Siamo
ragazzi del Leo Club, associazione giovanile del Lions Club
International ed abbiamo amici coinvolti in prima persona nel terremoto,
attualmente sfollati, i quali ci stanno aiutando a capire come
intervenire e quali aiuti fornire.
Ecco il loro link fb: https://www.facebook.com/events/389984054381068/
giovedì 31 maggio 2012
Kaneto Shindo
31 maggio 2012
E' morto Kaneto Shindo
Scompare a Tokyo il regista giapponese dello straziante I bambini di Hiroshima. Aveva 100 annihttp://cinema.ilsole24ore.com/film-brevi/2012-05-31/morto-kaneto-shindo-00022217.php
Vittorio Spolverini
E’ morto Spolverini, il veggente di Farra
Dal 1988 sosteneva di vedere la Madonna in un campo sullo stradone della Mainizza. Stroncato da una malattia a 72 anni
di Vincenzo Compagnone
GORIZIA. Vittorio Spolverini, il “veggente” di Farra, è morto ieri all’ospedale di Viterbo (città della quale era originario) in cui era ricoverato da alcuni mesi per un tumore incurabile. Aveva 72 anni e, a partire dalla fine degli anni 80, il “caso” che lo aveva visto protagonista, con le presunte apparizioni mariane sul “prato celeste” che fiancheggiava lo stradone della Mainizza, aveva riempito le pagine dei giornali non soltanto locali, suscitando anche l’interesse della tv.
Migliaia di credenti e di curiosi, provenienti inizialmente dal Friuli Venezia Giulia, ma poi da tutta Italia, avevano cominciato ad affollare quotidianamente quel fazzoletto di terra ai confini con il comune di Gorizia a partire dal 19 settembre 1988, quando Spolverini, che all’epoca faceva il fotografo con il nome d’arte di Dani (e così era conosciuto da tutti a Gorizia), affermò di vedere la Madonna. «Camminavo – raccontò alla gente e ai giornalisti - lungo le rive dell' Isonzo, sconfortato per la fine di una storia sentimentale con una giovane goriziana, quando rimasi folgorato da una visione: una giovane donna vestita di bianco e di azzurro che mi sorrideva sospesa a un metro e mezzo dal suolo».
Da quel 19 settembre, ogni giorno, nel pomeriggio, il fotografo cominciò a cadere in trance e in preghiera, sempre nello stesso punto del “prato celeste”, con il rosario tra le mani. Spolverini sosteneva di dialogare con la Madonna, dalla quale avrebbe ricevuto dei messaggi da trasmettere ai fedeli (cosa che puntualmente faceva alla fine delle “visioni”), ma anche dei segreti indirizzati all’allora arcivescovo di Gorizia, monsignor Antonio Vitale Bommarco, che però non volle mai instaurare un dialogo con lui.
Nel giro di poche settimane il tam tam delle apparizioni mariane si sparse in tutta la regione e in tutta Italia, al punto che il prato celeste di Farra, dove cominciarono ad arrivare pullman con fedeli provenienti dalle località più disparate (in prevalenza, comunque, Veneto e Lombardia) divenne meta di adunate oceaniche, con punte di 5000 persone e grossi problemi alla viabilità lungo lo stradone della Mainizza.
Divenuto fenomeno mediatico (giunsero a Farra anche degli studiosi per studiare gli stati di “trance” in cui cadeva Dani), il veggente ampliò via via la schiera di seguaci tenendo sempre desta l’attenzione della gente. Si parlò anche di guarigioni miracolose e di esorcismi che Spolverini cominciò ad un certo punto a effettuare. Col tempo, l’interesse per il veggente (che nel frattempo si era sposato e aveva trasferito la sua abitazione a Terzo d’Aquileia) andò gradualmente attenuandosi. Dani cominciò a recarsi nel “prato celeste” (che nel frattempo aveva traslocato sul lato opposto della Mainizza per una questione di espropri, e dove era stata edificata anche una sorta di chiesa-prefabbricato) soltanto al sabato e alla domenica. «Le apparizioni continuano – dichiarò – ma il resto della settimana vado a trovare dei malati negli ospedali per portare la parola della Vergine».
Vittorio Spolverini si adeguò anche alle nuove tecnologie, aprendo un sito internet, denominato www.pratoceleste.it, nel quale teneva i contatti con i fedeli. Le sue ultime comparse nel luogo delle presunte apparizioni risalgono all’agosto dello scorso anno. Poi Dani, che aveva già sofferto di ischemie cerebrali, scoprì di avere un tumore e venne operato a Roma. Nel frattempo il “prato celeste” chiuse i battenti e l’ex fotografo volle trasferirsi a Viterbo, nella sua città natale, dove peraltro fu presto costretto al ricovero all’ospedale in cui, come detto, ieri si è spento. Fu un caso senza dubbio molto controverso, quello di Spolverini, le cui visioni non ebbero mai alcun riconoscimento dalla Chiesa, ma che riuscì comunque a conquistarsi il credito di diversi sacerdoti. Lascia nel lutto 4 figli: Sonia, Selina, Sara e Daniele, e due sorelle, Linda e Graziella. I funerali saranno celebrati domani, venerdì, alle 10.30 a Viterbo.
http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2012/05/31/news/e-morto-spolverini-il-veggente-di-farra-1.5183145
Migliaia di bambini a scuola con lo stomaco vuoto
Mentre prosegue il dibattito sulle misure di austerità e sui tagli alla spesa sociale, un nuovo rapporto dell’UNICEF rivela la portata della povertà e della deprivazione materiale infantile nelle economie avanzate del mondo.
Nell’Unione Europea (più Norvegia e Islanda) a circa 13 milioni di bambini e adolescenti mancano gli elementi di base necessari al loro sviluppo. Nel frattempo, 30 milioni di minorenni – nei 35 paesi a economia avanzata dell’OCSE – vivono in povertà.
Il rapporto “Misurare la povertà tra i bambini e gli adolescenti” – il numero 10 della serie denominata Innocenti Report Card – realizzato dal Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF, esamina la povertà e la deprivazione materiale infantile in tutto il mondo industrializzato, presentando classifiche di paesi e analisi comparate.
Questo confronto internazionale, dice il rapporto, dimostra che la povertà infantile in questi Paesi non è inevitabile, ma è legata alle scelte politiche. Inoltre, alcuni paesi stanno facendo meglio di altri per proteggere i bambini più vulnerabili.
«Nonostante l’Italia sia tra i 15 Paesi europei più ricchi, il 15,9% dei bambini e degli adolescenti tra 0 e 17 anni vive in una condizione di povertà relativa. In questa classifica, l’Italia è agli ultimi posti: 29° su 35. I dati del Rapporto mostrano che il 13,3% dei minori vive in una condizione di deprivazione materiale» ha ricordato il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera durante la presentazione del rapporto a Roma, alla presenza della sociologa Chiara Saraceno e del curatore del rapporto UNICEF Leonardo Menchini.
Povertà materiale nei Paesi ricchi, deludono Francia e Italia
Il Report Card esamina la povertà e la deprivazione materiale infantile in due modi completamente diversi. L’analisi su questi due diversi tipi di povertà infantile è scaturita dall’elaborazione dei dati più recenti e disponibili sulla povertà e sulla deprivazione infantile in tutte le economie industriali avanzate del mondo.
