Antimafia http://www.terrelibere.it/terrediconfine/index.php?x=completa&riga=01746
Piccole storie di mafia a Vittoria, provincia di Ragusa |
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La denuncia, già archiviata, di un anziano proprietario di
immobili vittima da anni di minacce, furti e intimidazioni perchè non venda a
terzi il suo patrimonio. Come in un racconto di storie di mafia ed illegalità
di altri tempi, la solitudine e lo sconforto di chi si sente abbandonato
dalle istituzioni.
Alla Compagnia Carabinieri, Via Garibaldi, 397, 97019 Vittoria
(Ragusa)
Al Sig. Procuratore della Repubblica c/o Tribunale di Ragusa,
97100 Ragusa
Al Sig. Prefetto di Ragusa, 97100 Ragusa.
Il sottoscritto Pancari Giovanni Battista, nato a Vittoria il
22.07.1931, dom. e res. a Catania, proprietario di un palazzo, di oltre 40
ambienti, sito in Vittoria (Ragusa) con ingresso principale nella Via Magenta
107 e con altri due lati prospicienti le Vie dei Mille e Milazzo, facendo
riferimento alla e-mail inviata il 3 Giugno 2005, avente per oggetto
“denunzia anticipata via e-mail”, seguita da Vs sollecito riscontro
telefonico, facendo seguito alla su detta e-mail, conferma che il Sig. Prof.
Alfredo Campo, adibendo manodopera locale, nella mattinata del 4 Giugno
Ciò premesso espone quanto segue:
Poiché, anche per motivi di salute che non gli permettono
attualmente di spostarsi, il sottoscritto, il giorno 3 Giugno 2005, venuto a
conoscenza, per gentilezza del Prof. Alfredo Campo (già autorizzato dal
sottoscritto ad accedere al detto stabile per effettuarvi rilievi anche
fotografici a scopo di studi storico-artistici), che ignoti avevano divelto
mattonelle antiche (di pareti e pavimenti) da più vani del palazzo anzidetto,
lasciandone alcune bene accatastate da parte, con l’evidente intenzione di
trovarle già pronte per l’asporto.
E’ ovvio che per portare a compimento un tale atto criminoso è
necessario molto lavoro, molto tempo, l’impiego di mezzi meccanici e inoltre
si produce un così elevato e ritmico frastuono che, in pieno centro storico
urbano molto transitato, dove è sito l’immobile, tale attività non può
passare inosservata. Ciò comporta, per gli autori (ignoti) di tale atto,
l’assunzione di un rischio talmente elevato da farlo apparire sproporzionato
al lucro che gli stessi avrebbero potuto trarre dalla semplice vendita dei mattoni.
Il sottoscritto, posteriormente al 3 Giugno 2005, venuto a
conoscenza che i detti “ignoti” hanno anche asportato il grande lampadario in
ferro battuto a globo (con vetro rotto), applicato nell’arco dell’androne (v.
foto n. 2 e 3 del sito INTERNET: www.investisicilia.com ).
In precedenza era stato asportato anche l’imponente lampadario a
ninfa (già mancante delle coppe), sito al centro della volta del salone.
Per operare sui lampadari, essendo posti ad un’altezza di circa
mt. 6, è stata di certo usata, da più persone, una scala (a pioli o a
trespolo) di almeno altrettanta lunghezza, ma di questa scala nel palazzo non
vi è e non vi era traccia e, pertanto, è ovvio desumere che sia stata
introdotta dall’esterno. Il tutto sempre nella più assoluta “pavida
indifferenza” del vicinato.
A tal proposito si fa notare che la robusta maniglia in ottone,
posta nel lato destro del portone d’ingresso è stata fortemente piegata per
il transito di un grosso mezzo (camion?), che non può essere di certo passato
inosservato.
Si evidenzia ancora che effrangere la porta di un secondo
ingresso (come accennato in premessa), sito a lato di uno già aperto, è solo
volere dimostrare a tutti che gli “ignoti” possono sempre “colpire” quando e
come vogliono, e nello stesso tempo rendere al sottoscritto sempre più
gravoso (anche di spese e di opere) il ripristino.
Si denunzia ancora che i nuovi danneggiamenti (rottura con
distacco di una parte, lasciata in loco, della girata del 2° gradino
effettuata con idoneo attrezzo, considerato il rilevante spessore del
medesimo), riguardano anche l’antica, imponente ed artistica scala, con
balconate che si riversano nell’androne, realizzate tutte in pregiati ed
antichi marmi (v. sito INTERNET: www.investisicilia.com foto nn. 6-8-9-12) e
per la quale l’interesse dei potenziali acquirenti è determinante nella
negoziazione dell’intero palazzo. Infatti il valore commerciale della detta
scala (lire 800.000.000 = €.400.000,00 circa) e di conseguenza il valore
commerciale del palazzo è già stato sicuramente molto compromesso.
