giovedì 31 ottobre 2024

Ne avverranno altri di questi disastri

 


Le immagini apocalittiche che arrivano da Valencia e dalla Spagna, la potenza dell’acqua, le macchine trascinate via come se fossero di carta, il numero dei morti (almeno 62, per ora) sono terribili. Terribili.


Ma sapete cos’è ancora più terribile?


La squallida ipocrisia di chi oggi si costerna, si indigna, invia agli spagnoli cordoglio e solidarietà, ma ogni giorno nega l’esistenza stessa della crisi climatica in atto, propaganda opere faraoniche in zone sismiche, percula chi denuncia, criminalizza chi protesta. 


Questo è ancora più drammatico. 

Perché nell’ipocrisia di oggi, nell’indifferenza di ieri e di domani, ci sono in nuce i germi della prossima catastrofe.

Lorenzo Tosa 

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La destra protegge i malfattori

 


Guardate com'è contenta la leghista Tesei, ricandidata Presidente in Umbria. 


Fino a ieri era indagata per abuso d'ufficio, poiché fondi regionali, quindi dei contribuenti, erano andati ad un'azienda dove lavora il figlio (!).


Oggi invece la Procura è stata costretta a chiedere l'archiviazione perché....perché il reato di abuso d'ufficio non esiste più. 


Quindi finisce tutto a tarallucci e vino. 


Bella l'Italia, eh?

Leonardo Cecchi 

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Arnold distrugge Trump!

 


Persino uno storico repubblicano come Arnold Schwarzenegger ha annunciato pubblicamente il proprio sostegno a Kamala Harris e tutto il proprio sdegno verso Donald Trump.


“Sarò sempre un americano prima che un repubblicano. 

Ed è per questo che questa settimana voterò per Kamala Harris e Tim Walz. 

Se vincesse Trump, sarebbero altri quattro anni di str**** senza risultati, che ci renderebbero solo più arrabbiati, divisi e pieni d'odio. Trump dividerà, insulterà, troverà altri modi per essere più anti-americano di quanto sia stato. Parliamo di uno che ha inviato i suoi ad attaccare il Campidoglio mentre li guardava in tv, che non ha nessuna abilità di varare politiche che non siano i tagli fiscali che aiutano i suoi finanziatori e i ricchi, che pensa che gli americani che non sono d'accordo con lui sono nemici peggiori di Cina, Russia e Corea del Nord".


Non lo ha detto un pericoloso bolscevico ma un repubblicano, un conservatore, uno che è ed è sempre stato di destra.


Ma Trump non è destra. È un miscuglio pericoloso e tossico di xenofobia, omofobia, turbo-liberismo, demagogia, eversione, pseudo-scienza, populismo. 


Per fortuna esistono ancora tracce di una destra quantomeno dignitosa e democratica.


Aspettando di vederla anche in Italia.

Lorenzo Tosa 

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martedì 29 ottobre 2024

Ancora oggi esistono le streghe.

 


Le donne che venivano chiamate streghe non avevano nessun potere magico, in realtà. Semplicemente riuscivano a vedere le cose meglio.

Le vedevano per quel che erano - perché erano nate con la capacità, o il dono (o, forse, la maledizione) di non avere filtri sugli occhi né sulla mente: nessuno di quei filtri che spesso ci portiamo appresso senza nemmeno rendercene conto, che ci dicono come dobbiamo vedere le cose per essere accettati, per sembrare giusti, per apparire ciò che dovremmo essere - per auto convincerci che davvero siamo ciò che vogliamo far apparire. Loro non ce l'avevano - perché la conseguenza, o la causa, del loro dono o maledizione era anche questa: non aver paura della solitudine, non aver bisogno di riempire il silenzio di chiacchiere vuote, voler qualcosa di diverso da un ruolo da recitare sul palcoscenico insieme a tutti.

Per questo venivano isolate.

E per questo facevano paura - come fa paura chi dice la verità: e spesso si preferisce accusarlo ed annientarlo pur di non sentirla, pur di non volerla vedere.

E per questo ancora oggi esistono le streghe - ed esiste chi le vuole bruciare.

Siamo streghe quando ci poniamo domande, quando vogliamo capire. Quando ci ribelliamo ad una regola, quando ragioniamo con la nostra testa. Quando non abbiamo paura di esplorare le nostre ombre, ammettere i nostri difetti, confessare ciò che vogliamo.

