sabato 24 maggio 2014

Gli archivi di Giovanni Falcone: prove tecniche di Agenda Rossa

falcone-R.C.- Mentre Giovanni Falcone e Francesca Morvillo morivano in ospedale, la procura di Caltanissetta disponeva il sigillo delle abitazioni e dell’ufficio del magistrato.
Però qualcuno, in grado di superare qualsiasi divieto, entrava nell’appartamento romano di Falcone, facendo sparire il suo databank Casio ricomparso, manomesso, un mese dopo. Stessa sorte subiva il suo portatile.
Le operazioni di manomissione vennero eseguite in maniera maldestra, a proposito Gioacchino Genchi, consulente informatico di Falcone e della procura di Palermo,. Dichiarò “A volte si può fingere di essere imbecilli, per far sembrare tutto quello che si fa, come un’attività puerile”.
Tre giorni dopo l’esplosione di Capaci, gli investigatori della scientifica ritrovarono a cento metri dal cratere, un biglietto “Guasto n.2 GUS, via Selci 26, via Pacinotti, tel. 0337 806133”. Utenza che apparteneva a Lorenzo Narracci, dirigente del Sisde.
Il GUS, gestione unificata servizi, si rivelò essere una società di copertura dei servizi segreti, e Narracci ne era il vicecapo struttura a Palermo. Il responsabile Sisde era Bruno Contrada.
Ricorda Luca Tescaroli “L’ipotesi di convergenza di interessi di settori deviati dei servizi segreti, venne corroborata da quel bigliettino. Tante, tantissime informazioni in un solo biglietto, troppe. Ci ponemmo delle domande. Come mai un biglietto con un’annotazione relativa alla sede di una società del Sisde? Perché un numero telefonico di un funzionario dei servizi? Da chi e per quale motivo è stato fatto ritrovare sulla scena dell’eccidio?”.
Depistaggio? Diventa difficile credere che agenti segreti, se mai agirono in quel contesto, fossero talmente sprovveduti da perdersi in maniera tanto maldestra un foglio maledettamente interessante. Le indagini portarono ad un’agenzia di clonazioni di telefonini presso la quale si servivano i mafiosi. Gli stragisti si erano serviti di cellulari clonati, i quali però lasciano traccia.
Dell’interessamento di Cosa Nostra americana ai delitti eccellenti, e in modo particolare all’eliminazione di Giovanni Falcone, ha ampiamente parlatoAntonino Giuffrè. Il magistrato disturbava le attività oltreoceano e i Gambinoavevano inviato un avvocato a Palermo per stabilire in quale modo si potesse “Fermare quel giudice”. Ipotesi confermata anche da Francesco Di Carlo che ha rivelato le visite ricevute in carcere a Londra da agenti dei servizi italiani e stranieri, accompagnati dal superpoliziotto Arnaldo La Barbera: lo scopo, sempre “fermare Falcone”.
I cugini d’America vennero rassicurati, la mala figura dell’Addaura sarebbe stata “riparata a Capaci”.
Gli esperti della procura di Caltanissetta riuscirono a recuperare la memoria del databank di Giovanni Falcone, contenente la annotazioni sulle ultime indagini alle quali stava lavorando il magistrato: il delitto Lima, gli omicidi politici e un archivio aggiornatissimo su Gladio.
Rammenta Alfredo Morvillo, collega di Giovanni e fratello di Francesca “Giovanni parlò delle indagini su Gladio in diverse riunioni nel’ufficio del procuratore Giammanco. Aveva idee precise circa la possibilità di ricominciare tutto daccapo e in maniera più approfondita. Giammanco assegnò il fascicolo ad un altro magistrato”.
Giovanni Falcone fece in tempo a mettere al corente di tutto ciò il collegaPaolo Borsellino?
Di certo si sa che Borsellino, nel seguire l’imput lasciatogli dall’amico tragicamente scomparso, percepì la certezza di nnon avere più tempo a sufficienza.

http://www.articolotre.com/2014/05/gli-archivi-di-giovanni-falcone-prove-tecniche-di-agenda-rossa/

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