sabato 1 febbraio 2014

Se la Magnum abbraccia l’uomo dell’iPhone

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Michael Christopher Brown è un ragazzone americano della Skagit Valley, una tranquilla zona agicola dello stato di Washington. Laureato in psicologia, ha conseguito un master in fotografia documentaria all’Università dell’Ohio nel 2003 e da allora ha lentamente ma costantemente scalato l’impervia montagna della celebrità nel fotogiornalismo, passando attraverso riviste universitarie e sportive fino ad arrivare ai magazine più importanti al mondo, da Fortune Newsweek Time National Geographic. Ora, pare proprio che si arrivato in vista della vetta, dato che il 1 giugno la Magnum Photos, “l’agenzia delle agenzie”, il punto di arrivo di ogni fotoreporter, ha ufficializzato la sua nomina a far parte dell’esclusivo club che riunisce il gotha del fotogiornalismo mondiale. Se tutto andrà bene, nel 2015 verrà approvata definitvamente la sua candidatura e nel 2017 Brown potrà divengtare membro effettivo della Magnum.
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Dal lavoro F.A.R.D.C., Repubblica Democratica del Congo, ©Michael Christopher Brown, 2012
La notizia sta facendo parecchio discutere il mondo del fotogiornalismo, e molti colleghi di Brown con cui ho avuto modo di parlare in questi giorni sono  a dir poco perplessi riguardo questa scelta.
Cerchiamo di capire perché.
Fotografo decisamente eclettico, Michael Brown è passato attraverso il bianco e nero, la street photography, la documentazione sociale, la fotografia naturalistica e la fotografia di guerra (in questo post alcuni esempi dell’evoluzione del suo lavoro nel corso degli anni), distinguendosi nel lungo periodo per la sua serietà professionale, la brillantezza della sua visione fotografica, il suo stile compositivo molto grafico ed efficace e per una predisposizione e un’apertura innate verso stili e tecnologie alternative nel fotogiornalismo.
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Dal lavoro Mexican Streets, Messico, ©Michael Christopher Brown, 2001
Già, le tecnologie alternative. Da qualche anno a questa parte, Michael Christopher Brown lavora quasi esclusivamente con l’iPhone e con le sue app, in particolare Hipstamatic. E non usa questo strumento per fare foto di piacere o per mostrare il dietro le quinte del suo lavoro. Quest’uomo fareportage vero e proprio, nudo e crudo; realizza interi servizi fotogiornalistici di grande qualità e attualità, anche su temi forti come la guerra, con l’uso dell’iPhone. E li pubblica sulle maggiori testate del mondo. La domanda che molti si pongono è: ma si può fare? È legittimo nel fotogiornalismo l’uso di uno strumento come Hipstamatic che altera da solo, automaticamente, il colore e la tonalità delle fotografie?  A quanto pare si. Brown, almeno, ne è convinto, così come lo sono tutte le riviste prestigiose che pubblicano le sue foto. E forse lo è anche la Magnum, che nominando “l’uomo dell’iPhone” potrebbe aver sdoganato definitivamente la controversa tecnologia nel campo del fotogiornalismo.
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Dal lavoro Traveling Circus, Cina, ©Michael Christopher Brown, 2005
Non so se la Magnum abbia voluto lanciare un messaggio al mondo con la nomina di Michael Brown. Probabilmente no, perché ho saputo che alcuni membri hanno osteggiato la decisione, per quanto altri l’abbiano molto caldeggiata. Di fatto, eccolo qui. L’uomo dell’iPhone, il primo a pubblicare un servizio realizzato col telefonino su National Geographic Magazine (luglio 2011) fa ora parte del club dei grandi del fotogiornalismo.
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Dal lavoro Muskwa-Kechika, British Columbia, Canada, ©Michael Christopher Brown per National Geographic, 2007