Siamo streghe - e, anche se volete continuare a bruciarci... siamo sempre qui

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Roma, i senatori voltano le spalle a Juric e per i giallorossi si apre un’altra crisi




La Repubblica (M.Juric)

Una sconfitta pesantissima, un tracollo che già nelle prossime ore potrebbe regalare l’ennesimo ribaltone in casa giallorossa. La Roma perde 5-1 a Firenze e aspetta le decisioni dei Friedkin su Ivan Juric. L’esonero, adesso, è davvero a un passo. La prova della squadra contro la Fiorentina alla fine potrebbe essere decisiva e mettere la parola fine all’avventura del croato sulla panchina giallorossa. La sua squadra è stata umiliata dall’avversario, mostrandosi incapace di giocare a calcio e fare proprie le indicazioni del proprio allenatore.Un tecnico abbandonato dai suoi calciatori. Non è sfuggito il dettaglio dei senatori che dopo la sostituzione hanno preso la via dello spogliatoio. Tanti, troppi segnali di resa che potrebbero aver segnato il futuro del secondo tecnico in meno di tre mesi. E la mente dei tifosi giallorossi torna alla stagione 2004/05, l’anno dei quattro allenatori.


Perché dopo una sconfitta del genere si pensa già al nome del successore di Juric. Se dovesse arrivare l’esonero, sono due i nomi in pole position per la sua sostituzione: Daniele De Rossi e Roberto Mancini. L’ex Capitan Futuro, attualmente in vacanza a New York con moglie e figli, ha ancora un contratto in essere con il club giallorosso. Sarebbe la scelta più logica – nonostante l’esonero subito meno di due mesi fa – perché la dirigente che lo ha cacciato non c’è più, perché è ben voluto dallo spogliatoio e richiesto a gran voce dalla tifoseria. Tutti fattori che risolverebbero non pochi problemi ai Friedkin e, forse, renderebbero più normale una stagione fin qui complicatissima.

Ma in caso di rifiuto di De Rossi, l’altro nome sul piatto dei proprietari americani è quello di Roberto Mancini, fresco di addio alla nazionale dell’Arabia Saudita. L’ex ct azzurro ha voglia di rimettersi subito in corsa, tornando ad allenare un club. Un nome forte, con esperienza e dal profilo internazionale. Con un contratto però molto oneroso. Un dettaglio non secondario in un’annata in cui i Friedkin potrebbero ritrovarsi con ben tre allenatori a libro paga. Le prossime ore saranno decisive, ma quanto visto in campo ieri sera al Franchi non può avere un futuro.


Oltre il danno, enorme, anche la beffa. Edoardo Bove è stato il migliore in campo della Fiorentina, in quella che era la “sua” partita. La prima contro la Roma da quando è professionista. E l’ha giocata come meglio non avrebbe potuto: un gol, un assist e il rigore procurato. Una gara da migliore in campo. Con il dente avvelenato. Perché dentro la partita del Franchi si è visto l’orgoglio di un ragazzo che ha voluto dimostrare con i fatti che a Roma, in tanti, si sono sbagliati lasciandolo andare con troppa fretta questa estate per confermare calciatori che in maglia giallorossa sembrano aver dato il loro meglio. Un tradimento che Bove non ha mai espresso pubblicamente, pur vivendo il malessere di un addio che non si aspettava. Ha preferito rispondere sul campo. Chiudendo il cerchio con il gol del 4-1. Senza neanche esultare.

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Grande Totò

 


Totò e Nino Manfredi sul set del film "Il padre di famiglia", una delle ultime foto di Totò. Verrà poi sostituito da Ugo Tognazzi.


"Ho avuto con Totò, una storia di cani che vorrei raccontarvi. C'era un randagio brutto e zozzo che mi seguiva sempre quando uscivo da una sala di doppiaggio al centro di Roma: mi aspettava sulla porta e mi faceva festa, mi veniva dietro fino alla macchina, puntualmente tutti i giorni. Io ho molta passione per i cani e una mattina mi decisi a farlo salire in macchina. Lo portai a casa e lo tenni con me. Purtroppo íl randagio era malato e per evitare che passasse l'infezione ai miei figli il veterinario mi consigliò di darlo via. Ma a chi?, pensavo. L'ho raccolto dalla strada e adesso lo ributto sulla strada? Mi pareva una canagliata. Finché qualcuno mi disse di rivolgermi a Totò: lo sai che Totò mantiene un canile? Gli telefonai. "Me lo porti", disse.

Andai col mio bastardo: "Principe, grazie, però vorrei provvedere io al mantenimento". "Dove mangiano 150", rispose, "mangiano anche 151".