Si teme anche che potrà essere danneggiata (se non asportata)
l’antica grande porta-vetrata in puro stile Liberty, anch’essa di alto valore
commerciale: €. 50.000,00 circa.
Si fa inoltre rilevare che è la prima volta che, nei numerosissimi
“furti” subiti (sempre denunziati quando il sottoscritto ne veniva a
conoscenza), gli “ignoti” mostrano interesse a così tante parti fisse dello
stabile.
Quanto anzidetto sarebbe da solo sufficiente a rendere evidente
che lo scopo di questa continua attività criminosa rivolta contro il palazzo
(ed anche contro le altre proprietà del sottoscritto e della di lui moglie)
non è soltanto quello di rubare, illegittimamente lucrando sui mattoni e su
un lampadario, fra l’altro già danneggiato, bensì soprattutto quello di
intervenire con danneggiamenti e destabilizzazioni, per fare ricordare o fare
sapere, a vecchi o a nuovi interessati ed al sottoscritto, che il palazzo non
è disponibile ad essere negoziato, e che ogni trattativa verrà ostacolata e resa
vana. Infatti ogni “incursione” che il palazzo subisce, oltre a diminuirne il
valore, costringe a riprendere le trattative, e ancor peggio induce ogni
investitore a desistere e, ovviamente, a preferire di impiegare il proprio
capitale, in beni di certo più “tranquilli” anche se siti nello stesso paese.
Non pare infatti reale che a Vittoria non si effettuino compravendite da
quando (circa 30 anni) il palazzo è posto in vendita.
E’ qui opportuno porre in rilievo, a supporto dell’ipotesi
avanzata, che gli “ignoti”, nell’ultimo “furto” del 3 Giugno 2005, hanno
anche trafugato l’unica cosa mobile rimasta all’interno dell’edificio e
ignorata in tutti i numerosi precedenti “furti”, e cioè tutti “i documenti
antichi” riguardanti il patrimonio della Famiglia.
L’interessamento per tale tipo di refurtiva si era già
verificato unicamente nel furto di cui alla denunzia del 14/23-02-1994.
Infatti i soliti “ignoti”, in tale occasione, avevano fra l’altro asportato
numerosi e voluminosi faldoni e scatoli contenenti “documenti antichi e di
amministrazione”, solo apparentemente banali e privi di alcun valore
commerciale.
Ed ancora negli ultimi tempi, in concomitanza della
realizzazione di un sito INTERNET - creato dal sottoscritto nel Giugno 2004,
sia per valicare la perseverante indifferenza dei locali operatori del
settore verso tutti i propri beni e sia per dare maggiore risonanza alla
volontà del sottoscritto e della di lui moglie di vendere (o affittare o
permutare) gli immobili in esso descritti - gli atti criminosi sono ripresi,
così creando preoccupazioni, timori e perplessità, soprattutto in chi
manifestava o avrebbe potuto manifestare interesse alla proposta. Tali timori
causano a ragione l’interruzione delle trattative in corso.
Si evidenzia che il palazzo è posto in vendita da circa 30 anni
e a tale scopo sul portone tutt’ora affisso, in alto, il vecchio cartello
“VENDESI” sbiadito, ma il numero di telefono, negli ultimi tempi, è stato
ripassato da “ignoti” in maniera da rimanere ben visibile a tutti, col chiaro
intento di schernire il sottoscritto, significandogli spavaldamente di essere
certi che lo stesso non riuscirà a negoziare in alcun modo né il palazzo né
gli altri immobili facenti parte del suo patrimonio.
Successivamente, nei primi mesi del 2005, il sottoscritto ha
modificato la superiore offerta del 2004 (che riguardava la vendita), con una
nuova riguardante la “donazione in cambio di una decorosa e garantita rendita
vitalizia”, inviandola numerosa via e-mail (alcune anche a Vittoria), e
riscuotendo notevole interessamento. Ciò ha fatto fortemente aumentare il
numero degli interessati (alcuni di Vittoria), facendo di conseguenza
vacillare la sicurezza degli “ignoti” di poter riuscire a controllare ed
impedire le negoziazioni, per cui sono proporzionalmente aumentati e
inaspriti anche gli atti criminosi di danneggiamento e progressiva
destabilizzazione, al fine di meglio fare capire e mantenere attuale il
messaggio da tempo inviato: stare lontani da tutto l’intero patrimonio del
sottoscritto.
La superiore offerta ha fatto sorgere il dubbio, agli ignoti,
che il sottoscritto potesse riuscire a negoziare il palazzo e, di
conseguenza, non avrebbero più potuto continuare a “disporre” a loro
piacimento del palazzo, per cui hanno contestualmente, ripreso a trafugare i
suddetti documenti antichi riguardanti il patrimonio della Famiglia, riposti
in un baule antico che per molti anni è riuscito ad attraversare indenne
tutte le occupazioni degli “extracomunitari”, le scorribande dei “vandali”,
le incursioni degli stessi “ladri”, di cui è stato oggetto il palazzo. Il
baule è tutt’ora al suo posto, però svuotato del suo contenuto.
