"Impronte digitali sulla mia Anima"
di Marcella Boccia
(Spring Edizioni)
Esce in questi giorni la raccolta poetica di Marcella Boccia
"Impronte
digitali sulla mia Anima", edita dalla Spring, con la prefazione di
Reno
Bromuro.
Parte prima: Impronte e reminiscenze
Parte seconda: Coriandoli e profezie
N. totale componimenti: 121
N. pagine: 88
- In allegato la copertina
- Dedica:
Ad Anna Quanita
che mi ha insegnato la metrica.
A Palmira
che ha aperto il mio cuore alla poesia.
A Mimmo
divenuto coriandoli
in quel giorno di febbraio
di un triste carnevale.
Alla Vita
che ha percosso la mia Anima
lasciandovi, indelebili, impronte digitali…
- Prefazione di Reno Bromuro:
L'intuizione lirica, di questa raccolta di poesie della
giovanissima
Marcella Boccia, non sì cristallizza tutta in immagini, ma ne trascende
la
particolarità nel canto, che le avvolge di un alone aereo,
esprimendone
quella spiritualità più profonda, che la rappresentazione concreta non
basta
a dare.
A chiarire meglio queste osservazioni, e a prevenire l'obiezione di
chi
noterà come nell'analisi sembra che io dia maggiore risalto
all'elemento
pittorico e a quello musicale, ricorderò che il Botticelli fu
chiamato
pittore essenzialmente musicale, perché appunto il fascino dell'opera
sua,
come di quella del nostro poeta donna, non sta solamente nella
perfezione
del verso, nell'eleganza del colorito, ma in quel soffio lirico che
sembra
investire tutte le sue figurazioni: oggetti e colori, sostantivi ed
aggettivi staccati si fondono misteriosamente nella melodia del verso
in
unità ritmiche - musicali.
Provate a scomporre certe strofe di questa raccolta, e vi parrà che,
non
resti altro se non, una teoria di parole affastellate, invece, i
particolari
si unificano in perfetta visione d'insieme; e l'unità stessa delle
liriche
sembra essere come riposta in quell'atmosfera di limpido azzurro,
nella
quale si formano e dileguano rapide le visioni variopinte: niente
d'inafferrabile e misterioso, un atteggiamento costante verso la
realtà;
stato d'animo che è contemplazione, ora beata, ora adirata del mondo.
Contraddizioni apparenti che ci aiutano a penetrare il fondo della poesia
di
Marcella Boccia che, si scopre come continuità nella discontinuità,
ricerca
di toni nuovi ma in sostanziale accordo con una forse, precedente
esperienza.
Più attenta a definire la fisionomia complessiva, la scelta di campo
operata
dal poeta, ed io porrò l'accento sugli elementi innovatori, polemici,
dell'operazione, per mostrarvi una Marcella Boccia incamminata, verso
l'anticipazione della moderna poesia.
Infatti, la raccolta parte da un punto di vista metafisico, come se
l’uomo
si trovasse già sulla cima del Purgatorio, nell’attesa della chiamata
Divina
e godere finalmente quella pace interiore, per non vedere più i
solchi
lasciati sull’anima dalle impronte digitali; per non sentirsi più
incatenata, come Andromeda alla roccia, in attesa di essere liberata
da
Perseo, all’antico carro di Tespi:
«Tutta la mia Vita/su un titanico leggio/Sacerdote in fasce/altare
sconsacrato/Sancta sanctorum/di un popolo ingrato»
La nostra ha individuato la tradizione autoctona, lucidamente,
soprattutto da un punto di vista etico e tematico, prendendo lezione
da
Dante, da Leopardi, da Foscolo, senza disgiungersi dalla salda presenza
d’
autori fondamentali come Shakespeare, Browning e Baudelaire.
«Spalanca le sue fauci/di sapienza scaturigine/Incrocia le gambe il
santo/si
eleva Illuminato/Larvata prigionia/questo ambire libertà»
Il problema non si pone quindi in termini di rottura, ma piuttosto dal
punto
di vista di un confronto fra codice tradizionale e quel complesso di
procedimenti antitradizionali che, sullo scorcio del secondo decennio
del
Novecento, già costituivano in qualche modo un nuovo codice.