La prima misura è un Indice di deprivazione dell’infanzia, derivato da un’indagine condotta dalla European Union’s Statistics on Income and Living Conditions (EU-SILC) su 29 Paesi europei, che include per la prima volta una sezione sui bambini.
Per deprivazione materiale si intende la percentuale di bambini e adolescenti che non ha accesso ad alcuni beni, servizi o attività ritenuti “normali” (sono 14 in tutto) nelle società economicamente avanzate, come fare almeno tre pasti al giorno, disporre di libri e giochi adatti all’età del bambino, di un posto tranquillo con spazio e luce a sufficienza per fare i compiti, di una connessione Internet ecc.
I tassi più alti di deprivazione materiale vengono riscontrati in paesi come Romania, Bulgaria e Portogallo (rispettivamente con più del 70%, 50% e 27% dei bambini e adolescenti esclusi), anche se alcuni paesi tra i più ricchi come Francia e Italia hanno tassi di deprivazione superiori al 10%. I paesi nordici hanno il minor tasso di deprivazione tra i minorenni, inferiore al 3%.
Bambini più poveri senza protezione sociale
La seconda misura esaminata nel Rapporto riguarda la povertà relativa, prendendo in esame la percentuale di bambini e adolescenti che vivono al di sotto della “soglia di povertà” nazionale – definita come il 50% del reddito medio disponibile dalle famiglie.
I paesi nordici e i Paesi Bassi hanno i tassi più bassi di povertà infantile relativa, intorno al 7%. Australia, Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito hanno tassi compresi tra il 10 e il 15 %, mentre oltre il 20% dei bambini in Romania e Stati Uniti vivono in povertà relativa.
Particolarmente evidenti, nel Rapporto, sono i confronti tra i Paesi con economie simili, che dimostrano come la politica dei governi abbia impatti significativi sulla vita dei bambini e degli adolescenti.
Ad esempio, Danimarca e Svezia hanno tassi molto più bassi di povertà infantile rispetto a Belgio o Germania, ma tutti e quattro i Paesi hanno gli stessi livelli di sviluppo e reddito pro capite.
«I dati sottolineano che troppi bambini e adolescenti continuano a non avere accesso a beni o servizi di base necessari al proprio sviluppo in Paesi che hanno tutti i mezzi per fornire loro la possibilità di un completo sviluppo e determinazione» ha dichiarato Gordon Alexander, Direttore del Centro di Ricerca dell’UNICEF.
«Il rapporto ha anche mostrato che altri Paesi hanno lavorato bene – visto che ci riferiamo in gran parte a dati pre-crisi – grazie ai sistemi di protezione sociale. Il rischio è che con la crisi attuale, le conseguenze di decisioni sbagliate saranno visibili solo tra molto tempo».
www.express-news.it
Telecom Italia si sente Stato e critica lo Stato se promuove la concorrenza
Con l’ingresso della Cassa Depositi e Prestiti in Metroweb (la società proprietaria di reti in fibra ottica partecipata da F2i, Fastweb e Vodafone), s’inaugura una fase nuova del mercato italiano delle telecomunicazioni:
la dinamica concorrenziale arriva anche sulle reti fisse, con Telecom
Italia che trova ora sulla propria strada un attore importante,
tecnologicamente e patrimonialmente ben dotato, con il quale dover ora
interfacciarsi, interagire, competere e cooperare.
Si può discutere a lungo sulla bontà della scelta dello Stato – attraverso un il suo braccio armato,la CdP– di “stimolare” la concorrenza con soldi pubblici. Il settore delle telecomunicazioni sconta un peccato originale, la privatizzazione sbilenca di Telecon negli anni Novanta, che non separò la rete dal gestore, eventualmente lasciando la prima allo Stato (sul modello di Terna nell’energia elettrica, per intenderci). Pensare oggi all’unbundling della rete Telecom sarebbe una scelta coraggiosa, che inficerebbe poco o tanto il diritto di proprietà degli azionisti privati della società sulla base dello schema utilizzato (separazione organizzativa, societaria o proprietaria), ma che appare complicata e difficilmente percorribile. Non mancherebbero, anche in quel caso, delle obiezioni sensate: quanto lo schema “amministratore di condominio” – vale a dire, una sola società della rete che offra i suoi servizi in condizioni di parità a tutti gli operatori, coprendo anche territori difficilmente raggiungibili in condizioni di mercato – favorisce l’innovazione tecnologica rispetto ad una pluralità di reti in concorrenza e sinergia tra loro?
La questione, insomma, è complessa e risente inevitabilmente delle scelte del passato, a causa delle quali ci troviamo oggi di fronte ad una sorta di “ribaltamento” delle posizioni in campo: chi è più “Stato” tra Telecom Italia e Cassa Depositi e Prestiti? Una vicenda recente, la parziale liberalizzazione dei servizi di manutenzione dell’ultimo miglio, ha confermato quanto influente riesca ad essere Telecom Italia in ambienti istituzionali e presso l’Agcom. Soldi privati ormai, ma “status” pubblico, nel bene e soprattutto nel male.
In questo quadro, lascia alquanto perplessi l’intervista rilasciata ieri da Franco Bernabè al Corriere della Sera, nella quale il presidente di Telecom critica l’interventismo della CdP e si appella al governo perché Telecom “non diventi un bersaglio”.
Dice Bernabè: “Mi chiedo se per lo Stato sia opportuno fare concorrenza all’operatore privato nelle aree dove è facile (le aree metropolitane, nda), disinteressandosi delle aree difficili, o se invece non sia meglio unire le risorse di Telecom e della Cdp per garantire a tutti un’infrastruttura essenziale”. E’ sbagliato – se una critica è permessa – il piano su cui il presidente di Telecom pone il dibattito: la concorrenza è sempre un fattore positivo, Telecom non può rivendicare un “diritto” al suo monopolio commerciale o al suo standard tecnologico; anche l’antieconomicità di alcuni investimenti in quelle che Bernabè chiama “aree difficili” risentirà positivamente dello sviluppo tecnologico e della diffusione delle nuove modalità di comunicazione.
Se Bernabè concorda, e non potrebbe fare altrimenti, circa la improcrastinabilità del rilancio delle reti in fibra ottica, non dovrebbe aver paura della concorrenza, ma accettare la sfida: più che la tutela della quota di mercato, l’interesse che accomuna tutti gli operatori e il paese dovrebbe essere l’aumento delle dimensioni complessiva della “torta”, cioè il peso e il ruolo della rete nella società e nell’economia italiana, con i suoi effetti positivi sul fatturato di tutte le telco.
www.libertiamo.it
Si può discutere a lungo sulla bontà della scelta dello Stato – attraverso un il suo braccio armato,la CdP– di “stimolare” la concorrenza con soldi pubblici. Il settore delle telecomunicazioni sconta un peccato originale, la privatizzazione sbilenca di Telecon negli anni Novanta, che non separò la rete dal gestore, eventualmente lasciando la prima allo Stato (sul modello di Terna nell’energia elettrica, per intenderci). Pensare oggi all’unbundling della rete Telecom sarebbe una scelta coraggiosa, che inficerebbe poco o tanto il diritto di proprietà degli azionisti privati della società sulla base dello schema utilizzato (separazione organizzativa, societaria o proprietaria), ma che appare complicata e difficilmente percorribile. Non mancherebbero, anche in quel caso, delle obiezioni sensate: quanto lo schema “amministratore di condominio” – vale a dire, una sola società della rete che offra i suoi servizi in condizioni di parità a tutti gli operatori, coprendo anche territori difficilmente raggiungibili in condizioni di mercato – favorisce l’innovazione tecnologica rispetto ad una pluralità di reti in concorrenza e sinergia tra loro?
