’angelo necessario”.

Infinite sono le testimonianze dei suoi interventi, soprattutto quando la morte rischia di venire tropo presto rispetto al piano di vita e allora l’angelo viene come una energia di salvezza.

Federico era uno dei tanti ragazzi di mia figlia. Lo aveva conosciuto in una chat ed era un tipo divertente. Due volte venne l’angelo per Federico. A vent’anni ebbe un’appendicite che sfociò in peritonite. Ben tre medici non se ne accorsero. Dissero che si trattava di un’influenza e gli dettero degli antibiotici, malgrado egli avesse forti dolori di pancia. Gli antibiotici buttavano giù la febbre, ma poi la febbre risaliva rapidamente a 40°. Quella notte terribile Federico aprì gli occhi e vide una forma luminosa ai piedi del letto, lui la guardò e ne fu consolato, si addormentò immediatamente. La febbre cadde e la mattina dopo i suoi decisero di portarlo all’ospedale dove riconobbero le peritonite e lo operarono. Si salvò per un pelo.
La seconda volta che l’angelo apparve, Federico faceva il bagno e aveva chiuso la porta a chiave. Lo scaldabagno si ruppe e l’ossido di carbonio cominciò ad addormentarlo. A un certo punto, mentre scivolava nella vasca semintontito, sentì una forza, come una mano, che lo spingeva verso l’alto, fuori dall’acqua che lo avrebbe affogato. Cercò di alzarsi ma svenne. Ma la mano lo spinse di nuovo così che non ricadde nella vasca ma fuori e fu proiettato contro un mobiletto che si rovesciò con grande fragore. La madre udì il frastuono, corse e si mise a chiamarlo. Federico non rispondeva perché era a terra svenuto, la madre corse sulla terrazza e spaccò i vetri. Così Federico venne salvato.
Nella casa vicina a lui, una ragazza depressa si è gettata dalla finestra. Non è morta e all’ospedale l’hanno curata per fratture subite. Quando si è svegliata, la prima cosa che ha detto è stata: “L’angelo mi ha salvata”.

“Il mio amico Matteo racconta che era molto piccolo e andava sulla moto col nonno, stava seduto dietro attaccato a lui, la strada era piena di buche e lui lasciò di colpo la presa e stava per essere sbalzato via, quando sentì una grande mano che lo tenne per la schiena e lo rimise sul sellino.”

“La mia grande amica della Biblioteca del paranormale di Bologna, Brunilde Cassoli,  era la moglie di Piero Cassoli, direttore ed editore della rivista di parapsicologia Esp, un grande medico interessato al paranormale che voleva studiarmi come un caso di sciamanesimo naturale (io mi rifiutai, per l’imbarazzo e perché non avrei saputo produrre alcun fenomeno strano a comando). Piero Cassoli aveva dedicato tutta la vita allo studio di fenomeni che poteva vedere solo dall’esterno perché personalmente non ne aveva sperimentato mai nessuno. Sua moglie, una cara signora, sensibile e gentile, era più possibilista. Una volta mi raccontò: “Quando a 17 anni sono stata operata di appendicite, per alcune notti è venuto un signore anziano con la barba, si sedeva ai piedi del mio letto e mi rincuorava. Mi diceva: “Stai tranquilla, ora starai bene, non ti preoccupare”. E io sentivo una gran pace e mi affidavo a lui. Più tardi ho ripensato spesso a questo signore e avrei voluto averlo vicino per risentire quella gran pace. Doveva essere un medico, perché era vestito tutto di bianco con un camice lungo fino ai piedi”. Io ho obiettato che forse era un angelo, ma lei ha insistito che doveva essere un medico. Solo che di solito i dottori non portano tuniche bianche e non stanno tutta la notte ai piedi dei letti dei pazienti a rincuorarli.“

Oggi sia Piero che Brunilde non ci sono più. Mi hanno accompagnato entrambi per una parte della vita e credo che adesso sappiano direttamente come stanno quelle cose misteriose che per tanti anni hanno cercato di capire.

Oggi gli angeli, nel mondo occidentale, sembrano di nuovo spariti.
Abbiamo vissuto tempi di sfacciata sicurezza, dove la materia sembrava signora del mondo, e oggi che la crisi della materia è più profonda e siamo tutti più precari e insicuri, la trascendenza potrebbe riprendere vigore  seguendo questa guida quotidiana, che non tanto soddisfa un bisogno di infinito, quanto una esigenza di significato, ma temo che l’epoca sia diventata più nera e senza speranza.
Ogni squilibrio si paga.
L’angelo dovrebbe farci crescere, far sì che un destino diventi un progetto, che ciò che ci capitato in sorte si trasformi in ciò che scegliamo e di cui abbiamo bisogno.
L’angelo dovrebbe riapparire per darci speranza, farci capire che ognuno di noi ha un posto nel mondo e un compito rispetto a tutto il mondo, un compito di salvezza collettiva. A questo compito io senti fortemente di appartenere, anche se passo anni di estrema debolezza e solitudine. L’angelo dovrebbe portare una maggiore assunzione di responsabilità, creare un ‘noi’ là dove il tempo attuale ci spinge a isolarci in un io.
Probabilmente, ad occhi più saggi, le difficoltà contingenti potrebbero apparire come un’occasione. Si cresce nelle difficoltà, Ostuni diceva: “Siamo tutti aquilotti apprendisti, che impariamo a volare solo contro vento”.
Ma all’uomo di oggi non interessano le gerarchie angeliche. Siamo pieni di difficoltà, dispersi e infelici. Siamo pieni di dolore. Ma è nel dolore che si cresce, è nella difficoltà che si matura, è nella necessità che l’uomo si inventa nuovo futuro e scopre nuove parti di sé fuori di sé, è nella prigionia che si anela alla libertà.

Nella gerarchia angelica, l’angelo custode è un gradino modesto, non perturbante, una presenza che raramente si mostra come abbaglio di luce o trascendenza, ma piuttosto come un amico. Voce interiore, aiuto contro i pericoli, prossimo alla coscienza, suono che meraviglia o stato d’animo, dettato automatico o voce interiore, sempre prossimo a temperare la nostra solitudine e il nostro bisogno di essere guidati.

Da molto tempo non mi cerchi e non mi parli
ma io sto quieto ad aspettare
Passi la vita come in un soliloquio
come dopo le grandi battaglie si cerca riposo e quiete
Sai che il tempo fermo non può durare
che tutto scintillio è la vita
Io guardo e aspetto
ma c’è tuo marito accanto a me
in quella dimensione che non sai
La tua ansia sociale è come spenta
Ci vuole tempo per le ferite
Il tempo è proporzionale alla forza
ma ti aspettano due anni di battaglie
in cui riprenderai la fierezza
e la gioia
del fare comune
Non ti rattristare del tempo perso
che nessun tempo è perso
quando aiuta l’uomo”.

E’ chiaro che i messaggi dell’Angelo valgono in quanto sono utili e sensati, altrimenti sono fantasie, o malattie.
L’Angelo dovrebbe essere una cosa naturale, così naturale che non si può fare a meno di accoglierlo, perché è solo una parte dell’energia in cui siamo e di cui siamo fatti.
E’ come se la vita fosse un nastro di Moebius, noi camminiamo nella nostra parte fisica e razionale, dominata dalla logica e dalla concretezza, e improvvisamente, senza che abbiamo fatto nulla, il nastro si flette e incontriamo quello che dovrebbe stare dall’altra parte, invisibilmente. Come se la fisica e la metafisica fossero solo le due facce del nastro, e la nostra coscienza potesse incontrarle entrambe. Realtà e meta-realtà. Noi siamo destinati a usare la mente anche con nuovi paradigmi e a conoscere la possibilità di una comunicazione allargata, quella che riflette su se stessa da un punto di vista più alto.
Due uccelli stanno sull’albero- dicono le Upanishad- uno vola e cerca il cibo, l’altro sta sul ramo a guardare”. Credo che sia così che possiamo pensare all’Osservatore.
L’angelo è “colui che guarda”, una nuova riflessione da una prospettiva più alta.
Già essere in grado di contattarlo vuol dire fare silenzio, uscire dal rumorio quotidiano e mettersi in ascolto. Un nuovo stato di coscienza. Spostare l’attenzione vacua di lato, fuori dall’uomo minimale, dalla mente ordinaria, per un cerchio più ampio.

In qualche modo L’Angelo è ovvio anche se è mistero. La scienza odia il mistero, lo emargina o lo nega, ma questo non impedirà mai al mistero di esistere.
Il mistero non è ciò che oggi non conosciamo e che prima o poi conosceremo, è proprio l’Inconoscibile, cioè un altro da noi, quello di cui mio marito dice: “Non hai le coordinate per capire”, qualcosa che ci è alieno, per come siamo fatti ora, ma che forse non lo sarà più, subito dopo la morte, per come diventeremo dopo.
Del resto la stessa parola ‘sacro’ vuol dire ’alieno’.
L’Angelo è una metafora per qualcosa di trascendente e dunque inesplicato.
Messaggero, mediatore, ponte di comunicazione tra il basso e l’alto, tra l’energia manifesta e quella non manifesta.
Ovviamente l’angelo si esprime col linguaggio del sacro, che è iconico, simbolico,  linguaggio di poesia, metafora, inconscio collettivo. Io sono junghiana e credo nell’inconscio collettivo che si esprime con le stesse pulsioni e metafore per tutti gli uomini della Terra.