In tale modo Marcella Boccia si colloca proprio nel solco della nuova
poesia, caratterizzata esattamente da un programma di rivisitazione;
anche
se manca, purtroppo, un'analisi approfondita della poesia italiana
del
Novecento, e soprattutto un disegno serio e critico riguardante almeno
i
nomi più in vista come quelli di Campana, Saba, Ungaretti, Quasimodo,
Montale, Selvaggi, Saya, e Remil; anche se ogni volumetto di poesia
pubblicato oggi, è sempre preceduto da un'interessante prefazione: non è
il
mio caso.
Oggi per la verità, certi pseudo editori pubblicano libri di poesia
che
tali non sono: sono opere di seconda mano, che svolgono funzione
piuttosto
di disturbo, o, se vogliamo essere sinceri fino in fondo, di zavorra
che
porta a fondo la vera poesia. Non solo, ma manca la discussione, manca
la
serietà a tal punto che sorgono dubbi divertenti; per esempio come mai
si
parla sempre e solo di poeti laureati e mai di poeti emergenti? Per
il
semplice motivo che ho accennato: troppa zavorra.
«Cammino su quel letto/senza esitare/urlando al caldo vento/la
millenaria
paura del buio»
A sbalzi appaiono spunti di un pessimismo solitario che l’autrice non
tenta
minimamente di nascondere, anzi, lo sottolinea, ne rende concreto
l'originalità e non dimentica il suo ruolo di Vate, pur sapendo che non
si
vive solo di poesia, oppure che la poesia è dappertutto, dovunque si
guarda.
Allora cercare, le risposte alle domande principali del nostro tempo,
nella
dimensione poetica del mondo e della vita è sempre più fruttuoso quando
si
cercano sulla faccia delle persone che incontri, negli occhi
terrorizzati
dei bambini, nello sguardo preoccupato dei genitori sull’avvenire dei
figli,
che non cercarle nella terra battuta dai carri armati e assordita dai
fischi
dei missili nucleari ...
Marcella Boccia espone il pregio della sua poetica nella lirica che apre
la
raccolta:
«Come Mosè/cammino sull'acqua della divina follia/Come Isaù/ho venduto
la
primogenitura per andarmene lontano/Come Siddharta/sto meditando di
lasciare
il palazzo/Come Francesco/parlo agli uccelli insonni/E come
Maddalena/mi
innamoro sempre di un nuovo Messia/ogni giorno, ogni ora, ogni
attimo/ad
ogni battito di cuore»
L’incipit della lirica si presenta con una sottile ironia, che lascia
il
lettore sprovveduto perplesso, perché l’ironia cui il Poeta esprime, non
si
presenta chiara e quindi si sentirebbe di dare dell’ignorante al
Poeta;
invece se si sofferma a pensare che la gigantesca figura di Mosè, che
la
nostra ci presenta con ironia direi, pariniana, saprebbe che il Poeta
conosce benissimo la figura di condottiero, riformatore religioso e
legislatore, di Mosè; ma il cielo si schiarisce quando ci si sofferma
a
pensare che Ella è partita col presupposto di dire con veemenza, che
il
computer non può e non deve esistere solo per imprimere impronte
digitali
sulla nostra anima, gioca sul fattore dell’errore inserito nel piccì e
lo
sottolinea; come mette in risalto il fatto che «Isaù», il figlio di Isacco
e
di Rebecca, fratello di Giacobbe si chiama Esaù e che non è stato lui
a
sottrarre la primogenitura, bensì gli è stata sottratta per un piatto
di
lenticchie; come conosce molto bene la storia della raffigurazione di
Siddharta Gautama che il Buddha Blu, volle che fosse raffigurata
nella
posizione della tentazione.
Sono giunto alla conclusione di questo mio breve - lungo viaggio
nella
poesia di Marcella Boccia, dove ho trovato finalmente la speranza; perché
la
sua poesia è in cammino per trovare la fortuna di essere letta come
merita,
perché non è necessario avere la poesia per pane quotidiano, come si
sognava
qualche tempo fa, ma di consumarla almeno per la festa.
