martedì 28 gennaio 2014

Rinjiro Shirata


Shirata Rinjiro nacque nel 1912 nella prefettura settentrionale di Yamagata. Discendente del celebre studioso del nono secolo, Sugawara Michizano (poi deificato con il nome di Temma Tenjin, santo patrono degli insegnanti), i suoi antenati furono quasi tutti alti funzionari governativi e samurai, ma a causa dell'abolizione del sistema feudale nel 1871, la famiglia Shirata si dedicò all'agricoltura.


Shirata Sensei 1932 al centro nel riquadro con gli altri Uchideshi del Kobukan quando aveva 20 anni .

Il padre di Shirata Sensei conservò tuttavia un forte interesse per la tradizione samurai e costruì sulla sua proprietà una palestra per l'addestramento al kendo. Shirata Sensei iniziò dunque a praticare il kendo ma alle scuole medie indirizzò le sue preferenze al judo, conseguendo rapidamente il grado di ni-dan (2° dan). Suo padre conobbe Ueshiba Morihei tramite l'Omoto-kyo, e decise che quel figlio particolarmente dotato (era capace di sollevare facilmente un sacco di oltre 60 chili di riso con una mano sola) doveva continuare a studiare con il grande maestro.
Dopo essersi diplomato nel 1931 fu condotto dal padre a Tokyo per chiedere l'ammissione al dojo Kobukan appena inaugurato.
Shirata Sensei ricorda perfettamente l'incontro con Morihei: "Benché fosse decisamente basso, un'energia formidabile si sprigionava dal suo torace a barilotto e dai suoi spessi muscoli addominali. Sorrideva e rideva in continuazione, ma il suo sguardo restava fiero e penetrante. Erano presenti due allieve più o meno della mia età (diciannove anni) ed il Fondatore mi disse di cercare di atterrarne una. Malgrado la mia stazza e la mia conoscenza del judo, non ci fu niente da fare. Quella continuava a sbattermi sulla stuoia con una tecnica, per me dolorosa, che appresi più tardi chiamarsi shiho-nage.
Quella ragazza si chiamava Kumikoshi Takako ed in futuro ebbe ha ottenuto un certo successo come artista.
Dopo questa esperienza umiliante, chiesi al Fondatore di diventare suo allievo". Shirata continua: " Era molto difficile riuscire ad essere ammessi in quel periodo. Ci volevano due garanti di fiducia e chiunque non possedesse i requisiti necessari veniva immediatamente respinto. Di conseguenza, c'erano solo pochi uchideshi. Non esisteva un corso sistematico d'insegnamento. Quando gli si chiedeva la tariffa per le lezioni il Fondatore soleva tuonare:
`Non insegno per denaro!'. Così, una volta accettati, si metteva sull'altare del dojo un'offerta in denaro, e successivamente ogni studente e la sua famiglia contribuivano secondo le loro possibilità. Nel mio caso, mio padre forniva al maestro riso e fibre tessili. Anche dopo l'ammissione non mi fu permesso di unirmi agli allenamenti per alcuni mesi; potevo solo stare ad osservare ed occuparmi della pulizia e di altri lavoretti del; genere" .Dopo i1 periodo di noviziato l'allievo faceva da uke agli anziani, il che significava essere strapazzati e basta. Spesso dovevano trascorrere almeno sei mesi prima che al nuovo arrivato venisse concesso di sperimentare una tecnica qualsiasi.
Dato che il Paese si stava preparando ad un futuro di avventure militari, gli allenamenti erano durissimi. Ai tre turni giornalieri si aggiungevano molti allenamenti esterni e corsi speciali. Inoltre, siccome a quell'epoca il sistema del Fondatore (variamente noto come Daitoryu, Aiki-jutsu, Aikí-budo, Kobukanjudo, Ueshiba-ryu jujutsu eccetera) era considerato un'arte piuttosto che una "via", veniva privilegiato soprattutto l'aspetto pratico; negli anni del dopoguerra i movimenti del Fondatore divennero molto più fluidi. Il Kobukan meritava davvero il suo nomignolo di "Dojo dell'Inferno".
Ogni sessione iniziava e terminava con tecniche di respirazione.
Il Fondatore illustrava spesso le sue spiegazioni con armi differenti, specialmente la spada e la baionetta di legno. Ogni tecnica di corpo veniva spiegata in funzione di movimenti della spada e di colpi penetranti.
Il Fondatore era allora vicino ai cinquanta, forse al meglio della sua forza fisica. Shirata Sensei era sbalordito della sua potenza:
 "Sebbene avesse una mano piccola, circa la metà della mia, la sua presa stritolava; era impossibile riuscire a muoversi quando ti bloccava il braccio
e anche quando ti dava un colpetto con un dito ti lasciava una contusione che durava giorni. Non riuscivi mai a capire come faceva a proiettarti; all'improvviso ti trovavi a svolazzare per aria, quasi come se galleggiassi su una nuvola. Per contro, quando ti colpiva sul serio, era come ricevere una scarica elettrica, il dolore era intensissimo.