Tali documenti, apparentemente di nessuna utilità, sono invece
di estrema importanza per lo scrivente, in quanto riguardanti (a titolo
esemplificativo perchè impossibile elencarli tutti): compravendite, servitù
attive e passive, titoli di proprietà, concessioni, contratti, scritture
private, appalti, inventari, ecc.
Il trafugamento di tutti i detti documenti (alcuni dei quali
anche di molto antecedenti al 1700) ha già arrecato, arreca ed arrecherà allo
scrivente, specie nell’attuale situazione di negoziazione di tutto il
patrimonio immobiliare (suo e della moglie), gravissimo palese nocumento.
Alla luce di quanto fin qui esposto (e di ciò che di seguito si
dirà) appare ancor più evidente che tutti i sopra detti atti criminosi, non
sono semplici “furti”, ma atti tutti mirati ad uno scopo ben preciso:
essenzialmente impedire al sottoscritto la “libera negoziazione” dell’intero
suo patrimonio praticamente “confiscato” dagli ignoti ideatori del detto
progetto criminoso, considerando compresa, in esso patrimonio, la parte di un
fondo acquistata (14-01-1999) dalla attuale consorte prima delle nozze.
Acquisto che, essendosi verificato durante la “confisca” del patrimonio,
appare non gradito agli ignoti ideatori del detto piano criminoso. Per tale
motivo, anch’essa è infatti costretta assurdamente a sottostare ai voleri
degli ignoti, subendo l’identica sorte toccata al marito, con la conseguente
distruzione dell’esistenza di entrambi, tenendoli “sotto pressione” per
vieppiù fiaccarne e ridurne le capacità di reazione, procurando il loro
crollo fisico, morale e finanziario.
E’ qui opportuno fare rilevare che un immobile - venduto dal
procuratore speciale dell’epoca (avv. Sebastiano Zorzi) durante una
prolungata assenza del sottoscritto - non ha invece subito la stessa sorte
dell’acquisto fatto dalla consorte. Infatti tale immobile, pur essendo stato
anch’esso oggetto dell’attenzione dei “ladri” e pur essendo stato trasferito
contenente ancora mobili e cose varie, dopo la vendita non ha più subito
“furti”.
E’ inoltre necessario porre in rilievo che, durante il periodo
in cui l’avv. S. Zorzi è stato procuratore del sottoscritto mentre questo e
la consorte erano assenti per il detto prolungato periodo (1995/1996), anche
i “furti” che riguardavano il palazzo, presentano una significativa
interruzione nella loro cadenza: i principali oggetti delle intimidazioni (il
sottoscritto e la moglie) non erano in condizione di ricevere il “solito
messaggio” e pertanto era inutile “rubare”. Infatti, durante la prolungata
assenza, si è riscontrata similare interruzione anche nel fondo “Tremolazza”,
con la sola eccezione di un unico danneggiamento, denunziato dallo stesso procuratore,
nel primo periodo del suo incarico. La “quiete” perdura sino al rientro del
sottoscritto e della consorte, avvenuto verso la fine del 1996, e poi tutto
riprende.
L’intervento del Prof. Campo ha di certo momentaneamente
impedito il realizzarsi e l’ampliarsi di tali singoli atti, che ora appaiono
far parte di un più ampio e preciso progetto criminoso, che ovviamente non è
da addebitare soltanto ai semplici criminali esecutori manuali degli atti
stessi. Altri numerosi elementi concorrono a vieppiù avvalorare la tesi sopra
prospettata.
E’ da tenere presente che il primo furto con scasso, risalente
al Maggio 1977, aveva riguardato soltanto l’asporto parziale ma di grande
quantità di mobili, suppellettili, oggetti e biancheria antica (fu appurato,
nelle indagini eseguite dai CC, che furono necessari 15 giorni di continuo
“lavoro” e l’impiego di tre camion per asportare la refurtiva; detta attività
fu ritenuta, dai “distratti” vicini, essere un trasloco effettuato dal
sottoscritto). All’anzi detto primo furto ne seguirono analoghi, la cui
cadenza però si era andata diradando nel periodo successivo, fino a cessare
quasi totalmente per alcuni anni.
Infatti, fino al 1988/1989, il palazzo, rimasto ancora corredato
di mobilio, suppellettili e altri oggetti di valore, veniva normalmente
utilizzato per ospitare numerose comitive di amici durante i quattro mesi
estivi, e per il rimanente periodo, veniva discontinuamente abitato o
quantomeno visitato con regolarità pressochè settimanale dal sottoscritto e
la di lui consorte.
