ADDIO CALCIO CRUDELE
Stili di gioco
Nella
scena più impressionante di Zero
a Zero uno dei protagonisti ricorda il periodo di depressione
successivo all'infortunio che ha determinato la fine della sua carriera di
calciatore. A inizio film lo abbiamo visto bambino segnare un gol e farsi
sollevare per le braccia dal padre in tribuna. Poi lo abbiamo visto segnare il
gol della vittoria della finale del campionato Allievi Nazionali su passaggio
di Totti, con addosso la maglia numero 10 che sarebbe potuta restare sua e non
di Totti.
Si
chiama Daniele Rossi e nel presente del documentario—girato nel 2012 e in
attesa di essere acquistato—è seduto in una stanza buia di casa sua e sta
raccontando di come ci sente quando non si può fare l'unica cosa che si sa
fare. Racconta di quando dalla disperazione ha rotto una porta a vetri con una
testata e dice cose come: "Mi ricordo che c'era il fattore di buttarsi
dalla finestra. Che però vivevo al primo piano e mi dicevo: porca mignotta, se
mi butto dalla finestra e non m'ammazzo, soffro il doppio."
Zero a
Zero racconta tre ex giovani promesse calcistiche sfumate quando
sembrava ce l'avessero già fatta, senza retorica e senza trarre nessuna
conclusione. Ho deciso di intervistare Paolo Geremei, l'autore, per saperne di
più.
Marco
Caterini era il portiere della Nazionale Under 16, ha giocato da titolare un
Europeo e Buffon faceva la panchina. Al momento di diventare professionista ha
rifiutato una destinazione, una Serie D troppo lontana da Roma e dal calcio che
conta. Adesso anche se è diventato geometra dice che secondo lui, se si
allenasse seriamente, potrebbe ancora giocare in Serie A.
Anche
Andrea Giulii Capponi faceva il portiere, alto, biondo con gli occhi azzurri,
sicuro di sé. Era andato in trasferta con la prima squadra a Madrid e in ritiro
estivo con Mazzone, ma i ritardi e un carattere difficile lo hanno ostacolato.
Ora lavora in una gastronomia al Vaticano. A un certo punto del film,
ripensando alla sua storia, dice che se sei un ragazzo determinato "un po'
di strafottenza" non guasta.
Nel
documentario ci sono dettagli come questi e scene crudeli che se il film non
fosse un'operazione anti-retorica sul successo e il fallimento potrebbero
addirittura sembrare sadici. C'è una scena girata a Trigoria, con Daniele e
Marco che guardano le giovani promesse di oggi allenarsi. Ci sono i loro
genitori. C'è Ezio Sella, che li ha allenati, che dice: "Nel calcio non ti
devi aspettare niente da nessuno. Sei solo." C'è un Bruno Conti triste:
"A volte anche in quelle fasce di età lì non è facile selezionare o
decidere chi può andare avanti, perché a volte vanno anche fatte delle
scelte."
VICE:
Paolo, potresti raccontarmi la storia del progetto? Mi ricordo che eri in moto
fermo al semaforo a Monteverde e hai intravisto Andrea Giulii Capponi che era
un tuo conoscente...
Paolo Geremei: Era una specie di mito per me all'epoca, dai tempi del liceo. Avevamo un amico in comune che mi diceva: “Ero in campeggio con Andrea, ci ha lasciati di corsa perché aveva la partita con l'Italia... Andrea mi ha regalato la tuta dell'IP della Nazionale... Andrea m'ha chiamato da Fiumicino perché sta andando a Madrid coi giocatori della Roma e tutti che si comprano cinte di pitone, il Rolex... Andrea in ritiro ha dormito in stanza con Giannini.” Poi passano gli anni, passo al semaforo e dico “Madonna Mia, Capponi.” Mi sono fatto dare il numero e l'ho chiamato. Lui poi mi ha detto che era convinto fosse uno scherzo.