Reno Bromuro
- Quarta di copertina
Marcella Boccia nasce a Baia e Latina, un piccolo centro della provincia
di
Caserta, immerso nel verde della campagna alle pendici dei monti del
Matese.
Musicista, in seguito alla maturità classica (e più tardi magistrale),
senza
mai abbandonare gli studi di filosofia (con una naturale
predisposizione
verso quella orientale), studia presso l'Università della musica di Roma
per
perfezionarsi.
Nel 1996 pubblica l'album dal titolo ”Canzoni da ricordare”, col nome
d'arte
di Dafne, poi abbandonato con la nascita delle Sfairos, di cui è leader
e
voce rap.
La produzione poetica è particolarmente vasta negli anni 1996 - 1998,
della
sua permanenza a Roma, prima, e nell'isola di Lampedusa, poi.
Vince il 2° Premio all’Elsa Morante 2003, di Roma, con la seguente
motivazione:
«Poesia che muove i passi nei meandri della memoria e del tempo che
ha
ramificato le radici dell'anima, e camminando sulle impronte digitali
della
sua anima s'è messa tra la vita e la morte, tra la vita che è ormai
lontana
e la morte che minaccia da vicino; tra la storia e la vita
contemporanea
costernata di eccidi per riformare la contemporaneità, mondarla dai
frequenti eccidi. Poesia che si sovrappone alla coscienza del destino e
la
riafferra».
Lo stesso anno vince (ex aequo) la prima edizione del Premio Poeta top
2003,
organizzato da «Poeticamente» votato dal pubblico e da una giuria
tecnica
presieduta da Augusto Giordano, giornalista Radiodue.
Ottiene dall’A.I.A. «Poesia della Vita», l'iscrizione all'Albo d'Oro
«I
Corinti» «per i suoi meriti artistici».
Riceve una menzione speciale al Premio «Parole Nuove, 2004» con la
seguente
motivazione:
«Per i temi affrontati, per le spiccate capacità dimostrate dall'autrice
nel
tradurre in versi le più complicate afflizioni dell'animo, per la
notevole
spiritualità dei versi, questa Giuria, ha deciso di assegnare alla
silloge
intitolata Impronte digitali sulla mia Anima una menzione speciale».
Collabora con numerosi quotidiani campani e riviste nazionali da
quando
aveva sedici anni. E' direttore della rivista «New Age &
Dintorni».
Insegna Yoga e filosofia indiana nella scuola ”Shanti” di Baia e
Latina.
Di prossima uscita il libro «Un'avventura allo Yoga Niketan ashram di
Rishikesh, India» e «Lettere dall'India».
- Componimento che dà il titolo all’opera:
Impronte digitali sulla mia Anima
Odore muto e pungente
Viaggio con leggero bagaglio
a bordo di me stessa
Scorgo impronte sulla mia Anima
che il Passato ha lasciato
con le sue possenti e scarne dita
Faccio un giro di boa
nell'oceano dei ricordi
e mi sovviene l'Evento
un cordone reciso
un pianto
un abbraccio
Odo suoni familiari
Acuto bruciore sulla timida epidermide
il canto della luna di fine gennaio
Angelo caduto
demone divino
ali senza aria
Un bacio sulla bocca
di un'incantata esistenza
vissuta in dormiveglia
Incanto
Mantra
Girasoli
Impronte digitali sulla mia Anima
in perenne viaggio
in questo minuscolo cosmo
Un soffio da ponente
porta via quei ricordi
spettinandomi
Son pronta ad un nuovo inizio
Ricucio il mio cordone
e schiarisco la voce per il mio prossimo vagito
La ragione di un sentimento
a Mimmo
Incessante la pioggia veniva giù
Piangeva il cielo buio e tetro
in quel giorno di febbraio
di un triste carnevale
Recavi nel taschino l’inchiostro di sempre
L’amato quotidiano al tuo fianco
La cravatta del matrimonio
le scarpe nuove e lucide
La ragione di un sentimento
era la ragione della tua vita
Una figlia che volevi magistrato
l’amore per la tua compagna sviscerato
è ciò che hai portato con te
in quel giorno di febbraio
di un triste carnevale
- Alcuni Riconoscimenti alla raccolta
Premio "Nuove parole" (Siracusa, maggio 2004) - menzione speciale
"Per i temi affrontati, per le spiccate capacità dimostrate dall'autrice
nel
tradurre in versi le più complicate afflizioni dell'animo, per la
notevole
spiritualità dei versi, questa Giuria, ha deciso di assegnare alla
silloge
intitolata Impronte digitali sulla mia Anima una menzione speciale".