(Nino Manfredi)

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Il professor Vecchioni da una lezione a Bocchino

 


Meraviglioso quello che è successo a “In altre parole” su La7. Meraviglioso e drammatico. 


Italo Bocchino si presenta da Gramellini e butta lì due o tre strafalcioni dei suoi.


“Il male di questo primo quarto di secolo è l’antifascismo. L’antifascismo fa male alla democrazia”. 


E ancora: 

“Verso la destra c’è razzismo ideologico, culturale e politico nei nostri confronti.”


Infine si supera: 


“La Costituzione” spiega “non è per niente antifascista. Basta leggere due disposizioni transitorie. La dodicesima dice che è vietata la ricostituzione del partito fascista. Ma il secondo comma, che nessuno conosce, dice che i capi del fascismo non possono candidarsi alle elezioni per soli 5 anni. La Costituzione è pacificatrice, perché dice che ci sono 5 anni di pausa, poi tutti rientrano in gioco e siamo tutti uguali.”


A questo punto sale in cattedra - è proprio il caso di dirlo - Roberto Vecchioni. Che, da buon professore, regala una lezione di storia e diritto a Bocchino e a tutti gli analfabeti costituzionali dentro e fuori le istituzioni.


“No, io il comma lo conosco. Adesso te lo spiego io. L’articolo 12 ha quei due commi che hai citato tu, ma il secondo comma dipende dal primo: puoi benissimo entrare nel governo, purché tu non sia fascista. Cioè è uno a uno, ma mica palla al centro e basta. Se tu vuoi continuare a giocare, devi cambiare maglia, altrimenti non puoi giocare“.


Grazie Professore.


Tosa

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Enrico Mattei

 


Fece arruolare migliaia di uomini tra le fila dei partigiani. Costruì prima e mise a disposizione poi una rete di contatti fondamentale. Combatté in prima linea. E diede un contributo enorme alla Liberazione d’Italia.


Enrico Mattei fu uomo straordinario. Venuto dal niente, si guadagnò tutto ciò che aveva. Lo dimostrò quando finita la guerra si prese un carrozzone inefficiente, l’AGIP. Ma anziché liquidarlo e dismetterlo come gli era stato chiesto, lo trasformò in un’azienda fiorente. Un’azienda che oggi si chiama ENI e che fa 43 miliardi e rotti di fatturato.


Mattei aveva un obiettivo: mettere l’Italia alla pari delle altre nazioni. Per farlo serviva energia, serviva combustibile. Lui li trovò dove nessuno credeva possibile. Mise in piedi una diplomazia parallela con i Paesi in via di sviluppo. Li trattò alla pari, a differenza di altri paesi che si credevano superiori e andavano solo a sfruttare. E per questo era amato.


Lo ammazzarono in autunno, il 27 ottobre. Dava fastidio a tanti. Dava fastidio alle 7 sorelle, le 7 compagnie petrolifere che vedevano l’AGIP e l’Italia come un pericolo.


Ad oggi non ci sono ancora colpevoli per la sua morte, e questa è la cosa peggiore.


A un grande uomo, a un grande italiano che ha amato davvero l’Italia, il ricordo di tutti

Leonardo Cecchi 

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domenica 27 ottobre 2024

Franco Battiato

 


Vede, ho sessant’anni ma non mi sento invecchiato di una virgola. Sto bene con me stesso. Vivo in questo posto meraviglioso sulle pendici del Mongibello. Dalla veranda del mio giardino osservo il cielo, il mare, i fumi dell’Etna, le nuvole, gli uccelli, i gelsomini, due grandi palme, un pozzo antico. Un’oasi. Poi purtroppo rientro nello studio e accendo la tv: ogni volta è un trauma. Ho un chip elettronico interiore che va in tilt per le ingiustizie e le menzogne.


Alla vista di certi personaggi, mi vien voglia di impugnare la croce e l’aglio per esorcizzarli. C’è un mutamento antropologico, sembrano uomini, ma non appartengono al genere umano, almeno come lo intendiamo noi: corpo, ragione e anima.[...] C’è una gran quantità di personaggi che sento estranei a me: non li stimo, non li rispetto per quel che dicono e sono. E siccome faccio il cantante, uso il mio strumento per dire ciò che sento.


E questo mi ha mantenuto giovane: gli anni te li senti addosso soltanto quando non si ama la vita, quando non si vuol più fare qualcosa di nuovo. Ma se coltivi la bellezza dell'amicizia, dell'amore, della musica, del mare e della poesia, la vita ti regala sempre delle sorprese.