La prima cosa che la voce diretta disse fu:  “CERCA MERCURIO”. Ovviamente non capii. Ci voleva del tempo.
Mercurio è l’energia della comunicazione e io, come insegnante, ho lavorato tutta la vita sul comunicare. Ma la frase voleva dire: Non bisogna comunicare solo in modo orizzontale, ma anche in modo verticale.
Mercurio è una figura del mito non solo greco. Tutti gli dei olimpici rappresentano in modo antropomorfo energie psichiche proiettate nel mondo sovrumano del sacro. Mercurio è l’energia che mette in comunicazione la Terra umana col Cielo degli dei, il mondo dei vivi con quello dei morti, l’al di qua con l’al di là, il sotto col sopra. Mercurio porta ali ai piedi e al cappello, e ha in mano, come fosse l’antenna di un rabdomante, un’asta con due serpenti intrecciati, le spire per 3 cerchi e mezzo di due circuiti di energia, come gli avvolgimenti della kundalini o le eliche del DNA. Le due spire indicano il messaggio incrociato, il rapporto tra una energia meno strutturata e una più elevata, il progressivo ampliarsi delle spire per 3 cerchi e mezzo indica la possibilità umana di allargare la mente dalla realtà all’altrove.

Arrivai all’angelo con un percorso che di religioso o iniziatico non aveva nulla, un lungo lavoro di gruppo (8 anni) sulla filosofia e la psicologia che sarebbero massimamente scienze razionali, ma già lo stare insieme lavorando con gioia a un compito comune costituisce il primo nucleo di un insieme spirituale: “Se due o più di voi staranno insieme, là Io sarò”, dice il Cristo.
Per l’angelo non ci furono preparazioni, introduzioni, esercitazioni. Nessuno ne parlò. Non studiavamo filosofia medievale né teologia, e ognuno sa che l’angelo non è un oggetto della psicologia moderna e anche Jung ne parlava solo con se stesso.
Semplicemente l’angelo arrivò, un giorno, nel nostro cerchio e alcune di noi si accorsero che c’era.
Facevamo ormai da tempo questi incontri bellissimi del martedì, che ci prendevano tutta una mattina, e si era creata nel nostro gruppo quella unione magica e irripetibile che nasce quando più persone fanno un lavoro del cuore senza sapere che è anche un lavoro dell’anima. Questo gruppo gratuito e spontaneo a cui dedicai tutta me stessa, dopo essere arrivata a Bologna, uscendo da sette anni di depressione, è stata una delle cose più belle della mia vita, e mi è stato donato non per mio merito ma perché una serie di circostanze fortunate riunì in uno stesso cerchio delle persone speciali che mi dettero molto.
Avevamo parlato di tutto, partendo dalla filosofia che mi ero offerta di insegnare gratuitamente, ma subito il gruppo prese una direzione a me ignota, come se un regista misterioso lo guidasse e per otto anni diventò non solo un insieme di divulgazione culturale ma un gruppo di evoluzione soprattutto affettiva e spirituale.
Di quegli incontri e di quella crescita che ognuno di noi visse meravigliosamente conservo ancora gli otto grossi diari dove annotai quello che ognuno disse, seguendolo nel suo sviluppo e miglioramento. Ognuno leggeva via via le mie dispense e poteva vedersi dal di fuori, oggettivando i propri drammi e dunque prendendone le distanze in un effetto di specchio.
Io non lo sapevo ma mi ritrovai a condurre un lavoro di psicoterapia di gruppo, per cui non avevo né la preparazione né le competenze. Ma in quel lavoro, senza saperlo, fui guidata dall’angelo. E guarii nello stesso tempo in cui guarivo.
Nei primi due mesi l’eccitazione di quella cosa nuova fu tale che non dormii mai, e, per quanto mangiassi e bevessi normalmente, non andai quasi mai in bagno, mentre dimagrii moltissimo a significare come la nuova fiamma bruciasse i miei alimenti, come per una passione d’amore. Uscivo da sette anni di depressione e quella resurrezione fu tanto trionfale quanto inaspettata. La vita mi si donò quando decisi di donarmi agli altri. Ma il senso della scoperta e del miracolo ci coinvolse tutti.
Ho ancor oggi un debito di gratitudine enorme verso queste nove persone con cui ho passato anni bellissimi. Certo ci furono tanti visitatori che ci accompagnarono nel cammino, a volte eravamo anche più di 20, ma il nucleo fondamentale e persistente furono i primi 9, che, come disse Laura bruna, formavano ‘un cerchio d’amore’.

Degli angeli noi non parlavamo, ma quattro di loro ci apparvero di colpo una mattina. Non erano stati chiamati ma forse erano sempre stati presenti e semplicemente si manifestarono. Uno parlò a voce diretta, uno scriveva su un muro immaginario, uno comunicava al risveglio del mattino, uno suggeriva frasi a lato della mente. Ognuno aveva la sua forma e il suo nome, perché il nome è necessario e svela lo scopo. Chiedete al vostro angelo come si chiama e vi risponderà. E già il nome è tutto un programma.
Dopo i 4 angeli individuali spontanei, arrivò, anch’esso spontaneamente, l’angelo del gruppo, che portò visioni, luci e suoni e produsse un fiotto di sincronicità.
La prima presentazione fu la sua voce. Ci disse: ‘Ciao’, con voce campanellina in mezzo al tavolo, e restammo tutti sbalorditi. Del resto quello di suonare campanellini fu una sua caratteristica.
Una volta il salotto dove stavamo si riempì di girandole di luce, che volteggiavano luminosissime e silenziose, uno spettacolo fantastico, che potevo attribuire a stanchezza e pensare un miraggio, ma le vide anche Laura Bruna, che chiese cosa fossero tutte quelle luci.
Un’altra volta, per tre giorni la casa si riempì di un odore leggero e fresco di incenso, nessuno lo sentiva e io cercavo dappertutto la fonte, poi arrivò Laura Bruna e disse: “Ma che profumo d’incenso!”.
Un’altra volta un profumo di fiori invase il salotto e, come arrivò, così andò via. Qualcuno lo sentì. Mai tutti. Sempre qualcuno. Mai la presenza fu generale come mai generale è la partecipazione o l’intensità. Chi più chi meno, con maggiore o minore impegno, a livelli diversi dell’essere.
Forse l’angelo si manifesta anche così, come un profumo o una luce. Rosanna ha visto per tre volte un fascio di luci fortissime, Laura luci come d’arcobaleno, Germana percepì l’Angelo ad Assisi come un forte suono echeggiante che la stordì completamente facendole perdere i sensi.
Noi lo personifichiamo per necessità nostra, e gli cerchiamo un nome, ma l’angelo può non avere forma, o assumere forme impensabili o essere pura energia o puro suono. Lo stregone mostrò a Castaneda gli spiriti come oscillanti colonne verticali; molti popoli primitivi vedono gli spiriti guida come animali; noi occidentali vogliamo che l’Angelo abbia forma umana per non spaventarci, è una nostra esigenza. La forma è simbolo, non sostanza, è anch’essa metafora da elaborare. Siamo noi ad avere bisogno di una forma, di un referente, ma gli Angeli sono intelligenze, sono comunicazione. E la comunicazione di per sé non ha bisogno di forma. Che forma può avere un’onda? Un pensiero? Un atto di amore? Un insegnamento? Un concetto?
La comunicazione prende forma quando diventa in-formazione, entra nel sistema di segni del ricevente, nel mondo umano che è eminentemente visivo, percettivo, simbolico... Così l’angelo si adatta a diventare forma per essere percepito. Attraverso il nome e l’immagine diventa più accessibile, l’uomo lo accoglie meglio, ne fa una figura familiare, accettabile, lo toglie dalla trascendenza, che come tale sarebbe di per sé incomunicabile.
Ma se pure l’angelo è un’informazione, è certamente diversa da quelle che solitamente incontriamo. Sicuramente strana, improvvisa e dotata di caratteristiche particolari. Ma si accetta un messaggio solo se ha valore e, se ci aiuta, se ci dice cose che non sappiamo, se ci guida verso il meglio. Tutto il resto non conta.
Con questo tipo di comunicazione noi conserviamo la nostra personalità cosciente, senza bisogno della rarità dell’estasi o dello specifico della medianità, e insieme comunichiamo con l’infinito. Senza nulla perdere di quel che abbiamo, ma aperti all’oceano della conoscenza nuova. Strana impresa, avventura mozzafiato che si preannuncia per l’uomo nuovo della scienza nuova.

Quando chiesi all’angelo chi fosse, rispose così:

Chi sei?”
“Sono quello che non è
 che in parte
Il mediatore
L’anello che chiude tutti i cerchi
non umano
e insieme
il Comunicatore
Sono la risposta alla tua domanda
che altro non è la preghiera
che un continuo interrogare,
segno del limite
e contenitore
della risposta parziale
Sono colui che dice
e non dice
per riempire il vuoto alla tua destra
e rendere la tua luce
più esatta.
come un raggio che da sé
si illumina
e si cerca
Sono la tua creazione
la voce del tuo desiderio
e insieme
il tuo desiderio stesso
che a se stesso s’inchina
Sono colui che non muore
come tu sei colui che solo crede di morire
Sono infine
il tuo figlio spirituale
la carezza senza sentimento
che credi di sentire
quando dormi nella tua solitudine
e che ti rende più forte“.