Paolo Geremei: Era una specie di mito per me all'epoca, dai tempi del liceo. Avevamo un amico in comune che mi diceva: “Ero in campeggio con Andrea, ci ha lasciati di corsa perché aveva la partita con l'Italia... Andrea mi ha regalato la tuta dell'IP della Nazionale... Andrea m'ha chiamato da Fiumicino perché sta andando a Madrid coi giocatori della Roma e tutti che si comprano cinte di pitone, il Rolex... Andrea in ritiro ha dormito in stanza con Giannini.” Poi passano gli anni, passo al semaforo e dico “Madonna Mia, Capponi.” Mi sono fatto dare il numero e l'ho chiamato. Lui poi mi ha detto che era convinto fosse uno scherzo.
Come
uno scherzo? Pensava lo stessi prendendo in giro?
Sì sì. Dopo un anno che stiamo in giro col documentario, che abbiamo vinto, che la gente gli chiede, ancora lui ha difficoltà a pensare che uno sia sinceramente interessato. Un'umiltà lontana da quando era un diciassettenne strafottente.
Sì sì. Dopo un anno che stiamo in giro col documentario, che abbiamo vinto, che la gente gli chiede, ancora lui ha difficoltà a pensare che uno sia sinceramente interessato. Un'umiltà lontana da quando era un diciassettenne strafottente.
Tornando
alla storia del progetto: tra i motivi secondari c'è che stavo facendo un
documentario con una regista francese che mi chiede se ci sono film in Italia
che parlino bene di cibo o calcio. Due passioni italiane, no? Se ci pensi film
famosi degli ultimi vent'anni che parlano di cibo o calcio non ce ne sono. A
parte l'Uomo in Più,
per me. Possibile che non si riesca a raccontare il calcio?
E dopo
Giulii Capponi, come hai trovato gli altri?
Ho iniziato a chiedere in giro, ho conosciuto diversi giocatori. Ricordo Laureti, Bordacconi ex Roma, Iannuzzi—uno che giocava alla Lazio, molto forte pare, andò anche al Milan. Qualcuno poi mi diede il numero di Daniele Rossi e Daniele mi ha dato il numero di Marco Caterini. Giocavano insieme a calciotto. Ci ho messo più di un mese per capire chi intervistare.
Ho iniziato a chiedere in giro, ho conosciuto diversi giocatori. Ricordo Laureti, Bordacconi ex Roma, Iannuzzi—uno che giocava alla Lazio, molto forte pare, andò anche al Milan. Qualcuno poi mi diede il numero di Daniele Rossi e Daniele mi ha dato il numero di Marco Caterini. Giocavano insieme a calciotto. Ci ho messo più di un mese per capire chi intervistare.
Perché
hai scelto proprio loro, perché giocavano insieme?
No, questo per me è stato un problema. Poi due portieri, vai a spiegare che Caterini era titolare, poi arriva Capponi che però era secondo semestre del '77 per cui all'inizio secondo dietro a Marco, e alla fine così bravo che anche lui va in Nazionale. In fase di scrittura avevo un dubbio sul fatto che fossero tutti e tre della Roma e che due fossero portieri. Poi è stato un vantaggio, perché essendo amici si è creato un coinvolgimento maggiore in tutto il film. Se avessi potuto scegliere lì per lì non li avrei scelti della stessa annata.
No, questo per me è stato un problema. Poi due portieri, vai a spiegare che Caterini era titolare, poi arriva Capponi che però era secondo semestre del '77 per cui all'inizio secondo dietro a Marco, e alla fine così bravo che anche lui va in Nazionale. In fase di scrittura avevo un dubbio sul fatto che fossero tutti e tre della Roma e che due fossero portieri. Poi è stato un vantaggio, perché essendo amici si è creato un coinvolgimento maggiore in tutto il film. Se avessi potuto scegliere lì per lì non li avrei scelti della stessa annata.
Quanto
alla storia in sé, forse la cosa che rende crudele il documentario è che per
una cosa del genere non esiste riscatto. Quel loro talento non lo hanno
sviluppato, poi ne avranno altri, ma quello è rimasto lì.