Il Fondatore era particolarmente terrificante quando impugnava la spada; si trasformava letteralmente. Sembrava un feroce demone guerriero".
Anche in un gruppo così selezionato di allievi, Shirata Sensei divenne noto come la "Meraviglia del Kobukan", specialmente dopo il suo soggiorno di un anno nella prefettura di Okayama, dove - nel 1934 - Shirata Sensei venne inviato per crearvi una filiale della "Società di diffusione del budo".
 Nella capitale la presenza del Fondatore scoraggiava tutti gli sfidanti, tranne qualche temerario sconsiderato, ma in provincia erano molti a sentirsi tentati di saggiare l'abilità dei suoi giovani allievi. Praticanti di judo, di kendo, lottatori di sumo, pugili, e semplici attaccabrighe si presentarono per sfidare il nuovo istruttore. Shirata Sensei li informò innanzi tutto che
"l'Aikido non è combattimento, mentre shiai (contesa) significa davvero sbiai (lotta mortale)".
Comunque accettò ogni tipo di lotta; ci furono parecchie braccia rotte e nessuno poté vantarsi di aver battuto il "non guerriero". "Chi può resistere alla forza della non resistenza?" scherzava mentre abbatteva uno dei tanti spacconi. Purtroppo non mi è possibile riferire nei loro dettagli episodi famosi. Ogni volta che gli chiedo di entrare nei particolari Shirata Sensei risponde semplicemente: "Sono cose che capitano", aggiungendo con un sorriso: "Allora ero piuttosto forte". Tuttavia, una volta affermò che sbiho-nage, tutti gli irimi, e l'ikkyo e il nikyo costituivano le tecniche più efficaci; e che in caso di guai reali uno non dovrebbe starsene rigido ad aspettare un attacco, come avviene nella pratica di palestra. Specialmente contro qualcuno armato, assumere un atteggiamento statico significa essere già battuti. È vero che alcuni degli attaccanti vennero feriti, ma questo a causa della resistenza innaturale che opposero alla non-resistenza; 
Shirata Sensei non reagiva mai violentemente né impiegava maggior forza di quanta ne occorresse. Ricorda che un karateka con il pretesto di imparare l'Aikido tentò di ingannare Shirata Sensei sferrandogli un calcio invece del classico colpo diretto di mano alla testa. Shirata Sensei si scansò elegantemente, rise, e senza sforzo lo gettò a terra. I primi tempi non esisteva alcun tipo di classificazione in dan e kyu; il Fondatore usava il sistema tradizionale di consegnare agli allievi un attestato quando era soddisfatto dei loro progressi. Allora esistevano quattro livelli: 1) kirikami; 2) mokuroku; 3) menkyo; 4) kaiden.
Shirata Sensei acquisì il mokuroku, il "catalogo delle tecniche" e non sa dire se qualcun altro abbia ottenuto attestati dei gradi più elevati ("Non era affar mio" dice). Tuttavia è dubbio che ciò sia avvenuto, essendo difficile immaginare qualcuno migliore di lui. Nel 1937 Shirata Sensei venne chiamato alle armi e successivamente prestò servizio come ufficiale in Manciuria ed in Birmania. Per un breve periodo fu anche prigioniero di guerra, prima di essere rimpatriato nel 1946. Non parla mai di questa esperienza - come tutti i buoni maestri vive nel presente - tranne che per dire:
"Durante la guerra ci venne detto che Bushido significa imparare a morire. Mi resi conto invece che non è questo il vero budo; il vero budo è imparare a vivere, vivere in pace e in armonia con gli altri".
Dopo un'interruzione di nove anni, Shirata Sensei riprese a studiare con il Fondatore sia a Tokyo che ad Iwama. Nel 1949 divenne agente d'assicurazioni, si sposò e rientrò al distretto nativo per crescere tre figli ed insegnare Aikido. In parte ritiratosi dagli affari, Shirata Sensei fu direttore dell'All Japan Aikido Association, Presidente della Commissione della Rivista Internazionale di Aikido e Capo Istruttore del Giappone settentrionale.
Non esiste miglior esempio delle qualità salutari dell'Aikido che Shirata Sensei. Anche quando era sulla settantina, il suo straordinario vigore fisico destava l'invidia di quelli che avevano la metà dei suoi anni. Una volta, durante una seduta speciale di allenamento, mi strapazzò per un buon paio d'ore prima di sussurrarmi, proprio al momento giusto: "Devi essere stanco. Riposati un attimo". Quindi mi sostituì subito con un tizio da un quintale con cui continuò ad allenarsi per un'ora. Shirata Sensei usava spesso dire allegramente: "Mi piace tanto fare pratica con questi giovincelli!".