Noi siamo esseri spirituali solo momentaneamente incarnati, ed è giusto e logico che siamo molto attaccati a questo guscio provvisorio di incarnazione che chiamiamo vita, copro, destino, ma una parte di noi sa che siamo infiniti, che la morte non esiste, che la vita è solo trasformazione e che dopo questa esistenza ne avremo altre, forse qui, forse in altri livelli, in altri modi. Una parte di noi sa che avremo paura della morte solo fino alla morte e dopo ci accorgeremo con stupore di essere ancora vivi, in modo diverso e migliore, ma, finché siamo radicati a questo corpo continueremo ad essere avvinti ad esso e ad avere paura, a sentirci smarriti, a non sapere che fare. E allora l’Angelo può aiutarci.
Più grande sarà la dimenticanza della nostra anima, maggiore sarà la paura della malattia, dell’abbandono, della perdita, della morte, più saremo radicati alla vita, alla terra, quando verrà il momento fatale. Il saggio non ha paura di morire, va incontro alla morte sorridendo.
La paura si scioglie solo in due modi: con la conoscenza e con l’Amore.
L’uomo che non vuole conoscere né amare sarà terrorizzato dal proprio niente. Dobbiamo salire un gradino più su per scoprire la nostra immortalità e la nostra infinità. Noi soffriamo perché siamo poveri d’anima, ma l’anima è una marcia in più. Vivere senz’anima vuol dire vivere nel buio.

A me l’angelo parlò in modo udibile. Le prime frasi furono brevi, a voce diretta, e durarono sei mesi, non molte, erano massime per lo più, indicatori di vita, compiti; sempre ermetiche, poco comprensibili, dette con voce rimbombante.
Una fu “Questo corpo ormai è alla fine, ma ha ancora delle cose da fare”.
Un’altra mi irritò molto perché sembrava rivolta a un interlocutore che non vedevo in un presagio di morte: “Saranno sei mesi. Sarà un embolo alla testa“, ma questa predizione non si realizzò o forse riguardava mia madre che si spense dopo qualche tempo, di colpo, senza cause apparenti e il medico scrisse. “Per cause naturali”.
La voce era enigmatica e mi allarmava, mi sforzavo di capire il senso dei messaggi, li considerano irritanti, ma, quando smise di venire, me ne sentii quasi deprivata e cercai altre forme di comunicazione.
Uno di questi contatti era per scritto e avveniva così: mi sedevo, mettevo un pennarello al centro del palmo della mano voltato in su, poggiavo il dorso sopra un foglio bianco grande e mi appisolavo, dopo aver fatto una domanda. Quando mi svegliavo dal torpore, trovavo il foglio pieno di segni più o meno leggibili, simili a un elettroencefalogramma.
Questi sono due esempi:

“La pace. Sempre la pace
e ogni istante di vita
per ringraziare.
La vita è una corolla
attorno a un centro invisibile
Nessun petalo sta da sé
e tutti insieme cantano la gloria
di quel centro onnipresente
e tutti si sorreggono
nel momento della pena
e tutti si abbracciano
nell’ora del sorriso.
Forse a qualcuno sembra poco
che si possa vivere per questo.”
Spesso l’interlocutore misterioso mi sgridava come fossi una bambina, cosa che mi infastidiva e che col tempo mi fece allontanare da queste scritture, forse impersonava una parte di me ipercritica, una subpersonalità:

“Parole vane sopporta
sopporta la tua natura malata
e là dove si proietta
tu la attacchi
nello specchio deformato
dove il tuo volto si riflette
Lo spirito avanza
nei tuoi errori supplici
lui fiero
e di te ha pena
e nel cavo che tendi
si pone come la fiamma
che tu ancora sei
e non vedi.
Pazienta
nell’andare sei vicina
anche nella reazione inconsulta
che ti guida e non conduci
Lo spirito anche in questo
in te avanza
pietoso e materno
come tu non conosci

Per quanto abbia avuto momenti difficili nella mia vita, la voce arrivò in un periodo molto buono, ero fuggita da Pavia, stavo a Bologna che era indubbiamente una città socialmente migliore, ero uscita dalla depressione, avevo iniziato il meraviglioso lavoro dei martedì, avevo finalmente tante amiche del cuore e mi sentivo circondata da un caldo affetto benevolo e protettivo, che mi faceva ignorare la pena per il marito sempre lontano per lavoro e sempre troppo nervoso quando brevemente ritornava. Nulla può essere bello nella vita quanto un gruppo di persone che si vedono in modo costante, lavorano insieme a qualcosa di bello e si vogliono bene. Noi pensiamo che questa sia una condizione giovanile, adolescenziale, ma un gruppo di amici è un grande conforto nella vita a qualunque età.
Un buon gruppo di persone legate da un rapporto affettivo, che mangiano insieme, pensano, cantano, lavorano, si esprimono, si raccontano… può integrare anche relazioni affettive difficili o carenti, può riempire una solitudine, ed è un modo straordinario per affrontare i casi difficili della vita, per non sentirsi soli e diversi, per trovare aiuti insperati.
Noi viviamo l’amore come un rapporto di coppia ma le energie di un gruppo possono essere incredibilmente ricche e soddisfacenti e integrare anche le mancanze o le difficoltà della coppia.
Tuttavia, per quanto io abbia lavorato per quasi mezzo secolo come insegnante con gruppi, di ragazzi prima e di adulti poi, solo in quegli anni e con quell’insieme toccai la perfezione di un gruppo così complementare e integrato da produrre qualcosa di evolutivo in senso alto.
Per quanto io sia sempre la stessa, mi è parso di incontrare spesso l’aridità umana del mio prossimo, la parsimonia nel darsi, la diffidenza, e una specie di inerzia dell’animo da cui non può sorgere nulla, una ignavia personale, come un pessimismo asfittico che blocca anche gli impulsi più umani del cuore.

Il mio primo angelo si chiamava Maior, “colui che è superiore a te”, il che, detto a me che faccio sempre da maestra a tutti, è abbastanza interessante.
Col tempo ebbi l’impressione che a Maior fosse succeduto un altro personaggio, più umano e terreno, un medico defunto, poi vennero altri. Ricordo un piccolo poeta…
Maior veniva e scriveva in versi, il secondo scriveva in prosa in modo un po’ arcaico, un terzo era allegro e moderno. ..
Anche Jung raccontò che nella sua vita varie personificazioni si succedettero nel tempo, ognuna portatrice di un proprio compito.
Al primo chiesi il nome, agli altri no. Del resto non ebbi mai curiosità su cosa fossero e come fossero. Se il loro compito era questo dialogo, esistevano solo in quello, un compito vicendevole, sembrava, perché in qualche curioso modo anche io servivo a loro. Non mi interessava molto la loro identità ma l’aiuto che mi davano, anche se, dato il mio carattere ribelle e critico, quasi mai fui d’accordo su quanto mi veniva detto.

Mi mettevo in stato molto rilassato, seduta a un tavolo davanti a un foglio e con un pennarello nella mano aperta e mi addormentavo, oppure restavo sveglia e ascoltavo dentro di me quietamente, totalmente vacua e non pensante. Questo fatto della mente vuota è la condizione primaria, ma non è facile e per alcuni è addirittura impossibile. Per comunicare occorre una spersonalizzazione: solo se la mente si vuota e abbandona l’ego, può crearsi la cavità necessaria ad accogliere pensiero nuovo. Finché teniamo la nostra mente piena di noi stessi, pensieri, emozioni, bisogni, imperativi, richieste.. non entra altro. La natura non tollera il vuoto, e, se noi lo creiamo, ecco che può arrivare il pensiero “altro”. In fondo tutte le meditazioni rituali, religiose o dello yoga, non tendono che a questo scopo: far sì che l’uomo si distacchi da se stesso.
Perso il radicamento al proprio essere, necessario ma pesantissimo, si apre il volo nel cono della consapevolezza verso la comunicazione infinita. Questa sconnessione con l’ego è difficilissima, ma, se, anche solo una volta, ciò accade, dopo, tutto diventa più facile, come andare in bicicletta o imparare a nuotare.
Così imparai a disconnettermi rapidamente (cosa che poi facevo sempre nei miei incontri quando dovevo entrare nel mio visitatore), e a un tratto cominciavano a salire dall’interno di me delle parole, non dalla testa ma proprio dalla pancia, una a una, come bolle pigre che salgono dal fondo di uno stagno verso il pelo dell’acqua, come ninfee. Io le scrivevo lentamente, una a una. Il tutto era molto staccato, frantumato, per cui non potevo seguire il senso complessivo del messaggio e mi focalizzavo solo nell’ascolto passivo della singola parola, cercando di afferrarla senza pensare all’insieme. Quando tutto era compiuto, leggevo l’intero discorso e, devo dire, mi è sempre sembrato ragionevole, un po’ antiquato e ridondante magari, barocco forse, anche Jung ce l’aveva con lo stile ‘prolisso e barocco’ della sua Voce, spesso di stile diverso dal mio con contenuti che non potevano essere miei.
Col primo angelo il testo andava a capo come una poesia moderna, poi prese un andamento di prosa, con effetti più pratici e meno enigmatici. Le metafore erano molte. Non firmava, non aveva espressioni di affetto, non manifestava sentimenti.
Al contrario di Lori non l’ho mai sentito, almeno nei primi messaggi, come una entità umana e calda. L’ho sempre trovato un po’ rigido e fustigatore, troppo severo e astratto per i miei gusti, non lasciava mai spazio al mio narcisismo personale, come una specie di super coscienza poco interessata ai miei casini infantili, un po’ disgustata dalla mia scarsa evoluzione, disdegnosa di quello che ero.
Chiaramente non ho nessuna certezza che non sia una parte di me a parlare, una sub-personalità psichica, solo che magari io, se fossi un tale membro del mio condominio interiore, mi tratterei con più indulgenza e affettuosità, credo.
Quando leggo un suo scritto per intero, non sono mai molto contenta di quello che esce, sono polemica e in genere non seguo i consigli, salvo poi a scoprire, troppo tardi, che sarebbe stato meglio farlo, ma, come sanno tutti, non sono una persona ‘docile’ e ‘obbediente’, non accetto di essere subalterna. Sono un Ariete nato per essere capo o maestro e non cedo facilmente agli imperativi altrui. Se dunque questa è una parte di me che parla, non è una parte con cui vado d’accordo o che accetto volentieri. Anche per questo conflitto mi piace poco fare colloqui con l’Angelo e alla fine ho smesso di farli.
A volte ho letto messaggi delle presunte guide di altri e sono rimasta sorpresa dal profluvio di complimenti e di esagerazioni che contengono, tutti molte lusinghiere per il protagonista, che viene descritto come molto speciale. Per quel che mi riguarda, non ho affatto la sensazione di essere qualcosa di speciale per la Voce, ma piuttosto una solenne delusione, come avesse preferito occuparsi di altro, e mi considerasse una tipa confusa che non capisce dove deve andare e cosa deve fare e che continua a fare i soliti errori in modo coatto.
Per questo suo carattere rigido e poco indulgente, non sono mai stata propensa a fare questo ‘dettato interiore’, e lo evito come posso, perché a nessuno piacciono le prediche e le ramanzine. Solo quando sono proprio in crisi, quando proprio non so più che pesci pigliare, ricorro a questo sistema, e di solito la sua calma mi riequilibra come una doccia fredda, togliendomi ogni drammatizzazione.
Io amo la filosofia di Jung e Jung trovava molto stimolante avere dialoghi interiori con queste personificazioni energetiche che mutavano via via nel tempo e possono essere considerate ‘alter ego’ funzionali.
Dopo i primi sei mesi di voce diretta, avevo preso l’abitudine di rivolgermi a lui e di consultarlo nella mia mente anche per cose banali. Sempre lui rispondeva.