[Franco Battiato]

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PERIGUNE

 


Quando l’eroe Teseo decise di intraprendere quel viaggio che lo avrebbe condotto ad Atene, dal padre Egeo, di cui aveva appena scoperto di essere il figlio, decise, sperando di eguagliare le imprese del cugino Eracle, di cui era grande ammiratore, di percorrere la strada costiera, anziché quella via mare che era senza dubbio la più facile e meno rischiosa.

Ed avvicinandosi a Corinto, si imbatté in Sini, detto Pitiocampte,(colui che piega i pini), gigante dalla forza smisurata, figlio di Polifemone, detto Procuste  - che aggrediva e torturava i viandanti battendoli, con un martello, su di un’incudine a forma di letto e se erano troppo corti, venivano stirati e allungati, mentre se i loro arti fuoriuscivano dal letto, venivano loro amputati -  che venne ucciso da Teseo, che gli fece provare, sulla propria pelle, la sua stessa tortura.

Ed anche il figlio, Sini, non gli era da meno in quanto a crudeltà, infatti egli sapeva afferrare la punta di un albero di pino e piegarla fino a farle toccare terra, poi, fingendo qualche difficoltà nel piegarne il tronco, chiedeva ad ignari passanti di aiutarlo a reggere la cima dell’albero e quando quei poveri disgraziati lo facevano, lui mollava di colpo la presa.  L'albero, a quel punto,  nel riprendere la sua postura originaria, trascinava con sé i malcapitati, che ripiombavano al suolo morendo il più delle volte o riportando dolorose conseguenze. Inoltre affinché quel passatempo, alla lunga, non lo annoiasse, ne aveva ecogitato pure una variante per lui più divertente, ovvero quella di piegare simultaneamente due pini vicini tra loro e di attaccarne, alle cime di ognuno, braccia o gambe del povero sfortunato, in modo tale che quando gli alberi fossero tornati alla loro posizione originaria, lo avrebbero squarciato a metà. Sconfitto da Teseo, anche a lui venne riservato lo stesso trattamento che riservava alle sue povere vittime.

Sini aveva una figlia il cui nome era Perigune (in greco antico Περιγούνη), di lei ci parla Plutarco in Vita di Teseo e viene descritta come fanciulla molto bella e molto alta.

Ella, alla morte del padre, temendo di far la sua stessa fine, per mano dell’eroe, riuscì a sfuggire alla violenza di Teseo, invocando l’aiuto di alcune piante, come gli arbusti spinosi e gli asparagi selvatici, che si trovavano nel suo giardino, promettendo loro di non bruciarli e non estirparli mai più se l’avessero aiutata a nascondersi dall’ira del nemico.

Ma Teseo le parlò senza alcuna ostilità, promettendole che non le avrebbe fatto alcun male, così Perigune abbandonò, di sua spontanea volontà, il suo nascondiglio, per congiungersi con l’eroe. Dalla loro unione nacque Melanippo, in seguito Teseo diede in sposa la fanciulla a Deioneo, figlio di Eurito.

Per i discendenti di Melanippo, le stesse piante invocate in aiuto, da Perigune, furono sempre considerate sacre, in special modo gli asparagi.

Immagine condivisa dal Web.

#Oscardejarjayes#

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Rituale dell’Incontro Silente con Baphomet 🪞🖤

 



In una notte senza stelle, siediti in solitudine, nella quiete che precede il risveglio delle ombre. Disegna un cerchio intorno a te, con la cenere o la terra, simbolo di protezione e unione. Nel centro, accendi una fiamma, lasciando che la sua luce crei ombre danzanti intorno.


Fermati e respira, lento, profondo, finché il mondo esterno non si dissolve. Sussurra il suo nome tre volte, con reverenza, come un sussurro d’ombra, lasciando che il suono si perda nel silenzio. 

Chiudi gli occhi. 

Ora, senti il battito della terra sotto di te, un ritmo antico che si fonde con il tuo.


Permetti che l’oscurità ti avvolga. Nella profondità del buio, senti la presenza di Baphomet, né uomo né donna, né luce né ombra. E in quel silenzio, ascolta la sua voce muta, senti la rivelazione che si svela senza parole, nel profondo della tua anima.


Quando ti sentirai pronto, riapri gli occhi, porta con te ciò che hai percepito. Non sarai mai più lo stesso, poiché avrai incontrato la parte più nascosta di te.