La questione, insomma, è complessa e risente inevitabilmente delle scelte del passato, a causa delle quali ci troviamo oggi di fronte ad una sorta di “ribaltamento” delle posizioni in campo: chi è più “Stato” tra Telecom Italia e Cassa Depositi e Prestiti? Una vicenda recente, la parziale liberalizzazione dei servizi di manutenzione dell’ultimo miglio, ha confermato quanto influente riesca ad essere Telecom Italia in ambienti istituzionali e presso l’Agcom. Soldi privati ormai, ma “status” pubblico, nel bene e soprattutto nel male.
In questo quadro, lascia alquanto perplessi l’intervista rilasciata ieri da Franco Bernabè al Corriere della Sera, nella quale il presidente di Telecom critica l’interventismo della CdP e si appella al governo perché Telecom “non diventi un bersaglio”.
Dice Bernabè: “Mi chiedo se per lo Stato sia opportuno fare concorrenza all’operatore privato nelle aree dove è facile (le aree metropolitane, nda), disinteressandosi delle aree difficili, o se invece non sia meglio unire le risorse di Telecom e della Cdp per garantire a tutti un’infrastruttura essenziale”. E’ sbagliato – se una critica è permessa – il piano su cui il presidente di Telecom pone il dibattito: la concorrenza è sempre un fattore positivo, Telecom non può rivendicare un “diritto” al suo monopolio commerciale o al suo standard tecnologico; anche l’antieconomicità di alcuni investimenti in quelle che Bernabè chiama “aree difficili” risentirà positivamente dello sviluppo tecnologico e della diffusione delle nuove modalità di comunicazione.
Se Bernabè concorda, e non potrebbe fare altrimenti, circa la improcrastinabilità del rilancio delle reti in fibra ottica, non dovrebbe aver paura della concorrenza, ma accettare la sfida: più che la tutela della quota di mercato, l’interesse che accomuna tutti gli operatori e il paese dovrebbe essere l’aumento delle dimensioni complessiva della “torta”, cioè il peso e il ruolo della rete nella società e nell’economia italiana, con i suoi effetti positivi sul fatturato di tutte le telco.
Autore: Piercamillo Falasca
Vicepresidente di Libertiamo. Nato a Sarno nel 1980, si è laureato in Economia alla Bocconi e ha frequentato il Master in Parlamento e Politiche Pubbliche della Luiss. E' fellow dell’Istituto Bruno Leoni e responsabile Liberalizzazioni e concorrenza di Futuro e Libertà per l'Italia. Ha scritto, con Carlo Lottieri, "Come il federalismo può salvare il Mezzogiorno" (2008, Rubbettino) ed ha curato "Dopo! - Ricette per il dopo crisi" (2009, IBL Libri).www.libertiamo.it
Andiamo avanti così, facciamoci del male
Pubblicate in Gazzetta Ufficiale le nuove modalità di detassazione
del salario di produttività, cioè della parte variabile di stipendio.
Quella che viene considerata anche dalla casalinga di Voghera come la
pietra angolare della nostra strategia di rilancio produttivo. E non è
un bel vedere.
Infatti, l’aliquota ridotta del 10 per cento varrà solo sui primi 2.500 euro e non su 6.000 come invece accadeva sinora. Inoltre, la platea dei beneficiari si ridurrà, visto che il “beneficio” sarà limitato ai percettori di reddito non superiore a 30.000 euro, dai 40.000 che vigevano lo scorso anno. Questa audace manovra farà in modo che, nell’esempio dell’articolo del Corriere, un operaio con imponibile di 35.000 euro lordi annui e 6.000 euro di straordinari, che con la vecchia norma avrebbe pagato (tutto compreso, addizionali incluse) solo 600 euro di tasse, da quest’anno si troverà a pagarne quasi 1.770.
E non è finita: per il 2013 il governo ha appostato a bilancio per questa fiscalità di vantaggio la miseria di 263 milioni di euro. E’ quindi verosimile che l’agevolazione, il prossimo anno, verrà erogata solo ai salariati con imponibile zero che siano anche in grado di leggere alla rovescia la Divina Commedia durante il passaggio della cometa di Halley. Si attendono convegni ed iniziative dedicati alla produttività.
Saremo anche un paese in crisi fiscale conclamata ma, quando si tratta di rendersi ridicoli, non ci facciamo mancare mai nulla.
phastidio.net
Infatti, l’aliquota ridotta del 10 per cento varrà solo sui primi 2.500 euro e non su 6.000 come invece accadeva sinora. Inoltre, la platea dei beneficiari si ridurrà, visto che il “beneficio” sarà limitato ai percettori di reddito non superiore a 30.000 euro, dai 40.000 che vigevano lo scorso anno. Questa audace manovra farà in modo che, nell’esempio dell’articolo del Corriere, un operaio con imponibile di 35.000 euro lordi annui e 6.000 euro di straordinari, che con la vecchia norma avrebbe pagato (tutto compreso, addizionali incluse) solo 600 euro di tasse, da quest’anno si troverà a pagarne quasi 1.770.
E non è finita: per il 2013 il governo ha appostato a bilancio per questa fiscalità di vantaggio la miseria di 263 milioni di euro. E’ quindi verosimile che l’agevolazione, il prossimo anno, verrà erogata solo ai salariati con imponibile zero che siano anche in grado di leggere alla rovescia la Divina Commedia durante il passaggio della cometa di Halley. Si attendono convegni ed iniziative dedicati alla produttività.
Saremo anche un paese in crisi fiscale conclamata ma, quando si tratta di rendersi ridicoli, non ci facciamo mancare mai nulla.
phastidio.net
Energia solare: la Germania segna il record mondiale
Sabato scorso un tedesco su due ha utilizzato energia pulita
La potenza solare immessa nella rete nazionale è riuscita a soddisfare un terzo del fabbisogno energetico del Paese durante una normale giornata lavorativa, il venerdì. La percentuale è poi salita al 50% il sabato, quando le fabbriche e gli uffici sono rimasti chiusi. In altre parole, sabato scorso un tedesco su due ha utilizzato energia pulita.
A riferire questi dati è stato il direttore del Forum economico internazionale per le energie rinnovabili (IWR) Norbert Allnoch il quale ha spiegato che sino ad ora nessun Paese al mondo ha prodotto tanta energia elettrica fotovoltaica. Allnoch ha aggiunto che un paio di volte nelle ultime settimane la Germania è stata vicina al traguardo dei 20 gigawatt ma questa è la prima volta che viene raggiunto un obiettivo del genere.
Secondo Allnoch il record raggiunto lo scorso fine settimana dimostra che la Germania è in grado di soddisfare una quota rilevante del suo fabbisogno di elettricità con l’energia solare e che il Paese può fare a meno delle centrali elettriche a carbone, a gas e degli impianti nucleari.
L’impegno della Germania nella produzione di energia da fonti rinnovabili è diventato sempre più forte da quando, in seguito al disastro di Fukushima, la nazione ha deciso di disattivare gradualmente le centrali nucleari presenti sul territorio. Il Paese al momento produce il 20% dell’elettricità sfruttando fonti energetiche alternative alle fossili. Se la Germania continuerà su questa strada, è prevista una riduzione dei gas serra di circa il 40% entro il 2020.