Premio "Elsa Morante" (2004) - 2° classificato
«Poesia che muove lentamente i passi nei meandri della memoria e del
tempo
che ha ramificato le radici dell'anima, e camminando sulle impronte
digitali
della sua anima s'è messa tra la vita e la morte, tra la vita che è
ormai
lontana e la morte che minaccia da vicino; tra la storia e la vita
contemporanea costernata di eccidi per riformare la contemporaneità,
mondarla dai frequenti eccidi. Poesia che si sovrappone alla coscienza
del
destino e la riafferra».
- Qualche recensione
MARCELLA BOCCIA
PANE E SPERANZA
di Reno Bromuro
Il Baricentro Mensile di critica artistica e letteraria, 14 luglio
2004
In campo critico-estetico, si usa frequentemente il sostantivo
Poesia,
per significare le effettive qualità poetico-creative di un autore,
indipendentemente dal fatto che si esprima in versi o in prosa: ci
sono
molti verseggiatori, ma pochi poeti; un esempio: Giovanni Verga che in
molti
passi si rivela un grande poeta della folla. Poesia o Poeta si usa anche
per
estensione, per indicare una persona assai dotata di sensibilità e
fantasia,
che ha l'animo disposto ad intendere e amare il bello: un cuore di poeta;
ad
ognuno capita talvolta di scoprirsi poeta. È usato nell’uso popolare
anche
in senso limitativo e con ironia, per indicare una persona fantasiosa
e
bizzarra, scarsamente dotata di senso pratico.
Alceo, uno dei maggiori poeti greci nato a Mitilene, Lesbo, vissuto
nella
seconda metà del secolo Settimo o Sesto avanti Cristo; rappresenta,
con
Saffo, sua contemporanea, la lirica eolica. La poesia di Alceo si
distingue
per la grande spontaneità e la forza passionale. Il suo mondo poetico
ruota
sui due temi della lotta politica e del banchetto, ma in cui si
affonda
tutta la carica vitale di una concezione virile della vita. A lui
s'ispirò
nel canto della fugacità della vita e del vino inebriante, ma non certo
nel
tono, assai meno intenso e immediato, Orazio, che riprese anche una
strofa
di quattro versi.
Facendo un salto pindarico di millenni veniamo ai nostri giorni e
parliamo
del passaggio dall'Ottocento al Novecento che fu ribollente di fermenti
e
iniziative, di tensioni e contrasti. Sullo slancio di rinnovamento
della
rinascita celtica fiorì uno dei maggiori poeti del secolo, William
Butler
Yeats, Premio Nobel per la Letteratura del 1923.
In questo periodo avviene, in poesia, lo stacco netto con Eliot, il
quale,
esaltando il metodo mitico e la frantumazione stilistica come nuovi
moduli
della creazione artistica, influenza profondamente il corso della poesia.
Il
suo influsso è avvertito soprattutto nei poeti degli anni Trenta, che
affrontano scopertamente il tema dell'impegno sociale e politico
adottando
il tono grigio, distaccato di Eliot. Più profonda la rivolta degli
anni
Quaranta contro l’imperante freddo intellettualismo dei cosiddetti
poeti
apocalittici, che hanno Graves e Dylan Thomas i loro maestri.
