lunedì 13 gennaio 2014

Riaprire l’inchiesta sulla morte di Giuseppe Pinelli


Il fatto nuovo: la presenza di Silvano Russomanno (Affari riservati) quella notte in Questura. 

C’è una novità che può consentire la riapertura dell’inchiesta sulla morte di Giuseppe Pinelli. Viene fuori dalle carte del secondo Processo di Piazza Fontana, quello a carico di Zorzi, Maggi, Rognoni, Digilio. Ed è la deposizione raccolta dal magistrato Maria Grazia Pradella nei confronti del dirigente degli Affari Riservati Silvano Russomanno.
Russomanno, seppur con vari distinguo, ha detto di essere stato presente quella notte nei locali dell’Ufficio Politico della Questura di Milano, lui con la sua squadra.
È un fatto importante, mai indagato dalla magistratura ed è stato rilevato di recente nel libro che l’avvocatoGabriele Fuga ha scritto insieme all’ex militante anarchico Enrico Maltini, “‘e ‘a finestra c’è la morti. Pinelli: chi c’era quella notte’, titolo tratto da un verso della canzone Lamento per la morte di Giuseppe Pinelli, scritta nel 1970 dal cantastorie Franco Trincale.
Riaprire l’inchiesta perché l’Italia vuole sapere come sia morto Giuseppe Pinelli.
È quanto con ostinazione chiedono da sempre Licia e le sue due figlie. E non solo loro.
L’Italia non può restare mortificata da quella conclusione assurda del 1975 quando il giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio scelse come conclusione della sua indagine un ossimoro mortificante di qualsiasi intelligenza che è il “malore attivo”. Non esiste neanche un termine contrario di malore, insomma non si può dire all’opposto qualcosa come “benessere passivo”, tanto è stretta la strettoia in cui si volle infilare il giudice istruttore, con uno scopo evidentemente preciso: eliminare ogni scenario di coinvolgimento attivo della Questura in quella morte.
“Malore attivo” resta, e non solo come lessico, un mostro giuridico. Un’invenzione assurda, tanto unica quanto inservibile, tant’è che nessuno ha osato più usarla... Buona, però, allora per eliminare uno scenario diverso, cattiva ancor oggi per lasciare uno spiraglio aperto per manipolazioni come quella appena vista in tv con quei poliziotti alla finestra della Questura di Milano che di Pinelli gridano “si è buttato, si è buttato…”, un’invenzione da fiction che non ha riscontro alcuno nelle carte giudiziarie.
Perché l’allora presidente della Camera Sandro Pertini si rifiutò di stringere la mano al questore di MilanoMarcello Guida? Lo spiegò Pertini stesso a Oriana Fallaci tre anni dopo, in un’intervista sull’Europeo del 27 dicembre 1973: non è per Ventotene, ma per la morte di Pinelli…
Ecco, che risposta ha avuto Sandro Pertini? E con lui tutta l’Italia che non si è piegata a non avere una risposta adeguata?
Perché Pasquale Valitutti, unico testimone di quella notte oltre ai presenti nella famosa stanza della Questura, dice che fu sentito il 6 dicembre del 1970 e che poi ha ripetuto in aula durante il processo Calabresi-Lotta Continua la sua testimonianza, ma che D’Ambrosio – il vero titolato a raccogliere la sua versione – alla fine non l’ha mai sentito?
È una delle tante domande che da allora si trascinano nel presente.
Ma ora si aggiunge anche quella sul ruolo svolto da Silvano Russomanno quella notte, con la sua squadretta.
Vogliamo ancora sapere come è morto Giuseppe Pinelli. Quasi 45 anni di distanza ci separano da quei dolorosi avvenimenti: c’è un giudice disposto a riaprire un nuovo fascicolo?


Autore

Paolo Brogi

Paolo Brogi
http://www.agoravox.it/Riaprire-l-inchiesta-sulla-morte.html

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