E’ invece, dalla fine degli anni ’80 e dagli inizi degli anni
’90, che si manifesta nettamente l’ampio disegno criminoso che tutt’ora
interessa l’intero patrimonio del sottoscritto e della di lui moglie:
riprendono a verificarsi le “attenzioni” degli ignoti per detto stabile,
questa volta però in maniera oltremodo eclatante; si intensificano, si
ampliano diversificando gli obbiettivi e si verificano atti di intimidazione
e/o minacce nei confronti del sottoscritto.
Risale a questo periodo un episodio alquanto singolare: il
trafugamento di tutto ciò che era nella cucina, che venne completamente
svuotata di tutto; in quell’occasione gli ignoti portarono via finanche
piatti, bicchieri e posate di plastica, piccole confezioni di alimenti già
aperte, e anche tutte le scope e gli stracci per pulire, ivi presenti.
L’invito a non dimorare più nel palazzo chiaro.
In un’altro dei “furti” con scasso fu approntata la simulazione
di un “altarino” con due antichi lumi posti ai lati della scrivania e al
centro un crocifisso poggiato su un’antica doppia calamariera.
Sia i lumi che la calamariera non furono asportati, nonostante
il loro piccolo ingombro e il loro alto valore: in quella occasione, dovevano
servire al solo precipuo scopo di intimidire e minacciare.
Un’altra volta, su un divano, fu approntata una “arca sepolcrale
con urna vuota, il cui coperchio era significativamente riposto a lato”. “L’
arca sepolcrale con urna”, fissata in una foto coeva, è stata riscontrata in
occasione del furto subito il 16 aprile
Dei primi due su detti episodi (“altarino” e “arca”) riscontrati
nel palazzo, non è stata fatta specifica menzione nelle denunzie in quanto,
allora, fu ritenuto (anche dai militari che eseguirono i sopralluoghi)
trattarsi di scherzi a cui non dare alcuna importanza. In quei momenti
infatti, in mezzo al più completo disordine, l’attenzione del derubato e
delle forze dell’ordine era interamente presa dall’accertamento degli oggetti
e del mobilio asportati.
Si fa presente che il complessivo valore commerciale di quanto
fin’oggi asportato supera di molto il miliardo di lire. Il danno patrimoniale
subito è oltremodo rilevante, nulla essendo stato mai recuperato.
Contemporaneamente (fine anni ’80 e inizio anni ’90) ai detti
fatti riguardanti il palazzo, accadevano fatti analoghi, in altra di lui
proprietà (fondo “Tremolazza”), fra l’altro soggetta alla maggiore
sorveglianza da parte dell’Ente Gestore della “R.N.O. Pino d’Aleppo” della
quale detta proprietà fa parte, quali: incendi dolosi; abbattimento costante
e continuo di parti dei fabbricati; tetti destabilizzati; buchi nelle pareti
e manomissione di portali e stipiti ad altezza accessibile solo a mezzi
meccanici cingolati muniti di braccio; abbattimento direzionato dei pilastri
sostenenti le sbarre di accesso al fondo, impedendo il transito; vari
sbarramenti, eseguiti con spostamenti di terra a mezzo di grossi mezzi
meccanici e/o con grossi massi, tutti volti ad impedire l’accesso a parte del
fondo e/o la libera circolazione nello stesso; carcasse di auto (rubate?)
poste sempre ad ostacolare e/o impedire l’accesso anche alla fonte dell’acqua
potabile del caseggiato o la circolazione nel fondo; distruzione di una rete idrica
fissa; estirpazione di grandi alberi di riferimento; spianamento del canale
di irrigazione, lungo c.a. mt. 200, che congiunge l’uscita del sottopassaggio
al casotto motore; eliminazione dell’imbocco dello stesso sottopassaggio sito
nell’alveo del fiume Ippari; distruzione di una galleria ultra bimillenaria
adducente acqua, da sorgenti sotterranee, al laghetto; laghetto, da sempre
alimentato dalle sorgenti perenni site a monte (IGM), che per mesi presentava
invece solo melma, e nel giro di giorni, fu trovato riempito di acqua
biancastra e, sempre dopo pochi giorni vi fu rilevata la presenza di pesci
rossi (mai esistiti nel fondo); riempimento con massi di un stretto pozzetto
a sezione quadrata (circa cm. 60 di lato e profondo mt. 3) sul fondo del quale
esiste una grossa saracinesca per dirigere le acque irrigue, raggiungibile
solo da un uomo con una scala a pioli; creazione di un fossato lungo circa
mt. 200, profondo e largo c.a. mt. 2, che isola una rilevante parte del fondo
dalla rimanente proprietà; ecc.
In riferimento ai suddetti sbarramenti, alcuni sono realizzati
in maniera tale da rendere inaccessibile solo al sottoscritto (ma non anche
ai vicini), buona parte del fondo detto “Tremolazza Nuova” o “di Sopra”.