Un giorno mio marito faceva il diavolo a quattro perché non trovava più un suo bellissimo coltello del famoso artigiano sardo Fugarizzo, un pezzo forte nella sua collezione di coltelli celebri, che tra l’altro aveva ordinato di nascosto per non dirmene il prezzo, e ora non lo trovava più e incolpava me di questa sparizione. Io ero molto irritata perché quel coltello non lo avevo nemmeno visto e nemmeno sapevo che fosse stato ordinato né che lui facesse collezioni di coltelli spendendoci il patrimonio famigliare, ma, si sa, le mogli hanno sempre torto e non ce n’è una che non sia all’oscuro di troppe cose. Intanto la situazione degenerava e mio marito, visto che il coltello non saltava fuori, dava di matto, urlava e sbatacchiava tutto. Così ho chiesto precipitosamente all’angelo che mi aiutasse ed è arrivata la risposta pronta: “Vai sul ballatoio! Sali sulla sedia!”. Vado sul ballatoio (che è la parte alta del mio salotto), salgo sulla sedia e la prima cosa che vedo in alto, su una mensola della libreria, è il coltello, su un piano superiore dove mio marito lo aveva messo in fretta appena era arrivato, per nascondermelo, e poi se n’era dimenticato!
Così lo trovai. Vai a spiegare poi a un marito che me lo aveva detto l’angelo!

L’angelo era apparso misteriosamente come una allucinazione auditiva, brevi frasi che risuonavano nella stanza nei momenti più vari della giornata, non richiesto né chiamato, poi era sparito e ora ricorrere al dettato era qualcosa di meno e qualcosa di più, non c’era più l’immediatezza di quella voce ma i messaggi erano molto più lunghi e articolati anche se la grafia non era sempre comprensibile. Leggere parole scritte ovviamente non è lo stesso che sentir parlare da fuori, perché una voce interna sembra quasi la voce del tuo immaginario, mentre quella esterna ti sbalordisce  e ti coglie di sorpresa, e, se poi sei tu a scrivere, puoi sempre pensare di essere tu la fonte di quello che scrivi, magari una fonte inconscia, salvo non siano cose a te ignote e su cui ci sia riscontro successivo. Ma anche questo avvenne.

Un’altra volta, era la vigilia di Natale ed ero in centro a sera, era tardi. Aspettavo l’autobus ed ero inquieta perché in ritardo sulla cena. Avevo comprato tutti i regali meno per il mio nipote Fabio a cui non sapevo cosa fare perché lo conosco poco e mi erano rimaste solo 20.000 lire. L’autobus arrivava e l’angelo mi disse. “Girati e prendi la prima cosa che vedi!” . Mi girai e vidi la vetrina di un negozio di modellismo e una scatola con gli elementi per costruire una Ferrari rossa. Mi precipitai dentro. Costava esattamente 20.000 lire. Il regalo era preso. E l’autobus ebbe anche la grazia di aspettarmi per ripartire, così che non feci tardi. Poi seppi che il regalo era stato molto gradito perché Fabio era entrato nel gusto del modellismo (cosa che non sapevo) e quella Ferrari da montare era esattamente ciò che desiderava.

Ricordo infine una terribile giornata ai primi dell’anno. C’erano stati litigi duri con mio marito ed ero davvero fuori di me. Tutti i Natali era la stessa storia. Il clima natalizio faceva precipitare mio marito in una sindrome negativa per cui scoppiavano liti senza motivo e l’atmosfera diventava incandescente. Ero arrivata a un punto tale di esasperazione che pensavo solo che me ne sarei andata da casa e l’avrei fatta finita. Come tutte le brave donne di casa, avrei fatto le pulizie, fatta la spesa, preparato tutto e me ne sarei andata.
Ritornavo dunque a casa con le borse della spesa, china su me stessa, cupa come non mai e tutta concentrata nella mia rabbia. Il cielo era cupo come me e abbassato, ma, proprio mentre alzavo il piede per il marciapiede, la cortina scura di nubi si aprì di colpo e un raggio di luce fortissima mi trafisse. In quel medesimo istante sentii la Sua Voce che diceva: “Allarga il cuore!”
Mi parve come se il mio cuore fosse stretto tra due dure parentesi e queste, di colpo, si allargassero. Era possibile quasi fisicamente, adesso, che io contenessi la mia rabbia con tutto quello che mi succedeva. C’era altro spazio. Io ero più di quella rabbia. Potevo farcela, minimizzare l’accaduto, ridurlo a una cosa accettabile. C’era posto per altro nel mio cuore.

Francamente non potrei dire cosa fosse Maior, se un prodotto della mia mente o del mio desiderio o se un altro da me, una parte del mio Super Io che da inconscia diventava percepibile, ma non mi pongo nemmeno la domanda. Credo che voler capire troppo ciò che è metafisico sia come fare un buco nell’acqua, tempo perso. Mondo metafisico e fisico possono anche comunicare tra loro ma non sono certo riducibili uno all’altro, sono di diversa natura, hanno diverse coordinate, hanno persino linguaggi diversi,  e dunque a che serve cercare di far diventare acqua il fuoco? Vogliamo materializzare lo Spirito? E perché? Per snaturarlo? Per perderlo per sempre? Non sappiamo chi siamo noi e vogliamo sapere cosa è un Angelo?
Ora l’angelo non mi parla più. Ora parlo con mio marito. E’ lui, adesso, il mio angelo.

Ricordo che a un convegno di Riccione sulla parapsicologia, un etnologo ci fece fare una visualizzazione guidata, secondo gli schemi degli sciamani toltechi, al suono cupo di un tamburo. Dovevamo immaginare un luogo di natura dove si stesse molto bene, molto rilassati, e, quando il tempo fosse pronto e la mente svuotata, sarebbe apparso un animale totemico, egli era ‘l’alleato’, potevamo fargli una domanda molto importante ed avremmo avuto risposta. Questo è uno dei tanti modo con cui le tribù primitive visualizzavano l’aiutante e io l’ho ripetuto spesso nei miei laboratori con ottimi risultati. Chi è connesso alla natura e al mondo animale, è logico che tenda a vedere l’angelo come una forma della natura che comunica con l’umano. E poiché anche nell’uomo moderno permane l’uomo primitivo, in base a un DNA che tutto conserva, diventava possibile anche per noi contattare il nostro spirito guida in forma animale.

Mi visualizzo come un vecchio nativo americano, magro e consumato. Porto sulle spalle una pelle di lupo grigia spelacchiata che mi copre anche il capo. Sono il ‘figlio del lupo’. Ho bracciali di vecchio cuoio attorno al collo, i polsi e le caviglie, con delle piumine penzolanti. E’ una notte limpidissima e rigida, molto fredda. Salgo il declivio di un’erta collina di spine fino a una caverna dall’imboccatura bassa e stretta, una caverna che conosco bene perché la vedo spesso prima di addormentarmi, entro e, alla luce di un focherello morente, la caverna è alta, rosea, ampia e asciutta col pavimento di sabbia. Mi inoltro e trovo una sala interna grande con un lago. Dall’ombra esce un serpente sinuoso, con scaglie lucenti e si getta nelle acque del lago che diventano prima d’argento poi di un rosa sangue schiumoso che ribolle. Comincio a ballare attorno al lago, curvo in avanti, in una specie di dondolio ossessivo, alzo i piedi e li batto per terra in modo monotono, salmodiando con voce roca, attorno al lago. La voce del serpente dice:

Insegna!
Sempre insegna! Insegnando, impari
Tu guidi. Ti guidano
Da sola insegna
La via non sai
Ti si mostra al cammino
Non troverai tutto
conta lo sforzo
Immergiti nell’acqua
Diventa sangue!
E il sangue è vivo
come schiuma rossa
e si fa rosa (fiore)
e vedi dove non vedi
Senza ascoltare senti
Quando parli, senti
E’ il tuo modo di ascoltare
In te la natura si ascolta
Fatti serpente nell’acqua
devi andare nel fondo
E il fondo non finisce mai
E’ l’essenza
E la fine.