Nei giorni scorsi il cancelliere Angela Merkel ha sottolineato l'importanza che la diffusione delle energie rinnovabili, il loro trasferimento attraverso le reti e la sicurezza dell’approvvigionamento vengano supportate da finanziamenti.
Per raggiungere tale obiettivo è necessario un investimento di 30 miliardi di euro nei prossimi dieci anni che serviranno ad estendere e modernizzare la rete elettrica per trasferire le energie rinnovabili in sostituzione a nucleare e carbone.
Pur non sapendo ancora se il record tedesco dello scorso fine settimana si ripeterà, il dato ha certamente un forte valore simbolico in quanto dimostra come sia possibile che anche una delle principali nazioni industriali del mondo, abitata da più di 80 milioni di persone, possa essere alimentato dalle rinnovabili.
Quali risultati potrebbe allora raggiungere l'Italia, ben più soleggiata della Germania, con un deciso impegno nella promozione delle fonti energetiche pulite?
A.P.
www.ilcambiamento.it
Le trivellazioni, il Fracking, i terremoti
LA Bulgaria, la Francia, la Germania e la Gran Bretagna (oltre al Vermont, piccolo stato dell’East Coast americano) hanno da tempo vietato l’utilizzo del FRACKING, ovvero la creazione di “fratture idrauliche” iniziate con trivellazioni indotte in profondità in ben precisi strati di roccia all’interno dei giacimenti di petrolio e gas al fine di aumentare l’estrazione e il tasso di recupero del petrolio e del gas naturale contenuti nel giacimento.
Sono tante le preoccupazioni ambientali sollevate da cittadini ed associazioni sui rischi di inquinamento delle falde acquifere e soprattutto di conseguenti eventi sismici connessi alle trivellazioni e alla fratturazione idraulica. Da uno studio condotto dall’equipe del prof. Franco Ortolani, Ordinario di Geologia e direttore del Dipartimento di Scienza del Territorio dell’Università di Napoli Federico II sul possibile rapporto tra trivellazioni e terremoti, risulta abbastanza chiaro che ci sia una frequente correlazione tra attività petrolifere (in particolare l’iniezione di fluidi ad alta pressione) e terremoti di bassa magnitudo.
Anche la ricercatrice italo americana Maria Rita D’Orsogna, docente di fisica alla State University Northridge, California, che di recente ha partecipato ad una audizione in Parlamento in merito all’esame dell’atto comunitario sulla sicurezza delle attività offshore di prospezione, ricerca e produzione nel settore degli idrocarburi, si è più volta espressa contro la tecnica del fracking motivando il proprio diniego con esaustive argomentazioni.
Nel caso del terremoto dell’Emilia sono tanti i Comuni epicentro del sisma interessati dai permessi di prospezione e ricerca idrocarburi (petrolio e gas) e non ci è noto sapere se le Compagnie interessate abbiano utilizzato la tecnica del “fracking”), come pure sorge il dubbio riguardo alle perforazioni che la Erg avrebbe disposto nei pressi di San felice sul Panaro allo scopo di sondare ed esplorare il sottosuolo, a diversi km di profondità, per comprendere se la conformazione sotterranea è più adatta a ospitare un oleodotto o un impianto di Gas Storage.
A tal riguardo, le Associazioni Ambientaliste Folgore e Demetra di Trani, insieme all’Associazione Ambiente e/è Vita BAT di Bisceglie (componenti del Movimento Ambientalista BAT su facebook) espongono le seguenti osservazioni: “noi riteniamo che il “fraching” e le trivellazioni del sottosuolo in generale possa provocare:
1 – l’inquinamento delle falde acquifere, causato dal pompaggio di enormi quantità di acqua piena di agenti chimici;
2 – il fenomeno dei movimenti sismici (sempre più frequenti nelle zone dove si fa uso di questo procedimento estrattivo): la pressione del fluido carica di energia le rocce presenti nel sottosuolo che poi si liberano ed eliminano questa energia tramite terremoti di intensità più o meno notevole. L’alterazione della pressione sotterranea modifica ovviamente quelli che sono gli equilibri territoriali e può causare il risveglio di una faglia sismica al momento inattiva, o arrivare a generare scosse anche abbastanza consistenti.
E’ di lunedì 28 maggio, la notizia che negli Stati Uniti le principali banche rifiutano di accendere mutui alle Compagnie petrolifere e estrazione gas per le proprietà che prevedono tali attività, in quanto, quando si tratta di fracking, non possono essere garantite la tutela ambientale ed il rispetto delle leggi federali e locali. Inoltre, qualora si voglia optare per un’assicurazione a scopo cautelativo, anche lì la porta è sbarrata: nessuno vuole assicurare contro i rischi del fracking.
Nel caso del nostro territorio italiano, anche se dovesse sorgere il benché minimo e ragionevole dubbio che le attività umane di trivellazione possano interferire con le attività sismiche, con o senza l’utilizzo della tecnica del fracking, bisognerebbe fermare tutto, riflettere, approfondire.
In considerazione quindi della possibilità di tale correlazione tra eventi sismici e attività petrolifere mediante trivellazioni con o senza la tecnica fracking e constatata la necessità di approfondire tale tematica con apporti scientifici indipendenti e qualificati, le tre Associazioni Ambientaliste CHIEDONO al Governo italiano, nella fattispecie al Ministro dello Sviluppo Economico Passera ed al Ministro dell’Ambiente Clini, che in tutto il territorio italiano vengano momentaneamente sospesi tutti i permessi in essere finalizzati a tali attività e che venga costituita una Commissione Tecnica italiana o europea di studiosi, ricercatori, geologi, sismologi ed altre figure altamente professionali dedita ad uno studio approfondito che tenga conto sì dell’importanza industriale dei giacimenti di idrocarburi, ma anche dell’importanza socio-economica delle risorse naturali di rilevanza strategica come le acque sotterranee e superficiali, nonché della sicurezza del territorio e della salute dei cittadini.
Dedicare energie e risorse importanti alla previsione e alla prevenzione delle calamità è alla base della Protezione Civile.
(A cura delle associazioni: Folgore - Trani – presidente Nunzio Di Lauro – Associazione Demetra - Trani – presidente Roberto Caressa e Associazione Ambiente e/è Vita BAT – Bisceglie Presidente Daniele Felice Sasso)
www.statoquotidiano.it
Quando c’era lui
“Da oggi mi sento anch’io cittadino di Mirandola!”
“Ho già visto sull’internèt una bellissima villa che ho intenzione di acquistare, a Crevalcore.”
“Il governo si organizzerà quanto prima per ricostruire tutti i campi da golf!”
“E anche un grandissimo Casinò!”
“L’Emilia verrà ricostruita in due settimane e sarà nominata regione a sé. Fanculo la Romagna!”
“Organizzeremo il prossimo G8 a Modena, il Festival di Sanremo a Nonantola e il Gran Premio di Monza, a Sassuolo.”
“Andate al mare, è estate. Paga lo Stato. Prendetevi un periodo di risposo mentre ricostruiremo tutto. E chi sta nelle tendopoli, lo prenda come un weekend in campeggio.”
“Offrirò le mie case agli sfollati. Dovranno dividersele con le troie.”
“Ridipingeremo le facciate con colori pastello, tipo Portofino.”
“Proporremo la Tigella per il Premio Nobel.”