Tutti i fatti fin quì riportati sono riscontrabili sia nelle
denunzie sporte dal sottoscritto il 16-04-1991; 28-07-1992; 05-08-1992;
29-10-1992; 8/13-05-1993; 27-12-1993 (dall’avv. S. Zorzi quale procuratore);
14/23.02-1994; 14/20-04-1994; altra denunzia senza data precisa
(Gennaio?1995) presentata dall’avv. S. Zorzi; 08-01-1997; 31-12-1997;
14-01-1998; 21-09-1999; 03-02-2000; 05-06-2004; 03-03-2005; sia nelle
numerose perizie asseverate, ben corredate di eloquenti foto, fatte redigere
dal sottoscritto, sin dal primo atto di danneggiamento del 5 agosto 1992 e
susseguitesi fino agli ultimi tempi, seguendo il verificarsi dei fatti più
gravi, e sia anche in altro “materiale” in possesso dello scrivente. Alcuni
effetti sono tutt’ora visibili in loco.
Ancora, in data più recente, il sottoscritto ha sporto pure a
Catania, ulteriore denunzia (8 gennaio 1998) per minacce di morte e per
molestie (negli anni sono state innumerevoli le telefonate di disturbo,
effettuate anche a raffiche). A tale minaccia di morte, ricevuta
telefonicamente il 6 gennaio 1998, ne fece seguito una seconda a solo sei
giorni di distanza (12 gennaio 1998). Entrambe le minacce sono precedute
rispettivamente dalle denunzie del 31 dicembre 1997 (RG) e dell’8 gennaio
1998 (CT) e in entrambe fu usata la parola “sbirru”, di certo a significare
“delatore”, non avendo gli “ignoti” gradito la presentazione delle due dette
denunzie.
In seguito alla minaccia di morte ricevuta il 6 gennaio 1998,
nello stabile dove il sottoscritto abita con la moglie in Catania, si
verificarono due incendi, uno dei quali nell’appartamento sito esattamente
sotto quello occupato dallo scrivente.
Si tralascia di elencare altri numerosi atti criminosi che si
verificano sempre negli ultimi tempi nel fondo Tremolazza (p. es.:
coltivazioni di droga, continui pascoli abusivi), in quanto apparentemente
non tutti sembrano riconducibili allo stesso disegno criminoso, pur
sortendone gli stessi effetti: dissuadere qualsiasi interessato.
Anche il fondo “Raffoscolaro” (altra proprietà del sottoscritto
distante solo mt. 500 dal fondo “Tremolazza”), pur essendo rimasto escluso
dagli atti criminali sopra detti, non ha avuto miglior fortuna per la sua
negoziazione, seguendo in ciò la stessa sorte degli altri immobili. In tal
modo si evidenzia ancor più l’esistenza del vasto e preciso progetto
criminoso riguardante tutte le proprietà del sottoscritto e della di lui
moglie.
I suddetti numerosi atti di danneggiamento, compiuti col
precipuo scopo di impedire le vendite riguardanti il fondo “Tremolazza”
(prima appartenente interamente al sottoscritto e poi anche alla moglie),
ripetono esattamente quelli di cui nel contempo era oggetto anche il palazzo,
e sono, a loro volta, concomitanti con l’inizio delle intimidazioni e delle
minacce di morte fatte al sottoscritto, una delle quali, fu ricevuta tramite
telefono il 23 settembre 1992.
Con essa gli si vietava di venire a Vittoria per qualsivoglia
motivo, pena “la pelle”, ed infatti, ogni qualvolta il sottoscritto vi si
doveva necessariamente recare, per svolgervi almeno le più indispensabili
attività riguardanti le proprietà (ed anche per motivi giudiziari), riceveva
puntualmente “la punizione”, consistente in “furti” e/o danneggiamenti al
palazzo e al fondo “Tremolazza”, ma, come detto, mai al fondo “Raffoscolaro”.
Inoltre, sempre nel fondo “Tremolazza”, accadevano, a totale
insaputa del sottoscritto, anche altri avvenimenti di molto più gravi e più
preoccupanti dei precedenti.
Infatti il fondo “Tremolazza” era all’epoca - cioè sin dall’8
marzo 1989 e fino al marzo 1991 - compromessato e nel possesso discontinuo
dei promittenti acquirenti.
Il primo di tali gravissimi fatti, risaliente ad “un paio di
giorni prima” del 25 settembre 1990 (periodo in cui i possessori del fondo
erano i promittenti acquirenti) di cui il sottoscritto è venuto a conoscenza
soltanto per un articolo apparso sulla stampa il 3 gennaio 1999, riguarda il
rinvenimento, nel fondo “Tremolazza”, del “corpo di un uomo senza vita” (il
pregiudicato Giambattista Giudice). Non è chiaro, nell’articolo a firma G.P.