Molti messaggi sono troppo personali per poterli citare. Posso farlo solo per alcuni brani:

Non ci sono catene che tu non abbia costruito con un fare ossessivo.
Non ci sono al mondo libertà che non siano conquiste di coscienza.
In fondo in ogni luogo tu avevi davanti a te uno spazio di tempo e una possibilità.
Il limite crea solo la direzione, ché altrimenti l’energia irromperebbe come un geyser subito spento.
La direzione è la possibilità. Sta a noi riconoscerla e seguirla.
Indaga la possibilità di ognuno – messaggio iniziatico di chi vi ama- e aiutalo con rispetto a riconoscerla, ma prima in te.
Tu non devi chiederti: “cosa non posso fare” ma “cosa posso fare in queste condizioni”, perché esse dettano la strada e la meta e ti sono date per un atto di amore, sono la comunicazione del dio che per te ha fatto un sogno e ad esso ti guida invisibilmente.
E dunque non fare come l’atleta che invece di correre per la sua strada piange le strade insepolte che nemmeno vede, come se l’uccello piangesse per non essere farfalla e la farfalla per non essere pianta.
Riconoscere il proprio destino è riconoscere la natura del proprio cuore che per quello è nato e non per altro.
E dunque quietati, e impara a svuotare del tutto la mente e a rendere più gradevole la vita degli altri, ché ogni atto d’amore soffocato è la natura che si ribella a se stessa.
Serba per te la pazienza in questa estate piovosa.
Il tuo angelo ti guida e ti conduce.
Nulla è stato fatto e nulla è irrimediabile. Tieni la tua fragilità come un premio.
L’angelo ti sta da presso e ti chiede un sorriso.
Guardati attorno a parla con la gente.
Scuoti la tua parte bambina e impara la fiducia.
Fidarsi degli altri è fidarsi della vita
e non credere sempre che gli altri ti vogliano male, ché ognuno è chiuso nel suo universo e poco si cura degli altri ma ognuno è come te ugualmente solo e impaurito
Inventati la giornata, domanda a te e agli altri la vita come un dono.
Tutto va in fumo se non lo sorreggi con la fede nel sorriso.
Prendi le cose dal loro verso migliore e non le affogare nel sospetto.
Per Noi è tutto così insignificante, anche se vi accapigliate e tutti i motivi gravi sono come scempi di fanciulli
Devi attraversare un ponte, il discrimine tra essere e non essere  e per troppo tempo sei stata titubante, aspettando che qualcuno ti porgesse la mano. Facevi qualche passo solo quando TU porgevi la mano  a un altro, ma non sempre le cose sono state capite come tu le intendevi, perché chi porta sospetto genera sospetto e non può piangere poi sulla sua sorte.
Ti abbiamo messo accanto vari padri putativi, ma quasi non te ne sei accorta, ma infine anche il padre va lasciato al suo destino e si deve camminare da soli attraversando l’acqua.
Ognuno ha un suo compito che per qualcuno è semplicemente “essere” senza ferire né essere ferito.
E’ come tendere l’ascolto a un suono più lontano, ché il suono troppo vicino rischia di ferire l’orecchio senza essere inteso. Dunque impara il distacco che non è indifferenza ma pazienza, un po’ di saggezza in più per perdonare senza comprendere, senza voler capire ciò che non ha niente da capire, ma va solo preso, come si prende la strada, con sassi, buche e fiori passando avanti e guardando all’orizzonte e non sotto le scarpe. Questa vista più lunga ancora ti manca. E’ il progetto. E’ il perdono. E’ il bagaglio del viaggiatore che ha un lungo cammino e non s’inceppa alla prima contrarietà.
Il tuo problema è credere che negli altri ci sia più male rivolto a te di quanto possano i loro pensieri e intanto ti neghi la possibilità di dirigere i tuoi costruendo sogni e così ti intrappoli da te medesima, quando noi ti chiediamo solo di giocare e di godere del tuo gioco. Cerca dunque di ritrovarti in ogni cosa che renda gradevole ogni ora, ché in quel momento la tua bellezza splende  e ognuno ti ama
.
Poni i problemi perché nessuna soluzione è definitiva e qui ci sono solo inizi di ricerca.
Il lavoro sarà compiuto un poco alla volta. Il precursore sarà superato. Il dialogo deve diventare vivace. Le personificazioni sono solo la soglia per andare oltre.
Che ognuno cerchi se stesso è bene ma bisogna distinguere nella folla innumerevole ciò che è buono e no e non prendere tutti/i messaggi dell’inconscio.
Anche nell’al di là ci sono ingannatori.
La tua libera scelta non avrà mai la guida certa, irresolubile, garantita, altrimenti tu non continueresti ad essere un uomo.

Tu puoi camminare sopra una striscia di certezza molto difficile da realizzare, oltre
quella c’è il mare fondo. Dormire è sufficiente a riprenderti. Per il futuro non ti sarà possibile esporti a certi sforzi. Devi contenere le attività, anche se questo ti costa dispiacere ma la realizzazione che ti aspetta comincia ad essere scandita dal senso dello spostamento. Noi ci crediamo immortali ma lo siamo solo nella direzione del non attaccamento. Non ti illudere e non ti deludere. Devi leggere ancora molto e imparare. La trasmissione del sapere è solo un passo esterno nel luogo che chiami energia.
Sta’ quieta e non ti sforzare più di tanto. Devi tornare a forme diverse del fare riducendo le lezioni. Devi metterti di lato abbassando al minimo le tensioni come non necessarie. Niente di tutto questo è la vita vera. Occorre tornare alla trasmissione delle idee attraverso la scrittura. La pubblicizzazione delle immagini è ancora poca cosa. Esse sono pubbliche sempre in quanto sono emerse. Tieniti libera per una cosa che non sai ancora. Puoi dare protezione agli altri anche solo tacendo.

Agisci con la mente come fosse un dirottatore di energia. Pensa alle onde su un lago tranquillo. Conduci le onde come fossero pecorelle al recinto. Ci sono realtà oltre le parole. Quello che tu non sai io posso dirtelo ma solo schiarendo ciò che sta davanti al tuo passo.. Io sono la lampada e tu il passo, la lampada non illumina strada nuova se il corpo non cammina. C’è un cammino del corpo che avviene in una dimensione storica e uno in un insieme che non vedi.
Non devi avere paura del silenzio. In realtà le persone che hai più amato stavano molto zitte. La loro forza ha costruito il mondo. Non devi dire più che non ti amavano, perché non hai ascoltato bene i loro silenzi.
Tua madre avrà una morte dolce, come una bambina che si addormenta. In qualche punto di te c’è già la disperazione della sua perdita. Questo anno sarà faticoso, non ci sarà posto per insegnare. Serba la tua libertà per sentire le emozioni e non fuggire via come hai sempre fatto.

Questo sogno contiene le premonizione della morte di mia madre ma io quelle parole non le lessi. Le scrissi ma non le lessi. Morì così come è detto, come addormentandosi, sei mesi dopo.

Nel giugno 1998, due mesi dopo la morte di mia madre, in stato di grande agitazione, dopo un litigio con un’amica, chiusi di colpo le riunioni del martedì che tenevo da otto anni e che erano state la cosa migliore che avessi mai fatto nella vita, oltre alla campagna delle bandiere di pace e al mettere al mondo mia figlia.
La fine di questo corso, i cui membri erano diventati la mia seconda famiglia, unita al lutto per la mia perdita famigliare, mi gettò in un grave strato di depressione, non solo per la mancanza di quella frequentazione che mi scaldava da otto anni con persone a me molto care, ma anche perché alcune di loro reagirono molto male alla rottura, e di questo molto mi dolsi con l’angelo e molto mi disperai, specie per quello che percepii come il tradimento dell’amica più cara, Pia. Le rotture avvengono sempre con quelli a cui vogliamo troppo bene. Il troppo è un errore che si paga sempre caro.
E questo disse allora l’Angelo:

“Ai miei occhi siete come le erbe del campo, tutti mossi da uguali impulsi che vi fanno piegare e oscillare e tutti ugualmente bellissimi e degni di pietà.
Ora che ti sei sfogata, senti la fatica del silenzio, il vuoto che è maturità e riflette sulla propria insipienza.
Com’è faticoso tutto questo affannarsi e questo procedere a strattoni!
Senti la fatica del vivere insieme, perché non conservi più la bellezza del camminare insieme.
Solo l’amore, infine, vince, non perché trionfi o perché ceda le armi, ma perché non c’è altra scelta possibile per sopravvivere nella nostra fragilità spezzata.
Perdona all’amica il comportamento che non capisci, nella speranza che un giorno tu possa ugualmente essere perdonata.
Perché tu non sei qui ora per giudicare o punire, ma per fare esperienza e, se la relazione è l’esperienza, non puoi essere fiera dei tuoi errori passati. L’orgoglio alla fine che conta?
Una casa di mattoni non si fa dal principio, si fa dal progetto finale che mette in conto i mattoni spezzati e quelli che si buttano via.
Cerca di fare presto, a capire, piuttosto che a fare, che il tempo si avvicina e dopo non ti resterà che il rimpianto e il pensiero che le cose non erano così importanti come i tuoi desideri le volevano.
Un cerchio è un cerchio e un incontro è un incontro, non perché tu li vuoi o li costruisci, ma perché essi sono la strada circolare e spezzata dove ricostruisci l’intero.
Non scegliamo e siamo scelti ma viviamo insieme.
E non abbandoniamo e siamo abbandonati ma insieme ci ritroviamo.
Quando non capisci, non ti arrabbiare. Sarebbe meglio piangere quando la nostra debolezza non ci aiuta e cerchiamo presunte forze per abbattere gli ostacoli.
Se siamo qui è per fare esperienza di tutto e di noi attraverso gli altri e le cose
.
Procura di distinguere la rosa dalla spina e di non buttare via entrambe. Il sole e la pioggia fanno parte di uno stesso orizzonte.
In realtà tu sei viva in ogni atto d’amore in cui dai e non in quello in cui prendi.
Trasforma una mancanza in un dono e una ferita in una offerta di pace.
Il bene a volte nutre solo se stesso e non recupera ciò che è su una brutta china, ma questo è uno dei misteri della potenza o dell’impotenza d’amore. Le vie sono imperscrutabili perché sono molto ampie, per cui non puoi fare niente altro che tacere e soffrire dentro di te per l’irrecuperabilità del destino. Qualche volta la forza viene dopo l’errore, ma l’errore è come la medicina amara che si scambia per piacere. I giri del destino sono più strani di quello che vedi sul momento
.
Il dolore è il nodo del cammino dove cambi direzione. In realtà è l’unico modo per attrarti là dove la tua pienezza di essere non ti porterebbe, perché l’uomo sazio si addormenta.
Il deprivato ha bisogno di poco, il calore è nella vita stessa. Il luogo abbandonato diventa il giaciglio. Anche senza fare, tu fai. Ogni cosa ha uno scotto. Da parte tua devi rinunciare al prezzo giusto, perché non c’è mai equivalenza, l’altro non può rubare o prendere col diritto. Occorre una cessione reciproca affinché non vi sia furto e infrazione, ma nemmeno parità
.

Non usare ciò che si ha è uno spreco, nell’economia generale dell’energia. Ancora una volta tu situi tutta la storia in parametri di esigenza tua personale. Queste esigenze diventano ogni volta pretese che ti lasciano a pezzi quando sono insoddisfatte. Il giusto non pretende, ma si adegua alle cose come si presentano perché il compito è esattamente in quei parametri che la vita gli dà.
Quando viene mortificato vuol dire che il parametro è proprio la mortificazione. Ma non c’è nulla di irreparabile fuorché l’orgoglio e uno smisurato senso dell’io. Anche questo è una malattia.
Cura il retro della casa. Affrontare l’ignoto che arriva dal vetro rotto è un’esperienza imprevista in cui ti adatterai all’irreparabile.
Costruisci, facendo.
Il guerriero non perde tempo nell’analisi delle battaglie perdute. Costruisce il positivo per il suo oggi e domani.
Per decentrarti enumera tutti i dati delle cose esterne.
Considera quello che ti sta davanti uno specchio dove proietti te stessa.
Guardalo come un tuo stesso difetto, una propaggine del tuo carattere e dunque un’opportunità di analisi.
Prima cominci a considerare il mondo come la lezione di te stessa, meglio è.
Fai sentire gli amici vicini nel tuo cuore.
Il tuo dolore è una regressione. Vuol dire ferita e orgoglio smisurato, senso di onnipotenza malinteso. Non è facile uscirne ma non si può nemmeno giudicarlo. Occorre schiantare l’anima ma ciò lascia a pezzi. Quando il guscio è troppo duro l’uccello non nasce. Ma se non nasce non vola.
In fondo il concetto migliore è lasciar perdere.
Fino a quel punto non cresce nulla, non nasce nulla, non cambia nulla.
Pensa piuttosto alle tue pene segrete, così incongrue, così sterili, pene storiche, oserei dire, perché sfidare l’impossibile è stata sempre la pena segreta del tuo cuore, quasi un voler tentare nella difficoltà oltre te stessa, una brama inarrestabile di sofferenze sottili, solo per smaniare un po’, e se fosse il tuo problema questo? Sapersi accontentare, saper guardare oltre il limite ma come fa il bambino nelle braccia della madre che là sta quieto come un re nella fortezza che guarda un orizzonte lontano coi piedi per terra e la purezza del suo possesso. Calmati, dunque, e considera la tua inarrestabile non sazietà come una spinta verso altri orizzonti, nella perfezione, nella pazienza, nella calma di te stessa e nell’aiuto che non chiede, in quell’ascolto dove dimentichi sempre di cimentarti e che solo è dimenticare te stessa calandoti nel cuore dell’altro.
Orsù, dunque, amica mia, tieni per te le pene, che non serve soffrire qui a vuoto per noi, ma operare per la misericordia e l’amore.
Hai cominciato a lavorare sulle connessioni. E’ un buon punto di vista. Le connessioni invisibili sono quanto di meglio puoi provare. Puoi fare del bene restando nascosta, che è il massimo per la tua evoluzione. Certamente la forza della preghiera. Ma prova anche ad usare come un filo, come se filassi e tessessi, quell’energia che ora disperdi… convogliarla e dirigerla in un unico fascio fragrante, sentirla come un tessuto, malleabile e morbido, con cui rivestire e risanare chi pensi.
Nei tuoi colloqui, anche, occorre una diversione. Devi usare di più le mani e creare un mantello morbido e ovattato dove respirare sottilmente. Puoi riprendere il contatto con te anche così. Non avere paura. La paura ti sta sempre addosso e tu le precipiti dentro, non darti rimproveri inutili, non essere oziosa, che l’ozio e la disperazione si fanno compagnia. Sii tenera. E’ Pasqua. Vivi una Pasqua di tenerezza! Non ti crucciare se quello che fai riceve critiche – anche i complimenti sono bellissimi – equilibrati tra questi e quelli. Chi ti critica spesso lo fa a ragion veduta ma non sempre per cause evidenti, devi rispettare la sua parte oscura che si proietta su di te. Porta il rosocrito. Scuoti la tenerezza. Un sorriso vale più di mille parole. Ciò che uno è scuote il mondo più di tutto quanto uno sa. Sei giunta di nuovo a una soglia. Sarai in grado di salire il gradino?
C’è una stanza che ti aspetta sul retro della casa, una parte disabitata da riempire di vita.

Maior si presentava come un maestro di evoluzione. Dopo tutto, la regola prima dell’insegnamento è proprio che il maestro deve stare appena un passo avanti all’allievo, perché se è troppo avanti l’allievo non riuscirà neanche a capirlo, se è al suo pari, sarà inutile, ma se starà un poco avanti a lui come un cerchio concentrico segue il cerchio precedente, potrà senza sforzo condurlo oltre il suo limite, nel rispetto di ciò che egli è, e del suo livello di crescita che in sé è sacro.
Questo si intende come crescita, qualche volta piana, qualche volta a sbalzi, come la fonte sotterranea che finalmente butta giù l’ultimo diaframma di terra ed esce tumultuosamente all’aperto, ma sempre aiutata da qualcosa che parla a partire da ciò che siamo e si rivolge alla nostra concretezza storica e temporale.
L’Angelo è voce fuori dal tempo e dallo spazio, che deve però rapportarsi a creature che sono situate in un certo punto del tempo e dello spazio. Per questo la voce, pur superandola, deve somigliare alla creatura che conduce.