Daniele dice: “Il calcio è il mio modo di esprimermi.” Pensa se a te ti tolgo il tuo modo di esprimerti. Quindi è crudele, lo so: la mia sceneggiatrice dice che non ho avuto pudore. Però è perché la vita è così. Mi sento un po' cinico a voler mettere il dito nella piaga. Con tutto che loro mi ringraziano, hanno parlato per ore, siamo diventati amici, per cui ben venga il mio cinismo. E infatti il film finisce con Marco che dice: "Lo rifarei." Per quattro volte. Ma ogni tanto capita che ci pensi...
Daniele dice: “Il calcio è il mio modo di esprimermi.” Pensa se a te ti tolgo il tuo modo di esprimerti. Quindi è crudele, lo so: la mia sceneggiatrice dice che non ho avuto pudore. Però è perché la vita è così. Mi sento un po' cinico a voler mettere il dito nella piaga. Con tutto che loro mi ringraziano, hanno parlato per ore, siamo diventati amici, per cui ben venga il mio cinismo. E infatti il film finisce con Marco che dice: "Lo rifarei." Per quattro volte. Ma ogni tanto capita che ci pensi...
Mi
sembra che loro siano consapevoli della crudeltà di fondo. Voglio dire, Daniele
ha il grafico del ginocchio sull'armadio.
Gliel'ho chiesto, gli ho detto: “Daniele sei matto che ti tieni un ginocchio là attaccato.” È un regalo di un suo amico e Daniele mi spiegava: “Vedi com'è complicato? Complicato come è un cervello, per cui forse è normale che sono impazzito.” Però dice che alzarsi tutte le mattine e vederlo lì sull'armadio non gli fa effetto. E io ci credo.
Gliel'ho chiesto, gli ho detto: “Daniele sei matto che ti tieni un ginocchio là attaccato.” È un regalo di un suo amico e Daniele mi spiegava: “Vedi com'è complicato? Complicato come è un cervello, per cui forse è normale che sono impazzito.” Però dice che alzarsi tutte le mattine e vederlo lì sull'armadio non gli fa effetto. E io ci credo.
Così si
spiega anche la scena a Trigoria. Mi chiedevo come avessi fatto a farli
accettare.
Ho chiesto a ciascuno dove voleva essere intervistato. Andrea mi ha detto nel campo in terra di San Pancrazio, dove ha cominciato. Marco alla Borghesiana dove ha fatto il primo ritiro con l'Italia e Daniele al campo della Primavera a Trigoria. E quello stesso giorno è venuto anche Marco, col figlio. E c'è quell'immagine, loro che guardano il campo come se guardassero il mare... Quando ho detto a Giulii Capponi: “Oh Andre', loro si fanno intervistare a Trigoria,” lui mi ha fatto: “Non ti azzardare a chiedermelo che io non ci andrò mai.”
Ho chiesto a ciascuno dove voleva essere intervistato. Andrea mi ha detto nel campo in terra di San Pancrazio, dove ha cominciato. Marco alla Borghesiana dove ha fatto il primo ritiro con l'Italia e Daniele al campo della Primavera a Trigoria. E quello stesso giorno è venuto anche Marco, col figlio. E c'è quell'immagine, loro che guardano il campo come se guardassero il mare... Quando ho detto a Giulii Capponi: “Oh Andre', loro si fanno intervistare a Trigoria,” lui mi ha fatto: “Non ti azzardare a chiedermelo che io non ci andrò mai.”
Io non
lo avrei fatto, forse tra dieci anni. Marco è venuto—ha detto “Vengo mi fa
piacere, rivedo tutti”—però magari ha ragione lui. Adesso si ricorderà di Bruno
Conti che scendeva dall'ufficio gridando: “Aaaaa Caterini” e che se l'è
abbracciato come un figlio. Quindi magari ha fatto bene lui. O magari ha
esorcizzato... è stato molto catartico.