─ Demoniaca Pandemonium 🖤🔥


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@mettere in evidenza

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Le aggressioni saranno sempre di più!

 


Questo è il modo in cui hanno ridotto la macchina di Roberto Mantovani, alias Red Sox, il taxista bolognese antifascista che da anni conduce una straordinaria battaglia solitaria contro i colleghi No pos (e No tax) pubblicando ogni giorno i propri incassi, sia contanti che digitali.


“Infam*”. 

“Merd*”

“Zecca”.

Addirittura un pene sulla Casa delle donne. E poi decine di croci celtiche, tanto per ricordare la matrice della feccia che lo sta minacciando.


È accaduto mentre si trovava fuori dalla sua città.

Non è la prima volta, tra gomme bucate, minacce, boicottaggi.

Purtroppo non sarà l’ultima.


A Red Sox tutti noi dovremmo dire grazie per la enorme e coraggiosa battaglia di trasparenza che sta conducendo. E le istituzioni dovrebbero finalmente proteggerlo dalla fogna fascista che lo ha messo nel mirino.


Red Sox incarna l’Italia perbene, quella che con la schiena dritta si ribella.

E quest’immagine fa capire quanto abbia colpito nel segno.


Tosa

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Dobbiamo ringraziare l'amnistia voluta da Togliatti

Di seguito un brano, variamente ripreso da siti e quotidiani e tagliato nella circostanza qua e là, estratto dal mio libro "Quel braccio alzato. Storia del saluto romano" (Castelvecchi), appena approdato in libreria.


Siamo su Facebook. «Abbasso il NATALE, plutocratico e borghese! Viva la BEFANA, popolare e fascista! AUGURI». «Non sono fascich?». 


Chi ha prodotto questi esempi è Paolo Corsini, che è a capo dei programmi d’informazione di approfondimento della Rai.


Paolo Corsini è quello che, parlando di “orgoglio italiano” nel corso dell’ultima kermesse di Atreju, ha rivendicato pubblicamente, senza neanche un filo d’imbarazzo, la sua affiliazione al partito di 

Giorgia Meloni. In quell’occasione (14 dicembre 2023) ha dichiara￾to di essere tuttora militante di Fratelli d’Italia, definendolo «il nostro partito».


Paolo Corsini è quello del monologo sulla Festa della Liberazione che il 20 aprile 2024 Antonio Scurati avrebbe dovuto leggere in prima 

serata su Raitre a "Chesarà…" (l’intervento fu invece censurato), ed è lo 

stesso che si è divertito più volte a provocare gli utenti di Facebook, nei suoi post del 25 aprile, dicendo di essere al lavoro – nel 2016 ha sfoggiato anche una bella camicia nera – o nel 2011, tanto per approfittare della doppia festività, augurando Buona Pasquetta e rispondendo in questo modo alla reazione piccata di un utente (se può permettersi di scrivere una tale sciocchezza, fa notare il commentatore, «è anche grazie a quelli che il 25 aprile 1943 decisero di mori￾re, per darci la libertà»): «Ah, gia’, ma perche’ oggi che festa e’ per… Gli americani?!». 


Paolo Corsini è quello che al tempo della pandemia, a commento di una celebre poesia di Trilussa sul saluto romano (scrive: «…Di questi tempi sempre più attuale!»), schiaffa su un post del 25 febbraio 2020 

tre figurette col braccio teso. È quello che ama citare frasi di Mussolini, come in due post del 10 febbraio 2011 («Con un proletariato riottoso, malarico, pellagroso non vi può essere un ele￾vamento dell’economia nazionale») e del 9 ottobre 2012 («Il giornalismo non è per noi un mestiere ma una missione: non siamo giornalisti per lo stipendio, in questo caso non ci sarebbero mancati posti migliori. Il giornalismo non è per noi un foglio che voglia essere riempito settimanalmente con quello che capita. No, il giornale è per noi un partito, è una bandiera, è un’anima») e in un commento a un post

del 2 giugno 2012 («A chi la gloria? A noi! …E da 3 secoli»). È quello che per ben due volte, il 4 e il 24 novembre 2016, va a sentire al Piper di Roma i 270bis di Marcello De Angelis, che non mancarono allora di eseguire, nella selva delle braccia tese dei presenti, un classico del loro repertorio nostalgico: "Claretta e Ben". I destinatari dei ringraziamenti di Corsini dopo il primo concerto, in un post del giorno successivo, sono tutto un programma.


