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galeno
hahnemann
nicola pende
steiner
I quattro
temperamenti
di Massimo Rinaldi
Schema di rappresentazione dei quattro
temperamenti secondo Galeno (ca.168 D.C.)
Il temperamento è un aspetto della personalità alquanto
trascurato dalla psicologia moderna. Non c'è molto accordo tra gli psicologi su
che cosa debba intendersi per temperamento, e su come esso si distingua dal
carattere. Tuttavia, il concetto di temperamento è uno dei più antichi nella
storia della psicologia e non sembra affatto il caso di accantonarlo, poiché
esso consente di raggiungere risultati non trascurabili nella comprensione delle
differenze individuali, soprattutto nel campo della psicologia dell'infanzia. La
collocazione ideale del temperamento è tra la costituzione (fisica) ed il
carattere (psichico), ed esso sembra costituire un ponte tra la struttura
costituzionale e le acquisizioni culturali.
La descrizione dei temperamenti umani risale ad Ippocrate e
alla sua scuola, intorno al 400 a.C.: ne troviamo la trattazione nel Corpus
Hippocraticum, l'insieme di opere attraverso cui il grande medico greco diffuse
le sue conoscenze. Nella Roma dell'imperatore filosofo Marco Aurelio, il medico
degli imperatori Galeno riprese ancora l'argomento, approfondendone alcuni
aspetti.
Per la medicina antica, alla
base dei temperamenti umani era la teoria dei quattro
umori, che nasce per spiegare lo stato di equilibrio o di squilibrio
del corpo, individuando in esso la causa dello stato di salute o di malattia.
Secondo tale dottrina, nel corpo circolano quattro umori: il flegma (la linfa),
il sangue, la bile gialla e la bile nera. Se tra i quattro fluidi c'è
equilibrio, si dà uno stato di salute, mentre con la prevalenza dell'uno o
dell'altro umore, si crea uno squilibrio che determina la tendenza a malattie
dell'uno o dell'altro tipo: malattie catarrali per la prevalenza del flegma,
sanguigne per la prevalenza del sangue, biliose per la prevalenza della bile
gialla, diatesiche per la prevalenza della bile nera. Oltre alla tendenza alla
malattia, la prevalenza di ciascun umore determina anche un certo squilibrio
costituzionale-comportamentale, o meglio temperamentale, configurando quindi la
presenza di quattro temperamenti, visibili come
carenza di armonia complessiva: flegmatico,
sanguigno, bilioso e melancolico.
In epoca decisamente più recente, troviamo una importante
trattazione dei temperamenti umani nell'ambito del movimento
pedagogico "Waldorf", fondato agli inizi del '900 da Rudolf Steiner in Germania e diffusosi
successivamente un po' in tutto il mondo. Steiner riprese e perfezionò la teoria
dei quattro temperamenti, sganciandola dalla anacronistica spiegazione ippocratica dei quattro umori, e
poggiandola sulla propria concezione dell'essere umano "tripartito", formato
dalla unione dei tre elementi sostanziali corpo, anima,
spirito. I quattro temperamenti,
secondo Steiner, sono quindi: flemmatico, sanguigno,
collerico, malinconico. Anche per Steiner il temperamento diviene
visibile in modo particolare in situazioni di squilibrio unilaterale, poiché
l'individuo equilibrato usufruisce, sia pure in misura diversa, di tutte le
quattro modalità temperamentali, senza esserne determinato o vincolato.
Nella complessa spiegazione steineriana, il temperamento viene
determinato dal prevalere, nella struttura dell'individuo, di una delle sue
parti costitutive, che egli individua in corpo fisico, corpo eterico, corpo
astrale, io. Il temperamento risulta essere pertanto una sorta di base
caratteriale, dipendente dalla costituzione fisica, che imprime la sua
connotazione a tutta a vita psichica dell'individuo, tanto più, come detto,
quanto più sbilanciato.
Fenomenologicamente, il temperamento viene definito da una
coppia di parametri, legate alle modalità
funzionali dell'organismo, che combinandosi tra loro in modo bipolare
determinano appunto la formazione di quattro tipologie temperamentali. I due
parametri in questione sono: la sensibilità
(intesa come ricettività al mondo esterno) e la forza (intesa come capacità di estrinsecazione di sé).
