Per comprendere a fondo il contributo costruttivo che il più autorevole economista italiano apporta al dibattito sulle riforme in Italia, basta fare una banale ricerca su google digitando le parole “Boeri+critica”. Ne verranno fuori 25mila e passa posizioni, il doppio di quelle assunte sul web, negli ultimi anni, dalla collega bocconiana Sara Tommasi nelle piccanti rappresentazioni del  pil, il suo. Ho detto tutto. In effetti, appena si apre una trattativa per cambiare qualcosa in Italia, l’ecosnobbista milanese si mette di traverso. Che ne so, la Camusso discute con Monti, con Letta o con Renzi di lavoro? Il Pd si spacca e la minoranza interna minaccia di non votare la riforma? Ecco Boeri a seminar zizzania. Da qui, il famoso proverbio, tra Renzi e il partito non mettere il Tito.
Boeri, del resto, più che uomo del no è un uomo del però. Nel senso che come tutti i grandi opinionisti italiani, non è un teorico del fare, è un paranoico del fate voi.  Guai a togliergli lo sfizio di spiegare agli altri come lui farebbe ma non può perché nessuno lo chiama. Ma quando lo chiamano, lui non va o, guarda caso, inizia a soffrire di un tipico malanno per  tutte le stagioni, l’ abbassamento della voce.info.  Lo ammetto, sul Jobs Act  aspettavo "Titino" ricciolo-grigio al varco. E non mi ha deluso. Stamane, su Repubblica, è arrivata la stroncatura della riforma del lavoro con argomenti che neanche Brontosauro Epifani avrebbe osato sfiorare, tipo la precarizzazione selvaggia e l’opportunismo delle imprese, temi sui quali si sono costruite percentuali di disoccupazione che neanche in Grecia… Sarà un caso, ma a Boeri non sta mai bene nulla e in questo ha il medesimo profilo politico di Beppe Grillo. Sarà un altro caso, ma il feeling tra il professore e il comico ha origine lontane, nel novembre 2011, nei giorni in cui Berlusconi veniva sfanculato dal Colle e dai mercati e al governo si preparava ad arrivare simpatia-Monti. In quei giorni il blog di Grillo, che ancora non immaginava di poter sbarcare in massa in Parlamento, pubblicava una lunga analisi di Boeri sulla necessità di risollevare l’Italia con le riforme, assumendo anche posizioni più realistiche sull’euro. Mai nessun altro economista inquadrato nel sistema tradizionale ha più avuto lo stesso onore, su quello spazio di rottura anti-sistema. Nei mesi successivi, Tito ha analizzato spesso le proposte grilline, arrivando anche ad avallare, nei termini ma non nelle cifre, la rivoluzione del reddito di cittadinanza proposta dai Cinque stelle. Una proposta, va detto, che in quanto a riformismo ha la stessa traccia modernità di un vaso di coccio spuntato dagli scavi di Pompei dopo un po’ di pioggerellina. Ma fa tanto, tanto grillino...

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