Paolo Corsini è quello che il 26 aprile 2013 esalta Vladimir Putin. È quello che il 14 luglio 2013 posta una frase dello scrittore e filosofo colombiano reazionario Nicolás Gómez Dávila («Le aristocrazie 

sono i parti naturali della Storia, le democrazie gli aborti») per sbeffeggiare gli ideali che guidarono la Rivoluzione francese. È quello che il 21 dicembre – lo fa tante volte – augura il Buon Solstizio a celebrazione del Natale nazista. È quello dei gridi di guerra del Ventennio («Alalà!») e quello che riporta due versi di un canto repubblichino, piegandoli a un motivo di estenuazione e di sfogo («“Vince sempre chi più crede / chi più a lungo sa patir”… ma mi sarei anche un po’ rotto»), e tra un like e un complice sghignazzo una nutrita rappresentanza di giornalisti della Rai pare apprezzare. Nessuno che gli mostri un atto, un moto, una parola di disappunto.


Il 28 novembre 2013, come immagine di aggiornamento del suo profilo, Corsini posta una foto che lo ritrae seduto al suo studio di vicedirettore del Giornale Radio della Rai tra il balilla a destra che si è portato da casa, un poster attaccato al muro nella cameretta di un tempo – ce lo dice lui stesso in un commento a un altro post  –, e due bei fasci littori a sinistra a incorniciare il suo nome e cognome (Barbara Carfagna commenta: «Bella! Molto»); tre anni dopo, condividendo quello scatto in qualità di ricordo, 

commenta spavaldo per sollecitare l’attenzione dell’uditorio sull’ambientazione fascista: «Vabbe’, ma da voi mi aspettavo qualche commento sul… contorno!». 


Infine, da buon rappresentante di un’estrema destra invariabilmente sessista e omofoba, Paolo Corsini 

posta un articolo del «Foglio» che è un assist perfetto (titolo: "Oggi froci") per sproloquiare sui soliti beceri luoghi comuni («Il fastidio non è per cosa fai a letto (o dove meglio credi): cazzi tuoi! ma perché 

devi farne una questione di Stato?») oppure scherza sulla cultura dello stupro: dopo aver postato una notizia un po’ singolare («La Norvegia lancia un corso con finanziamenti pubblici su come vivere da vero vikingo…Stupro e saccheggio escluso») avalla con un like il bel commento di un amico («E allora dove starebbe il divertimento?»).


Solo un’Italia che non abbia fatto ancora seriamente i conti col Ventennio può tollerare che a decidere degli approfondimenti giornalistici del servizio pubblico possa esserci chi inneggia senza mezzi termini al nazifascismo in atti, parole e comportamenti inaccettabili.

Massimo Arcangeli 

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Arcangeli disintegra Corsini

 


Questo è uno dei post dello scoop su Paolo Corsini,  contenuto all'interno dell'ultimo capitolo del mio libro uscito ieri per Castelvecchi ("Quel braccio alzato. Storia del saluto romano"). Il post, del 28 novembre 2013, è l'immagine di aggiornamento del profilo di Corsini su questo social, e vede l'allora vicedirettore del Giornale Radio comodamente seduto nel suo studio Rai tra il balilla a destra che si è portato da casa e due bei fasci littori a sinistra, a incorniciare il suo nome e cognome. Tre anni dopo, condividendo quello scatto in qualità di ricordo, Corsini commenta spavaldo, per sollecitare l'attenzione dell'uditorio sull'ambientazione fascista: "Vabbe', ma da voi mi aspettavo qualche commento sul... contorno".

 

Ora, poiché tutte le testate nazionali di oggi riproducono estratti del volume, o ne estrapolano altri esempi corsiniani in cui chi è attualmente a capo dei programmi d'informazione di approfondimento della Rai inneggia al fascismo (e non solo), non mi pare il caso, per il momento, di aggiungere altro.


Solo un'Italia che non abbia fatto ancora seriamente i conti col Ventennio può tollerare che a decidere degli approfondimenti giornalistici del servizio pubblico possa esserci chi esalta il fascismo in atti, parole e comportamenti inaccettabili.  


Dimissioni immediate.


P. S.  Dopo l'"infame" gradino della sua ridicola giustificazione all'insulto rivolto a Corrado Formigli, già di per sé inammissibile per chiunque rivesta una carica pubblica, la Rai, prima di cacciarlo, potrebbe concedere a Corsini di scendere, con tutte le cautele del caso, la mitica scala del teatro Ariston.

Massimo Arcangeli

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