Gli anni Settanta, invece, sono portatori di una ricerca sperimentale
ormai
astratta e sterile, influenzata dallo strutturalismo; gli anni
Ottanta
vedono l'inizio di quella dimensione edonistica che è il cosiddetto
postmoderno, dimensione che sembra dominare anche il decennio degli
anni
Novanta, in cui la mancanza di legami fra letteratura e società
favorisce
una dispersione caotica, attenzione solo ai fatti minimi. Fondamentale
per
le sorti della letteratura è il nuovo peso assunto dai massmedia e
dalle
richieste del mercato editoriale, nonché dall’avvento Internet, in cui
poeti
e scrittori emergenti trovano l’habitat più naturale, visto
l’incoerenza
degli editori e dello spuntare come i funghi dei pseudo editori che
pubblicano di tutto, pur di rimpinguare le proprie tasche (c’ è qualcuno
che
pubblica anche a rate). E il poeta riprende fiato e la poesia risorge
improvvisamente come margherite a primavera.
Arriva Zanzotto, che con la sua opera mette a nudo un tentativo di
mascheramento della nevrosi individuale e collettiva attraverso
l'esercizio
di una lingua magmatica e suggestiva che sa, comunque, custodire la
presenza
forte di un io poetico. Alla sua scuola è ispirata l’opera di Renato
Milleri
(Remil).
Nel 1963 c’era stata la sperimentazione dell’avanguardia composta dal
genovese Edoardo Sanguineti, il più rappresentativo, che testimonia
testimoniato con la sua produzione poetica la dissoluzione del
linguaggio
quotidiano, come segno dell'incapacità di comunicare proprio della
società
dei consumi; dal milanese Nanni Balestrino,che si fa sostenitore di
un
avanguardismo estremo che si esprime in un linguaggio nuovo e
rivoluzionario, fatto di collages linguistici, con l'utilizzo di
tecniche
elettroniche; l’altro milanese Antonio Porta, pseudonimo di Leo
Paolazzi
approda a risultati di notevole intensità poetica nell'indagine condotta
in
termini spesso surreali del rapporto tra vita e morte.
Nei vari siti del web si leggono solo poesie intimiste, qualcuno
furoreggia
per originalità e ricerca di linguaggio nuovo sia musicale, sia
armonico,
sia di contenuto che esce dall’ intimismo vero e proprio, per aprire
nuove
vie, con tutto ciò l’editore rimane sordo e cieco alla ventata di
novità,
non tutta insulsa come dicevo. E non c’è uguaglianza del metro nei
molti
canti che sono postati a migliaia in una giornata, che è anche segno
di
disuguaglianza di ispirazione e di animo, esclude eccessi, sottilità,
abbandoni. C’è nella maggioranza un forte desiderio di pace che trae
un
qualche senso buono, saggio e chiaro, che risuona nei versi come una
musica
di richiesta di serenità. Sono è vero un poco monotoni; il loro canto
è
riposato e uguale; ma di una dolcezza che crea intorno quel senso di
pace
che cantano, e pare allora che le parole risuonino come in un grande
silenzio, e che cantino nel silenzio lungamente con una eco nei cuori
di
infinita tacita melodia.
Per la Boccia il discorso è diverso, perché lo stesso sentimento si
rende
conto dell'oscillare vertiginoso dei metri: che dalla melopea
cantante
uguale delle serie di endecasillabi fondati sullo stesso sistema di
accenti,
degli ottonari puri, dei settenari a cadenza, dei quinari accoppiati,
passa
improvvisamente al singulto e alle impuntature dei novenari, dei
decasillabi
travestiti, degli endecasillabi frantumati fino a raggiungere un infinito
di
contrasti. La sua poetica opponendosi alla maggioranza dei poeti del
web,
segue ogni parola che esce dalla bocca, per finire sulla tastiera del
computer, non è mai solo voglia di sentir se stessa, o per compiacersi
di
quell'atto, ma insiste, fruga con quel raffinamento di sensitività, che
è
come un fascio di luce che attraversa una camera buia. Ella sogna e
canta;
ma quando più s'abbandona al sogno con tutta la ingenuità dell'anima,
cedendo alla voluttà del canto, ecco che in quel punto è più vigile, cauta
e
accorta a scegliere l’incredibile sottilità d’ogni variare del sogno,
ma
ferma su se stessa considera a una a una le modulazioni della sua voce
per
compiacere mai per compiacersi. Lo sforzo immediato di quell'arte è certo
il
conseguimento della maggiore intensità e verità possibile in ogni
visione
particolare, e nella volontà di raggiungere questa verità, ad ogni
costo,
che è tanto differente, nella sua sobrietà, dalla abitudine di
amplificazione verbale.