A
proposito di Conti ed Ezio Sella, che dice quella cosa: “Nel calcio sei
solo...”
È vero che Ezio Sella dice questa cosa, però racconta anche tutta la storia di Andrea. La cosa che mi ha sorpreso è che si ricordavano tutti benissimo di loro.
È vero che Ezio Sella dice questa cosa, però racconta anche tutta la storia di Andrea. La cosa che mi ha sorpreso è che si ricordavano tutti benissimo di loro.
Ti dico
una cosa che però è fuori dal documentario, l'ha detta Ezio. Ha detto più o
meno che comunque poi nella vita quello che semini raccogli. Io non l'ho messa
perché avrebbe rischiato di dare un significato preciso a tutto il
documentario. Era un punto di vista molto specifico che rientra nel pragmatismo
di Ezio Sella, di un uomo di calcio, di un allenatore. È un punto di vista tra
i tanti che si possono avere.
E
infatti tu scegli di non dire se secondo te è più colpa loro o della sfortuna o
del sistema. Sapevi dall'inizio che avresti lasciato il significato aperto?
No, l'ho capito dopo e più ci penso più sono contento. Perché se tu spettatore resti con questa ambiguità, e comunque ti sei appassionato, significa che sei vicino all'idea di imperfezione della vita che avevano loro a diciotto anni.
No, l'ho capito dopo e più ci penso più sono contento. Perché se tu spettatore resti con questa ambiguità, e comunque ti sei appassionato, significa che sei vicino all'idea di imperfezione della vita che avevano loro a diciotto anni.
Mi
dicevi che uno dei motivi per cui c'è un po' di scetticismo sul film è che
viene considerato romanocentrico. Anche se il topos del talento fallito è
universale è vero che ci sono dei tratti molto romani. Anche i tre protagonisti
sono molto romani in modo diverso: Daniele che ha talento ma si butta giù,
Marco che non si vuole allontanare da Roma, Andrea che pensa che siccome è
forte può arrivare in ritardo.
Roma può aver influito. Adesso non voglio dire che se fossero nati a Milano sarebbero stati più operativi o... ma credo che la romanità incida in generale. Roma è grande, se e l'hai fatta a Roma psicologicamente pensi di avercela fatta in assoluto. In questo senso Roma non li ha aiutati.
Roma può aver influito. Adesso non voglio dire che se fossero nati a Milano sarebbero stati più operativi o... ma credo che la romanità incida in generale. Roma è grande, se e l'hai fatta a Roma psicologicamente pensi di avercela fatta in assoluto. In questo senso Roma non li ha aiutati.
Anche
le famiglie, almeno quello che vediamo nel film, sono molto romane.
Per me è stato fondamentale vedere le famiglie. La mamma di Marco, che ha quattro o cinque figli, lo lasciava al cancello di Trigoria tipo a scuola, poi stava all'allenatore. Dall'altra parte c'è il papà di Daniele che è totalmente presente. E poi c'è il padre di Andrea che faceva le ramanzine. Io racconto sempre questa cosa perché non puoi neanche accusare i genitori, dici guarda il papà di Daniele, o le parole del papà di Andrea, è servito a qualcosa?
Per me è stato fondamentale vedere le famiglie. La mamma di Marco, che ha quattro o cinque figli, lo lasciava al cancello di Trigoria tipo a scuola, poi stava all'allenatore. Dall'altra parte c'è il papà di Daniele che è totalmente presente. E poi c'è il padre di Andrea che faceva le ramanzine. Io racconto sempre questa cosa perché non puoi neanche accusare i genitori, dici guarda il papà di Daniele, o le parole del papà di Andrea, è servito a qualcosa?
Mi
sembrano famiglie diverse come estrazione, che lavori fanno i genitori?