“L’opera di ricostruzione sarà più facile nei piccoli paesi, dove potremo abbattere tutto e far ricostruire ai miei amici e a quelli di Bertolaso.”
“Gagliardi e Piscicelli smettetela di ridere, che mi vien da ridere anche a me…”
“L’Emilia è una persona viva, respira in modo autonomo e potrebbe anche avere un figlio”
donzauker.it
Terremoto Emilia, dalle banche niente sconti nè agevolazioni
MODENA – Polemiche roventi hanno investito le misure approvate dal
Consiglio dei ministri, per finanziare la ricostruzione nei territori
emiliani gravemente danneggiati dal sisma. Soprattutto la “tassa sulle
disgrazie”: l’aumento delle accise sui costi della benzina, come
provvedimento già noto ai cittadini e adottato dal governo per altre
calamità simili in passato (sopra: immagini mobilificio Malavasi a Cavezzo distrutto dal sisma).
L’annuncio ha fatto scattare commenti furiosi degli utenti su web e social network, non meno dell’indignazione provocata dalle esose commissioni richieste dalle banche, per effettuare donazioni ai terremotati
La gara di solidarietà per versare il proprio contributo tramite bonifico, a favore delle popolazioni colpite dal sisma dell’Emilia è scattata subito. A sorpresa però, alcuni istituti di credito avrebbero chiesto il pagamento di “balzelli” sulle donazioni, che hanno convinto qualcuno a ripensarci e a rinunciare all’offerta, per via del costo della commissione giudicato eccessivo per la circostanza e ugualmente preteso dall’istituto di credito.
La testimonianza viene raccolta e pubblicata dal Giornale. In una Cassa di Risparmio del Veneto, in provincia di Padova, sarebbero state chieste spese fino a 5 euro per effettuare una donazione a favore dei terremotati.
Alcuni fra gli istituti di credito insomma, hanno applicato senza deroghe i costi delle transazioni finanziarie, senza nessun particolare riguardo alla tragedia che ha colpito l’Emilia.
Ma non sembra l’unico caso. Il racconto di un imprenditore emiliano è stato raccolto e diffuso da Il Sole 24 Ore. Roberto Fabbri, amministratore delegato della Abk Industrie Ceramiche di Finale Emilia, ha raccontato di una telefonata in cui la banca lo avvertiva della decisione di dimezzare il finanziamento, precedentemente approvato, a seguito del secondo forte sisma del 29 maggio.
“Era tutto a posto, non c’era motivo per temere nulla. E invece mi hanno comunicato che al posto dei 750 milioni, la banca ne sborserà 375: un’elemosina”, ha commentato l’imprenditore.
www.youreporternews.it
L’annuncio ha fatto scattare commenti furiosi degli utenti su web e social network, non meno dell’indignazione provocata dalle esose commissioni richieste dalle banche, per effettuare donazioni ai terremotati
La gara di solidarietà per versare il proprio contributo tramite bonifico, a favore delle popolazioni colpite dal sisma dell’Emilia è scattata subito. A sorpresa però, alcuni istituti di credito avrebbero chiesto il pagamento di “balzelli” sulle donazioni, che hanno convinto qualcuno a ripensarci e a rinunciare all’offerta, per via del costo della commissione giudicato eccessivo per la circostanza e ugualmente preteso dall’istituto di credito.
La testimonianza viene raccolta e pubblicata dal Giornale. In una Cassa di Risparmio del Veneto, in provincia di Padova, sarebbero state chieste spese fino a 5 euro per effettuare una donazione a favore dei terremotati.
Alcuni fra gli istituti di credito insomma, hanno applicato senza deroghe i costi delle transazioni finanziarie, senza nessun particolare riguardo alla tragedia che ha colpito l’Emilia.
Ma non sembra l’unico caso. Il racconto di un imprenditore emiliano è stato raccolto e diffuso da Il Sole 24 Ore. Roberto Fabbri, amministratore delegato della Abk Industrie Ceramiche di Finale Emilia, ha raccontato di una telefonata in cui la banca lo avvertiva della decisione di dimezzare il finanziamento, precedentemente approvato, a seguito del secondo forte sisma del 29 maggio.
“Era tutto a posto, non c’era motivo per temere nulla. E invece mi hanno comunicato che al posto dei 750 milioni, la banca ne sborserà 375: un’elemosina”, ha commentato l’imprenditore.
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Terremoto, a Modena e a Carpi sciacalli annunciano scosse
Terremoto, a Modena e a Carpi sciacalli annunciano scosse
„Qualcuno gira annunciando imminenti fenomeni sismici e invitando a lasciare case e uffici. I terremoti non sono prevedibili, chi lo fa specula sulla paura e sarà perseguito
Terremoto, a Modena e a Carpi sciacalli annunciano scosse
„"Non si deve credere a chi, magari spacciandosi per operatore di protezione civile, invita a lasciare attività, abitazioni e uffici. Non si possono prevedere le scosse di terremoto. Chi annuncia attività sismiche imminenti specula sulla paura e non può essere definito altrimenti che sciacallo. Chi si rende responsabile di questi comportamenti inqualificabili sarà denunciato per procurato allarme e perseguito a norma di legge". Lo dichiara, a seguito di numerose segnalazioni arrivate agli uffici municipali, il Comitato operativo comunale (Coc) che coordina tutte le attività di assistenza, monitoraggio, prevenzione e sicurezza legati al sisma. La polizia municipale è allertata e vigilerà sul ripetersi di episodi analoghi.
www.modenatoday.it “
„Qualcuno gira annunciando imminenti fenomeni sismici e invitando a lasciare case e uffici. I terremoti non sono prevedibili, chi lo fa specula sulla paura e sarà perseguito
Terremoto, a Modena e a Carpi sciacalli annunciano scosse
„"Non si deve credere a chi, magari spacciandosi per operatore di protezione civile, invita a lasciare attività, abitazioni e uffici. Non si possono prevedere le scosse di terremoto. Chi annuncia attività sismiche imminenti specula sulla paura e non può essere definito altrimenti che sciacallo. Chi si rende responsabile di questi comportamenti inqualificabili sarà denunciato per procurato allarme e perseguito a norma di legge". Lo dichiara, a seguito di numerose segnalazioni arrivate agli uffici municipali, il Comitato operativo comunale (Coc) che coordina tutte le attività di assistenza, monitoraggio, prevenzione e sicurezza legati al sisma. La polizia municipale è allertata e vigilerà sul ripetersi di episodi analoghi.
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Da Torino a Venezia in bici: nasce VenTo il progetto della mega-ciclabile sul Po
di Erika Facciolla
679 km di pista ciclabile tracciati lungo gli argini del Po da Torino a Venezia passando per Milano per un’opera che avvicinerebbe l’Italia alle piste europee più conosciute. Sogno o realtà?
Per il dipartimento di infrastrutture e progettazione del Politecnico di Milano questa utopistica visione ha già un nome e un progetto ben delineato: si chiama ‘VenTo’ e corrisponde a una mega pista ciclabile elaborata in un anno di studi da una giovane equipe di ricercatori coordinati dal direttore scientifico del dipartimento Paolo Pileri.
Un progetto da 80 milioni di euro che
dovrebbe essere finanziato dalle regioni interessate ma che per essere
realizzato dovrebbe trovare anche l’appoggio del Governo. Ma vediamo nel
dettaglio il mirabolante percorso che dovrebbe compiere la pista in
questione.