, se anche “i corpi dei tre giovani crivellati di colpi di arma da fuoco nel
cortile di una vecchia fattoria (non meglio specificata) sita nei pressi di
Scoglitti e da tempo abbandonata”, siano stati rinvenuti nello stesso fondo
“Tremolazza”. Se così fosse gli eventi sarebbero ancor più gravi e per la
loro vicinanza temporale, e per essere diretti anche ai promittenti
compratori che proprio in quel periodo conducevano il fondo in locazione, e
che dall’oggi al domani scomparvero, come si dirà più avanti.
Lo scopo di rendere indisponibile il patrimonio del sottoscritto
e della moglie appare sempre più evidente.
Un altro gravissimo fatto, verificatosi sempre nel fondo
“Tremolazza” agli inizi degli anni ’90, ma successivo al precedente, e dal
sottoscritto appreso sempre tardivamente e solo dalla stampa (con foto),
riguarda il rinvenimento del cadavere di un cane appeso per il collo ad un
albero.
E’ dunque ora possibile ipotizzare che i suddetti gravissimi
fatti determinarono la allora inspiegabile repentina fuga dei possessori del
fondo, che arrivarono perfino ad abbandonare la coltivazione già coi frutti
pendenti e risolvere anche il compromesso in atto, con gravissimo danno
economico per il sottoscritto (e per gli stessi promittenti compratori che
avevano versato caparra e iniziato la pratica con
La repentina scomparsa dal fondo da parte dei promittenti
compratori fu comunicata più tardi, ma senza alcuna motivazione, al
sottoscritto, dal mediatore Francesco Di Martino detto “u cuzzularu”, che,
all’epoca, oltre ad essere incaricato per le vendite era anche incaricato
della sorveglianza e di procurare affittuari stagionali per le proprietà del
sottoscritto.
La fuga dei vari promittenti compratori e delle loro famiglie
dalla località balneare (Scoglitti) dove, (provenienti da San Cono)
dimoravano in casa d’affitto per il periodo estivo, essendo vicinissima al
fondo “Tremolazza” da loro condotto in locazione, e l’abbandono di una vasta
coltivazione (Ha. 20 c.a.) con rilevante quantità di frutti pendenti
(meloni), sono circostanze che, avendo fatto molto scalpore tra gli abitanti
dei centri vicini, di certo non potevano passare inosservate nelle attività
investigative conseguenti al rinvenimento dei suddetti cadaveri in contrada
“Tremolazza”, anche perchè numerose famiglie del circondario, utilizzando
ogni tipo di mezzi, nell’occasione hanno fatto abbondanti provviste dei
meloni abbandonati dai “fuggiaschi”.
Anche questi ultimi anzidetti gravissimi fatti criminosi - pur
se venuti a conoscenza del sottoscritto tardivamente (3 gennaio 1999), in
quanto durante le conseguenti indagini, ovviamente all’epoca esperite (1990),
non ne fu “stranamente” informato - si sono anch’essi rivelati avvertimenti
e/o atti intimidatori, diretti al proprietario, allora inconsapevole, e
consentono di effettuare la loro connessione, anche temporale, con gli
“scherzi” (simulazioni di “altarino” e “sepolcro”) riguardanti lo stabile
sito in Vittoria, che appaiono tutti come atti intimidatori volti a frenare i
tentativi di negoziare il patrimonio.
Alla luce di quanto esposto acquistano un chiaro e sintomatico
significato, anche le recenti sotto riportate circostanze.
A seguito della già citata nuova offerta (donazione) inviata
numerosa per e-mail dal sottoscritto, si sono incrementate anche le
telefonate provenienti da Vittoria, di taluni che, a loro dire, sarebbero
state potenziali acquirenti del su detto palazzo o di altri immobili. Ma, non
appena il sottoscritto comunica di non potersi recare a Vittoria per iniziare
eventuali trattative, vieppiù necessarie e opportune, anche per
l‘interlocutore “interessato”(?), il loro interesse stranamente svanisce, pur
non avendo loro comunicato il prezzo richiesto. Dette telefonate non hanno
alcun seguito. Appare palesemente anomalo che per trattare una negoziazione,
debba essere determinante il luogo dove avere il primo incontro, specie che è
prassi comune che l’interessato all’acquisto (o ad altro) si rechi dal
proprietario. Quanto sopra è accaduto, e accade, con la quasi totalità delle
telefonate ricevute da Vittoria e, talvolta, con alcune di quelle ricevute da
contigui territori. Sporadicamente con quelle provenienti da altri luoghi.
Solo una delle suddette telefonate ricevute da Vittoria, è stata
seguita dall’ovvio contatto personale, avvenuto a Catania, ma purtroppo anche
questa trattativa, pur iniziata con grande entusiasmo dall’interessato, non
ha avuto prosecuzione.
