mercoledì 29 gennaio 2014

Roma. Quell’orrore in via della Pascaglia
che ricorda il “Collezionista di Ossa”


Roma. Quell’orrore in via della Pascaglia <br/> che ricorda il “Collezionista di Ossa”

Il 26 luglio 2007 in Via della Pascaglia, quartiere Magliana a Roma, i vigili del fuoco trovano tra le sterpaglie bruciate da un incendio dei resti ossei che si suppone appartengano a Libero Ricci un anziano signore scomparso quattro anni prima. A distanza di oltre due anni le indagini e l’esame del DNA portano ad una sconvolgente scoperta. I resti ossei ritrovati composti in un unico scheletro non appartengono ad una sola persona ma a 3 donne e 2 uomini. E appare inquietante l’ombra di un “collezionista di ossa”.
di CLAUDIA MIGLIORE
Tutto ha inizio il 31 ottobre 2003. Un anziano signore, Libero Ricci, esce di casa e non torna più. Scomparso senza un motivo apparente. I familiari tentano tutte le strade e si rivolgono anche alla trasmissione televisiva Chi l’ha visto. Niente da fare. Libero sembra sparito nel nulla. Fino a quel 26 luglio 2007.
L’incendio della MaglianaQuel 23 luglio del 2007 fa caldo, molto caldo e quei palazzoni del quartiere della Magliana sembrano rendere il clima ancora più torrido ed insopportabile. In via della Pascaglia i vigili del fuoco vengono chiamati per un incendio, probabilmente doloso e nel corso dell’intervento fanno una scoperta agghiacciante. A ridosso di un muretto di cinta, costruito nel 2001, trovano un marsupio, con all’interno delle chiavi e un portafogli con un brandello di carta di identità e, poco distante un teschio e altre ossa, tutte umane, disposte in maniera composta tali costituire un apparato scheletrico completo. Vengono subito avviate le indagini partendo dalle denunce di scomparsa. Tra queste quella della famiglia di Libero Ricci, uscito di casa quattro anni prima con i documenti e le chiavi di casa. Di lui ha parlato anche la televisione. Così la polizia prova a fare una verifica. Usare quelle chiavi ritrovate in Via della Pascaglia per entrare a casa di Libero. Ci provano. E la porta si apre.
Il mistero sembra risolto. Le ossa appartengono a Libero Ricci. Ma c’è un dubbio, un sottile tarlo che ha agitato gli inquirenti dal momento in cui i familiari non hanno riconosciuto i vestiti e le scarpe ritrovati accanto a quei resti. C’è qualcosa che non torna. E le indagini proseguono, portando alla luce, a distanza di anni, un mistero ancora più fitto.
L’esame del DNA e la macabra scopertaL’esame del DNA rivela che quello scheletro, ritrovato ordinatamente composto, non appartiene a Libero Ricci. L’Istituto di Medicina Legale di Roma e il laboratorio “Circe” del dipartimento di scienze ambientali di Caserta, dell’Università di Napoli, avviano una ricerca tecnologica d’avanguardia sui campioni ossei e la scoperta è incredibile e allo stesso tempo agghiacciante.
Il teschio e la spina dorsale appartengono ad una donna tra i 45 e i 55 anni, deceduta tra il 2002 e il 2006. Tutte le altre ossa appartengono ad una donna , tra i 20 e i 35 anni, morta tra il 1992 e il 1998, ad un’altra donna, tra i 35 e i 45 anni, morta tra il 1995 e il 2000 e a due uomini rispettivamente tra i 40 e i 50 anni e tra i 25 e i 40 anni, morti tra il 2002 e il 2006 e tra il 1986 e il 1989.
Ognuno ha contribuito con le proprie ossa a ricomporre quel mosaico, quello scheletro così diligentemente ricomposto e sistemato lasciato in quel luogo, nemmeno troppo isolato, chissà da quanto tempo. Di Libero Ricci nessuna traccia. Anche se forse non è corretto dirlo, perché la scoperta più incredibile rivela che una delle donne ritrovate ha lo stesso codice genetico della madre di Libero Ricci di cui sarebbe una parente. Ma che cosa è successo in via della Pascaglia?
Questa storia sembra venuta fuori direttamente da un film dell’orrore. Uno di quelli che ti tiene inchiodato alla sedia e ti fa sussultare ad ogni colpo di scena. Le coincidenze sono al momento inspiegabili come inspiegabile appare il movente, il legame tra queste persone, la causa della loro morte. Tutto è avvolto in una fitta nebbia che la trasmissione “Chi l’ha visto” dell’8 febbraio ha provato a dissolvere presentando i fatti e i risultati della ricerca sperando che qualcuno potesse chiamare e identificare almeno una di quelle vittime. In trasmissione e fuori onda ha chiamato anche Maria Orlandi, la madre di Emanuela Orlandi, alla ricerca di risposte che non si sa se questa indagine potrà dargli.
Intanto le ricerche di Libero Ricci continuano così come le attività della Procura e della Squadra Mobile di Roma. Ma già da qualche tempo si parla del caso come di quello del “collezionista di ossa”.

http://www.gialli.it/il-mistero-dello-scheletro-ricomposto

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