Si parte dal Lido di Venezia e dopo due tratti di traghetto si arriva a Chioggia, poi al Polesine da cui si raggiunge il canale di Burana. Da lì si prosegue sul Po fino a Pavia, dove attraverso la ciclabile del Naviglio Pavese si arriva a Milano. Se il progetto potesse essere portato a termine in tempo per l’ Expo 2015, le vie d’acqua consentirebbero un’affascinante visita ai padiglioni dell’esposizione. Da lì, ritorno in Piemonte fino a Torino, passando per una miriade di cittadine e centri abitati minori dall’immenso patrimonio rurale e artistico che potrebbe aprire allo sviluppo di un interessante nicchia di mercato turistico.
La grande opportunità sarebbe da cogliere al volo visto che il 15% dell’intero tracciato esiste già e presenta tutti gli standard di sicurezza necessari. E per superare il problema degli sbarramenti e recinzioni che al momento non permettono di chiudere alcuni anelli ciclabili basterebbe un impegno della politica nella semplificazione dei regolamenti d’uso sugli argini o sulle strade vicinali.
Al momento il progetto ha incassato una tiepida accoglienza da parte delle autorità che hanno partecipato alla presentazione ufficiale e solo un rappresentante del comune di Milano ha espresso apertamente il proprio appoggio.
Senza farsi troppe illusioni, c’è solo da sperare che il vento prima o poi cambi…
www.tuttogreen.it
679 km di pista ciclabile tracciati lungo gli argini del Po da Torino a Venezia passando per Milano per un’opera che avvicinerebbe l’Italia alle piste europee più conosciute. Sogno o realtà?
Per il dipartimento di infrastrutture e progettazione del Politecnico di Milano questa utopistica visione ha già un nome e un progetto ben delineato: si chiama ‘VenTo’ e corrisponde a una mega pista ciclabile elaborata in un anno di studi da una giovane equipe di ricercatori coordinati dal direttore scientifico del dipartimento Paolo Pileri.
Si parte dal Lido di Venezia e dopo due tratti di traghetto si arriva a Chioggia, poi al Polesine da cui si raggiunge il canale di Burana. Da lì si prosegue sul Po fino a Pavia, dove attraverso la ciclabile del Naviglio Pavese si arriva a Milano. Se il progetto potesse essere portato a termine in tempo per l’ Expo 2015, le vie d’acqua consentirebbero un’affascinante visita ai padiglioni dell’esposizione. Da lì, ritorno in Piemonte fino a Torino, passando per una miriade di cittadine e centri abitati minori dall’immenso patrimonio rurale e artistico che potrebbe aprire allo sviluppo di un interessante nicchia di mercato turistico.
La grande opportunità sarebbe da cogliere al volo visto che il 15% dell’intero tracciato esiste già e presenta tutti gli standard di sicurezza necessari. E per superare il problema degli sbarramenti e recinzioni che al momento non permettono di chiudere alcuni anelli ciclabili basterebbe un impegno della politica nella semplificazione dei regolamenti d’uso sugli argini o sulle strade vicinali.
Al momento il progetto ha incassato una tiepida accoglienza da parte delle autorità che hanno partecipato alla presentazione ufficiale e solo un rappresentante del comune di Milano ha espresso apertamente il proprio appoggio.
Senza farsi troppe illusioni, c’è solo da sperare che il vento prima o poi cambi…
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In difesa dei partiti
Visto che iniziano a circolare ipotesi su una fantomatica «iperdemocrazia senza i partiti», e si legge che Simone Weil in un pamphlet avrebbe concluso in maniera «nitida come al termine di una dimostrazione matematica» che «la soppressione dei partiti costituirebbe un bene allo stato quasi puro», vorrei ricordare per quale ragione i partiti esistono, e perché è bene continuino a esistere. Non questi partiti, certo, ma l’istituzione-partito.
Uno degli argomenti dei sostenitori dell’eliminazione dei partiti è che non servano più perché sostituibili grazie all’auto-organizzazione dei cittadini tramite Internet. Come ho già scritto, è l’idea di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, ma naturalmente non solo la loro (Carlo Formenti la racconta in un libro, Cybersoviet, già nel 2008). Affido la replica a uno scritto del 1984 di Norberto Bobbio, Il Futuro della Democrazia:
L’ipotesi che la futura computer-crazia, com’è stata chiamata, consenta l’esercizio della democrazia diretta, cioè dia a ogni cittadino la possibilità di trasmettere il proprio voto a un cervello elettronico, è puerile.Perché? Bobbio lo spiega con straordinaria chiarezza:
A giudicare dalle leggi che vengono emanate ogni anno in Italia il buon cittadino dovrebbe essere chiamato a esprimere il proprio voto almeno una volta al giorno. L’eccesso di partecipazione, che produce il fenomeno che Dahrendorf ha chiamato, deprecandolo, del cittadino totale, può avere per effetto la sazietà della politica e l’aumento dell’apatia elettorale. Il prezzo che si deve pagare per l’impegno di pochi è spesso l’indifferenza di molti. Nulla rischia di uccidere la democrazia più che l’eccesso di democrazia. (p. 22)Certo, nel 1984 Bobbio non poteva prevedere la diffusione capillare di Internet né soprattutto lo sviluppo del web 2.0. Ma né l’uno né l’altro fenomeno intaccato di una virgola, a mio parere, i problemi sollevati. Anzi, la frenesia dell’era dei social media rischierebbe di acuire il problema del ‘cittadino totale’ (in questo caso, il ‘netizen totale‘), trasformando la democrazia di fatto in una sorta di referendum istantaneo permanente sulla volontà popolare. Un incubo, se si considera quanta poca attenzione si presti a contenuti complessi, e quanto le nostre capacità attentive siano già duramente messe alla prova dall’enorme serie di stimoli con cui veniamo quotidianamente bombardati, spesso in simultanea.
Non a caso, sempre Bobbio sostiene poche pagine dopo che «il cittadino totale non è a ben guardare che l’altra faccia non meno minacciosa dello stato totale». Due facce della stessa medaglia, scrive ancora, perché il principio è lo stesso: «che tutto è politica, ovvero la riduzione di tutti gl’interessi umani agli interessi della polis, la politicizzazione integrale dell’uomo, la risoluzione dell’uomo nel cittadino, la completa eliminazione della sfera privata nella sfera pubblica, e via dicendo». Il cortocircuito tra pubblico e privato suona quasi profetico, pensando ai proclami di Mark Zuckerberg sulla fine dell’era della privacy, e al moltiplicarsi di richieste di trasparenza radicale.
Da dove l’utilità dei partiti? Beh, sono proprio loro i corpi intermedi tra cittadino e Stato che servono a mantenere da un lato la libertà del cittadino, e dall’altro a tutelare l’indipendenza dello Stato dalla dittatura dell’opinione. A questo serve il divieto di mandato imperativo, contenuto nella nostra Costituzione all’articolo 67: a fare sì che l’eletto possa comunque adoperare il suo giudizio nello scegliere come meglio servire l’interesse collettivo, se assecondando l’opinione della maggioranza o se ascoltando la voce della sua coscienza (una possibilità che, come afferma Thoreau ne ‘La Disobbedienza Civile’, è anche un antidoto al rispetto cieco della legge). Fermo nella consapevolezza che il bene collettivo, a volte, può doversi strutturare – e qui sorgono naturalmente i problemi legati alla scarsa capacità di giudizio o buonafede degli eletti di cui sappiamo – anche contro l’opinione prevalente.