Sembra allora chiaro che anche queste telefonate vogliono
indurre il sottoscritto e la di lui consorte a recarsi la dove gli è tutt’ora
negato pena “la pelle”, per subire l’ennesima “punizione” o anche di peggio,
poiché lo stesso ha continuato a cercare di realizzare le vendite del
patrimonio “confiscato”.
Pertanto la tesi sopra prospettata, dell’esistenza di un più
ampio e ben preciso progetto criminale dietro gli avvenimenti che hanno
interessato e che interessano tutt’ora il patrimonio del sottoscritto e della
propria consorte, a partire dalla fine degli anni ‘80, inizio anni ’90, appare
più che fondata. Essa è confortata anche dal convincimento dei vari
professionisti ( ignari di tutte le altre “vicende”), i quali, negli atti da
loro liberamente compilati, indicano gli accadimenti denunziati dal
sottoscritto, non come semplici furti, ma atti aventi caratteristiche
diverse.
Invero l’esistenza di detto vasto progetto criminale dietro a
quelli che invece venivano sistematicamente classificati come “atti
vandalici” o “di teppismo” e commessi “da drogati” o “da extracomunitari”,
era stata già compresa dal sottoscritto, il quale, pur consapevole dei rischi
che correva, ha tuttavia continuato, con tenacia e speranza (affrontando
anche ingenti spese) a denunziare circostanziatamene tutti gli atti criminosi
(o almeno quelli dei quali aveva notizia e solo quelli che potevano apparire
tali anche ad altri, prodigandosi per evidenziare il loro “salto di
qualità”), compiuti contro il medesimo e la consorte. Ciò, non solo senza
riscuotere alcuna “solidarietà” da chicchessia, ma, tra la generale indifferenza,
ha subito anche un quasi totale isolamento, ricevendo inoltre accuse
opportunistiche e pretestuose di manie di persecuzione, di essere un
attaccabrighe o quant’altro.
A tal proposito il sottoscritto esplicitamente precisa che,
negli anni (con inumano, continuo, costante e occulto lavorio), gli è stata
spietatamente e vigliaccamente fatta “terra bruciata attorno”, al punto da
non fargli trovare nessuno che voglia prendersi cura di tutte le necessarie
e/o indispensabili incombenze che lo riguardano anche personalmente, o che,
trovandoli, si defilano immotivatamente, nel giro di giorni (ditte hanno
anche disdetto l’invio di mezzi meccanici per eliminare gli sbarramenti che
impedivano l’accesso a una cosistente parte del fondo che tutt’ora rimane
irraggiungibile).
Purtroppo ancora oggi “i soliti ignoti non hanno né corpo, né
volto, né un logico movente” per tutti i numerosi reati commessi contro il
sottoscritto, tranne quello dallo stesso fin qui sostenuto: sostanzialmente
rendere in qualsiasi modo indisponibile ed infruttuoso ogni bene del
sottoscritto e della consorte e distruggere pure la loro esistenza.
Infatti in tutti i documenti riguardanti le vicende di cui è
stato oggetto il palazzo ed il fondo “Tremolazza”, vengono usati termini
quali: “atti di teppismo”, “atti vandalici”, “atti commessi da drogati”, “da
extracomunitari”, ecc., ciò per meglio classificare le varie scorribande che,
come già evidenziato, non presentano le caratteristiche di semplici “furti”.
Infatti definire le ultime incursioni semplici furti, anche dopo
l’inizio degli atti di destabilizzazione, è possibile solo se si vogliono
sminuire fatti ed eventuali colpe.
E’ anche determinante, per la fondatezza della tesi sopra
evidenziata, che non si può non rilevare la contemporaneità e l’intreccio dei
fatti compiuti da ignoti nel fondo, con quelli compiuti, sempre da ignoti,
nel su detto palazzo di Vittoria. Un “furto” con scasso riguardante
quest’ultimo, regolarmente denunziato, coincide con un atto di danneggiamento
compiuto esattamente nello stesso giorno (5 agosto 1992) nel fondo
“Tremolazza”, e qui di seguito evidenziato:
“Il sottoscritto, il 5 agosto 1992, si era spostato da Catania
per raggiungere il fondo “Tremolazza”, dove doveva partecipare ad un
sopralluogo, in compagnia del tecnico dott. Giovanni Licita, al fine di
stabilire come meglio riattivare il fondo abbandonato dai suddetti
promittenti compratori. Ivi giunti venivano però riscontrati atti di grave
danneggiamento, per cui si dovette cambiare programma e procedere alle necessarie
conseguenti rilevazioni. Ultimato tale sopralluogo (primo di molti altri
simili), il sottoscritto, prima di fare rientro a Catania passava, nella
stessa mattinata (5 agosto 1992), dal palazzo di Vittoria ed ivi riscontrava
il suddetto “furto” con scasso.