L'Aikido, naturalmente, è molto più che cultura fisica; infatti si usa dire che la vera pratica dell'Aikido comincia quando la propria forza fisica bruta è in declino.
Il Fondatore dichiarò di non aver raggiunto la sfera dell'essenza dell'Aikido finché non fu vicino agli ottanta. Poiché Shirata Sensei si basava sempre più sul potere del ki e su quello della respirazione, le sue tecniche si sono via via affinate ed hanno conosciuto una maggior efficacia.
Contrariamente a quanto accade negli sport di competizione, dove a quarant'anni si è per la maggior parte già finiti, nell'Aikido il crescere dell'età non può che portare un miglioramento. Paradossalmente, questa vigoria non si conserva risparmiandola. Ogni volta che Shirata Sensei attuava una tecnica, si trattava di un shinken-shobu, una "lotta mortale". In altre parole, negli incontri di Aikido, ogni grammo di energia fisica e spirituale viene concentrato sul "qui" e sull' "adesso". Se si mette da parte qualcosa, o ci si distrae in altri pensieri, non si ottiene alcun tipo di progresso. Si è detto e ripetuto che dieci minuti di allenamento in completa concentrazione di corpo e di spirito valgono più di dieci ore di esercizi meccanicamente svolti.
Tirare colpi e lanciare affondi costituisce solo un aspetto dell'allenamento dell'Aikido; il trascorrere troppo tempo nel dojo altera il necessario equilibrio fra pratica, lavoro, studio ed obblighi sociali. Shirata Sensei infatti è per ora solo un pensionato a metà,e benché il fondatore abbia insegnato a tempo pieno a Tokyo per alcuni anni, preferiva di gran lunga combinare l'Aikido con il lavoro nella fattoria.
Allo stesso modo del Fondatore - che asseriva: "Sono ancora un principiante" - Shirata Sensei frenava gli entusiasmi dei nuovi adepti. Mi disse una volta:
 "Sto finalmente cominciando a capire lo shiho-nage".

   RINJIRO SHIRATA SHIHAN......
 ......fu un vero Shihan, "insegnante modello".
SHIHAN DISSE su O SENSEI : . . . .    


Devoto allo spirito del Fondatore, dedito allo studio, privo di qualsiasi senso di gelosia o di critica verso altri istruttori, indifferente al guadagno materiale, uomo di pace e di maturata saggezza, egli rappresentò quello che dovrebbero essere  le migliori qualità di un praticante di Aikido.
DOMANDA AL MAESTRO SHIRATA
Cosa è il vero Aikido?
Chi è che usa veramente le tecniche esatte?
  Shirata Sensei rispose :
"Per tutta la sua vita il Fondatore ha continuamente e progressivamente affinato lo studio e l'esecuzione delle sue tecniche. Niente di più naturale dunque,
perché le tecniche di Aikido non sono -
come molti erroneamente pensano - kata, cioè schemi rigidi tramandati dal passato e che devono essere conservati inalterati,
MA `
vive', con infinite varianti di risposta secondo le circostanze.
Perciò ogni generazione di discepoli si è trovata di fronte ad un diverso modello di Aikido, e all'interno di ogni generazione ogni studente realizza la propria interpretazione che riflette i livelli individuali di progresso, carattere, ed estensione dell'interiorità spirituale.
I Miei stessi allievi per esempio, sono diversi l'uno dall'altro e da quello che è la mia pratica.
Ognuno di noi si è concentrato su ciò che ritenevamo più importante.
Durante i miei cinquant'anni di Aikido ho sempre fedelmente cercato di preservare l'essenza di quanto imparai dal Fondatore. Però il modo in cui ho espresso tale essenza nelle mie tecniche è cambiato mano a mano che approfondivo il significato del messaggio lasciato dal Fondatore. Perché lo scopo del messaggio è talmente complesso e le forme in cui venne espresso talmente grandi,
che nessuno può sinceramente asserire che un certo stile di Aikido sia il `vero' Aikido,
né sostenere che esiste un Aikido standard.
Non ci potrà mai essere una rigida uniformità nell'Aikido,
ma dobbiamo guardarci dall'ignorare il messaggio del Fondatore per creare degli pseudo Aikido basati su sottigliezze personali.
Se noi manterremo lo spirito del Fondatore nei nostri cuori e ci comporteremo sinceramente, è certo che la Via dell'Armonia si aprirà per noi".

http://www.aikidoweb.it/public/index.php?Interviste:Rinjiro_Shirata

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