L'articolazione avviene secondo lo schema seguente:
Dobbiamo immaginare la collocazione di ciascun individuo in
questo schema non come un punto, ma come un area più o meno ampia da
sovrapporre, che raramente si collocherà all'interno di un solo quadrante,
coprendo solitamente una zona a cavallo di due o anche di tre quadranti, sia
pure con prevalenza di uno o due di essi. Avremo così un temperamento dominante
ed uno o due ausiliari, ritrovando in ciascun individuo una completa carenza
solo di quello opposto al dominante.
Analiticamente, possiamo descrivere così i singoli influssi
temperamentali: il temperamento sanguigno,
caratterizzato da elevata sensibilità agli stimoli esterni e da scarsa forza
interna, si caratterizza con la volubilità degli interessi e l'amore per il
cambiamento. L'individuo sanguigno si infiamma
facilmente per un nuovo "oggetto di desiderio", ed altrettanto rapidamente tende
a stancarsene e a distaccarsi dall'attività precedentemente intrapresa,
risultando adatto ad attività dinamiche ma che non richiedono costanza di
impegno eccessiva. L'età nella quale si accentua
naturalmente la componente sanguigna del temperamento è quella infantile.
Nel temperamento flemmatico,
caratterizzato da scarsa forza e scarsa sensibilità agli stimoli esterni,
prevale la tendenza alla pigrizia e alla vita vegetativa: l'individuo flemmatico ama mangiare, e si sente in pace
quando riposa, possibilmente a pancia piena. Non ama le attività ad alto
dispendio di energia, mentre preferisce quelle che richiedono una certa
precisione e meticolosità, come il collezionismo o il tenere in ordine un
archivio. L'età nella quale si accentua
naturalmente la componente flemmatica del temperamento è quella senile.
Il temperamento collerico
rappresenta il lato "forte" dei temperamenti umani, ma si ricordi che è
sbagliato assegnare a queste caratteristiche un valore diretto di personalità:
anche in questo caso, infatti, l'individuo risulta, piuttosto, condizionato
dalle proprie tendenze reattive, ed il fatto che il suo temperamento sia dotato
tanto di forza quanto di sensibilità agli stimoli esterni non lo mette al riparo
dalle unilateralità delle sue reazioni spontanee, che sono impetuose e
irriflessive. L'individuo collerico persegue con
determinazione i suoi obiettivi e ha numerosi interessi, ma può soffrire di
eccessi comportamentali, preferendo l'azione alla di riflessione, e risultando
adatto alle attività dinamiche e imprenditoriali. L'età nella quale si accentua naturalmente la
componente collerica del temperamento è quella adolescenziale e giovanile.
Il temperamento malinconico è dotato di elevata forza e scarsa sensibilità agli stimoli
esterni, il che comporta una capacità non indifferente di tenere fermi i propri
propositi e di perseguire con tenacia i propri obiettivi, senza farsi distrarre
dagli eventi esterni. L'individuo malinconico
tende a chiudersi in se stesso, ed ha elevate capacità di introspezione e di
riflessione, che lo rendono molto adatto ad attività intellettuali e riflessive.
L'età nella quale si accentua naturalmente la
componente malinconica del temperamento è quella adulta.
Lo studio dei temperamenti svolto da Steiner
e dai pedagogisti della sua scuola costituisce a tutt'oggi l'analisi più
completa e approfondita che sia stata svolta su questo tema.
Attualmente, una certa ripresa dell'interesse per lo studio del
temperamento è presente anche nella psicologia americana, come ad esempio in J.
Kagan, il quale propone un'articolazione basata anch'essa su quattro tipi
fondamentali, che sono: timido, spavaldo, allegro, malinconico. Non è difficile individuare un certo
parallelismo con i quattro temperamenti classici, associando lo spavaldo al
collerico, l'allegro al sanguigno, il timido al flemmatico (ma qui è
l'associazione più forzata), mentre il malinconico è addirittura omonimo. Quel
che a tutt'oggi resta da precisare sono i contorni teorici del problema, ed
anche il rapporto tra i concetti di temperamento, carattere e personalità,
concetti che risultano ancora non sufficientemente definiti e pertanto niente
affatto condivisi nel campo della ricerca psicologica.
Francesco Ciaccia
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