Altri problemi legati all’eliminazione dei partiti sono connessi al fatto che la democrazia diretta si sia dimostrata inservibile, scrive Bobbio, una volta che lo stato è diventato nazione e le sue dimensioni hanno superato quelle dell’agorà – rendendola di fatto «anacronistica». Spunto da cui Hans Kelsen, in ‘La Democrazia’, trae un ulteriore argomento:
Data l’irrealizzabilità pratica della democrazia diretta nei grandi Stati economicamente e culturalmente evoluti, gli sforzi per stabilire il contatto più stretto possibile fra la volontà popolare e i necessari rappresentanti del popolo, la tendenza ad avvicinarsi al governo diretto portano non ad una eliminazione od anche a una riduzione del parlamentarismo, ma ad un’ipertrofia non sospettata del parlamentarismo stesso. La Costituzione sovietica (Kelsen scrive negli anni ’20 del 900, ndr), che si oppone scientemente e intenzionalmente alla democrazia rappresentativa della borghesia, lo mostra chiaramente. Parlamenti piramidiformi chiamati «sovieti» o «Consigli» che sono semplicemente assemblee rappresentative. Il parlamentarismo così si estende ma, contemporaneamente, si intensifica. (p. 84)Non molto di diverso dal caos di forum, pagine di discussione e polemiche che accompagnano le strutture orizzontali odierne, che siano coordinate tramite meetup o Facebook. E che si risolvono molto spesso in litigi, paralisi decisionale e incapacità di proposte minoritarie.
L’ultimo, e credo il più grosso problema, è il rapporto tra democrazia e visibilità, tra esercizio della sovranità e presenza. Nell’era di WikiLeaks e dell’open government, la richiesta di annientare il segreto è forte, e più che giustificata in moltissimi casi. Ma si deve fare attenzione: perché la eliminazione dei corpi intermedi (tra cui i partiti) tra cittadino e Stato può significare non solo che i cittadini sanno tutto dello Stato, ma anche che lo Stato sa tutto dei cittadini. E’ il rapporto tra il sogno di Rousseau e quello di Bentham. Scrive Michel Foucault nella conversazione che precede l’edizione italiana del Panopticon benthamiano:
Direi che Bentham è complementare a Rousseau. Qual è, in effetti, il sogno roussoiano che ha animato parecchi rivoluzionari? Quello di una società trasparente, al tempo stesso visibile e leggibile in ciascuna delle sue parti; che non ci siano più zone oscure, zone regolate da privilegi del potere reale o dalle prerogative di questo o di quel corpo, o ancora dal disordine; che ciascuno, dal punto che occupa, possa vedere l’insieme della società; che cuori comunichino gli uni con gli altri, che gli sguardi non incontrino più ostacoli, che regni l’opinione, l’opinione di tutti su tutti. [...] Bentham è questo, e al tempo stesso tutto il contrario. Egli pone il problema della visibilità organizzata interamente attorno ad uno sguardo che domina e sorveglia. Fa funzionare il progetto di una visibilità universale, che giocherebbe a profitto di un potere rigoroso e meticoloso.Michelle Perrot, subito dopo, incalza il filosofo: «C’è questa frase nel Panopticon: ‘Ogni compagno diventa un sorvegliante’». E lui: «Rousseau avrebbe senza dubbio detto l’inverso: che ogni sorvegliante sia un compagno». Se non bastasse l’ambiguità, crescente – paradossalmente – al crescere della gestione diretta del potere da parte dei cittadini, Foucault invoca un altro e più temibile spettro: il rischio di una dittatura della trasparenza:
Questo regno dell’«opinione» che viene tanto spesso invocato, in quest’epoca, è un modo di funzionamento in cui il potere potrà essere esercitato per il solo fatto che le cose saranno conosciute e che le persone saranno viste attraverso una sorta di sguardo immediato, collettivo e anonimo. Un potere la cui risorsa principale sia l’opinione non potrebbe tollerare delle regioni d’ombra. Se ci si è interessati al progetto di Bentham, è perché egli forniva, applicabile a molti domini diversi, la formula di un «potere per trasparenze», di un «assoggettamento grazie alla messa in luce».Tutto ciò non vuole affatto dire che non serva maggiore trasparenza nella attuale gestione della democrazia rappresentativa: sarebbe folle sostenerlo. Il punto è che la trasparenza deve essere messa al servizio dei cittadini, non dello Stato; dei controllori, non dei controllati. E perché ciò avvenga in modo non ambiguo non si può eliminare la differenza tra i due. Nel mezzo, in altre parole, ci devono essere i partiti: aperti all’ascolto delle istanze dei cittadini, gestiti in modo chiaro e immediatamente verificabile da ciascuno, e possibilmente in grado di realizzare i programmi con cui si presentano agli elettori. In grado di motivare gli scostamenti dalla volontà popolare, quando siano necessari. Ma soprattutto capaci di ribadire che la politica – per tutti i motivi sopra esposti – richiede rappresentanza.
L’alternativa, la distruzione dei partiti, conduce all’autoritarismo. E lo fa subdolamente, nel nome del popolo. Per questo ha ragione Giorgio Napolitano quando dice, pur sapendo di essere impopolare, che il web è sì un «importante canale di partecipazione», ma non può «condurre direttamente al luogo delle decisioni politiche». E per lo stesso motivo mi fa paura, al contrario, sentire una persona in grado di attirare consensi a doppia cifra dire con leggerezza:
«A cosa ti serve un politico che ti rappresenta. Io con un click, semplicissimo, [...] io decido se fare la guerra o non fare la guerra, se uscire dalla Nato, se essere padroni in casa nostra, se avere una sovranità monetaria, una sovranità economica» (Beppe Grillo, 25 gennaio 2012).Semplice, immediato, seducente. Ma non per questo meno sbagliato. Pur nel disastro attuale, e sapendo a mia volta di essere impopolare, se questa è l’alternativa non resta che esclamare: evviva i partiti.
ilnichilista.wordpress.com
A Corsico la ‘ndrangheta alza la voce
By Biagio Simonetta
www.biagiosimonetta.com
*Carbonera (ex sindaco di Buccinasco più volte minacciato dalla criminalità organizzata)“Ora siete richiamati all’ordine e il richiamo vale una volta soltanto. Se non capirete quello che e’ capitato al signor Carbonera* per voi tutti ci sara’ una atroce punizione se d’ora in poi non userete il cervello nel fare e dire le cose”.
Messaggio recapitato al Comune di Corsico in data 31 maggio 2012
‘nndrangheta (con la doppia “n”).
www.biagiosimonetta.com
Il vilipendio ai tempi di Internet
Nell'Italia repubblicana esiste un reato che richiama l'assolutismo monarchico e la figura di Luigi XIV: il vilipendio del presidente della Repubblica. L'articolo 278 del codice penale recita "Offese all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica. Chiunque offenda l'onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni". Il reato di vilipendio deriva dal Codice Rocco del periodo fascista. Nel ventennio si tutelava dal delitto di lesa maestà la figura del re e di Mussolini, dal dopoguerra i presidenti della Repubblica. Il reato di vilipendio non è qualcosa rimasto sulla carta, a monito. È stato invocato innumerevoli volte, spesso dai partiti a scopi politici, e anche applicato. Giovannino Guareschi fu condannato a otto mesi per una vignetta in cui il presidente Luigi Einaudi sfilava, invece che tra i corazzieri, tra bottiglioni di Nebiolo della sua tenuta, impreziositi dall'etichetta "Presidente della Repubblica Italiana". Io dovrei aver già accumulato una decina di ergastoli.