Un po' dal contesto si deduce. Il padre di Andrea ad esempio che vedi che ha tutti i libri dietro era un ingegnere IBM. Ma Andrea non voleva studiare in nessun modo. Il padre ti racconta sempre questo aneddoto, che lo accompagnava a scuola alle otto e mezza e aspettava che entrasse, poi andava all'uscita e lo vedeva uscire, poi andavano a casa e lo chiamava il professore il pomeriggio e gli diceva che Andrea non era andato a scuola. Lui diceva: “Guardi è impossibile, l'ho accompagnato all'entrata e lo sono andato a riprendere.” Poi parlava con Andrea e gli diceva che lui pur di non andare in classe era stato cinque ore in bagno.
Un po' dal contesto si deduce. Il padre di Andrea ad esempio che vedi che ha tutti i libri dietro era un ingegnere IBM. Ma Andrea non voleva studiare in nessun modo. Il padre ti racconta sempre questo aneddoto, che lo accompagnava a scuola alle otto e mezza e aspettava che entrasse, poi andava all'uscita e lo vedeva uscire, poi andavano a casa e lo chiamava il professore il pomeriggio e gli diceva che Andrea non era andato a scuola. Lui diceva: “Guardi è impossibile, l'ho accompagnato all'entrata e lo sono andato a riprendere.” Poi parlava con Andrea e gli diceva che lui pur di non andare in classe era stato cinque ore in bagno.
Marco
ha diversi fratelli, il padre suppongo divorziato quando era molto giovane,
quindi forse meno presente. La madre invece maestra, e si vede anche, ha questo
fare materno. E Marco adesso fa il geometra. Ma Marco è intelligentissimo,
molto lucido. Lui a 25, 24 anni ha capito, si è detto se questa è la mia passione faccio il
geometra, si è avvicinato anche geograficamente a Roma dalla Sicilia, si è
detto: “Torno, mi faccio il mio campionato vicino a Roma, tre volte
a settimana mi alleno e mi apro l'attività.” È stato il più pratico.
Daniele
invece se vogliamo è stato il meno pratico, forse perché l'ha vissuta come
un'ingiustizia più grande di lui. Bene o male Daniele da Remo si diverte, poi
allena i ragazzi del Milan Camp d'estate. Sta prendendo il patentino da
allenatore per cui comunque secondo me una carriera nel calcio... gliela
auguro, ce la può fare.
Come
hai fatto quella scena in cui Daniele confessa di aver pensato al suicidio?
Per la seconda intervista Daniele mi ha detto, "vieni all'una di notte a casa mia. Tu da solo, al massimo un altro, e facciamo l'intervista." Quindi siamo andati io, l'operatore, che era nascosto dietro di me perché non voleva vederlo, e il fonico col cavo in cucina. All'una di notte. Alle tre e mezza, finita l'intervista, prende e fa: “Ciao ragazzi, io vado.” Daniele esce e restiamo noi tre in silenzio, non sapevamo che dirci, a rimettere a posto le nostre cose, a rimettere a posto le sedie di casa sua.
Per la seconda intervista Daniele mi ha detto, "vieni all'una di notte a casa mia. Tu da solo, al massimo un altro, e facciamo l'intervista." Quindi siamo andati io, l'operatore, che era nascosto dietro di me perché non voleva vederlo, e il fonico col cavo in cucina. All'una di notte. Alle tre e mezza, finita l'intervista, prende e fa: “Ciao ragazzi, io vado.” Daniele esce e restiamo noi tre in silenzio, non sapevamo che dirci, a rimettere a posto le nostre cose, a rimettere a posto le sedie di casa sua.
È
andato a dormire?
È uscito.
È uscito.
Alle
tre di notte, da solo?
Sì.
Sì.
Quello in alto a sinistra è Totti.
Quello a destra è Daniele Rossi.
Quello a sinistra è Marco Caterini. Quello a destra è Buffon
Daniele Rossi oggi con uno dei bambini del Milan Camp
Andrea Giulii Capponi con la tuta dell'Italia.
Segui
Daniele su Twitter: @DManusia
Altro sul
calcio: Stili di gioco
Nessun commento:
Posta un commento