Infine si denunzia un episodio di manifesta violenza privata,
culminante nel tentativo di procurare gravi lesioni o altro (?), posto in
essere il 31 agosto del 1992 alle 16,30 circa, da un gruppo di circa 12
persone con 3 mezzi, che sbarravano l’uscita del fondo ”Tremolazza.
In tale data, il sottoscritto e la di lui consorte, si erano
recati, alle 14,30 circa, nel fondo per ivi incontrarsi la seconda volta col
detto dott. Giovanni Licita (che venne in compagnia del figlio Orazio) per
meglio rilevare i danneggiamenti già constatati il 5 agosto 1992, ed ivi
giunti, trovavano la parte di proprietà già danneggiata, e solo questa,
incendiata. Eseguita una nuova ispezione e altre brevi rilevazioni con scatto
di nuove foto, alle 16,15 circa, essendo pronti per il rientro, il
sottoscritto e la di lui consorte partivano dal caseggiato, anticipando di
circa 10 minuti l’auto del dott. Licitra. In prossimità della fine della
stradella poderale, il sottoscritto e la consorte trovarono l’uscita bloccata
da tre mezzi (moto, vettura e fuoristrada?) che impedivano completamente ogni
passaggio. Dopo qualche minuto si vide, nella zona boschiva sottostante e
attigua alla stradella, un gruppetto composto da quattro donne, per lo più
ragazze in tenuta da mare, e da un uomo, che sembravano “passeggiare” in
senso inverso a quello dell’auto, cercando di aggirarla da dietro. L’uomo
tentava vanamente di tenere nascosto un fucile subacqueo carico.
Nello stesso momento improvvisamente un giovane si avvicinò allo
sportello destro dell’auto (lato occupato dalla consorte) parzialmente
introducendovisi, arrogantemente e a mo’ di scherzo.
Il sottoscritto, senza scendere dall’auto, chiedeva ripetute
volte che venisse liberato il passaggio. Nel frattempo l’uomo col fucile
aveva quasi finito di aggirare l’auto. Solo quando il sottoscritto faceva
presente che altre vetture lo seguivano, il giovane tirava fuori la testa e,
avendo di certo sentito il rumore dell’auto del dott. Licita che
sopraggiungeva, immediatamente diceva qualcosa e, dai cespugli, dagli alberi,
da dietro il muro, saltavano fuori circa 7-8 ragazzi, che in pochi secondi
spostavano i tre mezzi. A ciò assistettero anche il dott. Licita e il figlio,
che, rendendosi conto di ciò che era accaduto, “invitò” il sottoscritto ad abbandonare
subito i luoghi. Il sottoscritto potè solo rilevare la targa (RG – 263230) dell’ultima auto
(fuoristrada?) e solo di questa. Il dott. Licita ripartì soltanto quando vide
ripartire il sottoscritto.
Infine, l’ultima denunzia riguardante il palazzo, sporta nella
recente data del 3 marzo 2005 dal sottoscritto presso
Al momento è assai difficile per il sottoscritto poter
quantificare tutti i danni (anche morali ed esistenziali), diretti e
indiretti, subiti e subendi, scaturenti da tutte le su esposte circostanze.
Essendo il sottoscritto nella impossibilità di recarsi a
Vittoria, oltre che per motivi di salute anche per le note minacce, non è in
grado di constatare altri eventuali danni all’immobile, oltre a quelli già
sopra evidenziati, e pertanto propone formale querela e
DENUNZIA
contro ignoti allo Spett.le Comando Carabinieri di Vittoria e
alle altre Autorità in indirizzo, per i superiori gravissimi fatti, affinché
vengano assicurati alla Giustizia tutti i responsabili degli atti criminosi
sopra detti, e chiede a ciascuno per la parte di propria competenza:
- che vengano adottati tutti i provvedimenti di competenza a
tutela della incolumità del sottoscritto e della moglie;
- che il Signor Procuratore in indirizzo, laddove nei fatti
narrati siano riscontrabili reati perseguibili d’ufficio, inizi i relativi
procedimenti;
- al Signor Prefetto in indirizzo, oltre agli opportuni
provvedimenti di competenza in materia di pubblica sicurezza e sorveglianza
del territorio, si chiede l’annullamento della delibera sindacale di cui
sopra con la quale si inibisce al sottoscritto l’accesso alla legittima
proprietà.
Il sottoscritto si rende disponibile ad essere ascoltato per
maggiori chiarimenti, e a fornire tutto il materiale in suo possesso
comprovante i fatti denunziati.
Ci si riserva la costituzione di parte civile nei termini e
forme di legge.
Si chiede di essere informati in caso di richiesta di
archiviazione o di proroga del termine per le indagini preliminari, ai sensi
di legge.
Con osservanza.
Catania, 2/6 Agosto 2005
Giovanni Battista Pancari
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