Da ciò il piacere di leggerla a voce alta, come si può leggere e
declamare
un sonetto di Foscolo o una strofe dannunziana; e il bisogno a non
voler
violentarla, di lasciarla quasi inconfessata nell'anima, sospesa
nella
vibrazione delle alghe che tremolano volubili nell'acqua. Una voglia
di
sillabare la lirica, voler darle quella sorta di vita esteriore che è
concessa ai canti dei veri poeti, e lo dimostrano i recitatori i
quali
tentano inevitabilmente di trovar e il vero tono del canto, come quelli
ai
quali si può meglio simulare uno scheletro verbale, come Mosé, o
Impronte
digitali sulla mia anima, ed altri.
Questa lirica di cui mi occupo è diversa dalle altre e dalla raccolta
«Impronte digitali sulla mia anima», perché affronta il problema eterno
del
poeta: la fame, l’incomprensione.
È opportuno rilevare, però, che le annotazioni le alternanze dei versi,
dal
settenario al novenario sono un interesse semantico originalissimo. Pane
e
speranza coinvolge, oltre alla linguistica, e particolarmente della
psicologia, della sociologia, della filosofia, della semiologia. La lirica
è
concepita come scienza storica con il compito di chiarificare le
evoluzioni
dei significati della linguistica strutturale; ha rinnovato i metodi e
le
prospettive delle ricerche semantiche insistendo soprattutto sul fatto
che
non solo i suoni e le forme grammaticali, ma anche le parole e i loro
significati devono essere studiati non isolatamente ma nel più ampio
contesto delle loro relazioni formali, nozionali, storiche e
stilistiche,
formando un sistema i cui termini siano esatti e non ambigui.
Con questa lirica Marcella Boccia ha posto i fondamenti di una
poetica
tipologica e ha fatto balenare la possibilità di creare anche una
nuova
semantica, che metta in luce gli elementi universali comuni a tutte
le
lingue e a tutte le epoche.
PANE E SPERANZA
di Marcella Boccia
Sono poveri i poeti
Poveri derelitti
Messi al bando i poeti
in balia del sordo mercato
Sono tristi i poeti
appesi al filo dell’esistenza
Sono poeti i derelitti
che vivono di pane e speranza
Ah, poveri poeti
chiusi nel loro mondo
Che tristezza a guardarli
quasi quasi gli offro un soldo
Così piccoli e indifesi
affamati di emozioni
La poesia non gli da il pane
ma di certo da speranza
Gli occhi fissi al tramonto
Piange il cuore dei poeti
Cantastorie fuori moda
Figli ingrati di un volgare consumismo
Cantano i poeti
che sia bello o brutto il tempo
Sognano i poeti
nelle guerre o brevi tregue
Camminano i poeti
a piedi nudi sopra un tappeto di spilli
La loro sofferenza
è il dolore dell’esistere
Mangiano le briciole i poeti
felici di essere uccelli di bosco
- Alcune Antologie italiane in cui è presente la poesia di Marcella
Boccia
"Il tempo della donna", Edizioni Il Leccio, Siena, 2001 (poesie:
"Come",
"Enigma")
"Il naufragar m'è dolce in questa radio", 2002
"Oltre le parole", Ed. Autunno al casale, Secondigliano, 2002
(poesie:
"Carboni ardenti", "Enigma")
"Enciclopedia dei poeti Italiani Emergenti", Aletti Editore, Roma,
2003
(poesia: "Come")
"Verrà il mattino... e avrà un tuo verso. Poesie d'amore", Aletti
Editore,
Roma, 2004 (poesia: "Retrogusto")
- Per maggiori informazioni su Marcella Boccia
ANTIARTE 2000: LA RIVOLUZIONE DELL'ESTETICA NEL CYBERSPAZIO:
Nessun commento:
Posta un commento