Coesione indica un luogo ideale dove incontriamo noi stessi e gli altri su piani di grande accettazione e luminosità, là avviene il miracolo della conoscenza che è sempre evolutiva, la conoscenza come riconoscimento dell’unità comune a cui tutti apparteniamo.
Il gruppo costituisce un’unità ideale quando in esso sussiste l’amore, e l’amore si manifesta nell’umiltà e franchezza verso se stessi e nell’ascolto e partecipazione verso gli altri. Nei nostri Martedì le variazioni individuali per molto tempo emersero e furono assorbite, il che significava che facevamo dei passi in avanti. Ogni cosa che riusciamo a contenere dell’altro in modo pacificante è un elemento che si aggiunge alla nostra completezza e ci fa crescere. Come possiamo contattare l’angelo, se non sappiamo nemmeno contattare il nostro vicino di casa?
Ovviamente noi tutti eravamo diversi. Qualcuno non sopportava certi argomenti, uno la metafisica, un altro la politica, qualcuno non reggeva certi toni: troppa passione o troppo smorzamento, ci fu un’amica che viveva solo per la meditazione e per lo zen, qualunque folla superiore a se stessa la metteva in crisi. Poteva raggiungere la santità ma senza relazioni umane. Altri erano incapaci di confrontarsi col proprio silenzio interiore. Chi conosceva la vita attraverso il pensiero non capiva chi la attraversava attraverso la pratica, e questa poi poteva essere umile e silenziosa o manifestarsi in modo vistoso. Qualcuno non capiva questo, qualcuno quello. Ognuno era se stesso, unico e diverso e apparentemente irriducibile. Ma fare un gruppo significava superare tutte le diversità e ci fu dato di esserlo per un certo tempo, riconoscendo non il bisogno di ognuno, ma l’energia dello stare insieme.
Il gruppo è un fattore utile al contatto di entità angeliche, perché ciò che l’uomo da solo non può fare, più energie unite e armonizzate possono farlo. Del resto le mie riflessioni sono sperimentate dai gruppi medianici che funzionano finché le energie dei componenti si integrano e si catalizzano unitariamente. Il gruppo produce un cuore, è come un insieme di frecce tutte direzionate verso il centro e il cuore produce energia e l’energia può diventare Persona: l’Angelo del gruppo. Questa è di ordine superiore rispetto alla somma delle singole energie dei componenti e può moltiplicarsi in tante guide spirituali personalizzate. Ma la coesione e la centralità sono indispensabili.
Per comunicare profondamente con noi stessi e con energie individuali, è necessaria la concentrazione decentrata, che è una specie di vacuità o di abbandono, una specie di distacco da ciò che siamo a un certo livello per essere di più a un livello più alto, e, se ciò è difficile nel singolo a maggior ragione lo sarà in un gruppo, dove l’evoluzione richiede il massimo di armonia.
L’Angelo arriva o in un rapporto inconscio di comunicazione profonda con noi stessi, o in un rapporto profondo e intimamente concentrato di comunicazione con un gruppo. Per la legge delle onde, se si crea una sintonia d’onda, avviene qualcosa di miracoloso, la discontinuità delle unità frazionate si allinea in una linea purissima di energia continua, i pacchetti quantistici di luce diventano un raggio laser. Ma basta che normali divergenze caratteriali mettano uno contro l’altro due componenti del gruppo perché le energie tutte si spezzino e tornino ad essere caos e disordine.
Anche questo lo dovemmo provare dopo otto anni di miracoloso lavoro comune. Poi tutto finì. Perché nulla è eterno. Ma anche quello che finisce lascia una traccia inconfondibile nella memoria, per il bene che è stato, e che nessuno può annullare per umane ripicche.
Quel gruppo fu bellissimo, il migliore che abbia coordinato. Dopo ce ne furono altri, Ma quello mi rimase nel cuore. E quella scoperta e quel godimento non riguardò solo me, ma anche gli altri, e, quando l’angelo apparve, non è che stessimo trattando fenomeni religiosi o medianici, ché anzi insieme parlavamo di molte ragionevoli e razionali cose di filosofia e  psicologia. Oltre a ciò è da dire che io non sono una religiosa osservante né ero al tempo particolarmente portata alla ricerca spirituale, né ho mai seguito sette o gruppi religiosi, ché anzi sono piuttosto critica e scettica su tutte queste cose.
Ebbi tuttavia fenomeni di voce diretta. Allo stesso tempo, la dolce e timida Laura bruna sentiva già per suo conto una presenza fantasmatica in casa, che le accendeva qualsiasi congegno elettrico e soprattutto la radio anche quando era senza pile, o le muoveva le tendine. E quella presenza era per lei viva e rassicurante.
Laura bionda invece, una complessa e appassionata scorpioncina romagnola, cominciò di colpo a visualizzare delle frasi scritte su una parete bianca, quando chiudeva gli occhi; alcune erano molto belle, come quella, in un momento di forte intensità, in cui le scrisse “Ama e odia in pace”.
Graziella e Pia sentivano una voce nel cervello e Pia la sente tutt’ora, ma Pia ha un grandissimo cervello in cui la razionalità si collega a un senso del dovere esasperato e  ad intuizioni formidabili.

La piccola Lori, timida infelice, fu la più spettacolare, e quel che accadde ebbe del prodigioso. Cominciò col ricevere una breve frase al momento in cui si stava svegliando. Aveva già avuto fenomeni di sdoppiamento, molto pericolosi, viste le sue condizioni di grande fragilità fisica e psichica e di debolezza dell’io.
Lori era una personcina minuta e fragile, tragicamente sorridente, fedele in modo estatico alla natura e alle piccole creature e incapace di sostenere forti emozioni o abbandoni. La vita l’aveva straziata. Il figlio tanto amato era andato via. Il marito stolido e incosciente la distruggeva in modo sistematico e ottuso con una cattiveria naturale, come l’avevano distrutta tragicamente il padre e i feroci fratelli.
Quando venne da noi stava in piedi per miracolo. Io la vedevo sempre bionda con gli occhi azzurri, ma in realtà non so come fossero i suoi occhi e certo i suoi capelli corti erano sbiaditi più che biondi. Anche se sorrideva sempre mitemente, la sentivamo oppressa da una spaventosa sofferenza che le produceva attacchi cardiaci improvvisi e dolorosi, crollava sotto il dolore psichico che si faceva carne, non lo reggeva, e la portavano al pronto soccorso d’urgenza ma poi non riuscivano a trovare anomalie visibili nel suo cuore ferito ché di ben altro cuore si trattava. L’archetipo di Lori era quello dell’abbandonata, della tradita, del Cristo in croce. La vita l’aveva percossa senza pudore e così era una piccola creatura fragile e dolce, incapace di vivere e attirata inesorabilmente verso la morte.
L’angelo che emerse in lei fu tanto forte quanto lei era debole e vinta, un angelo dominatore il cui nome era ‘Ramshid’, che in lingua persiana vuol dire ‘regale, maestoso’, una energia antitetica, complementare, ben diversa da lei così umile e fragile, una entità energetica che sembrava entrare letteralmente nel suo corpo, con una possessione fisica, si infilava nella sua spina dorsale, e la sollevava dicendole: “Tieni dritte le spalle!”, le stesse parole di sua madre, quando era piccola. L’angelo la teneva su quando lei crollava, era un’energia che l’amava con furia possente e tentava di rinforzarla alla vita, partecipando della sua visione tragica del mondo.
Questa energia in modo straordinario guarì per un certo periodo Lori dalla sua profonda non-vita e la rimise al mondo temporaneamente, finché stette con noi, prima che Tanatos avesse la meglio su tutto.
Io ebbi una funzione di spettatrice in questa storia che fu bellissima per tanti anni e a cui partecipammo tutti, perché le volevamo tanto bene e lei era la nostra piccola amata, ma poi, quando Lori si allontanò da noi, si ammalò sempre più e precipitò tragicamente nel modo peggiore. La morte ebbe la meglio sulla vita. E non era la morte che porta in un regno migliore, ma la morte delle tenebre che divorano ogni luce.

Ho una raccolta di alcune delle ‘frasi del mattino’ che Lori sentì dal ’93 al ’95 e che lei ci portava religiosamente come un tesoro. Vedeva l’angelo come una forza di grande amore, che partecipava al suo dolore e le parlava ispirandola in queste frasi mentali al primo risveglio, quando era sul valico tra sonno e coscienza:
1) Noi siamo i semi di Dio. La mente è il seme di Dio.
2) Quanto sangue! E’ tutto sangue!
3) Tu sei la mia Pasqua! Tu sei la resurrezione!
4) L’inconscio ha una ripresa in più.
5) Specchio riflesso.
6) L’aurora di bianco vestita.
7) .. per cui la donna è più semplice e più forte….
8) Il vecchio uccide il giovane e incomincia dal vostro cuore
9) Noi siamo grandi o piccoli da come stiamo, se siamo felici o angosciati, se siamo allegri o tremendamente soli.
10) Dovete dare la luce e la comprensione!
11) E’ un’irta coscienza!
12) Buongiorno cuore, buongiorno anima!
13) A chi li dai i tuoi sorrisi? Per chi sono i tuoi sorrisi, se dentro sei triste?
14) Non avere paura, quando andrai via, perché ci sono io con te.
15) Prendi anche la croce.
16) (Venerdì santo) Tu stai molto bene, ma stai morendo.
17) (Il mattino di S. Stefano) Vai pure a fare le tue guerre ma sappi che ci appartieni.
18) Fai come gli uccelli… gli uccelli organizzano il volo.
19) Vivi secondo natura!
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Lori aveva due figli, un maschio e una femmina, il figlio troppo amato era andato in Germania dove sposò con una ragazza nobile iraniana, senza più tornare, così lei lo vedeva raramente e soffriva esageratamente per questa lontananza. Purtroppo, per motivi inspiegabili, la nuora iraniana le fu ostile e non le permetteva di vedere i due nipotini tanto amati. Così lei si struggeva in una cupa lontananza.
La figlia era nemica e ribelle e non aveva con la madre una buona comunicazione, non l’aiutava, o così almeno sembrava a noi.

Su di lei l’angelo mi dette dei versi che stranamente citano una  tigre e, curiosamente, lei, così umile, si sognava a volte proprio come una tigre.