Il confine tra satira, critica e vilipendio ("considerare vile") è materia più indefinibile del sesso degli angeli. Inoltre un cittadino, perché il presidente della Repubblica sarà il primo dei cittadini, ma sempre cittadino rimane, non può essere più uguale degli altri di fronte alla legge. Dai tempi del duce e di Einaudi qualcosa è cambiato. È arrivato Internet. Per analizzare eventuali vilipendi non sarebbero sufficienti tutti i poliziotti incaricati di scandagliare il web al lavoro per 100 anni. La Rete è troppo grande per essere conosciuta, "Too big to know", come sostiene David Weinberger nel suo libro dallo stesso titolo. Che si fa? Si spara nel mucchio alla dove prendo prendo?
Io credo che Il Presidente della Repubblica giunto alla fine del suo settennato potrebbe chiedere l'abolizione dell'articolo 278, o almeno la sua depenalizzazione. Sarebbe un bel gesto con cui farsi ricordare.
http://www.beppegrillo.it/
Ercole e i Cercopi... l'Eroe, la Bestia e la Donna
Il maschio arcaico deve passare attraverso iniziazioni successive per
essere maschio. Si nasce dalla Donna, ciò è incontrovertibile. Come può il
maschio arcaico fare a meno della donna? Liberandosene, attraverso
l'iniziazione. Una purificazione, strappato appena possibile dalle gonnelle
della mamma e scagliato nel mondo selvaggio a guadagnarsi lo status. Non a caso
Donna e Bestia sono spesso associate. Da Eva e il serpente, alle divinità
minoiche, fino alla fanciulla "liberata" da San Giorgio e fino alle streghe
circondate da bestie nere. I Cercopi sono "uomini-animali", ancora e ancor più
al di fuori della società, briganti. La scimmia è il doppio brutto dell'uomo.
persino in lingua si dice "scimmiottare" per "imitare", spesso con valenza
negativa. Ogni latitudine ha il proprio uomo-bestia, per esempio l'orso, sul cui
valore simbolico è stato scritto recentemente un bel libro dal professor
Pastoreau. L'uomo selvaggio presiede all'iniziazione, guarda il confine tra
mondi che non devono comunicare. San Giovanni il Battista, il Precursore,
vestito di pelli di cammello, si nutre di cose naturali, selvatiche, non
"trasformate" dalla società civile attraverso la cottura. Ercole che combatte e
non uccide, ma spesso cattura, per tenere sotto controllo, non per eliminare,
perché certe cose incontrovertibilmente esistono, l'alterità che deve
essere controllata. Ecco nelle catacombe i cristiani usano Ercole, contro l'Idra
e gli altri "mostri", come campione dell'uomo contro il male. Ercole, gloria di
Era, la Giunone romana. Ercole vestito da donna, Achille vestito da donna, per
essere uomini, nel bene e nel male.
MM
Cultura per tutti
La newsletter di biblioteche di Roma Omicidi di Stato e di Chiesa
Si presenta in torneé promozionale nelle biblioteche Pier Paolo Pasolini, Rispoli, e Tortora "Omicidio di Stato. Storia dei giornalisti Graziella De Palo e Italo Toni", sulla stessa scia del delitto il BiblioCafféLetterario propone con Radio Cento Passi il Caso di Emanuela Orlandi, presente il fratello.
Sul BIBLIOTU trovate consigli di lettura, la bibliografia sul poeta Giorgio Caproni, e il concorso "Mamma Roma ed i suoi quartieri" al quale vi invitiamo a partecipare, filmando e raccontandoci il vostro municipio.
Moira Miele
Guglielmo Marconi - Roma ricorda Giorgio
Caproni
fino al 28 giugno
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Europea - Finestra sulla letteratura
messicana
giovedì 31
maggio ore 18
|
Vaccheria Nardi - Corso di psicofilosofia
dal 1 giugno ore 17.30
|
Borghesiana - Fiabe e miti di carta,
d'argilla
dal 1 al 21
giugno
|
Casa del parco -Tenera, ironica, dolce
Monica.
dal 6 giugno
ogni mercoledi del mese
|
Vaccheria Nardi - Una
separazione
mercoledi 6
giugno ore 20
|
Villa Leopardi - Restrepo.
giovedì 7 giugno ore
19.30
|
Vaccheria Nardi - Vasco Rossi. Questa storia
qua
venerdì 8 giugno ore
20
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Sandro Onofri - Ottava Edizione del
CORTIgiano Video Festival
da venerdì 8 a domenica 10 giugno
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Guglielmo Marconi - In biblioteca .... che
poesia
Laboratori di
poesia per bambini 13 giugno
|
BibliocaffèLetterario - Amelie Nothomb o il
corpo espiatorio
Venerdì
8 giugno ore 18
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Omicidio di Stato. Storia dei giornalisti
Graziella De Palo e Italo Toni.
12, 14, 15 giugno
|
Vaccheria Nardi - La Kryptonite nella
borsa
mercoledì 13 giugno
ore 20
|
BiblioCaffeLetterario - Caffettando
mercoledi 13 ore
18.40
|
Vaccheria Nardi
il programma di giugno
|
Elsa Morante
il programma di giugno
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Villa Leopardi
il programma di giugno
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Rispoli
il programma di giugno
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Casa dei Bimbi
il programma di giugno
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Rassegna cinematografica Le vie del Cinema da
Cannes a Roma
Cinema
Adriano, Eden, Giulio Cesare dall?8 al 14 giugno
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Faber Musicae omaggio a Fabrizio De
Andrè
Teatro Quirino 31
maggio 2012 h 20.45
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Antonello Avallone in Una pellicetta
sfrangiata: un serial Killer tutto da ridere
Teatro del'Angelo dal 29 maggio 2012 al 10 giugno
2012
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Laboratori estivi 2012 sul palco, nel gazebo
e nel giardino del Teatro Mongiovino
Teatro Mongiovino dal 25 al 28 giugno e dal 2 al 20 luglio 2012
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Quando la scuola va in vacanza... ...arriva
il campus di Explora!
da
giugno a settembre a Explora in Via Flaminia 82
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Con Bibliocard gratuitamente a casa cibi
naturali per cani e gatti al prezzo più vantaggioso
Consegna a domicilio
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Luglio suona bene 2012: grandi nomi
all'Auditorium Parco della Musica
Cavea dell'Auditorium Parco della Musica dal 25/05/2012 al
01/08/2012
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Nelle sere d'estate il Punta Ovest di Ostia
Lido è la nuova filosofia di vivere il mare di Roma
Lungomare Duca degli Abruzzi; apertura
stabilimento da maggio a settembre dalla 9 alle 19
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Mostra: Avanguardie russe Malevič,
Kandinskij, Chagall, Rodčenko, Tatlin e gli altri
Nuovo spazio espositivo Ara Pacis fino al 2
settembre 2012
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Valentina Movie: la prima mostra romana
dedicata a Valentina di Guido Crepax
Palazzo Incontro dal 30 Maggio 2012 al 30 Settembre 2012
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Miguel Angel Zotto il più grande tanguero del
nostro secolo in Tierra mia querida
12 giugno ore 20.30 Aula Magna della Sapienza piazzale Aldo Moro 5
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