L’intervista Il segretario dei Ds capitolini
«Il futuro di Roma passa in Europa»
Nicola Zingaretti, candidato a Strasburgo: «La città è cambiata: ora è
polo
di sviluppo»
di GIANNI GIOVANNETTI
Pace o guerra: è l'assillo di queste ore. Un'opzione che è tornata
drammaticamente attuale e sulla quale, schierandosi per la pace, Roma
ha
svolto una parte importante. Che ne pensa Nicola Zingaretti, segretario
dei
Ds e "pacifista" della prima ora?
«Questa è una città che, negli ultimi anni, ha fatto della solidarietà
e
della valorizzazione del dialogo tra culture molto diverse, i suoi
tratti
distintivi. E oggi, nel dramma che stiamo vivendo, quei valori acquistano
un
significato universale ancora più forte. Anche perché si è riusciti a
coniugare la Roma cristiana con quella laica: due Roma che non solo non
sono
entrate in conflitto, ma che insieme hanno manifestato per la pace».
La lotta al terrorismo più con la politica che con le armi. Ma
sopravanza,
dal Medio Oriente all’Iraq, l’idea di uno scontro tra civiltà che si
risolve
solo con la forza: qual è la sua opinione?
«Nell'Italia degli anni '70 il terrorismo fu sconfitto perché si
affermò
l'idea di una grande battaglia democratica, fatta di determinazione
nella
repressione ma anche di coinvolgimento popolare. Su scala ovviamente
diversa, quanto sta avvenendo in queste ore conferma che la lotta al
terrorismo internazionale deve fondarsi su un grande protagonismo
della
politica e su vaste alleanze, capaci di coinvolgere la maggioranza del
mondo
arabo. Perciò la teoria, cara alla destra, di scontro tra civiltà non solo
è
sbagliata, ma è pure pericolosa perché rafforza e fomenta quegli
integralismi che invece vanno isolati. Noi dobbiamo essere costruttori
di
sicurezza e non diffusori di paura».
Proprio in questi giorni di paura e di esclusioni, Roma sceglie la
strada
dell’inclusione eleggendo in Consiglio comunale i rappresentanti
delle
comunità straniere. Solo un atto simbolico o una concreta scelta di
integrazione?
«Veltroni sta mettendo un impegno straordinario per fare di Roma una
città
aperta, solidale, protagonista del dialogo. Questo impegno è costituito
da
atti simbolici e da provvedimenti concretissimi: quello per esempio del
voto
per i consiglieri aggiunti riconosce, concretamente, dei diritti a chi
prima
non ne aveva. Un altro grande fatto è l'appuntamento per l'Africa del
17
aprile, promosso dal Comune di Roma. Io credo che questa politica muti
nel
profondo la realtà di questa città».
Roma-Mondo, Roma-Europa per lei che, dopo quattro anni da segretario
della
federazione romana, è proposto come candidato al Parlamento di
Strasburgo.
Che salto è?
«Nessun salto se considero, per me, l'esperienza della dimensione
europea
innanzitutto una specie di "ritorno al futuro", essendomi già occupato
di
politica estera nella direzione del partito e come presidente mondiale
dei
giovani dell'Internazionale socialista. E poi sono fermamente convinto
che
la politica dell'Europa sarà quella che conterà veramente nell'avvenire
di
tutti noi e, quindi, nell'avvenire di questa città. Perciò sarà come
continuare, con la stessa passione, un cammino già intrapreso».
Quattro anni in cui Veltroni diventa sindaco di Roma, il
centrosinistra
riconquista la Provincia e i Ds tornano ad essere il primo partito
della
capitale. Un bilancio fortunato?
«In politica la fortuna è un concetto relativo. Roma è una città nella
quale
la destra ha radici ed è forte. Invece ha perso e noi abbiamo affermato
un
lungo ciclo riformista. Tutto questo non cade dal cielo. E' il frutto di
una
strategia politica, persino di uno stile e di un modo di essere. Che è
fatto
di serietà e credibilità delle persone, passione e concretezza nel
governo
con un'attenzione particolare a chi ha più bisogno e, infine, respiro
strategico e voglia di innovazione. A dirsi è semplice, a realizzarlo è
un
po' più complicato. Ma, comunque, ha vinto una squadra larga, non solo
i
Ds».
Ma non sono stati sempre rose e fiori, come la vicenda del controllo
politico sulle aziende del Comune: lì avete sfiorato la rottura, o
no?
«Non si è trattato di una volontà di controllo politico, ma
dell'introduzione di un elemento di chiarezza irrinunciabile. Oggi il
consiglio comunale, grazie a quel provvedimento che obbliga i CdA
delle
aziende pubbliche ad informarlo sulle scelte e gli investimenti
strategici,
ha una garanzia in più di trasparenza, senza per questo ingerire
nella
gestione. C'è stato è vero un confronto fra opinioni diverse, ma
l'abbiamo
affrontato con serenità e alla fine quell'innovazione potrà servire a
tutti».
Roma che produce, Roma che investe e cresce: è tutto oro quel che
luccica?
«Quel che luccica, perché è sotto gli occhi di tutti, è che Roma non è
più
la città della burocrazia e dell'edilizia, ma anche la città
dell'innovazione, dell'impresa moderna, della cultura, delle nuove
funzioni
metropolitane. Certo, in questi 2 anni e mezzo di destra al governo
nazionale, abbiamo subito dei colpi duri, un calo di attenzione, tagli
dei
finanziamenti e dei trasferimenti e una continua campagna d'odio contro
la
nostra comunità. Ma bisogna reagire convinti, come siamo, che a
questa
ipotesi di governo dello sviluppo, che non è la stanca bonaccia
corporativa
e provinciale che ci avrebbe propinato una giunta di destra, non c'è
alternativa».
Bilancio e Prg non hanno avuto vita facile
«Ma abbiamo dimostrato, con le scelte fatte, apprezzate dalla gran
parte
delle forze imprenditoriali, che le regole e la programmazione
economica
sono sinonimi di sviluppo e di crescita. L'esatto opposto della
cultura
berlusconiana del trionfo dei furbi, dell'assenza di regole che produce
solo
caos e sperequazioni sociali inaccettabili».
Per un’Europa “davvero utile”: è lo slogan della sua campagna
elettorale.
Che significa?
«Che nessun Paese europeo fuori dal contesto dell'Europa ha un futuro
nel
mondo. Per questo dobbiamo essere interpreti di questa Europa utile:
per
creare lavoro, per rilanciare la scuola pubblica, per fermare la guerra,
per
allargare le opportunità dello Stato sociale. Fuori dal contesto
europeo
tutto ciò è illusorio. E trovo deprimente e dannosa, per l'Italia, la
furbizia anti-europea della destra sull'Euro che ci ha impoverito. Semmai
ha
impoverito il nostro Paese il malgoverno di Berlusconi: infatti il
caro
prezzi, nella misura che conosciamo, c'è solo da noi».
Un’ultima cosa, Zingaretti: le è mai capitato di essere chiamato Luca
ed
essere scambiato per il commissario Montalbano?
«Ovviamente sì. E la popolarità di Luca non può che farmi piacere, basta
che
sulla scheda elettorale scrivano Zingaretti e non Montalbano».
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