MESSAGGIO PER LORI
La candela è spenta
da una parte soltanto
La fede illumina
le strade solitarie
La casa è vuota
come una caverna
I cuccioli sono scivolati via
e la tigre resta, avvilita e stanca
nessuno porta carne fresca
e fuori la primavera è per gli altri
non per te
C’è del buono anche
nel buio umido
anche se non hai voglia
di alzarti e di camminare

Dopo anni di unione al gruppo, Lori smise di venire. La cercammo, ma rifiutava le telefonate e non voleva più vedere nessuno. L’ombra aveva ripreso il sopravvento.
Ricordo che all’inizio ci raccontava che, quando il marito usciva di casa, si metteva in posizione fetale sotto il tavolo di cucina. Non riusciva mai a dire o scrivere il pronome ‘Io’, ma poi cominciò a riprendersi e fui molto emozionata quando mi mandò una cartolina su cui era scritto: “Io sono Lori. Io sono una persona”.
Prese a scrivere cose bellissime. Veniva alla luce. E tutte noi partecipammo alla sua rinascita:
Mi trovavo in casa dei miei conoscenti e la padrona di casa chiedeva quali piante da fiori vivono senza luce e allora io ho pensato: nessuna pianta vive al buio e quelle che hanno poca luce dopo poco tempo si ammalano e muoiono. La luce è vita. E la sera risentivo le parole che si ripeteva Viviana, le parole di Graziella e Laura: ‘Luminoso’. ‘Ogni giorno va di bene in meglio’. ‘Il mio cuore mi dice che felice sarò’. E anche a me sarebbe piaciuto avere una parola da dire in certi momenti particolari e sarà questa: LUCE. E può andar bene per tutti, ho pensato. E dopo mi ritrovavo in un parco e mi sono abbracciata a un albero. E ho pensato a voi e ho ripetuto intensamente questa parola.
Ho visto una parete, un muro grande, alto, ma poi la parete al centro si è aperta con una fessura piccolissima, da cima a fondo, e una luce è entrata prepotente e la parete ha iniziato a scorrere piano piano. Per alcuni sarà lento, molto lento, lo scorrere della parete, ma una volta che ha iniziato il suo aprirsi, niente la può fermare e, man mano che la luce entra, dove arriva farà sì che venga tolta la paura e l’angoscia, e farà vedere meglio nella mente e nell’animo. Le idee saranno molto chiare e quello che dava dolore scomparirà e capiremo cosa è giusto per noi o per gli altri.
Questa luce è così: colore dell’oro, soffice, calda, e avvolgerà con tenerezza in un grande abbraccio di madre amorosa”.

Inizialmente la sofferenza di Lori era tutta per l’abbandono del figlio. La sua mancanza la lacerava. Non riusciva a strapparlo da sé. Poi venne un luglio in cui si trovava nella sua casetta di montagna, a Canale d’Agordo, e si inventò un rito di separazione. Me lo scrisse in una lettera sconvolgente che conservo ancora, con la sua piccola scrittura rotonda, senza margini e finalmente non più piegata verso il basso:

“A Viviana
sono tre giorni che sono qui e piove sempre, ma, oggi, anche se pioveva, sono andata ugualmente nel bosco a fare quello che avevo deciso, cercare un bel ramo da tagliare con un colpo netto (una cosa simbolica, come fosse il cordone ombelicale), questo amore andava liberato.
Ero pronta con grande emozione, anche il machete era in cucina pronto, l’ho preso e mi sono avviata per il sentiero che porta in mezzo al bosco.
E’ l’alba. Sono sola. Stringo con forza il manico del machete, il bordo del grosso coltello è tinto di rosso, arrivo fin oltre il bosco, dove ci sono due alberi gemelli, che vado a salutare spesso, appoggio la mano su di loro sul tronco un attimo, ed ecco che lì accanto in basso un ramo che può andare bene.
Chiudo gli occhi un momento, chiedo perdono all’albero (ma tagliando i rami in basso poi il tronco diventa più grosso e robusto).
Caro albero…Alzo il braccio, con l’arma tagliente e lo lascio cadere con forza, ma ci vuole un secondo colpo perché il ramo si stacchi. Vado via e riprovo con un faggio, ancora fallisco, sono molto stanca, ancora una prova, l’ultima, tre volte si può. Dopo basta. Ora tengo in mano il ramo di un ontano, respiro con forza l’aria fresca. E di nuovo la lama cade sul ramo. E’ fatta. Il ramo cade, reciso con un colpo solo. Per un attimo il tempo si è fermato, ci sono io, con in una mano il ramo e nell’altra il coltello, e l’albero, un lungo respiro esce dalla mia bocca, mi sento vittoriosa e lancio lontano il ramo. Metto la mano dove è stato troncato il ramo, lo tengo ben fermo, e parlo con l’albero: “Signor albero, ti saluto, tra poco tempo il dolore sparirà, e sarai più forte al vento impetuoso e alla bufera, te ed io. Grazie”.
E ritorno sui miei passi, con gli occhi ben aperti, la coda avanti, senza più voltarmi indietro.
Ecco: tutto è stato fatto.
Lavo il machete e lo rimetto al suo posto.
Io lo dico al cuore. “Fermati! Non bruciare così! Altrimenti soccombi tu stesso”: Ma non dà retta. Scalpita e scappa dappertutto per non sentire. Lui è così, vuole con tutta la sua veemenza. Fare i genitori è la cosa più difficile e più importante, ma ogni lavoro si impara, anche il più semplice, ci viene insegnato. Noi seguiamo l’istinto, anche perché ogni creatura che nasce è diversa e unica. Dare loro poco amore non va bene ma darne troppo nemmeno, altrimenti non riusciranno mai a volare da soli. Avrò sbagliato. Io ho provato. Volevo fare tutto giusto, perché noi siamo felici solo se i nostri figli lo sono, felici e liberi. Fare la madre o il padre nessuno mai o quasi mai ce lo insegna. Qual è la maniera più giusta? Impareremo? Sì, impareremo.
Ora mi sento come fossi un burattino senza fili. La testa ciondola qua e là e scivolo giù dalla sedia, ma ora con tanto lavoro cucirò tutti i fili”

Non posso fare a meno di commuovermi intensamente pensando a lei.
Faceva dei disegni da bambina, con alberelli e fiorellini ingenui e colori molto chiari. Scriveva piccole poesie dove ripeteva costantemente la parola ‘bellissimo’. Aveva un rapporto straordinario con gli animali, come un piccolo San Francesco. Capitava che per strada i passerotti le si andassero a posare sulle spalle o sulla testa. Ce n’era un uccellino che le entrava in casa quando faceva le faccende e volava su di lei come fosse addomesticato.
Una volta aveva avuto una gallina, e la portava a spasso con sé in una sporta e ci parlava come a una persona. E in montagna si era affezionata a una capretta che veniva sempre a cercarla.
Lei e il marito avevano una casa in montagna, una casa non tutta costruita in cui il marito iniziava mille lavori senza finirli mai. Il marito era così, fastidioso, molesto, ipercritico, inconcludente. La trattava come una serva, mai come una persona. Lei ci disse che non aveva mai avuto il coraggio di sedersi al centro del divano. Ma, dopo un po’ che stava con noi, il coraggio le aumentò al punto che, in una delle solite scenate, a cena, prese la cotoletta e la fece volare dalla finestra. Quando ci raccontò quel gesto di coraggio l’applaudimmo tutte come un eroe.
Camminava per la strada sorridendo mitemente e la gente, stupita, le sorrideva. Mi ha insegnato a camminare per strada sorridendo. Di sorrisi il mondo ha bisogno.
Quando arrivò da noi, ci raccontava dei sogni terribili in cui era una boccettina piena di niente che non stava insieme e spariva. Oppure era un maiale portato al macello, sanguinante, retto da uomini che lo tenevano eretto come fosse una persona.
L’angelo fece di tutto per aiutarla.
Poi la parete nera cominciò a richiudersi e Lori sparì dal mondo, annegata nella propria notte.
Si uccise in montagna, allontanandosi da una festa. Si buttò in un canale. C’erano pochi centimetri d’acqua. Si deve avere molta morte dentro per riuscire a uccidersi in pochi centimetri d’acqua.

Aveva scritto:
“E’ permesso a chicchessia, in qualunque ora della vita, l’uso del vestito bianco”

..
INDICE ROMANZO


Regressioni a vite precedenti – La guarigione a distanza – Le visualizzazioni- I numeri simbolici


Le malattie psicosomatiche – Induzione e ipnosi come forma di terapia – Le verruche


Tutto comincia dalla testa – Talismani: la croce di Ankh – Rievocare altre vite o momenti traumatici del passato – Incubi ricorrenti – Leggere negli altri una storia fatta di tante storie


Isobare psichiche – Rane – La lezione del dolore – La lezione del piacere – La sessualità sacra – La verginità eterna – Ma cos’è l’orgasmo? – Eiaculazione precoce, vaginismo e omosessualità


Pene d’amore – Il tradimento – La trasgressione – Amare l’impossibile


La casa infestata – Sogni premonitori – Messaggi dall’al di là – Le vite precedenti


Storia di Deneb – Testimonianze sulla premonizione – Sentirsi estranei a questo mondo – Rispettare la propria unicità – La diversità è un dono – I prescelti


Le discriminazioni – La cultura è il frutto del potere – Rifiuto sociale delle diversità – Chiaroveggenza – Il motivo per cui siamo venuti a nascere – Un compito che si realizza in più esistenze successive – Profezia – Il terzo occhio – L’archivio globale


Il mio amico omosessuale – I segni sincronici – L’essenza di una coppia


Esistere come non umani – Nostalgia delle esistenza perdute – Altri mondi-
Siamo tutti angeli caduti – Un messaggio dell’Imperatore


Vedere i fantasmi – Bachi vampirici, boli, ragnatele, girandole di luce – I punti nodali – Figure non terrestri – Una guarigione miracolosa- Uscire dal corpo – La psiche, l’anima, lo spirito – il Tunnel – L’Osservatore- L’Aldilà
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