Di articoli ironici
non ne scrivo più, non ne vale la pena. Nemmeno gli articoli seri
valgono più la pena di essere scritti, ché tanto se sono troppo seri non
se li caga nessuno, e se non se li caga nessuno tanto vale limitarsi a
parlare fra sé e sé come li matti. Rimangono gli articoli mediocri,
quelli che potrebbero essere seri ma sono nati senza ambizioni, con
l’unico scopo di comunicare qualcosa di non troppo importante così da
rendere la cosa breve e poco articolata. Forse, in un’ottica più logica,
questi sarebbero gli articoli più inutili da scrivere, come quello che
scrive della litigata con la ragazza alle quattro del mattino. E chi se
ne fotte?
Se c’è una cosa che ho imparato negli
ultimi giorni, è che in questo paese stiamo iniziando tutti a diventare
pericolosamente intolleranti. Saranno le elezioni forse, che come ha fatto notare giustamente Peppe
tirano fuori il peggio di ognuno di noi e lo catapultano su chi ci
troviamo davanti, come un conato di vomito trattenuto fino all’ultimo
momento. Già, l’immagine non è delle migliori, ma per molti aspetti
corrisponde alla realtà.
Io non so
più cosa pensare, non ho più nemmeno voglia di confrontarmi con gli
altri, di ascoltare le altrui opinioni, di esporre la mia, di produrre
soluzioni, di giudicare l’operato di chi è andato in Parlamento, di
firmare petizioni o cercare di inventarmi battute da propinare ai pochi twitteroli che mi seguono.
Per quanto io mi sforzi di pensare il
contrario, alla fine hanno ragione Lello e François-Marie Arouet quando
dicono che è inutile tutto questo lavoro. Per quanto io apprezzi il
dialogo e il confronto, per quanto io li ritenga necessari, ho capito
che non sono abbastanza. Non lo sono, soprattutto, in un paese che non è
abituato a dialogare, che mostra aperture solo verso il simile, che
l’unica forma di critica che conosce è la polemica estrema in cui una
ragazzata viene paragonata a un crimine, l’inesperienza alla corruzione,
l’imprecisione all’ignoranza.
Siamo un paese di estremisti: o ci
esaltiamo troppo o ci arrendiamo, o critichiamo tutto o idolatriamo il
nulla che ci circonda, o proviamo a fare qualcosa mettendo a rischio
finanche le ultime certezze rimasteci o demoliamo gli altrui tentativi
prima ancora che siano stati messi in atto. Non conosciamo mezze misure,
neanche quando scendiamo a compromessi.
Forse ho solo esaurito gli argomenti da
trattare. Forse nella mia strada costellata di persone di ogni età e
religione, di ogni pensiero politico o estrazione sociale o provenienza
culturale, ho detto e ascoltato abbastanza per una vita intera, e adesso
vorrei potermi riposare in silenzio in un angolino indisturbato, senza
dover rendere conto a nessuno, senza che nessuno possa compiere scelte
che finiscano per influenzare la mia vita.
A forza di masticare intolleranza, sono
diventata intollerante anch’io, tanto che adesso non tollero più neanche
i miei stessi pensieri e ragionamenti, le mie stesse inclinazioni, i
miei stessi slanci. Ogni articolo che ho scritto in questo posto mi
sembra una bestemmia nei miei confronti, ogni commento un’eresia, ogni
condivisione un alto tradimento. Questo paese, se ha influenzato la mia
persona, lo ha fatto in negativo e degli effetti ne risentirò fino alla
morte.
Mi arrendo. Mandatemi in esilio,
speditemi su un’isola deserta senza elettricità e acqua calda, senza
parenti, senza strumenti. Non darò più fastidio a nessuno, non farò
domande, non cercherò risposte. Mandatemi dove la mia libertà
d’espressione non possa ledere alcun essere vivente eccetto me, perché
da questo momento non rispondo più delle mie azioni. Sono un computer
senza antivirus che nel tempo si è ammalato e adesso è andato in tilt,
questo è l’ultimo avviso lucido che riesco a lanciare. L’esilio è
l’unica cura per certe malattie, l’unica prevenzione per certe linee di
condotta inappropriate.
Esacerbate la vostra intolleranza e
mandatemi in esilio: a voi non costa nulla e io avrò la mia pace. Ma non
chiedetemi di andarci da sola, perché non si è mai sentito di un esilio
volontario. Quello ha un altro nome, e non è ciò di cui ho bisogno.
Cosa devo fare per ottenerlo?
Se l’italia è una merda è colpa di chi ci abita, se l’italia è una merda io mi faccio i cazzi miei, se tutti si fanno i cazzi loro l’italia non esiste, se l’italia non esiste non esiste neanche in qualità di merda. Non vale la pena formulare un’ipotesi politica, vale la pena agire come se fosse già legge e avere le palle di accettare quello che ne scaturisce. La società e la legge sono solo ottuse invenzioni paragonabili a quelle religiose, e a me non piacciono le religioni. Le religioni si basano sulla preghiera e sull’attesa, sulle leggi, su predicamenti, su rituali e valori assunti. La vita si basa sull’azione continua, nient’altro. Se anche esistesse un dio, non avrebbe bisogno di formulare una legge per applicarla. Noi con lui, visto che lo abbiamo inventato.
http://www.tzetze.it/2013/03/21-anni-e-arrendersi.html
Nessun commento:
Posta un commento