In un’intervista dell’agosto 2012 a Time, Michael Brown spiega con grande chiarezza i motivi per cui usa questa tecnologia e il perché ritiene sia perfettamente legittima. A quanto pare, si è reso conto delle potenzialità del mezzo quando si trovava in Cina, dove ha vissuto per due anni tra il 2010 e il 2011. Viaggiando nei treni dei pendolari di Pechino, racconta, ha capito che per documentare quella moltititudine in maniera spontanea doveva avvicinarsi molto, e l’unico strumento per farlo era il telefonino.” [...] Il cellulare mi permette di rendermi davvero invisibile, e di avvicinarmi alle persone come nessuna macchina fotografica [...] forse cambierà presto, ma almeno per ora, la gente non si rende bene conto che la stai fotografando, o non ti prende sul serio come fotografo…” Poco dopo, fotografando il conflitto in Libia, gli si è rotta la macchina fotografica, allora ha pensato, che cavolo, continuo a lavorare con l’iPhone… Il risultato è uno dei primissimi reportage di guerra pubblicati sulla stampa internazionale realizzati interamente con un cellulare.
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Dal lavoro Broadway, New York, USA, ©Michael Christopher Brown, 2009
“[...] Quando fai una foto potente, e non sto parlando di una foto carina, non importa che mezzo usi [...]  Qualcuno dirà che i cieli sono un po troppo blu, e la carne un po’ troppo rossa, ma quel che conta per me è il contenuto”, ha aggiunto nella stessa intervista. Come dargli torto? Tantopiù  che Brown fa leva su uno dei principi base del fotogiornalismo: il soggetto viene prima di ogni altra cosa, prima di ogni considerazione tecnica o estetica. Ma Brown rincara la dose in un’intervista rilasciata alla rivista specializzata online Mac-On-Campus:”[...] Che cosa è legittmo? Usare una Leica per scattare pellicola in bianco e nero per poi sviluppare e correggere luci e ombre in stampa? O scattare in RAW con una canon 5D, ottenendo un’immagine piatta e grigiastra da correggere in seguito, magari con vignettature e colori selettivi? [...] Quindi perché dovrebbe essere contrario al’etica usare Hipstamatic, un software che crea imagini a colore e perfettamente a fuoco? Qual è più ‘realistico’?”. Ma la questione non è solo etica, perché nell’intervista Time Brown fa anche un’interesante considerazione di tipo divulgativo: “[...] La mia famiglia usa Hipstamatic, quindi se mostro loro delle foto che ho scattato in Africa con Hipstamatic, loro le riconosceranno, e le capirano meglio…”
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Dal lavoro Line 2, Pechino, Cina, ©Michael Christopher Brown, 2011
Che ne pensate? Non voglio schierarmi da una parte o dall’altra, ma posso dire che, personalmente, mi piacciono molto le foto di Michael Christopher Brown. Le sue immagini pre-iPhone sono limpide, croccanti, molto ben composte e a tratti sorprendenti, e rappresentano alla perfezione  lo stile di un fotogiornalista moderno dalle qualità indiscutibili. Quelle dell’era iPhone… Beh, guardatevele sul suo sito. Io dico che quest’uomo è un eccellente fotogiornalista, che sa usare ogni mezzo  a sua disposizione in maniera seria, professionale ed esteticamente piacevole. Per quel che mi riguarda, lo strumento iPhone è perfettamente legittimo in mano sua. L’ennesima prova che più che la macchina fotografica, conta l’occhio, e la serietà professionale, di chi la usa.
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Dal lavoro The Lybian revolution, ©Michael Christopher Brown, 2011
E se è vero che il mondo sta cambiando rapidamente, che il fotogiornalismo così come lo conosciamo è pressoché defunto… a maggior ragione credo che sia più che legittimo, forse indispensabile, trovare nuove strade per tenerlo in vita. Anche a costo di stravolgere alcune regole e di strizzare l’occhio a un pubblico che fagocita le nuove tecnologie nel campo dell’immagine a una velocità mai vista in precedenza. Basta che non si stravolga l’essenza dei fatti, e che i fotografi e i giornali si impegnino a continuare a fornire ai lettori una visione del mondo quanto più possibile onesta e oggettiva. A prescindere dalla tecnologia utilizzata.

http://pinna-national-geographic.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/07/15/se-la-magnum-abbraccia-luomo-delliphone/

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